Che tutti vedessero quanto dolore era in grado di sopportare Billy Hargrove, prima di spezzarsi. Dopotutto, non si può rompere qualcosa che è già in frantumi.
[Billy!centric]
Storia classificata 4° al contest “My beloved villain” indetto da Dark Sider sul forum di EFP
• Titolo: Bury all your secrets in my skin
• Fandom: Stranger Things
• Pacchetto scelto: Joker (Il Cavaliere Oscuro)
– Condizione: Il villain deve venire sfregiato (non deve essere la sua condizione di partenza, deve accadergli per qualche motivo durante la storia)
– Oggetto: Coltello
– Stagione: Autunno
– Frase: “Ti deprime sapere quanto sei profondamente solo?”
• Elementi del pacchetto utilizzati: Condizione, Stagione, Frase (non è riportata come discorso diretto, ma come parte del testo)
• Rating: Arancione (per tematiche delicate e violenza)
• Generi: Introspettivo, Drammatico
• Avvertimenti: Angst, !linguaggio, violenza (fisica e psicologica)
• Note Autore: Avevo in mente questa storia da quando ho finito di fare binge!watching della terza stagione di Stranger Things. Durante la seconda stagione, sono rimasta affascinata dal personaggio di Billy: all’inizio lo odiavo, mi sembrava il solito bulletto belloccio messo lì solo per creare frizioni con Steve. Nel penultimo episodio, però, viene fatto capire che Billy è un personaggio molto più profondo di quel che si crede. Certo, il ragazzo che viene cresciuto con violenza e diventa un bullo è un cliché, ma è escamotage che è servito, a mio parere, per dare spessore al personaggio.
Nella terza stagione vengono mostrati molti più fantasmi sul suo passato, spiegando, purtroppo solo in parte, un po’ di più su di lui.
Con questa FF vorrei dunque analizzare un po’ Billy, a partire dal suo difficile passato. Perché suo padre non è stato l’unico mostro che l’ha reso quello che è.
– Il titolo della fanfiction è una strofa della canzone “Snuff” degli Slipknot (Traduzione: “Seppellisci tutti i tuoi segreti nella mia pelle”). L’ho trovata molto attinente alla traccia del contest.
– Per alcuni particolari mi sono basata anche sul libro “Runaway Max”, romanzo ufficiale di Stranger Things, e alcune interviste rilasciate dall’attore che ha interpretato Billy.
– Questa storia potrebbe avere come sottotitolo “la fiera dell’headcanon”. Spero che i miei pensieri vi piacciano!
Buona lettura! ^^
“Hai visto? Era alta almeno due metri!”
Gli occhi di Billy Hargrove erano grandi e cerulei, esattamente come
quelli di sua madre.
Lui aveva preso molto da lei – le fattezze d’angelo con quei lunghi
riccioli biondi e le iridi celesti, la pelle baciata dal caldo sole
della California – e lei aveva preso tutto da lui, rubando i suoi
ricordi felici per poi accartocciarli e abbandonarli su una spiaggia di
San Diego1.
“Va bene, altri dieci minuti. Ma non di più o papà si arrabbierà, ok?”
“Ok!”
Neil, il padre di Billy, era un uomo severo e inflessibile, che
lavorava come guardia giurata1 e per questo era anche
intollerante su
molti comportamenti. Ciò, però, non lo giustificava dai suoi modi
violenti di padre-padrone.
“Ehi, Billy! Fermo! Che problemi hai? Che avevamo detto, eh?! Devi scivolare!”
“Lo so!”
Voleva che il suo unico figlio fosse forte, non una mammoletta capace
solo di fuggire davanti alle difficoltà o di piangere, ma il suo volere
che diventasse un uomo era da
intendersi nel senso più machista
possibile.
“No!”
Neil odiava qualunque debolezza Billy – poco più che un bambino –
avesse, e la sua omofobia2 arrivava a voler stroncare del
tutto
qualsiasi manifestazione di insicurezza, tenerezza o semplice
timidezza. Billy doveva diventare un macho, un duro, e non un frignone.
Purtroppo, gli atteggiamenti di Neil ferivano il figlio, anziché
forgiarne il carattere, allontanandolo sempre di più da lui.
“Ehi! Bravo, scappa come fai sempre!”
Billy non si sentiva apprezzato dal padre e, ogni volta che voleva
piangere, andava a cercare riparo e ristoro tra le esili braccia della
madre. Si era legato molto di più a lei e sentiva che finché avesse
potuto abbracciarla, avrebbe anche potuto superare ogni cosa. Ci
sarebbe stato sempre il suo splendido sorriso a lodarlo e dirgli quanto
fosse bravo, mentre affrontava le alte onde e sfuggiva alla risacca.
Le cose non andavano bene in quella famiglia, ma l’oppressione di Neil
non era ancora arrivata a sfociare in tutta la sua aggressività.
Tutto cadde in rovina quando la madre di Billy conobbe lui.
Lui era affascinante e alto,
con la pelle d’onice3 e un sorriso
simpatico stampato sul volto, ma, soprattutto, era un uomo premuroso.
La madre di Billy lo aveva conosciuto una calda domenica di fine settembre sulla spiaggia, mentre guardava il ragazzino giocare con le onde.
L’autunno è quella triste stagione dove gli amori estivi si affievoliscono fino a diventare solo un agrodolce ricordo – o un rimorso –, ma, come una vecchia foglia che si stacca dall’albero per far posto a quella nuova, è anche la stagione della rinascita interiore.
La donna aveva chiesto al figlio di non far parola a Neil di quel suo nuovo amico, e Billy – da bravo bambino – non ne fece mai riferimento a casa.
Anche se era indaffarato con la sua tavola da surf, ogni tanto il più giovane vedeva le dita dei due intrecciarsi, i loro occhi cercarsi, le loro labbra sfiorarsi; e si accorse subito che la madre sorrideva di più da quando aveva conosciuto lui. Per questo mantenne il segreto: credeva che quell’uomo avrebbe portato gioia nella vita della madre.
Ciò si rivelò esatto, ma fu la vita di Billy quella che ne venne distrutta.
“Te l’ho detto, ero con Wendy!”
“Smettila di mentirmi!”
“Non sto mentendo!”
Neil aveva comunque scoperto che sua moglie si incontrava spesso con
quell’uomo, ed era diventato ancora più geloso e possessivo, tanto che
anche lei si stava allontanando sempre di più dal marito. Se c’era
ancora una fiamma d’amore che scoppiettava nel cuore della donna, ormai
Neil l’aveva soffocata per sempre.
“Stammi lontano! Ho detto lontano!”
Le parole non erano mai state l’unico modo che Neil aveva per punire la
famiglia, ma quella lite fu particolarmente aspra e violenta.
Neil non si era mai premurato di far allontanare Billy durante le sue sfuriate con la moglie: il loro figlio era sempre rimasto ad assistere a quei caustici rimproveri e a quella pelle arrossata che il giorno dopo diventava violacea.
“Fermo!”
“Stronza!”
“No!”
Billy, per una volta, non scappò.
Quella era sua madre, e anche se capiva che aveva sbagliato a fare qualcosa di nascosto, non riusciva a dargliene colpa. Se suo padre l’avesse amata davvero, lei non avrebbe cercato quel sentimento da un’altra parte. Alla fine, era la medesima cosa che faceva lo stesso Billy, evitando di stare con il padre e preferendo invece un’altra compagnia – quella della madre. Erano alleati in quella guerra.
Coraggioso, si era avvicinato al padre e lo aveva abbracciato, volendo fermare quell’orco facendo lui stesso da scudo alla madre.
Proprio Billy, che era sempre scappato davanti a tutto, si era dimostrato molto più uomo in quell’occasione nella quale aveva agito di sua spontanea volontà, che non in tutte le volte che aveva dovuto fare qualcosa perché glielo aveva imposto il padre.
Lui era molto più uomo di Neil Hargrove.
“Bastardo!”
“Mamma!”
Lo schiaffo che la madre di Billy ricevette quella sera non fu il
primo, ma sarebbe stato l’ultimo.
Lei se ne andò, portando con sé solo la borsetta con qualche dollaro e i documenti.
Andò via dalla propria famiglia, perché voleva essere felice.
A qualunque costo.
Anche a costo del proprio figlio.
Da quel giorno, la madre di Billy non tornò più a casa.
Quell’uomo conosciuto sulla spiaggia gliel’aveva portata via. Per sempre.
Billy lo odiava.
Lo odiava perché sua madre amava di più lui che il proprio figlio, ma solo perché Billy non capiva che la persona che ella amava di più era se stessa. Lui, però, non era odiato solo dal piccolo Billy, ma soprattutto da Neil. Un odio profondo, viscerale, per lui e per tutti quelli come lui.
Nonostante il divorzio e il relativo affidamento del figlio al padre da parte del giudice, sarebbe bastato così poco per strappare anche Billy da quell’inferno di violenza domestica. La madre avrebbe potuto portarlo via con sé dopo essere andata a prenderlo fuori da scuola o entrare in anticipo negli spogliatoi dopo una partita di baseball. Sarebbe bastato cambiare Stato, e la mano pesante di Neil non sarebbe più riuscita a ghermirli.
Lei, però, voleva solo dimenticare e riniziare una vita con un uomo gentile che la amava in maniera genuina.
Recise qualsiasi contatto con la sua ex-famiglia, lasciando a Neil il compito di crescere un figlio con il cuore spezzato e senza più alcuno scoglio al quale aggrapparsi durante le tempeste.
Billy era accecato d’amore per lei, ecco perché non riusciva a vedere i suoi errori come madre.
Riuscì a mettere in salvo solo alcune foto, che nascose tra i libri, e una di lei collanina in argento dal portagioie, prima che il contenuto finisse rivenduto a un orafo. Il ciondolo di essa raffigurava la Nostra Signora del Pilar – la Santa alla quale la madre si appellava nei momenti più bui della sua relazione – che teneva in braccio il proprio Figlio. Un simbolo religioso era la cosa più mascolina che Billy aveva trovato là dentro e che poteva indossare senza che suo padre gliela strappasse.
Billy divenne sempre più simile a Neil, comportandosi come un bulletto
a scuola in modo che nessuno potesse mettersi contro di lui.
La scuola divenne per lui un luogo sacro, dove poteva essere grande, forte, rispettato e ammirato; lontano da casa propria, dove lo aspettavano solo percosse, urla e quella severità capace di strappare l’infanzia. Eppure, per quanto fosse essenziale, anche l’istituto scolastico non era un rifugio bello come le braccia della madre.
Lì aveva molti bambini che gli gravitavano intorno, ma di fatto nessun amico: le persone stavano con lui solo perché era figo, ma Billy sapeva che sarebbero stati tutti pronti a pugnalarlo con un coltello alla schiena alla prima occasione.
In cuor suo sapeva di essere solo.
Profondamente solo.
E tutto questo lo deprimeva.
Aveva perso un rifugio, una madre, una famiglia.
A volte, quando era abbozzolato tra le coperte di quelle notti che andavano a rinfrescarsi, piangeva, attento a non farsi sentire da Neil.
Non vedeva l’ora di diventare grande, avere un lavoro e una macchina sportiva con la quale scappare lontano per avere la libertà che sognava.
Neil aveva impiegato anni per passare oltre quell’onta subita.
Per mesi aveva tenuto ancora la fede al dito – come fosse un parassita attaccato alla sua pelle, impossibile da staccare senza dover mozzare l’anulare – e Billy se ne ricordava fin troppo bene. Era da lui che, crescendo, aveva imparato a mettere un anello al dito medio sinistro. La mancina era la mano più debole, ma con un bell’anello di metallo il pugno faceva più male.
Quante volte la fede nuziale lo aveva colpito, lasciandogli sulla pelle degli evidenti segni? Troppe erano state le cicatrici e gli sfregi sul suo viso per ricordare.
E tutti quei tagli e quei lividi li portava con fierezza a scuola, dopo aver preso a pugni il muro per la rabbia di essersi piegato ancora e ancora a quel mostro, facendo credere, invece, di essere uscito vincitore da una rissa.
Che tutti vedessero quanto dolore era in grado di sopportare Billy Hargrove, prima di spezzarsi. Dopotutto, non si può rompere qualcosa che è già in frantumi.
Il tempo passò e la sua famiglia si ritrovò allargata. Il padre non
avrebbe mai perdonato la propria ex-moglie, ma aveva voluto
ricominciare da capo. Aveva conosciuto Susan Mayfield a lavoro; la
donna stava tutto il giorno dietro agli sportelli della banca1
che la
incorniciavano come fosse un pregiato dipinto preraffaellita, e Neil
non aveva resistito a una bellezza così raffinata e un cuore fin troppo
delicato, che, come lui, portava il peso di un figlio da crescere da
sola, dopo una relazione caduta in disgrazia.
“Non chiamarmi così. O Max o niente.”
“Bene, bene. Sei linguacciuta.”
“Solo quando le persone mi fanno incazzare.”
“Mad Max sia, allora. Siamo d’accordo.”4
Maxine aveva capelli rossi come le foglie d’autunno e occhi larghi e
chiari come quelli del fratellastro, ma che brillavano vivaci e fieri
come quelli nei ricordi della madre di Billy, quando era lontana da
Neil.
Billy si ripromise che non avrebbe mai permesso al padre di avvicinarsi a lei per punirla: avrebbe vegliato su quella piccola stronzetta, prendendosi le colpe di ciò che avrebbe combinato.
Certo, non voleva nemmeno essere un martire; ecco perché avrebbe fatto di tutto perché rigasse dritta ed era sempre molto severo con lei: per evitare che Max facesse casini, Billy conosceva solo i metodi militari imposti dal padre. Lei l’avrebbe odiato con il tempo, ne era certo, ma avrebbe sopportato anche quello, pur di tenerla al sicuro.
Billy amava la California, era un luogo dove i ricordi della madre si
tessevano nell’aria, creando meravigliosi intrecci dai colori pastello.
Se avesse potuto, non avrebbe mai lasciato quello Stato.
Eppure, alla vigilia di Halloween, lui e la sua famiglia si ritrovarono a dover traslocare a tremilatrecento chilometri da casa; un bel rodaggio per la sua Camaro Chevolet Z28 del ‘79 nuova fiammante.
Ormai Billy era certo che l’autunno fosse la stagione delle sue sciagure.
Questa volta, però, non era stata tutta colpa sua.
La California era da sempre lo stato degli USA più aperto nei confronti degli omosessuali. San Francisco era la città gay per eccellenza, ed era proprio da lì che proveniva il nuovo compagno di scuola di Billy.
Nessuno avrebbe mai pensato che fosse dell’altra sponda, ma una sera che era a casa di Billy per un progetto scolastico, si fece avanti. Aveva visto qualcosa in Billy: tutta quella sua rabbia, quel dolore represso, come fosse un lupo in gabbia a cui era stata tolta la libertà di essere quel che davvero era.
Billy non riuscì a respingerlo.
Nonostante gli ammonimenti del padre a proposito di quei froci, che sarebbero stati da picchiare e mandare a farsi curare, il suo amico gli stava facendo esattamente quello che Billy tanto agognava e che aveva sempre creduto di odiare a propria volta.
Sapeva che era rischioso fare quelle cose a casa propria, ma aspettava sempre che i genitori fossero via. Sì, perché non capitò solo una volta, ma due, tre, quattro… finché, un giorno, Maxine tornò prima da scuola e li vide e, confusa e un po’ impaurita, chiese a Susan perché il fratello facesse certe cose con un altro maschio. La situazione precipitò quando Susan chiese risposte a Neil. E Neil andò a pretenderle da Billy.
Dopo quel pestaggio, il ragazzo dovette rimanere a casa per tre giorni, senza possibilità di visitare l’ospedale, per poi sentirsi dire dal padre che non sarebbe più andato a scuola e di preparare le valigie, perché aveva chiesto trasferimento come guardia giurata da un’altra parte, molto molto lontano da San Diego. Non voleva che la voce di avere un figlio omosessuale si diffondesse in città. Sarebbe stato un disonore insopportabile.
Dopo tre settimane – appena dato il tempo alle ferite di guarire – dall’assolata San Diego, Billy finì dunque nella minuscola, fredda e monotona Hawkins, una cittadina di provincia in campagna che olezzava di stantio e di tedio. E di escrementi di bovino.
Odiava quel posto con ogni fibra del proprio essere. Le stazioni alla
radio erano poche e nessuna trasmetteva della buona musica – se non
fosse stato per le sue audiocassette sarebbe impazzito.
Non c’erano né una discoteca, né un centro commerciale. C’erano solo due bar, un Diner, un cinema… Anche la noia sarebbe morta di noia là.
L’unica cosa che sembrava funzionare era il centro sportivo e le ragazze, attratte da quel nuovo individuo pieno di muscoli. Billy si allenava “come un matto”, tutti i giorni. Voleva essere bello, palestrato e in forma. Ci teneva moltissimo ad apparire, perché sapeva che dentro di sé era tutta terra arida.
Voleva tornare a casa in California, ma non perché gli importava dei suoi sedicenti amici; lui, infatti, preferiva le cose tangibili. La sua macchina, ad esempio: giravi una chiave, mettevi benzina e ti portava ovunque; oppure una sigaretta: la accendevi e la fumavi. Semplice e asettico.
I sentimenti non facevano per lui, ma voleva tornare a San Diego per sperare di rivedere la madre.
Da quando Billy aveva lasciato casa, stava diventando sempre più marcio dentro. Era sempre stato uno stronzo, ma da allora aveva iniziato a incattivirsi; a pagarne le spese era soprattutto lui stesso, che veniva punito dal padre, e poi la piccola Max, che si ritrovava a fare da sfogo ai suoi lunatici sbalzi d’umore.
“Tua…”
“Cos’hai detto?”
“Niente”
“Hai detto che è colpa mia?”
“No.”
“Lo sai di chi è la colpa. Dillo. Max… dillo. DILLO!”
Ma lei era davvero una dura, al contrario di Billy.
Lei non si sarebbe assunta colpe non sue e non si sarebbe piegata a quella violenza.
Lei era molto più forte di Billy, e glielo avrebbe dimostrato pochi giorni dopo.
Billy odiava quando Max gli disubbidiva, e quella volta aveva veramente
oltrepassato ogni limite: era uscita di nascosto, ben sapendo che Neil
e Susan sarebbero tornati a momenti – essendo già in ritardo –,
senza dirgli nulla.
E la colpa, ovviamente, ricadde su di lui.
Billy era solo un bambino spaventato, lasciato a sé stesso, con una sorellina più piccola da accudire – quando sarebbe stato quasi più vero il contrario.
Venne sbattuto rude contro le scansie del proprio armadio, tanto da farle tremare.
Ricevette uno schiaffo come monito, a ricordargli chi comandava, ma
Neil non si fermò solo a quello.
“Rispetto e responsabilità.”
“Esatto. Adesso puoi chiedere scusa a Susan.”
Ancora umiliazioni, ancora quell’oppressione che lo schiacciava tanto
da non riuscire a farlo respirare.
Neil evitò di lasciargli dei segni addosso solo perché era meglio che andasse in giro a chiedere della sorella con il faccino da bravo ragazzo, piuttosto che con il volto tumefatto.
“Sì, signore...”
“Scusa, non ho sentito.”
“Sì, signore.”
“Trova Max.”
Billy aveva un’enorme rabbia e una profonda paura in corpo; cercava di
trattenere tutti quei sentimenti, ma gli occhi, brucianti di vergogna,
condensarono in due lacrime solitarie tutta la tristezza che lo
attanagliava.
Sperava solo di imbattersi in un modo per poter sbollire quei sentimenti, e lo trovò proprio insieme alla sorellina, nelle vesti di Steve Harrington, il re – ormai solo di titolo – di Hawkins.
Max era andata nell’agghiacciante casa in campagna di Joyce Byers, ma Billy non era di certo intimorito – suo padre lo terrorizzava molto di più.
Steve cercò di depistarlo, ma era troppo difficile fare da babysitter a quelle pesti che non riuscivano nemmeno a starsene nascoste!
A Billy sarebbe piaciuto avere un altro tipo di rapporto con Steve, ma non poteva rischiare, in un paesino così piccolo e gretto dell’Indiana. Quella non era la California e lui non poteva giocarsi tutto un’altra volta con un suo compagno di scuola. Guardava Steve da lontano, avvicinandosi a lui solo per stuzzicarlo o intimidirlo – facendo come la volpe e l’uva: odiando ciò a cui non sarebbe potuto mai arrivare.
Billy lo buttò in terra, sperando che gli bastasse per non immischiarsi oltre e ne approfittò per cercare di spaventare abbastanza Lukas Sinclair per fare in modo che non si avvicinasse mai più a Max, perché Neil non venisse mai a sapere della loro amicizia. I suoi modi di fare da bullo, fin troppo violenti per dei nerd così piccoli e, soprattutto, gracili, fecero però intervenire Steve in maniera più decisa – non solo con le parole come aveva tentato di fare poco prima.
Billy non iniziò la lotta: il primo pugno scagliato fu di Steve. Fu come se il re avesse liberato un guerriero barbaro in modalità Berserk, che non aspettava altro che un pretesto per poter sfogare la propria ira5.
Di nuovo, il corpo di Billy veniva marchiato dai segni delle botte, che gli pitturavano la pelle dei colori d’autunno.
Fu una lotta impari, dove Billy spaccò in testa all’altro ragazzo un piatto per stordirlo e avere così una posizione di vantaggio su di lui, e a quel punto fu Max a ribaltare un risultato che pareva scontato.
Come se Billy fosse una fiera, usò il sedativo nella siringa di Will per metterlo al tappeto, fermando così la sua furia.
Quello, però, non sarebbe valso per sempre: ci voleva di più per far sì che ciò non riaccadesse.
Max aveva sentito più volte Neil sgridare Billy. E poteva farlo anche lei.
“... Fanculo...”
E per difendere coloro che amava non si sarebbe fermata alle sole
minacce.
Questo Billy lo sapeva, per questo la temeva – e la mazza chiodata che Max brandiva, e che fece schiantare al suolo a pochi millimetri dal cavallo dei pantaloni di Billy, si rivelò un ottimo deterrente.
“Dimmi che hai capito! Dillo! DILLO!”
“... Sì... ho capito...”
“Come dici?!”
“Sì, ho capito.”
Lei era forte, perché, al contrario suo, aveva qualcuno da difendere.
Billy aveva impiegato intere ore per riportare Maxine dai genitori, e
ciò non era piaciuto a Neil.
Lo schiaffo che gli aveva dato poche ora prima era stato solo un antipasto, niente in confronto a cosa lo attendeva a casa, dove già si era presentato con la faccia gonfia e sanguinante.
Venne colpito così duramente dalla nuova fede che Neil portava all’anulare, che anche in quel caso Billy avrebbe avuto bisogno di visitare l’ospedale, ma non si abbassò a tanto. Si curò da solo e si mise una busta di piselli surgelati in faccia.
L’unico danno che riportò a vita fu il sopracciglio destro tagliato6, ma sdrammatizzò, convincendosi di essere ancora più intrigante così – e, di certo, era sempre meglio quello di un dente mancante o del naso fuori asse.
Quando erano ancora a San Diego, aveva insegnato anche a Max a curarsi – non poteva permettere che si facesse troppo male mentre era sullo skateboard, o il padre lo avrebbe sgridato.
Billy avrebbe potuto chiederle aiuto, ma i due fratelli parlarono molto poco dopo quell’incidente, perché Billy ricordava fin troppo bene le parole di Max, nonostante il calmante, a proposito di non dare più fastidio né a lei né ai suoi preziosi amici.
Tra lui e Max si creò un cratere – destinato a riempirsi di cadaveri per permettere loro di avvicinarsi di nuovo.
Billy aveva bisogno di soldi: sigarette, preservativi7 e
benzina erano tutte cose difficili da procurarsi senza denaro.
L’occasione per poter mettere da parte un piccolo gruzzolo per le sue spese gli si presentò appena finita la scuola, all’apertura della piscina comunale di Hawkins.
Il lavoro come bagnino non era poi così male: poteva vedere bellezze in costume, stare vicino all’acqua per tutto il proprio turno e avere entrate illimitate gratis alla piscina quando era libero.
Fu lì che i suoi occhi cerulei si posarono di nuovo sulla madre di Nancy. La signora Wheeler era molto bella e aveva un marito poco presente, poco aitante, poco prestante. Era poco, per lei. Si sarebbe potuta meritare di più, magari proprio uno come Billy.
Sarebbe stato bello far cascare una donna come lei ai propri piedi, per una sola notte.
Billy non avrebbe mai voluto una relazione stabile, dunque non voleva rubarla a Ted, ma solo prenderla in prestito, visto che il marito non la usava.
Le cattive azioni, però, in qualche modo vengono sempre punite.
Max non aveva mai raccontato a Billy del Sottosopra e, anche se lo
avesse fatto, lui non ci avrebbe mai creduto.
Forse, se solo avesse cercato di difendere Max in maniera più sana o se solo fosse stato capace di controllare tutta quella rabbia dentro, la sorellastra gliene avrebbe comunque parlato. Magari li avrebbe potuti aiutare fin dall’anno prima, quando si erano ritrovati a dover combattere contro i democani.
Se solo Billy avesse messo la propria forza a disposizione di qualcosa da difendere, piuttosto che in qualcosa da distruggere, le cose sarebbero andate diversamente.
Billy Hargrove, quella sera, fu posseduto dallo spettro del Mind Flayer, che vagava debole e agonizzante per Hawkins.
Per un omicidio perfetto, ci voleva una vittima perfetta.
Solo, odiato da tutti, senza nessuno che avrebbe pianto per lui.
Disperato, vuoto, impaurito.
Senza nessuno su cui poter contare, se non se stesso.
Billy Hargrove divenne il Mind Flayer, conscio che nessuno avrebbe mai
notato quel cambiamento.
L’essere del Sottosopra lo conosceva, sapeva come fingersi lui, ed era certo che lo spirito di Billy che era rimasto ancorato a quel corpo – come fosse un coriandolo aggrappato a un vestito di carnevale – non sarebbe riuscito a farsi valere abbastanza per vincere contro di lui e riprendere il controllo.
Fu un insieme di sfortunati eventi correlati a far saltare la copertura
al Mind Flayer.
La cosa che, però, lo smascherò davvero fu una piccola insignificante parola: sorella.
Ripetuta non una, ma ben due volte.
“Heather! Lei è mia sorella Maxine.”
Il vero Billy Hargrove non avrebbe mai ammesso la propria parentela con
sua sorellastra, perché, se l’avesse chiamata “sorella”, avrebbe
infangato il nome di Max con quello di Neil. Lei non aveva lo stesso
sangue malato degli Hargrove che le scorreva nelle vene.
Questo, però, il Mindflayer non lo sapeva.
Pensava che Billy non si sarebbe appellato a Max con il termine “sorellastra” proprio davanti ai genitori della bella ragazza con la quale sembrava così tanto in confidenza.
Invece, fu proprio quello a mettere in allerta Max.
Il piccolo gruppetto dei ragazzi nerd decise di sottoporre Billy a un
semplice test.
Lo chiamarono il test della sauna.
Il Mind Flayer odiava il caldo, e quale posto migliore per farlo venire fuori dal corpo di Billy, se non come avevano fatto con Will l’anno prima?
La creatura del Sottosopra si ritrovò talmente indebolita dall’asfissiante calura della sauna a centoquattro gradi, che il suo ospite ebbe modo di dare un ultimo, balbettato e piangente messaggio per sua sorella: l’unica a cui tenesse davvero, l’unica persona con la quale avesse senso giustificarsi – o chiedere aiuto.
“Cosa non è colpa tua, Billy?”
“Ho fatto delle cose, Max. Molto brutte… non volevo farle. Mi ha costretto lui.”
“Chi ti ha costretto?”
“Non lo so, sembra quasi un’ombra. Un’ombra gigante. Ti prego, Max.”
“Che ti ha fatto fare?”
“Non è stata colpa mia, ok? Max, ti prego. Ti prego, credimi, Max. Non è colpa mia. Ho provato a fermarlo, ok? Ti prego, credimi, Max. Ti prego, credimi.”
“Billy, andrà tutto bene...”
Fu quella l’ultima volta in cui Billy Hargrove riuscì a palesarsi,
prima di ritornare a essere nulla di più che un burattino.
Solo per chiedere scusa.
Perché sapeva che era troppo debole per potersi opporre a un incubo così grande.
Ma si sbagliava.
“Sì. Era lei. Ora lo sa. Lei sa di me.”
Heater – o, perlomeno, quel che rimaneva di lei – stava aiutando Billy
a ripulirsi le ferite dopo il combattimento avuto con Jane. Sul suo
corpo c’erano tutti i segni neri della possessione che disegnavano ogni
suo peccato, e sul volto portava lo sfregio scuro di un proiettile
lanciato dalla fionda di Lukas – era ironico che proprio quel bambino
fosse stato l’unico capace di lasciargli un segno sul corpo, come se
fosse una perfetta rivoluzione del karma per il bullismo subito in
precedenza.
Quel segno sarebbe rimasto indelebile sulla sua gota, nero come il suo cuore.
Al Mind Flayer non importava di quel corpo; per lui, Billy era solo una pedina temporanea: appena fosse riuscito a uccidere quell’umana e tutti i suoi amici se ne sarebbe sbarazzato.
Non gli importava niente di lui, né di nessun altro: solo della propria vendetta.
“Sì, ma non tutti. Non tutti noi.”
L’ultimo confronto tra il Mind Flayer e la cavia numero undici avvenne
nella hall del centro commerciale “Starcourt”.
La creatura del Sottosopra era molto forte nel corpo di Billy, e l’immenso mostro che aveva assemblato con i corpi degli scorticati gli offriva la forza bellica necessaria per ottenere la supremazia in quella battaglia.
Jane credette davvero di soccombere davanti alla forza di quell’essere, ma quando guardò Billy negli occhi chiari, rivide tutta la sofferenza che portava da anni nel cuore.
Anche lui, come lei, aveva sofferto per l’allontanamento della madre e per essere stato lasciato con un padre violento e che non lo amava.
Chi meglio di lei avrebbe potuto capirlo?
A Billy non importava quanto la madre gli avesse fatto del male: la amava senza riserva, perché lei era il suo unico ricordo felice, e fu appunto grazie ad esso che Jane riuscì ad agganciarsi mentalmente a Billy Hargrove, sorpassando le difese del Mind Flayer.
Lei e Billy nascevano dallo stesso sudiciume, ma avevano preso strade diverse: Eleven si era pulita fin nel profondo, Billy, invece, non era riuscito a togliersi tutto il lerciume dal cuore, che aveva iniziato a suppurare.
Anche lei sarebbe potuta capitare dalla parte del Mind Flayer, se non avesse trovato degli amici pronti a starle sempre vicino – non importava quanto fosse diversa da loro.
Jane provò solo a condurre Billy sulla strada giusta, con gentilezza e misericordia, mentre i fuochi d’artificio lanciati contro il mostro illuminavano la hall di colori violacei.
Billy si commosse a quei ricordi, nel sentire qualcuno dire delle belle
parole verso sua madre – avendo udito solo insulti e frasi sprezzanti
nei suoi confronti.
Billy si alzò in piedi, e vide in quel mostro il proprio padre: si era impossessato di lui, e lo aveva fatto diventare un mostro a propria volta.
L’immagine della madre, invece, si sovrappose a quella di Jane a terra, quella carezza che gli aveva donato sulla guancia divenne famigliare.
Billy si mise tra lei e il mostro, pronto a fronteggiarlo: era enorme, come l’orco di quando era bambino, ma lui era pronto a difendere l’unica persona che gli avesse donato un po’ di calore, colei che avrebbe potuto vegliare su Max e porre fine a tutto.
Anche se era terrorizzato, mentre il mostro stava per colpire la cavia numero undici, Billy lo fermò, impedendogli di arrivare a lei.
Rispetto a quando era bambino, questa volta riuscì nella sua impresa,
ma, ancora, dimostrò a se stesso di non essere abbastanza forte per
difendere con le sue sole forze qualcuno di importante.
Il Mind Flayer lo morse con i suoi tentacoli zannuti, dilaniandone le carni e spandendo il nerastro che gli dipingeva le vene per tutto il resto del corpo.
Lo scudo che offrì Billy alla piccola Eleven, però, bastò per prendere quel poco di tempo che permise a Joyce di chiudere il portale dimensionale per il Sottosopra.
Il suo sacrificio non sarebbe stato vano.
“Mi dispiace…”
“Billy… Billy? Svegliati. Billy, ti prego... Alzati… BILLY!”
Billy Hargrove aveva avuto la sua redenzione, mostrando quell’eroica
parte di sé che il padre aveva picchiato e la madre aveva seppellito.
Spirò in una pozza di sangue nero – circondato da sua sorella e da quei
ragazzi che sarebbero potuti essere suoi amici, se solo l’avesse voluto
–, senza che il padre potesse mai sapere che il mostro che aveva creato
era riuscito a morire da uomo.
XShade-Shinra
Note:
2 Dacre Montgomery, l’attore che ha interpretato Billy, ha rilasciato un'intervista che diceva appunto: “His dad was so abusive towards him and judgmental and homophobic” (fonte).
3 Nonostante l’abbondare di minerali neri, ho scelto proprio l’onice perché nelle antiche leggende si diceva che fosse portatrice di litigi e in cristalloterapia è utilizzata per trovare lo stimolo nel perseguire i propri obiettivi.
4 In questa scena non ho usato il dialogo del film, ma quello del libro, dove il soprannome Mad Mad viene dato a Maxine proprio da Billy. Questo non sarebbe potuto succedere nella serie tv, perché il primo film “Mad Max” è del 1979 e Billy e Max sarebbero troppo giovani (nel libro Billy ha già la macchina quando si incontra con Maxine, e dai loro dialoghi della S2 sembra appunto che i genitori si siano sposati da poco).
5 Se Billy fosse un personaggio di D&D sarebbe un Barbaro Berserk, il quale ha come capacità di classe l’Ira (“una furia irrazionale, incontrollata e insaziabile” – D&D 5e).
6 Dalla seconda alla terza stagione, si noti che Billy ha davvero il sopracciglio destro con quella che sembra una cicatrice. Negli anni ‘80 non si usavano ancora gli eyebrow slits (sopracciglia con le rasature), che sono degli anni ‘90.
7 Nel 1981 è stata riconosciuta ufficialmente la presenza del virus dell’HIV in America e dall’anno dopo si scoprì che era trasmissibile sessualmente. Poiché la comunità LGB(T) era stata quella più colpita nella prima parte dell’epidemia, soprattutto in California, è mio headcanon che Billy usi il preservativo perché conosce meglio dei suoi coetanei dell’Indiana il rischio di un rapporto non protetto.