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Autore: KitKat00    20/12/2019    0 recensioni
Una vita nuova, l'università: quattro giovani protagonisti alle prese con le proprie nevrosi, illusioni, speranze, fragilità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Sei veramente matto»
«Io? Matto? Perché? Perché matto?»
«Ripensavo alla scenata di ieri sera al Mc. No, dico anche a voi, ragazzi, l'ha distrutta!»
«Era pure una gnocca..certo che sei veramente uno scemo, bro» , sottolineò un altro del gruppo mostrando per un attimo i bellissimi occhi verdi sotto gli occhialoni scuri da sole, del tutto inutili in quella giornata triste e nebulosa.
«Quella? Mi è venuto duro appena l'ho vista da lontano.. Tu non sei mio fratello, Matte, non è possibile.»
«Ho capito ragazzi, mi fissava da tre ore, e poi non avevo dormito un cazzo. Comunque le ho chiesto scusa.»
«No bro, la verità è che nessuno di noi c'è più con la testa con questa cazzo di università. Stasera sbornia di birra al pub e chi s'è visto s'è visto. Chi non viene è un tegame!!»
«Di tegame ho visto solo tu' ma', zi'»


«Bella ragazzi, ci si vede dopo, ora vado a studiare» , sbottò Matteo tutto ad un tratto.
«Vai, eccone un altro... ci si vede»
«Ok, Matte, io ora ho lezione. Magari scongela il sugo di mamma se torni prima di me. Ciao, a dopo.»
Matteo salutò suo fratello e fece come per andarsene a passo svelto, poi però si voltò indietro non sapendo neanche lui per quale motivo o alla ricerca di cosa, e lo vide già dall'altra parte della piazza, mentre rideva e gracchiava insopportabilmente con i suoi compagni di corso. Riprese per la sua direzione, il telefono vibrò: «Pronto?» «Matteo! Senti io sono proprio qui, ho appena attraversato il ponte di Mezzo. Tu dove sei? Stai arrivando?» «Sì, sono per il corso, arrivo. Ciao, a tra poco. Sì, due minuti. Ciao» , concluse sinteticamente, mentre prendeva a calci una lattina di 7up troppo accartocciata.

Iniziò a piovigginare, niente di eccessivo; si coprì gli ispidi capelli bruni con il cappuccio della sua felpa grigia, infilò le mani rosse di freddo nelle tasche dei jeans e, passando davanti alla vetrina ben allestita di un tabaccaio, si specchiò per un secondo, notando – senza troppo sorprendersi – un viso funereo, il solito, pensoso e abbacchiato come lui. Sbuffò e riprese dritto per la sua strada, con voglia di bestemmiare e un atteggiamento sprezzante che solo la Moretti semi-calda di uno squallido bar avrebbe potuto scacciare. Così fece, entrò nel primo bar, meno squallido di quello che avrebbe voluto e che si sarebbe aspettato, prese una birra dal frigo, pagò dimenticandosi del resto, la aprì con i denti e la tracannò in due minuti: si sentiva più coraggioso per quel primo incontro con una ragazza che non era sicuro di voler incontrare. La vide da lontano, era così carina che le venne una strana voglia di abbracciarla, una voglia che gli passò non appena notò da lontano l’entusiasmo quasi irritante negli occhi felini di lei. Indossava una specie di pelliccia sintetica color beige e degli stivaletti bianchi che sembrava quasi Penelope Pitstop.

«Matte! Eccoti finalmente, fa un freddo! Entriamo da qualche parte?»
«Sì, certo, volentieri. Conosco un posto niente male da quella parte. Sei bellina, stai bene vestita così» , le offrì il braccio e lei subito lo strinse con entrambe le mani, quasi graffiandolo con quelle unghie lunghe laccate di blu, e camminarono a braccetto fino al locale, caldo e accogliente come l’abbraccio di una madre.

«Pronto per anatomia?»
«Non credo che lo darò, Silvia. Non sono pronto.»
«Ma che dici, dai, ti passo io gli appunti. So che hai saltato un bel po’ di lezioni, ma vedrai che ce la farai a rimetterti in pari. Ma, a proposito, perché tutte queste assenze? Non te lo consiglio, sai? Seguire è importante, con gli appunti che prendi hai bisogno della metà del tempo per studiare, te lo dico io, e poi..»
«Silvia, io.. sono stato male.»
«Male? Effettivamente, con questo tempo.. dovresti coprirti di più, sai? Sempre con queste felpe ti viene uno di quei raffreddori che ti durano un mese. »
«Silvia…»
«La prossima volta chiamami, io sono un’esperta di malattie e cose del genere. In questa borsetta ho un kit di pronto soccorso praticamente»
«Ragazzi, volete ordinare?» , la cameriera interruppe la conversazione. «Un tè al limone!»
«Un campari soda, per favore» , la cameriera si allontanò.
«Il campari è analcolico, vero? »
«No, ma non è forte. Solo un po’ alcolico. Mi piace molto.»
«Capito. Aperitivo, quindi. Sei un figo, lo sai? Strano, a dire il vero. Però sei buffo, ecco. »
«Non so se sia un complimento, ma nel dubbio ti ringrazio. Anche tu sei buffa. Questo lo dico come complimento »
«Come sei dolce, grazie. E sei anche molto carino oggi, lo sai?»
Arrivò da bere, Silvia versò l’acqua calda nella tazza con la bustina del tè, poi accavallò di nuovo le gambe. Matteo buttò giù un sorso di campari e le sorrise.
«Dico davvero. Ti sei sistemato la barba vero? Hai un viso così pulito..»
«Silvia..»
«Così pulito e al tempo stesso così serio. L’ho notato subito, sai? Per questo ho scelto riabilitazione psichiatrica: perché sono brava a capire le persone in un tempo brevissimo, in più sono incredibilmente empatica..» «Silvia, io… ti va di fare un giro? Di andare da qualche parte e di tornare stasera? Che ne so, andiamo a pranzo fuori, mangiamo bene e passeggiamo per qualche città qui vicino. A Livorno, per esempio.»
«Ma che sei matto? Oggi pomeriggio abbiamo lezione, Matteo. Un’altra volta magari, che dici? E poi a Livorno, ma dai. La odio, Livorno.. cosa ci sarà mai a Livorno d’inverno?»
«No, nulla, ne ho detta una così.. » , e subito dopo sussurrò: «Barbara: Livorno è la sua città preferita..» «Che? Hai detto qualcosa?»
«No, niente. Dicevo che poteva essere un’occasione da prendere al volo. Non ci andremo mai se ci mettiamo d’accordo prima. Prendiamo il treno, non costa niente il biglietto, te lo pago io, ti porto a pranzo fuori, vediamo se c’è qualche locale aperto sulla Terrazza, poi giriamo un po’. Abbiamo solo due ore di lezione oggi pomeriggio, ci facciamo passare gli appunti. Davvero, che dici? »
«Matte, è un’idea stupida. Pranziamo qui da qualche parte, andiamo a lezione e poi, se ti va, facciamo qualcosa insieme dopo.»
«Ma tu non hai per niente voglia di levarti dai coglioni? Ma davvero sono strano solo io? Mica ti ho chiesto di scappare per sempre, di lasciare tutto e di andare a vivere sotto un ponte: ti ho chiesto di fare un giro prendendo un treno per dieci minuti e poi di tornare indietro. Cosa potrà mai succedere? Cosa potrà mai succederti? Silvia, non vuoi che ci togliamo di dosso tutto questo cazzo di imbarazzo di merda? Vuoi conoscermi davvero? Vuoi? Io sì.»
«Adesso calmati, Matteo. Non verrò a Livorno oggi. Voglio conoscerti, ma voglio comportarmi in maniera normale, e voglio che lo faccia anche tu. Voglio che tu oggi venga a lezione, che ti sieda accanto a me e che prenda appunti. Davvero Matteo, dammi retta. »
La ragazza sorseggiò finalmente il suo tè, amaro e intenso al punto giusto. Buttò giù il sorso rumorosamente, poi distolse lo sguardo.

«Sai cosa, Silvia? Ci vado da solo.»
Ingoio tutto d’un fiato il suo campari, lasciò dieci euro sul tavolo e uscì dal locale, non curandosi della ragazza.

Iniziò a correre verso la stazione, come un matto, senza guardare i semafori, senza preoccuparsi della gente che, non volendo, lo ostacolava perché stava in mezzo al corso con ventimila valigie. D’altra parte era la via principale che portava alla stazione.

Entrò, senza fare il biglietto guardò il tabellone. Due minuti, binario quattro. Fece il sottopassaggio, uscì, il treno era già arrivato, salì, sedendosi in modo scomposto e appiccicandosi al finestrino. Un secondo dopo tirò fuori il telefono dalla tasca dei jeans, facendo cadere chiavi, tabacco e altre cento cose: le avrebbe raccolte dopo.
«Pronto? Barbara?»
«Matte? Oddio, Matte, scusami per la scenata di ieri mattina. Scusami, ti ho sbloccato comunque. »
«Ba’, non me ne frega un cazzo. Che stai facendo, hai da fare?»
«Sto studiando, ma se vuoi ci vediamo, va bene?»
Matteo sorrise. Poi sogghignò. Poi non si trattenne più e rise a squarciagola, di gusto.
«Oh?! Ma sei matto?»
«Sì, Ba’, ti giuro che oggi sono matto quanto te. »
   
 
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