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Autore: Kary91    22/12/2019    2 recensioni
[His dark materials!AU| child!Jace&Alec (+ Izzy)| One-Shot| Pre-saga]
“Tu voleresti mai via, se potessi separarti da me?” domandò Alec; gli fece male perfino chiederglielo. Un dolore fisico, come se una mano gigante gli stesse schiacciando la gabbia toracica.
Jace inorridì.
“Sarebbe come morire” rispose serio, toccando Alec sulla testa. Il contatto caldo con le sue piume lo rassicurò. “Come se morissimo entrambi.”
“Perché moriremmo entrambi,” osservò Alec, spingendo il capo contro il palmo della sua mano. “Forse non all’esterno, ma sotto le piume e lo scheletro, gli organi e il sangue. Che me ne faccio di volare libero, se dentro di me non c’è più nulla?”
Jace sorrise appena.
“È come nel libro,” osservò, indicando con il mento il volume sul comodino. “Come per quei cacciatori di demoni. Quelli che uniscono le loro anime.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A thousand times over;'
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Questa storia partecipa alla “Christmas Run” indetta dal forumPiume d’Ottonecon il prompt “Devi smetterla di portare cadaveri nella mia cucina" di Chara.

Note iniziali: questa one-shot è una sorta di AU ambientata nell’universo di “Queste Oscure Materie” , più o meno ai tempi dei fatti che accadono nel primo libro, “La bussola d’oro.” In questo universo, l’anima di ogni essere umano vive esternamente a lui sottoforma di animale. I daimon dei bambini possono cambiare forma, la quale si stabilizzerà dopo la pubertà dei loro umani. I daimon non si separano mai dai loro umani. Per quanto riguarda l’universo di Shadowhunters, questa storia potrebbe essere collocata prima della saga: Jace (come Izzy) ha dieci anni ed è appena stato mandato a vivere dai Lightwood.

If aught but death part thee and me

 

“Devi smetterla di portare cadaveri nella mia cucina,” borbottò Isabelle, accucciata a terra. Il suo daimon, Raphael,  strisciava silenzioso sulle sue braccia e sembrava altrettanto corrucciato.

Il “colpevole” dell’omicidio di massa – un daimon con le sembianze di un gatto soriano –  fece la spola fra i tre topolini morti che aveva abbandonato sul pavimento e cercò il suo umano con lo sguardo.

Jace smise di far dondolare le gambe e balzò giù dal tavolo, leccandosi le dita sporche di glassa zuccherata.

“È anche la nostra cucina,” precisò, sorridendo sghembo. “Ormai è da un secolo che ci hanno portati qui.”

L’aria dura di Isabelle sembrò addolcirsi; Jace Wayland aveva perso il padre appena tre mesi prima, in circostanze ancora non del tutto chiaro nemmeno agli accademici del Gabriel College. Lui e il suo daimon erano stati accolti all’università dietro insistenza dei genitori di Isabelle, che conoscevano molto bene il signor Wayland.

Isabelle e il suo fratellino, Max, erano stati felici di avere un nuovo compagno di giochi. Al Gabriel College i bambini erano pochi e uno in più faceva sempre comodo – specialmente nelle faide continue contro i bambini gyziani. Jace, tuttavia, era un ragazzino diverso da come se l’era aspettato: riservato e arrogante, sempre con la battuta pronta.  Scherniva i suoi giochi definendoli ‘roba da poppanti’ e studiava molto, dividendo il suo tempo tra il dormitorio e la biblioteca. Sapeva anche combattere, però – Izzy l’aveva scoperto per caso, un pomeriggio che lei è Simon l’avevano sorpreso ad allenarsi di nascosto assieme al suo daimon. Lei e Jace erano più simili di quanto non sembrasse e forse era proprio per questo che litigavano così spesso e, altrettanto di frequente, facevano la pace nel giro di pochi minuti.   

“A maggior ragione, non è il caso di riempirla di topi morti, non credi?” obiettò, prima di rivolgersi al gatto soriano.  “Tanto nemmeno li mangi”.

 “Ma a Jace fa ridere,” replicò il daimon, strofinandosi contro le gambe del suo umano.

Isabelle alzò gli occhi al cielo.

“E comunque ti preferisco quando sei un falco,” concluse, prima di allungarsi sul tavolo per sgraffignare uno dei pochi pasticcini che aveva avanzato Jace . “Ci conviene  svignarcela prima che i cuochi si accorgano di non aver più nulla da offrire all’ospite di oggi.”

“Ci sono pur sempre i topi,” osservò Jace, facendo ridere Izzy e Raphael.

I due ragazzini e i loro daimon  sgusciarono in corridoio e corsero fino a quando non raggiunsero il giardino del college.

“Noi andiamo a giocare con quelli degli altri College,” annunciò Raphael, facendo vibrare la lingua. “Venite anche voi?”

“Più tardi, forse,” rispose il daimon di Jace, cambiando forma.  Il gatto soriano scomparve, lasciando il posto a i voli scomposti di un falco pellegrino di piccole dimensioni.

“Sempre i soliti supponenti” commentò Izzy, roteando gli occhi. “Siete proprio strani, voi due. D'altronde, in giro, non si vedono tanti ragazzi con un daimon maschio. O ragazze con un daimon femmina, se è per questo.”

“Tu sei strana.” ribatté Jace, inarcando un sopracciglio. “Quante ragazze se ne vanno in giro con un daimon serpente?”

Isabelle gli fece la linguaccia.

“Solo quelle più cazzute,” replicò, ammiccando, prima di correre via con Raphael.

Jace sorrise divertito. Lui e il suo daimon rimasero  a osservarla fino a quando non divenne un puntino a malapena visibile all’ingresso del college.

“Simpatica, la ragazzina,” commentò, incamminandosi verso i corridoi. “Che ne pensi, Alec?”

Il daimon ridacchiò, svolazzandogli intorno.

“A me sembra una posto.”

“Sì, probabilmente lo è.”

Nonostante il tono allegro della loro conversazione, Jace percepì distintamente del nervosismo in Alec. Non era qualcosa che si poteva cogliere dal tono di voce o dal modo di muoversi: lo sentiva e basta.

“Che cosa c’è?” chiese, una volta arrivati nella loro stanza.

Alec non rispose subito. Si appollaiò sul bordo del letto - lo sguardo rivolto al comodino. Lì, ben nascosto da occhi indiscreti, era nascosto un libro che lui e Jace avevano scovato per caso  qualche settimana prima. Era piccolo e sottile, così il ragazzino era riuscito a infilarlo nel doppio-fondo del carillon di suo padre – quello a forma di pianoforte. Il carillon era l’unico oggetto personale che Jace si era portato al college da casa, oltre ai vestiti e ai libri di studio, e nessuno oltre a lui aveva il permesso di toccarlo.

“È davvero così strano che siamo entrambi i maschi?” chiese infine Alec, spostando la sua attenzione su Jace. Il bambino gli si sedette a fianco.

“Ho già visto altri ragazzi con daimon del loro stesso sesso,” spiegò, stringendosi nelle spalle. “E anche degli adulti; non c’è differenza.”

Alec annuì, visivamente sollevato.

“Jace?” aggiunse poi, zampettando in grembo al ragazzo. “Secondo te che forma prenderò, quando diventeremo grandi?”

Jace accarezzò le piume di Alec con sguardo assorto.

“Lo sai già,” mormorò infine  - ed entrambi sapevano che aveva ragione.

“Il falco,” azzardò Alec, con un luccichio di orgoglio negli occhi. “Un falco adulto. Sarebbe bello, vero?”

Jace annuì, ma il suo daimon percepì l’incoerenza del gesto rispetto ai pensieri del ragazzino.

“Non ti piaccio come falco?”

“Figurati,” rispose Jace, scuotendo appena la testa. “Sei perfetto come falco. Ma io non posso volare.”

“Questo non è un problema,” rispose Alec con fare pratico. “Non posso scappare via da te. E se anche potessi, non vorrei farlo. Lo sai benissimo.”

“Però deve essere bello volare,” rifletté ancora Jace, fissandolo. “Volare a passo di rapace, intendo dire. Volare libero – è quello che fanno i falchi.”

“Tu voleresti mai via, se potessi separarti da me?” domandò Alec; gli fece male perfino chiederglielo.  Un dolore fisico, come se una mano gigante gli stesse schiacciando la gabbia toracica.

Jace inorridì.

“Sarebbe come morire” rispose serio, toccando Alec sulla testa. Il contatto caldo con le sue piume lo rassicurò. “Come se morissimo entrambi.”

“Perché moriremmo entrambi,” osservò Alec, spingendo il capo contro il palmo della sua mano. “Forse non all’esterno, ma sotto le piume e lo scheletro, gli organi e il sangue. Che me ne faccio di volare libero, se dentro di me non c’è più nulla?”

Jace sorrise appena.

“È come nel libro,” osservò, indicando con il mento il volume sul comodino. “Come per quei cacciatori di demoni. Quelli che uniscono le loro anime.”

Trovare quel libro nel reparto proibito della biblioteca era stato un vero – e casuale –  colpo di fortuna, eppure Alec e Jace si subito erano subito resi conto di essere incappati in qualcosa che né loro né nessun altro frequentatore del college avrebbe dovuto leggere.

In apparenza era una favola per bambini come tante – la storia di un gruppo di guerrieri che andavano a caccia di creature mitologiche mostruose, come demoni, vampiri e lupi mannari. La cosa inquietante era che questi cacciatori non avevano un daimon, e solo pochi di essi – li chiamavano parabatai – sembravano aver bisogno di un legame simile a quello che intercorreva tra lui e Alec.

Jace e il suo daimon erano rimasti stregati da quella storia e sin dal primo momento in cui avevano il prologo si erano posti un'unica, insistente domanda: se quella che stavano leggendo era solo una favola, come mai il libro era stato messo nella sezione proibita?

“Quel libro mi rende nervoso.” ammise Alec in un sussurro. “ Tutte quelle persone senza daimon… Ma è solo una storia, vero?”

Jace tirò fuori il libricino dal doppiofondo del carillon.

“A chi mai potrebbe venire in mente una storia del genere?”  mormorò, sfogliandone le pagine. “Sembra descrivere persone come noi, eppure non potrebbero essere più diverse. Perfino le streghe, che possono staccarsi dal loro daimon, ne hanno uno. Questi cacciatori sembrano una razza a parte...”

“Forse sono alieni…” azzardò Alec, mentre Jace tracciava con le dita il profilo di un’illustrazione: raffigurava due giovani che si tenevano per il braccio destro. Erano circondati da un cerchio di fuoco e sorridevano, guardandosi negli occhi. Era come se per i due ragazzi non esistesse nient’altro, al di fuori di quella stretta di mano. Si stavano preparando, Alec e Jace l’avevano letto il giorno prima, per unirsi in maniera irreversibile. Per legare le loro anime - così diceva il libro.

“Loro mi piacciono,” mormorò a quel punto Alec, indicando con il becco la figura. “Loro li capisco.”

I due ragazzi della storia sapevano di non poter sostenere il peso di una vita solitaria. Avevano scelto di legarsi l’uno all’altro per diventare una cosa sola – un unico essere scisso in due corpi.

Come un umano e il suo daimon.

“Leggi ancora quel pezzo,” disse ancora Alec, supplicando Jace con lo sguardo. “Rileggi le parole del rituale pataba… palaba…”

“Parabatai,” lo corresse Jace, con un sorriso divertito.  “Leggiamo insieme, ti va?”

Alec mutò forma e tornò a essere un gatto, acciambellato tra le braccia del suo umano: Jace scelse di interpretare quella trasformazione come un “sì”.

Il ragazzino fece scorrere l’indice sulla pagina, fino alle righe di dialogo che davano avvio alla cerimonia parabatai.

“Non insistere perché ti abbandoni e rinunci a seguirti.”

Il bambino e il suo daimon lessero all’unisono, intrecciando le voci in un unico timbro: quando parlavano insieme, le loro parole sembravano fondersi come due note alla stessa altezza. Non sarebbero mai stati un coro armonizzato, Jace e Alec. Avrebbero sempre cantato all’unisono. “Perché dove andrai tu andrò anch'io e dove ti fermerai tu, mi fermerò.”

“Proprio come noi due,” aggiunse Alec, strusciando il muso contro il petto di Jace.  “Qualunque forma prenderò crescendo,  il mio desiderio resterà quello di stare con te. E non sarà perché non potrò fare altrimenti. Ma perché se non ci fosse più un “noi” non potremmo esistere nemmeno tu ed io. Giusto?”

Jace annuì, il cuore gonfio di affetto.

“Dove morirai tu morirò anch'io e vi sarò sepolto,” continuò a leggere, imitato poco dopo da Alec.“L'Angelo faccia a me questo e anche di peggio, se altra cosa che la morte mi separerà da te.”

Rimasero in silenzio per qualche istante, intenti ad assorbire il significato di quella frase.

“Cos’altro, se non la morte, potrebbe separare una persona e il suo daimon?” sussurrò all’improvviso Alec, intimorito dalle sue stesse parole.

Jace, che aveva sempre la risposta pronta per tutto, non ebbe cuore di replicare. La morte era qualcosa di naturale e comprensibile – Jace non la temeva, nonostante continuasse a ricordarla ogni notte, malcelata nel ricordo dell’urlo lacerante di suo padre. Ma venire strappati via dal proprio daimon… era un pensiero innaturale e raccapricciante, a stento concepibile. I due ragazzi del racconto, i Parabatai, dovevano aver sofferto molto crescendo separati. Ma adesso, per fortuna, si erano ritrovati. E nessuno avrebbe potuto recidere quel legame.

“Forse ci siamo sbagliati, Alec,” esordì infine, chiudendo il libro e posando la mano libera sul pelo soffice del suo daimon. “Forse questi cacciatori non sono così diversi da noi. È solo che non sono altrettanto fortunati: umani e daimon nascono senza sapere che il loro compagno è là fuori, da qualche parte.  E alcuni non si ritroveranno mai.”

Il ragazzino ripose il libro nel doppio fondo del carillon – la gratitudine a riempigli il petto. Per Alec, lo sentiva, era lo stesso.

“Tu ed io, invece, siamo nati insieme e cresceremo insieme,” aggiunse, guardando il suo daimon negli occhi.

Alec annuì.

“E quando arriverà il momento di morire, allora moriremo insieme.” Proseguì il daimon, dandogli un colpetto sul naso con il muso. “Qualunque cosa accada.”  

“Qualunque cosa accada,” ripeté sollevato Jace, stringendolo a sé. “L'Angelo faccia a me questo e anche di peggio…”

Questa volta la voce di Alec si unì alla sua immediatamente.

“…se altra cosa che la morte mi separerà da te*[1].”

 

 

 

 

Note finali

Due piccoli appunti. Il primo è che, attualmente, sono arrivata solo al sesto episodio di His Dark Materials (e sto leggendo, in parallelo, il primo libro della trilogia). Per questo potrebbero esserci alcuni errori o alcune incongruenze con la trama e l’universo narrativo della saga di Pullman e mi scuso per questo.

La seconda cosa riguarda i personaggi. Jace è forse un po’ OOC rispetto al Jace “originale”, ma ho cercato di inserire nella sua personalità qualcosa di Alec, visto che in un certo senso i due sono la stessa persona. Ho anche una mia teoria per quanto riguarda l’avere un daimon del proprio sesso e l’ho accennata in maniera molto velata nei dialoghi, ma non la esplicito perché può darsi che la cosa sia già stata approfondita nella saga e non mi voglio spoilerare.

Per quanto riguarda Izzy, il nome del suo  daimon è stato scelto abbastanza a caso. Ho pensato a Raphael perché *SPOILER SERIE TV* nella serie TV lui e Izzy hanno un bel rapporto che sfocia poi in una sorta di amicizia, e non volevo mettere un nome a caso, né quello di Simon che probabilmente sarebbe il daimon perfetto per Clary (o viceversa).

Grazie a chiunque sia passato a leggere!



[1] Le frasi del giuramento Parabatai sono tratte dalle opere di Cassandra Clare (in particolare, “Le origini – La principessa”).

   
 
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