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Autore: WhiteLight Girl    15/12/2019    1 recensioni
A Yokohama sembra una notte come tante, fino al momento in cui uno strano blackout lascia al buio Akira e i suoi amici. Ma assieme alla maggior parte delle luci della città sono scomparse anche centinaia di persone e quindi Akira, Ryuichi ed i loro Digimon iniziano a cercare chi è rimasto e poi, soprattutto, a tentare di capire cosa sia successo.
Genere: Avventura, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LA PRINCIPESSA SUL GHIACCIO (p.2)


Blackout:

Fiamma si premette contro di lei.

«Mi leggi qualcosa?» domandò.

Le sorrise. «Non ho un libro.»

«Mi racconti una storia?» supplicò allora lei.

Ayano le stropicciò la pelliccia e gliela arruffò. «Non me ne viene in mente nessuna. Potrei farti un disegno con il sapone, però.» propose, immaginando la faccia che avrebbe fatto il nonno se avesse scoperto che qualcuno aveva imbrattato di sapone lo specchio del bagno.

Le luci della stanza sfarfallarono, Fiamma infilò il muso sotto il suo mento e si rannicchiò ancora di più contro di lei. Rimasero al buio, mentre il vento fuori si acquetava di botto ed i rami smettevano di urtare contro il vetro della finestra.

«Se n’è solo andata la luce, a volte capita.» disse Ayano, pizzicando la punta dell’orecchio del piccolo Digimon.

Ma Fiamma non reagì, presa com’era dallo stringersi a lei come faceva ogni volta che era spaventata.

Ayano prese il telefono per farsi luce, passò il dito sul display ed attese che si illuminasse, ma lo schermo rimase nero. Poggiò una mano per terra e la usò per farsi leva, mentre con l’altra ancora stringeva Fiamma ed il telefono.

Il suo primo, divertito pensiero, fu per un telefilm di fantascienza - che aveva seguito non troppo assiduamente - in cui un blackout improvviso lasciava permanentemente al buio l’intero pianeta rendendo inutile ogni singolo apparecchio elettrico.

«Fiamma.» chiamò.

Dove sono le voci degli ospiti? Si domandò, accorgendosi del silenzio innaturale. Se avesse saputo che sarebbero andati tutti via così in fretta, pensò, avrebbe evitato di scappare dalla sala.

Fiamma la fissava. «Dimmi.»

«Il telefono non funziona, troviamo i miei genitori.» le rispose Ayano.

La lasciò scivolare verso il pavimento e la vide scintillare nell’oscurità, ricoprirsi di uno strato caldo di fuoco scoppiettante che crepitò e si rifletté sulle pareti e sul marmo della stanza. Le sorrise, felice che si prestasse a diventare la sua torcia personale. «Grazie.»

Una volta dischiusa la porta, Ayano rimase un momento in attesa, pronta a cogliere ogni minimo fruscio che potesse indicarle che non erano davvero andati via dalla sua festa dimenticandosi di lei, ma per terra c’erano ancora la bottiglia di vino e le lattine di pepsi corretta, anche se erano abbandonate.

Percorsero il corridoio a passo felpato e raggiunsero la sala della festa, trovandola vuota. Fiamma saltellò per la stanza per illuminarne ogni angolo, balzò su uno dei tavoli del Buffett ed inchiodò di colpo prima di finire in uno dei piatti.

Ayano si avvicinò, preoccupata, ma scoprì che l’amica stava solo contemplando un bizzarro dolce nel centro in un piatto.

«Lo puoi mangiare, se vuoi.» le disse. Un istante dopo, lei lo morse con gusto. Le fiamme che la ricoprivano si dissiparono un istante, poi si gonfiarono ed oscillarono verso il bouquet di fiori lì accanto. La foglia più bassa fu la prima a prendere fuoco, Ayano afferrò l’intero mucchio e lo capovolse immergendolo nell’acqua del vaso a testa in giù.

«Piano, piccola piromane.» raccomandò a Fiamma.

Lei si spense con un rantolo rammaricato. «Mi dispiace.» disse nella rinnovata oscurità.

Ayano sorrise, anche se lei non poteva vederla, ma non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che stesse accadendo qualcosa di grosso e che lo stesse sottovalutando.

«Pensi che abbiano sentito qualcosa e siano usciti a vedere?» domandò. Le sarebbe davvero piaciuto che fosse così, magari si era solo addormentata sul pavimento del bagno ed era tutto un sogno, ma quando mai sarebbe così semplice?

Il fuoco avvolse ancora una volta Fiamma e la luce permise ad Ayano di vederla mentre si leccava i baffi con entusiasta soddisfazione. «Vuoi che andiamo a controllare?» chiese.

Ayano annuì senza esitare. «Sì, grazie.»

La porta per uscire era oltre un secondo corridoio, subito dopo la scrivania, ora vuota, dietro cui aveva visto sedere la donna che li aveva accolti al loro arrivo. Era socchiusa.

Ayano afferrò la maniglia e la tirò, Fiamma fu la prima a zampettare nel giardino deserto ed a guardarsi attorno.

«Non sento nessuno. Ayano, non sento nulla, né Digimon, né umano. Che è successo? Ho paura.»

Ayano si inginocchiò davanti a lei, tese le mani per accarezzarla ma si fermò prima di sfiorarla e bruciarsi.

«Ehi, andrà tutto bene, ok?» le disse.

Fiamma piegò le orecchie e si tese verso di lei, ridusse le fiamme e le concentrò nella parte inferiore del corpo, così che Ayano potesse sfiorarle il collo, quando lei lo fece si sciolse in quel tocco e si strofinò contro il suo polso.

«Credi?» domandò.

Ma Ayano non era più sicura di niente, poiché i suoi genitori non avrebbero mai potuto architettare uno scherzo simile e avrebbero di certo impedito a chiunque di farlo.

«Certo.» disse. Si alzò e, stringendo tra le dita l’orologio datole dal padre, aggiunse: «A questo punto prendiamo una camera.»

Non aggiunse altro, per quanto le sarebbe piaciuto andare a casa e dormire nel suo letto, Ayano sapeva che era impensabile attraversare la città al buio e sui tacchi. Il solo guardarsi attorno le faceva tremare le gambe.

Fiamma ridiede vita al suo fuoco, ampliando il loro spazio visivo; sembrava essere l’unica fonte di luce rimasta. «Torna dentro,» le disse. «Qui fa freddo.»

Non le raccontò che aveva paura che chi non doveva le notasse per via della luce che lei generava, né le ricordò che in ogni corridoio e dietro ogni tenda avrebbe potuto esserci qualunque cosa. Accantonò i pensieri di film dell’orrore che avrebbe voluto non aver mai visto e l’idea che, per quanto non fosse ancora accaduto nulla di brutto, ciò che stava accadendo non era certo un buon segno.

Dietro la reception c’era il quadro con le chiavi delle stanze, si arrampicò sul bancone e ne afferrò una a caso, poi guardò il numero che vi era scritto sopra.

Lasciò che Fiamma la precedesse verso le cucine, la coda in fiamme che le illumminava il cammino.

Due anni prima del Blackout:

Il temporale infuria all’esterno, il vento scuote gli alberi oltre la finestra e la pioggia batte forte sui vetri.

Ayano si richiude la porta alle spalle e si sporge per cercare Fiamma, la trova accucciata sotto la scrivania, accanto al cestino tanto ricolmo di carte arricciate e bozzetti incompiuti da sembrare di stare per esplodere. L’ennesimo tuono all’esterno la fa sussultare.

La pelliccia del piccolo Digimon crepita e favilla un istante, dal suo tremare scivolano giù piccole fiammelle che luccicano e si spengono a contatto con il pavimento. Per Ayano non è una situazione nuova, sta imparando a riconoscere le reazioni della sua nuova amica e il modo in cui può aiutarla prima che lei provochi un incendio, quindi si inginocchia davanti a lei e si infila sotto la scrivania, sedendosi al suo fianco.

Fiamma trema ancora, Ayano la sfiora con un dito e le gratta un orecchio quasi come se fosse un gatto.

«Il temporale non durerà per tutta la notte. Almeno lo spero.» sorride. «Ma a noi cosa importa? Siamo all’asciutto, giusto?»

Fiamma mugugna qualcosa, ma la ragazza non riesce a capire di cosa si tratti. Vorrebbe avere una tapparella da abbassare, per impedire che una volta arrivata la sera i flash dei lampi illuminino la stanza spaventando il Digimon ancora di più, ma sa che dovrà accontentarsi della tenda oppure proporle di dormire nella cabina armadio.

C’è un altro tuono, il suo eco fa tremare anche i pavimenti e Fiamma si stringe a lei.

«Ti piacciono le storie?» domanda Ayano. Si sporge appena da sotto la scrivania e tasta il tavolo con una mano cercando alla cieca l’ultimo libro che ha comprato, quando riesce ad afferrarlo e torna al riparo nota con sollievo che Fiamma la sta guardando, il muso sollevato e le orecchie inclinate per la curiosità. «Potrei raccontartene una, se vuoi.» propone.

Fiamma sbatte le palpebre, rimane in silenzio alcuni secondi, forse ci sta riflettendo su.

«Una storia?» Chiede.

Ayano le sorride ed annuisce, poi le mostra la copertina del libro e, dopo un istante di esitazione, la guarda a sua volta. «Si, beh, magari non questa.» borbotta. «È il terzo volume di una saga.» Spiega in fretta. Fiamma non pare seguirla più, ma Ayano inizia a divagare: «Una saga è quando una storia è composta da più libri e di solito vanno letti uno dopo l’altro oppure uno non ci si capisce nulla.»

Ayano si corruccia, arriccia le sopracciglia e pensa a quale possa essere un libro carino da leggerle; qualcosa di leggero e che non rischi di spaventarla più di quanto sia già. Apre la bocca, ma Fiamma la precede, guardandola con interesse.

«Anche io voglio leggere una saga!»

Ayano le sorride, un altro tuono rimbomba nella stanza, ma Fiamma non ci fa caso, ha gli occhi puntati contro di lei e quasi pende dalle sue labbra. «Oh! Bene! Da cosa vuoi cominciare?»

Fiamma guarda in alto, Ayano si accorge solo in quel momento che sopra di loro c’è attaccato un vecchio post-it con un elenco di marche di pastelli. Fa schioccare la lingua, staccandolo ed infilandolo in tasca nonostante sappia che lo perderà di nuovo.

«Basta aprire il libro e poi è come con la tv, vero?» Chiede Fiamma.

Ed è grazie a quel paragone che Ayano ha improvvisamente il dubbio che il Digimon non sappia esattamente cosa significhi.

«Meglio cominciare dalle basi.» Conclude, coprendo la bocca per trattenere una risata.

15 minuti dopo il Blackout:

Una volta che furono entrate dentro la stanza, Fiamma annusò l’aria e fece un cenno ad Ayano. Solo dopo quel segnale la ragazza girò due volte la chiave nella toppa e chiuse entrambe dentro. Nessuna delle due fiatò mentre si muovevano nel silenzio, unica certezza che era rimasta loro. Finché ci fosse stato silenzio sarebbero state sole, chiunque fosse arrivato poi avrebbe potuto essere poco amichevole.

Per prima cosa si sfilò il vestito, gettandolo sulla sedia accanto allo specchio. I volant della gonna si stropicciarono sul pavimento, ma lei non se ne preoccupò. La tapparella della finestra era già chiusa, quindi dovette solo infilarsi sotto la coperta, troppo stanca e preoccupata per pensare anche di struccarsi.

La sagoma di Fiamma spiccava contro la finestra, mentre lei la guardava con le orecchie sollevate ed il pelo ritto sulla schiena. Pareva quasi un gatto da guardia ed Ayano sentì dissolversi parte del peso che aveva nel petto. Non era totalmente sola, Fiamma avrebbe vegliato su di lei. Il musetto di lei era sollevato e le narici si dilatavano a tratti, chiaro segnale di quanto insistentemente stesse fiutando l’aria.

Si sporse verso di lei e la chiamò. «Fiamma?»

Fiamma deglutì e chinò il capo, sollevando gli occhietti per guardarla di sottecchi solo dopo alcuni secondi.

«Ho paura.» ammise. Si sedette ed agitò la coda. «Però non dirlo a Ryu.»

Ayano le sorrise e sollevò un lembo della coperta, un gesto familiare che decine di volte aveva già eseguito per invitarla a raggiungerla quando una delle due aveva bisogno di conforto e che apparteneva ad una vita talmente recente da riportarle per un attimo alla normalità. «Certo che no.» disse tranquilla.

Fiamma le saltò accanto e si raggomitolò sul lenzuolo, Ayano la coprì e la strinse a sé, lasciando che fosse la prima a scivolare nell’incoscienza ed assicurandosi di tenerla ben stretta.

Rimase ad ascoltare il respiro pesante del suo Digimon, il suo leggero ronfare rassicurante la cullò, mentre restava con gli occhi aperti a fissare il nulla.

Forse sto sbagliando tutto, forse dovremmo lasciare Yokohama. Si disse. Un centro abitato sarebbe stato in ogni caso un bersaglio, qualunque fosse la minaccia, ma non riusciva ancora a spiegarsi la sparizione di tutti. Domani deciderò meglio. Si ripromise. Passò le dita sotto il muso di Fiamma, la pelle di lei che vibrava sotto i polpastrelli come avrebbe fatto quella di un comune gatto di casa.

Stringeva ancora il telefono, provò a riaccenderlo, chiedendosi se non sarebbe stato meglio se avesse contattato Akira prima che le luci si spegnessero, per chiedergli di raggiungerla. Se avesse saputo che lui stava arrivando probabilmente si sarebbe sentita meglio e per questo parte di lei era felice soprattutto di non avergli scritto. Non si erano visti per settimane, come poteva anche solo pensare di farlo?

Il sonno la colse un paio di ore dopo, trascinandola in un dormiveglia ovattato colmo di sogni misti a spezzoni di film di fantascienza visti controvoglia. In uno degli incubi si ritrovò a scappare da alieni tripedi alti quanto grattacieli, che poi digievolsero in navi spaziali che lanciavano Digiuova esplosive appese a piccoli paracadute, in un altro un’onda anomala travolgeva lei e Fiamma spingendole verso il palaghiaccio, dove un tornado sradicava il soffitto lasciando cadere numerosi squali pronti a divorarle.

Ad un certo punto il rumore di un fischio assordante che le ricordava quello di una teiera scemò nella voce di qualcuno che la chiamava. Riusciva quasi a vederla, tra le palpebre dischiuse a fatica, con lo sguardo allarmato ed il muso a pochi centimetri dal suo viso. Fiamma irradiava uno stato di panico tanto forte che sonno ed intorpidimento le scivolarono via in un colpo solo e lei si alzò di scatto. Il cuore prese a batterle forte mentre spingeva via le lenzuola.

«È giorno.» disse Fiamma ad un passo dal suo viso.

Ma Ayano aveva freddo, sonno, fame. Si strinse a sé e si chiede se non sarebbe stato meglio dormire ancora, finché fosse stata realmente sveglia e lucida. Si risollevò la bretella del reggiseno e sbadigliò, infastidita da quel poco di luce che penetrava dalle fessure lasciate dalla tapparella chiusa.

«Cosa vuoi fare?» domandò a Fiamma.

Era felice che non si mostrasse più spaventata quanto il giorno prima, che in qualche modo paresse essersi calmata.

Ayano raggiunse il bagno e aprì il rubinetto, Fiamma le saltò accanto.

«Andiamo a casa?» chiese.

Ayano agitò le dita dei piedi contro il pavimento freddo, si sciacquò il viso con un mugugno, ma gran parte del trucco rimase lì dov’era, sbavato sotto l’occhio a sottolineare le sue occhiaie.

«Ok.» rispose, osservando il proprio riflesso nello specchio. Nel cestino sul mobile del suo bagno c’era il suo struccante che la aspettava, ricordò, fino ad allora avrebbe dovuto accontentarsi delle salviette che sua madre teneva in macchina.

Si rimise il vestito e si riabbottonò la camicetta, infilò con uno sbuffo le scarpe ai piedi ed esitò, prima di aprire la porta.

Il corridoio era ancora vuoto, ma trattandosi di un albergo di lusso non se ne stupiva. Scese con Fiamma al piano inferiore e, con un rantolo di delusione, realizzò che era tutto esattamente come lo avevano lasciato, dalle lattine di pepsi al mazzo di fiori infilato nel vaso a testa in giù. Nessuno era stato lì per pulire, nessun sembrava essere entrato ed uscito da quando si erano spente le luci. Raggiunse il guardaroba, non c’era più nessuno che si occupasse di mettere via i cappotti e riconsegnarli, e si mise alla ricerca della borsa di sua madre. Se ricordava bene, lì dentro c’erano le chiavi della macchina, all’interno di cui avrebbe potuto trovare un cambio di vestiti ed i suoi pattini. Trovò la borsa su uno scaffale, proprio accanto al suo cappotto, che infilò prontamente. Pochi minuti dopo lei e Fiamma erano dirette verso il parcheggio. Quella mattina c’era particolarmente freddo, pensò Ayano, ma forse era solo colpa delle gambe scoperte e della situazione, se lei si trovava a tremare così tanto.

L’auto era l’unica rimasta nel parcheggio, provare ad aprirla da lontano con la chiave elettronica non servì, allora Ayano andò dritta verso il bagagliaio e la infilò nella toppa, poi lo aprì e trascinò il borsone verso di sé. I suoi jeans erano lì, assieme ai suoi pattini da ghiaccio ed accanto a quelli con le rotelle. Sganciò i pattini da ghiaccio, immaginando che non le sarebbero serviti almeno per un po’, e lanciò la tuta ed il costume che aveva usato per la gara sui sedili anteriori, in modo che nel borsone restassero solo la bottiglia d’acqua, i vestiti di ricambio e gli stivali. Si arrampicò nel bagagliaio e, sul sedile posteriore, trovò lo zaino in cui sua madre aveva infilato le salviette struccanti. Lanciò anche quello nel borsone e riportò i piedi sul lastricato.

Lanciò un’occhiata dietro di sé, poi verso Fiamma, che la vegliava osservando lo spazio aperto alle loro spalle.

Ayano si sedette sul bordo del bagagliaio, le gambe a penzoloni, vide Fiamma annusare l’aria mentre allungava il braccio per prendere il primo stivale e si fermò con il braccio a mezz’aria.

«Che hai sentito?» le chiese.

Fiamma le lanciò un’occhiata breve e preoccupata, Ayano lasciò andare lo stivale e, invece, prese i pattini con le rotelle, infilando il primo alla svelta.

«Da che parte?» domandò.

Fiamma si sporse e sbirciò a sinistra, poi tornò a ritrarsi verso di lei, allora anche Ayano si affacciò e li vide a sua volta.

Erano accanto al cespuglio di rose, vicino alla scala che dava sull’ingresso dell’albergo, i Digimon ondeggiavano in direzione del parcheggio con passo malfermo. Ayano non voleva restare ad assicurarsi che la sua teoria fosse corretta, ma il pensiero degli zombie, nel vederli procedere con quell’andamento incerto e la bocca crepata dagli effetti della qualunque mutazione abbiano potuto subire e la pelle ingrigita, si fece largo in lei e non la lasciò.

Quei Digimon apparivano scoloriti e malati, Ayano era certa di non averne mai visti di simili. Afferrò il secondo pattino a rotelle, lo infilò al piede, lo allacciò malamente e scivolò giù dall’auto.

Vide con la coda dell’occhio Fiamma che saltava giù dall’auto a sua volta, i Digimon le videro in quel momento, anche se aveva l’impressione che sapessero già dove cercarle.

Mise in spalla il borsone, felice di aver deciso di lasciare il superfluo, e disse a Fiamma: «Corri!»

Pattinò in direzione del cancello, tovandolo aperto, si aggrappò ad un’anta di esso per virare e ne approfittò per lanciare un’altra occhiata ai Digimon. Non avrebbe mai immaginato che la prima volta che avesse incontrato degli Shamamon e dei Gladimon sarebbe stata tanto spaventata da loro. Tornò in strada, decisa a mettere quanto più spazio possibile tra lei, Fiamma e loro.

   
 
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