Serie TV > Stranger Things
Segui la storia  |       
Autore: AllenGyo    17/12/2019    0 recensioni
!Per chi non avesse visto o finito la terza stagione, vi avverto che all'interno della storia ci saranno vari spoiler.!
---
Il 4 luglio 1985, Billy Hargrove sopravvive.
Ricorda poco.
Niente è più come prima.
Non lui, né la sua vita.
Con l'aiuto di due persone e non solo, proverà a lottare.
Max Mayfield lo sosterrà.
Steve Harrington lo aiuterà.
Scoprite la nuova vita di Billy Hargrove dopo la scampata morte.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billy Hargrove, Maxine Mayfield, Steve Harrington
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quella notte, la vita di Billy cambiò definitivamente.
Distrusse i resti rimasti, li calpestò e li divorò fino all'ultimo pezzo.
Quella notte,
Il luogo era emarginato e ammuffito dagli anni; il gocciolio dell'acqua fuoriuscente da tubi incrostati, il silenzio notturno ad inquietare l'atmosfera e una Camaro blu a pochi metri di distanza fuori uso dall'incidente. 
L'impatto fu grave e doloroso, -distrusse il vetro e il cofano-, ferendo lo stesso ragazzo ad una tempia. Maledisse l'auto dopo essere uscito da essa, chiedendosi cosa avesse colpito il parabrezza con una forza tale da farlo sbandare. "Cosa diavolo-" Billy toccò il liquido nauseante rimasto dal colpo con due dita. Quella stessa melma lo costrinse a chiedersi cosa o chi gli fosse andato contro.

Si guardò attorno, naturalmente disorientato, non capendo dove si trovasse e come uscirne, quando udì un rumore in lontananza:
"Chi c'è?" urlò di rimando al buio, ignaro di qualcosa coperto tra le foglie d'albero. Il silenzio, per quanto suonasse strano, parve assordante. Un vero e proprio ossimoro che preoccupò Billy.
"Ho detto, chi c'è?!" 

Nessuna risposta. 
Nessuna persona. 

Solo un essere in attesa, affamato e vigliacco che... gli afferrò brutalmente la caviglia, con forza non umana, trascinandolo al suolo con una velocità altrettanto sorprendente.

Non fu trascinato a lungo. Si aggrappò alle ringhiere di una via, sapendo che ne dipendeva la sua vita, ma a malincuore non aiutò: fu lo stesso trascinato dentro.

Urlò.

Urlò con forza.

Le stesse urla risuonarono tra le mura della stanza di Billy. Si risvegliò di soprassalto da quell'incubo ricorrente, che lo perseguitava da ormai lunghe notti. 
La paura gli si era sospesa addosso come le lenzuola e come il sudore, e d'istinto si alzò dal letto, timoroso di ritrovarsi in quella dannata fabbrica dov'era cominciato tutto. Lieve dolore alle ferite lo raggiunse, ma non se ne preoccupò. 
La camera divenne più nitida ad ogni secondo passato, rivelando i mobili e la finestra oscurata dalla tenda. 
Si preoccupò di aver svegliato qualcuno, di aver svegliato quel qualcuno, ma nessuno nel giro di pochi minuti aveva bussato o varcato la soglia della sua stanza. Lo rincuorò abbastanza da farlo sospirare, temendo più di tutti di aver disturbato il sonno dei suoi familiari con le sue urla. 
Debole aria penetrò dall'esterno; si accorse della finestra aperta ma nascosta dal tessuto scuro, facendolo rabbrividire per la grondata di sudore che lo avvolgeva. 
--Si aggrappò alle ringhiere di una via, sapendo che ne dipendeva la sua vita, ma a malincuore non aiutò: fu lo stesso trascinato dentro. 
Si sedette nel lato del letto, gli occhi si posarono sulle sue stesse mani. 
Quelle stesse mani che avevano picchiato, distrutto e ucciso.
Erano pulite e ruvide, erano sporche di terra e lievi graffi per i sassi erano poco evidenti.
Chiuse gli occhi muovendo il capo, come se un singolo movimento potesse cancellare il ricordo di quella notte, e strinse i pugni.
Ne aveva abbastanza.
Aveva bisogno di sapere.
Quel qualcosa gli aveva rovinato la vita.
Ma cos'era esattamente quel qualcosa?

Billy non chiuse occhio poco dopo l'incubo.
Rimase inerme all'ansia sdraiato sul letto fino alla luce del sole, che illuminò lievemente la sua stanza cupa. Il sole dava il via ad un nuovo giorno, intanto la notte trascinava con sé gli incubi e le notti insonni senza via d'uscita: erano le sei del mattino, e se Billy lo volesse o no, avrebbe dovuto alzarsi e fare colazione. Non poteva nascondere le occhiaie né tantomeno il suo tono stanco e infastidito, ma avrebbe resistito a tal punto da non fare danni. Lo sperava, in realtà.
Dormire non era nei suoi piani, malgrado le sue palpebre volessero chiudersi e dormire almeno per un'ora... o due..., per cui programmò di bere più caffè possibile e restare attivi fin quando sarebbe ritornata la notte. Non riuscì a trattenere uno sbadiglio prima di alzarsi dal letto sfatto.
All'esterno della sua stanza, la giornata per qualcuno stava per cominciare:
Sapeva perfettamente gli orari di suo padre. 
Neil Hargrove si era svegliato, intento a prepararsi il suo solito caffè latte e sgranocchiare qualcosa prima di andare al lavoro. Sapeva perfettamente che non avrebbe dovuto raggiungerlo, per evitare guai sulla sua pelle che potessero umiliarlo: Neil era poco tollerante il mattino, un solo buongiorno lo avrebbe scambiato per una minaccia di morte.
E ne aveva paura.
E chissà per quanto tempo ancora, pensò Billy. 
Ci era già passato, aveva sbagliato variate volte la sua routine estiva: 1) Non uscire dalla tua stanza prima delle otto, 2) Parla con tono pacato e "da uomo", 3) Acconsentire ad ogni parola del proprio genitore. 
E per quanto sembrassero facili da seguire, per Neil ogni cosa giusta di Billy suonava come un errore. Billy stesso suonava come un errore.
E il biondo lo sapeva, e poteva, o meglio, doveva solo acconsentire.
Mai negare.
E pian piano Billy credette di esserlo: un errore di distrazione, solo un misero errore creato da sua madre e da suo padre. Un qualcuno da disprezzare, da schiavizzare.
Con un cenno, Billy raccolse la sua nuova identità, la fece diventare realtà, provò ad esserlo... provò ad essere quell'errore su cui suo padre sbraitava, mentre la rabbia si accumulava e rendeva tutto il compito una passeggiata.
Strinse i denti, il ragazzo, sentendo i passi di suo padre dietro la porta. Erano rumorosi, da duro, ma d'altronde tutto di lui era rumoroso.
Avrebbe atteso le otto e un quarto.

 

8:15 AM, Billy finalmente uscì dalla sua stanza.
Neil attese il suo arrivo, sgranocchiando pane tostato con burro e bevendo il suo terzo caffè latte di quella mattina. Susan gli sorrise quando vide il giovane, per poi tornare a guardare la tv. Max fece lo stesso, prima di augurargli un caloroso buon giorno a suon di cereali e latte.
"Buongiorno anche a te, Max." disse Billy, sedendosi al suo fianco e prendendo la sua tazza riposta sul tavolo.
"Buongiorno, signore." 
L'uomo gli fece un cenno di rimando, simile ad un "anche a te" non detto. O così pensò Billy, poiché apparve più come un approvazione silenziosa.
Erano passati anni affinché Billy capisse cosa garbasse e cosa no a suo padre, ma quell'uomo sembrava aggiungere sempre qualcosa alla lista di quello che non tollerava, distruggendo il proprio figlio con dure parole. Era sempre compito di Billy raccogliere i suoi resti.
"Oggi hai una visita medica, vero?" chiese Neil, aprendo il suo giornale mattutino dopo aver finito di mangiare. 
"Esattamente." asserì il ragazzo, posando il cucchiaio accanto alla tazza. 
"Potresti, dunque, accompagnare nel frattempo tua sorella Max dalla sua amica." propose l'uomo. Ma Billy capì che quello era un ordine da portare a termine.
"Certamente, signore."
"E con quale auto, Billy?" ironizzò Neil con una smorfia di scherno. "Come ben sai, la tua auto è andata distrutta per chissà quale motivo..."
Sarebbe dovuto andare a piedi.
Max sobbalzò lievemente, deglutendo il boccone di cereali sperando che non andasse di traverso per quella discussione fin troppo strana. La ragazzina fissava Billy con timore che il patrigno potesse soltanto intuire qualcosa di macabro sull'accaduto del 4 luglio, e non aveva chissà quante capacità nel nasconderlo. Come lo avrebbe spiegato? 
Max teneva con sé anni di traumi, e come riuscisse a non impazzire era ignoto.
"Ne sono consapevole, signore." 
"Ebbene... come farai, quindi?" posò il giornale, attendendo risposta dal ragazzo.
"Non lo so, p-padre." balbettò Billy, lottando con sé stesso per non abbassare lo sguardo. Era intimorito, spaventato e anche stanco.
"Chiederò un favore a Steve, il mio amico, papà." si intromise Max, per aiutare più che altro il suo fratellastro. Fu arduo per Max chiamare Neil in quel modo, ma sapeva quanto sua madre ci tenesse a ciò. Lo faceva soltanto per lei.
"Steve Harrington... mi avete detto che eravate con lui la notte dello scorso venerdì. Per la serata film, giusto?" Neil aveva uno sguardo indecifrabile per i ragazzi, come se stesse analizzando la situazione, come se stesse analizzando lo stesso Steve.
"Esatto." confermò Billy. 
"Apprezzo come Steve sia gentile con voi, soprattutto con te, Max." disse l'uomo con un sorriso, che a detta di Max fu nauseabondo. Un sorriso puro di falsità da far quasi rabbrividire la ragazza. "Ma Billy," si rivolse al ragazzo stavolta, "sai che hai dei doveri da fratello su Max. Questi doveri devono essere svolti da te, non da qualcun altro. Ti è chiaro?" Il biondo rizzò la schiena d'un tratto, non che prima l'avesse piegata, percependo il tono autoritario di suo padre.
"Certamente, si-" fu interrotto.
"Esigo sapere se potrai tornare presto a guidare, al ritorno dalla visita, Billy." quest'ultimo annuì con la testa, "E troverai al più presto un modo per acquistare un'altra auto. Sei maggiorenne, sei un adulto, trovati un dannato lavoro." 
Non poteva fare altro che acconsentire. 
Erano le regole.
E come gli era stato insegnato: le regole vanno rispettate, gli accordi pure.
"Sì, signore."
Max rimase in silenzio, ignorando la fitta al petto: il senso di colpa l'affliggeva. Non era facile per Billy subire ogni giorno quei trattamenti, e nemmeno gestirli a dovere.
Aveva improvvisamente perso l'appetito, nonostante avesse già finito, per colpa di un uomo maligno. Billy era solo una vittima, Neil un dannato carnefice che si faceva chiamare padre. 
Era dura non avere parola.
Era dura non poter reagire.
Sia per Max, sia per Billy.
"Bene, adesso il lavoro mi aspetta." fece sapere l'uomo alzandosi dalla sedia con uno scatto, "Ci vediamo stasera, ragazzi."
Salutò tutti i presenti: un bacio a fior di labbra a sua moglie Susan, un bacio sul capo a Max e un cenno soltanto al figlio. Quest'ultimo non se ne lamentò.
Cominciò finalmente la sua colazione, con lo sguardo attento di Max puntato addosso.
"Billy... ma come farai a-.. le tue ferite... l'aut-" la ragazzina fu fermata dal suo lago di parole: gli occhi trasmettevano preoccupazione. 
"Tranquilla." 

 


"Quello che ti ha detto Neil... sai, su quello." 
Billy e Max erano nuovamente in attesa di Steve. Il castano non era in ritardo, per fortuna, erano i fratellastri incredibilmente in anticipo. Poggiato sul muro, Billy era motivato nel finire la sua beneamata sigaretta in silenzio, dopo il fiume di pensieri che gli scorreva in testa. Lo infastidiva ancora dipendere da qualcun altro, non avere nessun mezzo di trasporto per poter guidare senza aspettare i comodi degli altri, ma non poteva fare altro che prendere la mano di Steve se gliela porgeva. Steve non aveva mai dimostrato senso di scocciatura nel portare come un taxista ovunque Billy e Max. Ed entrambi erano grati di ciò.
"Non hai nessun dovere su di me." disse con tono pacato, senza alcun disgusto rivolte alle parole del patrigno di prima. 
"Lo so." sospirò, sperando che quella conversazione finisse al più presto. "Ma quei doveri sono ordinati da mio padre, non ho altra scelta che eseguirli." 
"Lo odio." esclamò la ragazza intenta a scacciare via sassi inutili. "...così tanto."
Billy non rispose, né provò a dissuaderla. Non la biasimava, e lei lo sapeva benissimo.
Quando terminò l'ultimo tiro della sigaretta e aver gettato il filtro per terra (con innumerevoli rimproveri da parte della sorellastra che ignorò soltanto), intravide l'arrivo dell'amico Steve e la sua auto.
Doveva davvero trovarsi un lavoro al più presto: era a corto di sigarette. 
E Billy era davvero ingestibile senza una sigaretta.

 

Dopo aver lasciato Max da Undici come richiesto, Billy ringraziò Steve del passaggio fino in ospedale. 
"Be'... quindi, grazie?" il biondo si sentì avvampare, si sentì come un quattordicenne alle prese con la sua prima cotta, cosa che tollerava ben poco. Sempre sicuro di sé, non trovava risposta del suo comportamento causale che a volte aveva nei confronti del ragazzo accanto a lui. Non gli era mai successo. Numerose testimonianze e ricordi nel passato confermavano la sua teoria.
Gli era accaduto di avere una cotta per un ragazzo, in California. Fu breve ma intensa.
"E di che? Per me è sempre un piacere." fece sapere il ragazzo, sorridendogli calorosamente. 
"Allora, ti aspetto tra un'ora, non credo che una visita possa prolungarsi più a lungo..." 
"Non se ne parla nemmeno."
Billy aggrottò le sopracciglia confuso, non capendo l'affermazione del suo nuovo amico.
"Entro con te." il biondo perse un battito, sorpreso. "Non accetto obiezioni." 
"Ma..." provò lo stesso, fu purtroppo a corto di parole.
"Hai sentito cosa ho detto prima?" ridacchiò Steve, intento a parcheggiare. "Niente obiezioni."
Billy distolse lo sguardo, sperando che l'amico non notasse l'arrossamento imbarazzante colorargli il viso. Si sentiva fin troppo patetico, si sentiva un Billy diverso.
"Dai, andiamo." 
 

Nel giro di un'ora, la visita di Billy terminò.
I medici furono soddisfatti nel vedere miglioramenti sul giovane: le ferite si stavano pian piano rimarginando, lasciando solo cicatrici bianche e alcune chiazze rosse. "Ci vorrà ancora del tempo." disse un medico, che ne affiancava un altro durante la visita, "Resteranno però le cicatrici, mio malgrado."
Billy aveva così tanto protetto il suo corpo: tra pesi, sport e quant'altro, aveva reso il suo corpo più tonico possibile. Con la speranza di saper lottare con qualcuno in qualche rissa. 
Ma alla fine quelle ferite che si era ritrovato avevano danneggiato il suo aspetto esteriore. Provò un senso di rammarico, ma doveva soltanto abituarsi all'idea di avere un qualcosa di scritto nella sua vita, segnato nel suo corpo.
Qualcosa gli era successo.
Era confuso su cosa lo avesse colpito, da ridurlo così.
Nessuno gli aveva chiesto cosa fosse successo, nemmeno l'ombra di un agente. 
I suoi occhi si erano aperti improvvisamente e si era risvegliato in un dannato ospedale, con due ferite enormi sui fianchi. Con vari flashback a confonderlo e dei dannati incubi a tenerlo sveglio la notte.
Era determinato a sapere, più che altro come?
Sua sorella Max, forse? Cosa gli avrebbe detto? "E' troppo presto" si ricordò una conversazione di giorni fa, quando venne dimesso dall'ospedale. 
Steve? A quanto pare concordava con sua sorella.
Non sapeva a chi chiedere informazioni... ma un nome gli venne subito in mente.
"Com'è andata?" chiese Steve, alzandosi dalla sedia degli ospiti all'uscita dell'ufficio. 
"Le mie ferite stanno guarendo, potrei guidare al più presto." l'amico sorrise nell'udire la risposta, evitando però di abbracciarlo come farebbe di solito. Ancora troppo presto, purtroppo.
"Ne son felice, ma...?" chiese, vedendo come fosse perplesso Billy. 
"Rimarranno naturalmente le cicatrici." 
"Oh." suonò come un respiro, una sorpresa. "Ne sei sconvolto?"
"Potresti portarmi da Undici, per favore?" cambiò totalmente argomento, suscitando sorpresa e confusione al ragazzo che non poté far altro che acconsentire.
"Certamente." roteò le chiavi nel mentre.

 

Arrivarono alla dimora di Hopper in mezzo ai boschi, Steve parcheggiò proprio dinanzi alla casa di legno, solito posto dove Jim teneva il suo furgone. Lo sceriffo Hopper era di turno quella mattina; Undici raccontò la settimana di ferie trascorsa col proprio padre. Fu un delirio, tra vari litigi per via di Mike, ma alla fine l'uomo dovette ritornare al suo dovere da uomo di potere, per difendere la città da malintenzionati. 
"Eccoci qui." disse, come se Billy non se ne fosse accorto, spegnendo la sua auto. "Perché sei voluto venire qui? Max ha detto che avrebbe pranzato da Undici oggi." 
"Lo so, ho bisogno solo di parlare con Undici."
Steve fu nuovamente confuso, "Di cosa?"
Billy incrociò il suo sguardo. Era serio, nessuna rabbia o altro, solo serietà. Scese dall'auto, lasciando Steve in attesa di una risposta che non avrebbe sentito, seguendolo poco dopo con fare stanco.
Bussò alla porta, sentendo dei vari schiamazzi all'interno della casa: Max e Undici si stavano divertendo con la musica ad alto volume. Due ragazze sole cos'altro potevano fare?
"Ragazze, aprite!"
Una voce all'interno disse: "Billy?" 
"Sì."
La musica si spense.
Undici fu quella ad aprire la porta. Teneva due codine e un pigiama a due pezzi leggero, segno che avesse caldo (e non aveva torto). Sorpresa della sua inaspettata visita, lo fece accomodare.
"Cosa ci fai qui, Billy? Ti avevo detto che avrei pranzato qui!" sgridò Max, arrabbiata più che perplessa di vederlo lì.
"Lo so benissimo, ho soltanto bisogno di parlare con te, Undici." guardò quest'ultima, sperando che percepisse il tono d'urgenza nella sua voce.
Aveva bisogno di sapere.
Ne aveva abbastanza.
La sua mente non lo aiutava ad affrontare il problema centrale.
In qualche modo percepiva qualcosa in Undici, come se potesse sapere tutto sulla situazione che lo aveva colpito improvvisamente.
"Di cosa?" si intromise Max, cercando di capire il nesso di tutto ciò. "Di cosa devi parlare esattamente con Undici, Billy?"
La ragazzina castana si ritrovò in difficoltà. Guardò più volte Max e Billy, cercando di capire cosa dovesse fare. Perché Billy vuole parlarle? 
Steve rimase in silenzio. 
"Quindi? Posso avere un minuto con te, Undici?" le chiese. 
"Aspetta." Max si avvicinò al fratellastro, provando ad attirare la sua attenzione che in quel momento non aveva: "Billy, perché vuoi parlare con Undici?"
Ci fu silenzio.
Undici titubava. 
Steve rimase in ascolto.
Max attese.
Billy si sedette sul divano, portandosi entrambe le mani sul capo con fare disperato. Ignorò sua sorella, le sue domande, impaurito dal fatto che nemmeno la sua amica avrebbe chiarito i suoi dubbi.
Si sentì stanco e perso, in un momento in piena crisi.
"Ho bisogno di sapere delle cose." disse dopo un interminabile silenzio.
"Cosa, Billy?" domandò Max.
"Cosa cazzo mi è successo, ecco cosa!" le urla di Billy colpirono i presenti come un'onda d'urto. Max indietreggiò. "Ho bisogno di sapere... cosa mi è successo." diminuì l'intensità della voce. 
"Son stato in ospedale per giorni. Avrò due cicatrici sui fianchi causati da chissà cosa e ricordo vagamente l'accaduto e cosa mi ha portato qui. Ho bisogno di chiarimenti o rischio d'impazzire!" sbraitò il ragazzo, sentendo il suo autocontrollo crollare come un bicchiere di vetro precipitare a terra.
Max gli si avvicinò lentamente, sedendosi al suo fianco. Lo guardava dispiaciuta, comprendendo il suo stato d'animo. Al suo posto avrebbe fatto la stessa cosa, poiché l'ignoto porta ad impazzire in determinate situazioni. Undici e Steve rimasero immobili sul posto.
"Possiamo spiegartelo, sì."
"Ultimamente ho avuto incubi. Qualcosa mi trascina in una fabbrica a me sconosciuta." 
Max annuì. "E' stato quella notte. Quel qualcosa ti ha cambiato." cominciò a parlare Undici, avvicinandosi all'amica.
"Mi ha cambiato?" chiese lui, "In che modo?"
"Non ce ne siamo accorti subito," la voce della ragazzina fu pacata, "quando hai dato segnali di possessione."
Possessione? Billy sperò di aver sentito male. 
"Non è il momento di scherzare, ragazzina.."--
"Vuoi sapere la verità? Eccola. Sì, sei stato posseduto da un essere d'identità sconosciuta." fu Max a parlare stavolta, sorprendendo il ragazzo più quanto non lo fosse già.
"Sconosciuta...?"
"Noi comunemente lo chiamiamo Sottosopra il luogo in cui provengono questi esseri. E questi esseri sono "demogorgoni"." 
Billy fu pallido come latte.
Non riusciva a comprendere.
"Sei stato posseduto dal Mindflayer. Ti ha usato come schiavo per uccidere il più possibile e renderlo più forte. E alla fine... voleva uccidere me, e prendere il totale controllo."
Undici aveva un debole sorriso stampato sul viso, "Avevi quasi completato la sua missione... ma sei ritornato te stesso e mi hai salvato." si toccò il collo con una mano nel mentre.
"Questo lo ricordo, ti ho salvato da un...qualcosa. Non riesco a ricordarlo perfettamente.."
"E' stato grazie ai tuoi ricordi, Billy. So che al momento non ricordi perfettamente, ma voglio che tu sappia che proprio grazie ai ricordi mi hai salvato." 
"E...come? In che senso?" 
"Mi hai fatto entrare nella tua testa, nei tuoi ricordi, quando ti vidi seduto sul letto. Piangevi nonostante fossi posseduto, Billy. C'era una parte di te che era in disaccordo.
Ho visto una spiaggia, ho visto tua madre, ho visto te da bambino, ho visto... tuo padre, i suoi maltrattamenti, cosa faceva con te e tua madre..."
Billy si trattenne nel piangere, Max pure.
Steve fu completamente sconvolto, ignaro di tutto ciò.
"Era come se tu sapessi che in qualche modo ti avrei salvato con essi... e che tu avresti salvato me." 
"Io..." 
"Lo so, non ricordi nulla. Fa nulla, ci vorrà del tempo per cui ricorderai del tutto." 
Billy non ebbe più domande, non in quel preciso istante. Sconvolto da quelle informazioni raccolte, si strinse a se stesso, cercando sollievo. Qualcosa di non umano l'aveva colpito, posseduto e usato come una pezza.
Aveva ucciso, gli era stato confermato.
Aveva quasi ucciso l'amica di sua sorella.
Non trovava parole per esprimersi. 
"Quando ricorderai tutto, Billy, non chiuderti in te stesso." lo pregò Max, "Il dolore non devi sopportarlo da solo, non più."
"Quello che è successo, sia a te che a tutti noi, è troppo. Ha rovinato, traumatizzato, le nostre vite. Ma non sei solo in questo, Billy.
Non lo sei." disse Steve. 
"So che devi assimilare il tutto. Sarà difficile farlo... ma c'è ancora troppo che devi sapere. E non è ancora il momento." 
Max voleva solo proteggerlo dalla dura verità.
"Sei ancora troppo sconvolto e ferito per riuscire a tollerare tutta la verità. Datti del tempo e dacci del tempo, i tuoi dubbi saranno chiariti."
Max aveva ragione, Billy annuì e comprese la scelta della sorella: era meglio andarci piano.

 

 

 


Neil Hargrove ricevette una chiamata proprio nel suo ufficio quel pomeriggio, 
<< Pronto? >> 
<< Neil? >> 
<< Beatrice?! >> Neil ebbe la tentazione di chiudere la chiamata e finire lì. << Come hai avuto questo numero?! >> 
<< Sono ad Hawkins, ho chiesto informazioni su di te. >>
<< Non prendermi per il culo, Beatrice. >> 
<< Ho saputo di Billy, di quello che gli è accaduto. >> una leggero mormorio in sottofondo fece capire all'uomo che la donna usava un telefono pubblico, in mezzo a molta gente. 
<< Ha rischiato di morire, Neil, e non mi informi di ciò?! Sono la madre, per l'amor del cielo! >>
<< Non sei stata più sua madre nel momento in cui l'hai abbandonato, Beatrice. >>
La donna rimase in silenzio.
<< Ho bisogno di vederlo. >>
<< Fottiti. >> 
Le riattaccò in faccia.
Non ebbe nessun'altra chiamata. 

 

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Stranger Things / Vai alla pagina dell'autore: AllenGyo