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Autore: Chris Vineyard    16/12/2019    1 recensioni
Salve!
Questa è una raccolta di fan fiction mitologiche.
Vi chiedo solo una cortesia: prendete il contenuto così com’è; sono solita scrivere di getto e per sfogo creativo.
Spero apprezziate. Buona lettura!
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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"Vuoi tu, Ceice, re di Eraclea Trachinia, prendere Alcione accogliendola come tua sposa. Promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla ed onorarla tutti i giorni della tua vita?"
"Sì!"
"E vuoi tu Alcione, figlia di Eolo, prendere Ceice accogliendolo come tuo sposo. Promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo ed onorarlo tutti i giorni della tua vita?"
"Lo voglio!"
"Con il potere conferitomi: vi dichiaro marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa."
"Oh Cecino mio!"
La bella Alcione si gettò letteralmente tra le braccia del suo amato, sussurrandogli parole d'amore con voce stridula, mentre dai suoi occhi scendevano lacrime di pura felicità.
Dal canto suo, il re l'accolse e la strinse forte forte, sorridendo placidamente. Finalmente sua madre non l'avrebbe più tempestato di domande come, ad esempio: "Quando ti sposi? Guarda che se non trovi subito una moglie, poi mi cacciano come a Penelope e mi tocca andare in giro vestita di stracci." oppure: "Ma quando mi dai un nipotino, così posso vantarmi con le mie amiche al chiosco? Però non te lo guardo eh! Che a me non mi ha aiutata nessuno a crescerti."
La cerimonia si svolse esattamente come avevano calcolato Alcione ed Enzo Miccio, che per esigenze di trama facciamo esistere già; tanto abbiamo inserito il rito del matrimonio cattolico nell'antica Grecia, quindi va bene così.
Per l’occasione, la fanciulla aveva scelto d'indossare un suntuoso abito di pizzo sangallo, interamente coperto di paillettes e corredato da uno strascico che sembrava non finire mai, come...
Crediamo che la citazione sia abbastanza evidente. Non la completiamo per non banalizzare un evento così tanto importante.
Ceice, invece, indossava un elegante smoking nero con sotto una camicia bianca.
I festeggiamenti si protrassero per tutto il giorno, con la partecipazione di tutti i sudditi, che fecero ritorno nelle loro case solo a tarda notte.
"Come sono contenta, Cecino mio!" esclamò la signora quando furono a letto.
"Anche io, cara! Mi spiace solo di dover partire tra due giorni. Sai, essere un re comporta l'assoluzione di incarichi abbastanza delicati." rispose l'uomo grattandosi il mento.
"Mhh... Sì..." Nell'udire quelle parole, ad Alcione venne quasi spontaneo mettere il broncio; per lei essere sovrano significava semplicemente essere al di sopra di tutti e vivere in maniera agiata. Insomma, essere una principessa con la possibilità di cazzeggiare tutto il giorno per tutti i giorni.
"Dai, non fare quella faccia. Siamo stati fidanzati per tanti anni e d'ora in poi saremo marito e moglie per tanti altri anni." Cercò di rincuorarla lui in tono dolce, cingendole le spalle e baciandola sulle labbra carnose.
"Sì! Nessuno può essere più felice di noi, neppure Zeus ed Era."
Detto ciò, i due si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altra.
Il mattino seguente, la nuova regina di Eraclea Trachinia si alzò all'alba per andare a fare una passeggiata in riva al mare, come soleva sempre fare da quando vivevano insieme.
Qualche ora più tardi, si vide arrivare il suo amore con in mano un vassoio contenente due paste giganti al cioccolato e due tazzine di caffè.
"Oh Zeus!" lo chiamò affettuosamente, correndogli incontro.
Lui le sorrise cordiale.
"Era!" fece di rimando, mentre posava il vassoio su un tavolino di cristallo situato nella veranda che dava  vista sul mare. Era da quando avevano iniziato a fare all'amore che usavano ogni mattina fare colazione in spiaggia e avrebbero continuato a farlo per chissà quanto tempo ancora.
La giornata trascorse in maniera tranquilla, con Ceice che riceveva i suoi ospiti per discutere di politica ed economia ed Alcione che si dedicava allo shopping nelle più rinomate e costose botteghe del paese.
La sera calò, e siccome fuori vi era un magnifico tramonto infuocato, con tanto di sole arancione che s'immergeva nel mare, i due amanti decisero di cenare in veranda.
"Zeus, la cena è pronta!"
"Arrivo, Era cara! Un attimo che finisco di firmare le petizioni su Change.org. Bisogn sempre sposare le nobili cause in quanto sovrani."
"Sì, certo, basta che la gente non inizi ad urlare in piazza che io devo fare shopping."
"Parli proprio come mia madre. Ah ah ah!"
"Sì sì come no. Se io parlassi come Rea, non potrei dire di essere più felice di Era."
Intanto, mentre i due coniugi consumavano la loro cena a base di caviale e champagne, una porta si spalancò all'improvviso a migliaia di passi di distanza.
"Oh Ermes! Un c'è miha bisogno di fare tutto sto baccano. E su via!"
"Sono desolato, padre, ma è una questione di vitale importanza che si è protratta per fin troppo tempo. Alcione e Ceice hanno infranto la regola numero 394 del Codice Divino, secondo la quale nessuno, per nessunissima ragione, può vantarsi di essere migliore di una divinità, tantomeno di voi, padre. Sappiamo tutti qual è la pena in questi casi."
"Eh... Bah, io un me la ricordo miha sai."
"Con tutto il dovuto rispetto padre, ma se voi non vi appuntate mai le cose e quando vi chiamo non rispondete, è comprensibile che non vi ricordiate niente. Vi rammento che dovete ancora trasformare Aracne in un ragno ed esprimere il vostro voto per la vittoria di Achille o Ettore."
"Un le po' fa Atena tutte ste cose che io c’ho da fa altro. E un posso fa miha sempre tutto io eh! Su via!"
"Come desiderate, padre. Ad ogni modo, come intendete procedere contro quella coppia di mortali?"
"E tu mi fai una bella domanda. Aspetta che parlo co Mihel."
"Mihel, l'arcangelo?"
"Sì, il mi amiho Mihel."
"D'accordo, padre. Mi congedo. Buona notte e ricordatevi anche che dovete ancora rispondere al vostro oracolo maggiore."
Il dì successivo, Ceice partì non appena cominciò ad albeggiare. Purtroppo, malgrado le condizioni climatiche non fossero proprio favorevoli, fu costretto a montare sul suo bastimento più lussuoso, giacche' non c'era ltro modo di raggiugere l'isola di Itaca.
"Zeus!" lo chiamò sua moglie dalla spiaggia, mandandogli tanti baci con le mani che erano sporche di nutella: "Fai buon viaggio e portami un pensierino se puoi."
"Certo Era cara!"
Stando a quanto aveva previsto il re, la traversata sarebbe dovuta durare mezza giornata, sebbene il mare ed il vento non fossero dalla sua parte. Sicuramente sarebbe tornato verso sera e questo la sua consorte lo sapeva bene, visto che aveva pianificato di fargli trovare pronta una cena con i fiocchi, in quanto, a suo dire, caviale e champagne erano tristemente ordinari.
Quando il cielo iniziò ad oscurarsi, la regina diede ordine di accendere il fuoco per arrostire la carne di elefante proveniente dall'africa.
Ben presto divenne buio pesto, ma dell'imbarcazione con a bordo il re e i suoi funzionari nemmeno l'ombra.
"Forse la riunione sarà durata di più e lui rimarrà a dormire là. Lo dico sempre io che queste cose durano sempre troppo e sono di una noia mortale!" pensò la giovane mentre si coricava. .Quella sera il letto matrimoniale le sembrava freddo come il marmo; quasi sicuramente ciò dipendeva dall'assenza di suo marito che l'abbracciava per riscaldarla da capo a piedi.
La notte passò assai lentamente, con il vento che ululava fuori dalle finestre del palazzo reale. Il cielo era ingombro di nuvole che non promettevano niente di buono.
Alcione non riuscì a prendere sonno. Si sentiva la schiena dolorante e la testa pesante. Non c'era proprio abituata a dormire senza il suo amato.
Si alzò alle prime luci dell'alba per andare a passeggiare in riva al mare. L'acqua, quel dì, era stranamente più fredda del solito.
"Era!"
Una voce la chiamò. Era una voce lontana, come un eco.
"Era!"
Alcione levò il capo: dinnanzi a sé vi era un'ombra spaventosa. L'uombra di suo marito Ceice.
"Zeus..." mugolò singhiozzando. Una malsana idea si stava facendo prepotentemente largo nel suo cervello.
L'uombra non disse niente, ma scappò via.
"Aspetta!" gridò la regina, prendendo a correre: "Aspetta!"
Silenzio.
"Era!"
Di nuovo quella voce roca.
"Zeus..." biascicò la donna ansimando per lo sforzo: "Cos'è successo?"
"Sono morto."
"Ah. E me lo dici così?” borbottò lei indignata, prima di salire su uno scoglio.
Silenzio. L'uombra si allontanò. Sotto di lei, la giovane poté scorgere i resti di una nave affondata.
Non ci pensò due volte: si gettò giù, ignorando completamente le calde lacrime che le solcavano le guance. Voleva rivedere Ceice, il suo amato Ceice, che per lei era la personificazione concreta di Zeus.
La ragazza non toccò mai con il proprio corpo il pelo dell'acqua, perché il caso vuole che il padre degli dèi ebbe pietà di lei e la trasformò in un grazioso uccello. Contemporaneamente, dalla profondità del relitto emerse un altro esemplare del tutto simile a lei.
Era Ceice. I due si riconobbero subito e si scambiarono un’occhiata d’intesa, quindi si strinsero l’uno nell’altra, prima di spiccare il volo nel cielo che era diventato nuovamente azzurro.
  
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