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Autore: workingclassheroine    16/12/2019    4 recensioni
A soli vent'anni ha passato così tanto tempo tra i fiori, Paul, che ne ha imparato perfettamente il linguaggio.
E ha dimenticato quello degli uomini.
Non gli interessa, poter vantare solo degli amici che seccano e inaridiscono con il passare del tempo.
Anche per le persone in fondo è così, gli dice ogni tanto Ben, solo che loro non ti abbandonano per dispetto.
Non ci si può arrabbiare, con una corolla che appassisce.
È un amore che non comporta alcun tipo di rischio, e questo va bene, questo non fa male.
"Non ci perdiamo nulla" dice ogni tanto Ben "Credimi, non ci perdiamo nulla".
Non c'è neanche bisogno di spiegarlo, perché Paul è ormai rassegnato al fatto di aver dimenticato il linguaggio degli esseri umani, e la cosa non gli pesa.
Se non che, presto, John si rassegnerà al fatto di dover imparare quello dei fiori.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dianthus caryophyllus


Quando Ben si sveglia, quel mattino, fuori piove.
Stai a capire perché, la gente sembra preferire i fiori quando c’è il sole (impensabile per lui, che sarebbe capace di attraversare l’intera Antartide per trovare una margheritina gelata) per cui la pioggia non è mai foriera di buoni affari.
Resta ancora un po’ nel letto, stringendo il piccolo corpo nella vecchia coperta di lana che qualcuno (Paul) gli ha posato sul copriletto, e tende l’orecchio.
Dalle scale che conducono in negozio gli arrivano delle voci concitate, ma Ben non si fa illusioni.
Il solito maledetto turista che ha smarrito la strada, si dice, bonariamente, ma si alza e va a lavarsi per accogliere l’ospite. Nonostante vi sia disabituato, a Ben piace avere persone intorno. Non si fida, certo, ma non gli dispiacciono.
C’è stato un tempo in cui non aveva solo Paul.
Aveva una bella moglie (la più bella del mondo, a sentire lui) e un figlio su cui aveva riversato tante belle speranze.
Ma Lily è ormai morta da tanti anni, e da quasi altrettanti anni Marcus si è trasferito a Chicago. Per cui non gli restano che pochi ricordi, logorati dagli anni, e le foto del nipotino che porta il suo nome ma che lui non ha mai visto, spedite da oltreoceano ogni Natale.
Ben non fa una colpa a Lily per essere morta, né a Marcus per essersene andato, tuttavia a volte gli capita di sentirsi un po’ triste.
Le foto di loro due, e del piccolo Ben, tappezzano il suo modesto monolocale, sgualcite per il troppo lisciarle tra le mani ma ben protette dalle cornici economiche in plastica che Paul gli ha regalato per il suo ultimo compleanno.
Quindi, ricapitolando, Ben non si sente arrabbiato.
La rabbia, crede lui, è un sentimento che appartiene ai giovani, ai vecchi si addice di più la malinconia, che è meno stancante.
La moglie di Marcus, che indossa sempre orecchini di perle, odia la città del marito (e forse, sospira Ben, anche le umili origini del padre) ma nonostante un attento risparmio, il vecchio fioraio non riesce mai a mettere da parte i soldi necessari per acquistare dei biglietti.
In fondo, ha imparato a farselo andar bene: vivere la vita dei suoi cari in un pallido riflesso.
E poi, ha Paul.
Ormai Ben lo sente un po’ figlio suo, e gli piace pensare che resteranno insieme per sempre, almeno loro.
Quindi si veste, indossando un vecchio maglione infeltrito e dei pantaloni di velluto del colore della terra, e aspetta che Paul salga le scale e prepari il caffè.
Forse il turista avrà voglia di accettare un caffè, si dice, speranzoso.
Tuttavia, i minuti passano e Paul non arriva (è la seconda volta in due giorni, che succede) così si solleva stancamente e si appresta ad affrontare la prima dolorosa sfida della giornata: le scale.
Quando riesce a toccare l’ultimo gradino gli basta sporgersi un po’ per sentire meglio, e distinguere un accento assolutamente inglese.
Paul sta borbottando contro qualcuno, e Ben sospira, abbandonando l’idea della compagnia.
In realtà, nessuno ha mai accettato di prendere un caffè con lui, ma non ha ancora smesso di sperarci.
“Ascolta, io apprezzo il tuo sforzo. Ma, davvero, stai perdendo tempo” sta dicendo Paul.
Il ragazzo dà le spalle al suo interlocutore, ma Ben, dalla sua prospettiva, riesce a scorgere un sorriso.
Si strofina i pugni sugli occhi, incredulo.
Non è che Paul non sorrida mai, intendiamoci, è solo che non lo fa così alla leggera.
“Buongiorno” mormora quindi, facendosi avanti “Posso aiutarti?”.
Il giovane davanti il bancone si volta, e qualcosa nel suo sguardo, o meglio, qualcosa nel modo in cui il suo sguardo continua a tornare involontariamente su Paul, convince Ben.
“Buongiorno, il suo dipendente rifiuta di vendermi dei fiori”
Ben si premura di non fare domande a riguardo, se non altro per via dell’occhiataccia che Paul gli rivolge.
“Questo è un peccato, cosa volevi?” chiede gentilmente.
“Dei garofani screziati. Un bel mazzo. Grandissimo. Imponente”
Paul sembra stizzito, ma ciò non frena il vecchio Ben dal sorridere al ragazzo.
Ora che gli è più vicino, riesce a vedere che è bagnato fradicio, come se fosse uscito di corsa, incurante del tempo.
“Certo, se non ti dispiace, però, dovrei prima dare il buongiorno ai fiori” spiega, e inizia a carezzare quelli più vicini.
Paul, che ha assistito a tutta quella scena con la morte negli occhi, china lo sguardo, imbarazzato.
Ha paura di guardare John e cogliere nei suoi occhi lo scherno, o peggio, la pietà.
Ben è un po’ strano, Paul lo sa bene, ma non riesce a tollerare le espressioni delle persone che hanno a che fare con lui, e che se ne prendono gioco perché troppo vecchio e troppo diverso.
Eppure, quando trova il coraggio di guardarlo, John non ha nulla negli occhi se non una benevola curiosità.
“Non mi dispiace. Se vuole, le do una mano, ci metteremo di meno in due” dice solo, e Paul sente il cuore saltare un battito in risposta a quelle poche parole e al sorriso luminoso che Ben rivolge a John.
“Sì, sì. Ecco, tu inizia dall’altra parte”.
Ci vogliono pochi minuti perché terminino il giro e perché Paul si ritrovi a pensare che forse, ma solo forse, John non è come tutti gli altri.
“Bravo ragazzo” gongola Ben, “Garofani screziati! Splendidi fiori, significano Fidati di me”.
Ancora, c’è uno scambio di sguardi tra i due ragazzi che Ben non sa interpretare, ma fraintendere il sorriso malizioso del nuovo cliente è quasi impossibile anche per lui, cieco come una talpa.
“Sono trenta sterline..”
“John”
“Sono trenta sterline, John”
Il giovane paga, e una volta ricevuto il mazzo tra le mani si rivolta, speranzoso.
“Paul” si limita a dire, e lo posa di fronte all’altro, che si ostina a guardare da tutt’altra parte.
Ben osserva brevemente il rossore che il suo unico dipendente non riesce a celare, e decide che John lo ha definitivamente convinto.
“Sei fradicio, ragazzo, vorrai riscaldarti. Posso prepararti un caffè?”
Ancora, non è che ci speri troppo, sa come controllare la delusione, eppure il suo sorriso è estasiato quando John dice “Volentieri, se posso prepararlo io”.

Ben è così felice, quando porta la tazzina sbeccata alle labbra, da riuscire (quasi) a ignorare il terribile sapore di bruciato che ha il caffè di John.
Non ritiene di doverglielo fare pesare, d’altronde, non quando la dimenticanza è stata chiaramente dettata dalla necessità di inseguire Paul da una parte all’altra del piccolo appartamento.
Paul, dal canto suo, non è tanto ingenuo da non notare la felicità di Ben, e non abbastanza crudele da strappargliela via.
Eppure, quando John fa per sfiorargli la mano, distrattamente e forse neanche troppo consciamente, si affretta a rifugiarla sotto il tavolo, stretta tra le cosce.
Ben continua a chiacchierare, ma John si volta verso di lui, confuso.
Paul si sorprende a boccheggiare mentre gli occhi dell’altro lo scrutano, e poi, improvvisamente, intuiscono.
John sorride, con un po’ di tristezza, e torna a rivolgersi a Ben “Studio Letteratura Comparata al King’s” gli risponde.
Il vecchio arrossisce appena “È una materia molto nobile, John, la letteratura. Devi scusarmi però, non credo di essere all’altezza della conversazione”.
John ride, rilassato, ma Paul nota con un accenno di delusione che porta le mani strettamente intrecciate, ben distanti dalle sue.
“Non importa. Io la studio da anni ma ancora mi sembra di non capirci niente”
“E ti piace lo stesso?” Ben è ammirato, e non ha paura di mostrarlo.
Lo sguardo che John rivolge a Paul è più lungo di quanto John stesso vorrebbe “Mi piace capire le cose. Più sono difficili, più mi viene voglia di capirle”
Ben si sente impazzire, perché è un’ora che gli sembra che tutte le conversazioni che porta avanti abbiano un sottotesto, qualcosa che lui non riesce ad interpretare ma che sembra mandare in bestia Paul.
Il solo fatto che la conversazione susciti qualche tipo di emozione in Paul, tuttavia, è un passo abbastanza importante, si dice Ben.
Così continua a parlare con quel ragazzo, così bello ed elegante, chiaramente abbastanza facoltoso da potersi permettere di sprecare tutti quei soldi per fiori che, di questo passo, non arriveranno alla sera.
“Se vuoi, John, posso mettere i tuoi garofani in un vaso” gli dice allora “E puoi riprenderli prima di andare via. L’acqua li manterrà freschi”
“Io non devo portarli via, vede, sono un regalo”
Ben si lascia sfuggire un sospiro: ancora, la conversazione sembra procedere su un doppio binario.
“D’accordo. Ma se non li mettiamo nell’acqua sfioriranno prima di sera”
“Non importa. Io voglio che arrivi il messaggio. Fidati di me” e John si volta, piantando i suoi occhi in quelli spalancati e atterriti di Paul “Non sono io, a dover evitare che appassiscano”.
Paul finge indifferenza, come sempre, e rivolge a John un sorriso glaciale “Credo che tu debba tornare a casa, ora”.
L’altro non risponde, ma si alza in piedi e raccatta con un sorriso il cappotto “A domani, Ben. Paul”
“Grazie del caffè, John. Mi perdonerai se non ti accompagno di sotto, ma le mie gambe...”
“Non lo dica neanche. Conosco la strada”
Paul, letteralmente spintonato da Ben, si trova costretto a dire “Ti accompagno”.
Scendono la breve rampa di scale in totale silenzio.
E nonostante John sia maledettamente irritante, e lo metta costantemente a disagio, Paul si sente rilassato, nel tacere con lui.
“Allora, non prendi i tuoi fiori?” tenta, una volta arrivati sulla soglia del negozio.
John sorride “Sono tuoi, lo sai”
“Lo so, ma non voglio che tu sprechi energie per qualcosa che non ti porterà a niente”
“Tu ti innamorerai di me, Paul” sussurra John, serio “Fidati di me”



  
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