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Autore: Najara    23/12/2019    4 recensioni
Lena amava la sua famiglia adottiva. I Danvers erano tutto quello che un bambino dell’orfanotrofio poteva sognare: premurosi, gentili, simpatici, mai invadenti o pressanti, ma sempre presenti. Grazie a loro aveva una mamma, un papà e persino una sorella maggiore.
Li amava, ma…
Ma Lena odiava il Natale!
Piccola storia SuperCorp. Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Desiderio di Natale

 

Parte I

 

Lena amava la sua famiglia adottiva. I Danvers erano tutto quello che un bambino dell’orfanotrofio poteva sognare: premurosi, gentili, simpatici, mai invadenti o pressanti, ma sempre presenti. Grazie a loro aveva una mamma, un papà e persino una sorella maggiore.

Li amava, ma…

“Dovevate proprio?” Chiese osservando l’enorme albero di Natale che stava entrando in casa sua.

“Certo che dovevamo!” Esclamò Eliza. “Tu lavori troppo e non hai tempo per decorare la tua casa, ma le tradizioni vanno rispettate.” Le sorrise e Lena tentò di imitarla.

“Su con il morale, dovrai sopportare queste smancerie natalizie ancora per un po’ di giorni e poi potrai stare tranquilla per i restanti… diciamo 355?” Alex le fece l’occhiolino, divertita dal suo sguardo torvo. “Mamma e papà hanno resistito tanto prima di intervenire, a casa hanno albero e addobbi da almeno una decina di giorni.”

“Alex, vieni ad aiutare tuo padre.” Chiamò Eliza e Alex, sempre con un sorriso sulle labbra, raggiunse i genitori.

Lena scosse la testa, amava i Danvers, ma odiava il Natale!

 

“Ho paura…”

Gli occhi della bambina si sgranarono nel sentirle mormorare quelle parole.

“Non ti piacciono?” Le domandò allora preoccupata.

“Sono… mi fanno paura.” Ripeté. La bimba corrucciò il volto. “Posso dormire con te?” Chiese, ma era superfluo, perché lei aveva già tirato da parte le coperte e aperto le braccia per accoglierla.

 

Da qualche giorno l’albero di Natale brillava di luci e decorazioni, sembrava un alieno nel suo salotto dai colori semplici e dalle linee moderne.

Lena fece una smorfia chiedendosi se non fosse il caso di staccarlo dalla corrente. Ma se Eliza lo avesse visto spento… non voleva ferire la sua famiglia, poteva resistere.

Tra le fronde ai piedi dell’albero notò due pacchetti, erano quelli dei Danvers, ma sapeva che tra due notti ne sarebbe spuntato un altro. Non era più una bambina eppure sembrava che Babbo Natale non avesse ricevuto il memo.

Quel pensiero la portò inevitabilmente a dirigere i suoi passi verso la cantina. Quando vi entrò passò lo sguardo sull’armadio dei vini, sulla cyclette che non usava più, sull’attrezzatura da sci che le avevano comprato da ragazza per le settimane bianche, sulle numerose scatole che contenevano gli oggetti accumulati in anni e poi… quell’armadio. Rimase sulla soglia per un lungo istante, poi si avvicinò, aprì le ante e osservò i regali. Ormai erano 20. 20 pacchetti. I primi con la carta un po’ sgualcita, impacchettati da una mano inesperta, poi, mano a mano sempre più precisi e curati.

Rappresentavano 20 odiosi Natali. 20 anni da quando…

Lena chiuse l’anta e sospirò. Per i Danvers il Natale era un giorno speciale, quel giorno, 20 anni prima, era stato fatto loro quello che, ai loro occhi, era il regalo più bello: una bambina. Lei.

Lena avrebbe dovuto festeggiarlo con la stessa gioia, ma quello era anche il giorno in cui…

Scosse la testa, ricordava quella notte, ricordava ogni dettaglio… eppure non era più una bambina! Non poteva più credere a cose simili! Poco importava che qualcuno riuscisse a intrufolarsi in casa sua a consegnare un maledetto pacchetto ogni anno! Anzi, quella era la beffa suprema!

Furiosa per essere scesa in cantina solo per guardare quei pacchetti chiuse la porta a chiave e risalì con passo deciso le scale, indossò il cappotto e uscì di casa.

 

“Vedrai che Babbo Natale ci aiuterà.”

“E se non potesse? La signorina Ruth ha detto che devo essere felice perché presto firmeranno…” La sua voce conteneva ancora una nota di paura.

“No.” Disse secca la bambina. “Vedrai. Babbo Natale può fare qualsiasi cosa!”

“Va bene.” Acconsentì lei, desiderando crederle.

 

Il suo ufficio era vuoto, non c’era nessuno che lavorava la vigilia di Natale. Lena si mosse tra le scrivania con un dossier tra le mani, decisa ad essere l’eccezione a quella regola.

“Anche voi qui?” La voce la sorprese, si voltò e si ritrovò davanti dei spumeggianti capelli biondi e dei vivi occhi azzurri.

“A quanto pare non da sola.” Disse con un sorriso. “Non dovreste stare con la vostra famiglia?”

“La verità? Non mi piacciono molto. E voi? I Danvers sono la migliore famiglia che esista!”

“Lo sono.” Ammise. “Ma questo Natale lo passeranno con i Kent, nel Kansas.”

“Quindi lavorerete?”

“Quindi lavorerò, Eve.” Confermò dirigendosi poi verso il suo ufficio. Aveva avviato la sua azienda da poco, ma stava iniziando a fare affari con le grandi compagnie, presto avrebbe spiccato il volo, lo sapeva. Concentrandosi su quel pensiero si mise a lavorare.

Era ormai buio quando Eve si affacciò alla sua porta.

“Vado a casa e mi chiedevo… vi andrebbe di venire con me? Non ho organizzato nulla, ma possiamo ordinare cinese e cenare davanti ad un film.” L’invito era gentile, Lena sapeva che Eve aveva un debole per lei, ma quella non era davvero la serata giusta e poi non voleva illuderla.

“Magari un’altra volta.” Le disse.

“Ma certo…” Eve annuì e poi se ne andò, ma pochi istanti dopo spuntò di nuovo. “Attenzione, non ci sono alberi decorati in ufficio, Babbo Natale potrebbe passare senza vedervi.”

“Babbo Natale?” Chiese lei inarcando un sopracciglio, non era divertita, odiava quel nome.

“Certo, oppure non siete stata buona quest’anno?” Eve le fece ancora un ampio sorriso, poi si girò e se ne andò, questa volta per davvero.

Lena si alzò e uscì nell’aria fredda della notte. La città brillava più del solito, le nevicate dei giorni prima avevano ammantato ogni cosa soffocando i rumori, ma le luci splendevano più vive che mai.

Era una notte magica. Lena corrugò la fronte ricordando una notte di tanti anni prima.

 

“Non dobbiamo addormentarci, ok?”

Annuì al viso deciso della bambina.

“Sì.”

“Tutto quello che dobbiamo fare è stare sveglie, lui è veloce, un fulmine, altrimenti non potrebbe visitare tutti i bambini del mondo, ma se stiamo sveglie allora lo vedremo.”

“E se non volesse farsi vedere? E se fosse invisibile?” Chiese ancora perplessa per il piano.

La bambina estrasse dalla tasca un grande biscotto con delle gocce di cioccolato sopra.

“Me l’hanno dato i Danvers, non l’ho mangiato.” Gli occhi di Lena si sgranarono nell’immaginare lo sforzo richiesto alla bambina per non mangiare quel delizioso biscotto. “Ed è stato difficilissimo!” Ammise infatti la piccola. “Ma ci serviva per IL PIANO.” Nel suo tono le maiuscole erano perfettamente udibili.

Un ampio sorriso le illuminò il viso. “Vedrai, funzionerà.”

 

Lena percorreva sola le vie della città, sapeva che era tardi, sapeva che avrebbe dovuto andare a casa e dormire un po’, ma detestava dormire quel giorno.

Il primo Natale dei Danvers era stato il peggiore, loro non capivano cosa le fosse successo, loro non ricordavano… ma lei sì, non era pazza! Lei ricordava con precisione ogni cosa e ricordava di aver chiuso gli occhi, ricordava di essersi addormentata…

 

“Non dobbiamo dormire…” La voce della bambina era impastata di sonno.

Mmm…” Mugugnò gli occhi già chiusi. Aveva così tanto sonno ed era tardi…

 

Salì gli scalini di casa sua con passo deciso, estrasse le chiavi ed aprì la porta. All’interno l’albero di Natale espandeva i suoi colori sulle mura rendendo l’ambiente vivo. Lena fece una smorfia, ma, suo malgrado, quella vista le scaldò un poco il cuore. Sotto l’albero tra le fronte verdi vi era una bottiglia di rhum con un biglietto di Alex.

 

“Ho usato le chiavi, visto che non c’eri.

Sam e Ruby volevano vederti per farti gli auguri, ma so che questa, per te,

è una notte difficile… quindi le ho dissuase.

Domani però vieni a pranzo da noi anche se non ci sono papà e mamma!

Intanto ti lascio il mio regalo. Solo un bicchiere, lo sai che altrimenti mamma mi sgrida

perché SA anche se sta a chilometri di distanza.”

 

Lena sorrise, mise da parte il biglietto e prese un bicchiere nel quale si versò due dita del pregiato liquore.

Mentre lo portava alle labbra sentì un rumore che la fece immobilizzare.

Si mosse rapida infilando la mano nella borsa, dove vi era un teaser, strumento fondamentale secondo Alex, inutile secondo lei, ma forse era stata la poliziotta ad avere ragione.

“Vieni fuori.” Disse con tono mortalmente calmo. Alex le aveva regalato un teaser e le aveva insegnato come usarlo, ma non si era fermata a questo, ricordava ancora i lividi che si era procurata imparando le basi dell’autodifesa.

“Ciao…” Disse allora una ragazza uscendo da dietro l’albero di Natale.

Lena sbatté gli occhi sorpresa: capelli biondi, sorriso dispiaciuto, occhi bassi… non sembrava il classico topo d’appartamento.

“Chi sei?” Chiese. “Cosa ci fai in casa mia?” Solo allora i suoi occhi si abbassarono su quello che la ragazza stringeva: un pacchetto elegantemente decorato. “Sei tu!” Esclamò allora, furiosa.

“Ehm… sì?” Balbettò sempre più preoccupata la sconosciuta.

“Che scherzo crudele è mai questo?” Questa volta la giovane alzò lo sguardo su di lei. Le luci colorate dell’albero danzavano sul suo volto rendendole difficile vedere i suoi occhi.

“Non è uno scherzo! Io non scherzo mai con il Natale!” Affermò quasi offesa.

“Allora perché?”

“Credevo che… mi mancavi e… posso uscire sono a Natale quindi… avrei voluto che tu mi rispondessi, ma lo so che hai una vita molto impegnata, quindi… non che io sappia cosa fai nella tua vita! Noi non spiamo le persone.” Scosse la testa. “Però, ecco… visto che non hai mai risposto mi sono detta che devi essere molto impegnata…”

Lena sbatté le palpebre. La giovane aveva fatto qualche passo in avanti e ora era davanti a lei. I suoi occhi erano azzurri. Il suo cuore prese a battere furioso quando, in ritardo, la riconobbe.

 

Quando aprì gli occhi tra le mani stringeva un biscotto enorme con delle gocce di cioccolato sopra, al quale mancava un grosso morso.

“Lena?” La chiamò la signorina Ruth, un sorriso sulle labbra. “I tuoi documenti sono stati firmati: Buon Natale!”

Il suo cuore accelerò per la paura, dunque il loro piano era fallito. Si guardò attorno frenetica.

“Dov’è Kara?” Chiese e la donna la guardò perplessa.

“Chi, tesoro?”

“Kara.” Disse di nuovo lei.

La giovane donna scosse la testa, poi le accarezzò i capelli.

“Vieni, ti facciamo due belle trecce, va bene? I Danvers non vedono l’ora di vederti.”

“I Danvers?”

“Sì, Lena.”

“Non i Luthor?”

“Chi sono?” Chiese di nuovo la donna mentre iniziava a spazzolarle i capelli.

“Sono…” Lena scosse la testa piano. “Kara viene con me?” Chiese alzando gli occhi verso la ragazza.

“Tesoro… non esiste nessuna Kara…”

“Ma…”

È una tua amica… invisibile?”

“Lei… lei…” Tentò, ma aveva un nodo alla gola e non riuscì a parlare. Cos’era successo quella notte?

“Babbo Natale ti ha portato il dono più bello, lo sai? Una famiglia pronta ad amarti, non avrai più bisogno di inventare un’amica, perché avrai persino una sorella.”

“Io non l’ho inventata!” Protestò, i lacrimoni che scendevano sul suo viso.

“Oh Lena, non piangere, è normale avere paura, ma i Danvers sono davvero fantastici.”

Lo sapeva, lo sapeva perché Kara lo diceva sempre! Perché era lei che avrebbero preso, Kara, non Lena! Eppure… un orrendo sospetto scivolò nella sua giovane mente e lei si impietrì. Il loro desiderio… Babbo Natale non lo aveva forse esaudito? Ma quanto doveva essere crudele per darle la famiglia dei suoi sogni e poi toglierle la sua migliore amica?

“Non è il Natale un giorno magnifico?” Domandò Ruth mentre le metteva due fiocchi verdi alla fine delle sue trecce.

“No, io odio il Natale.”

 

“Kara?” Mormorò, mentre le scivolava il bicchiere di mano. Rapida la ragazza afferrò il bicchiere al volo per poi posarlo sul tavolo, un sorriso imbarazzato sulle labbra.

“Ciao, Lena.”

“Cosa…” Si ritrovò a balbettare, la donna si era mossa ben più veloce di qualsiasi essere umano.

“Beh, essere parte della squadra di Babbo Natale significa anche ricevere dei doni speciali…” Mentre lo spiegava levitò una ventina di centimetri da terra. “Ci aiuta nel lavoro.”

“Stai dicendo che…?”

“In realtà non dovrei dirti niente, è un segreto, ma tu sei… tu.” Si strinse nelle spalle mentre ricadeva con delicatezza a terra.

“Sei sparita, mi hai lasciata…”

“Con i Danvers.” Sorrise Kara. “Era il mio regalo di Natale!” Annuì, poi si corrucciò. “Perché sei così sorpresa? Ti ho scritto tutto nelle lettere.”

“Lettere?” Lena si rendeva conto di aver perso la capacità di parlare, ma dopo tutto o si era ubriacata con il solo guardare quella bottiglia di rhum o quello era il sogno più strano di sempre.

Kara si guardò attorno furtiva facendo un altro passo verso di lei.

“Le ho nascoste nei tuoi regali, astuto no?”

“I tuoi regali…” Comprese. Quella serie di pacchetti che teneva chiusi in cantina e che non aveva mai voluto aprire, perché il furto di una migliore amica non si poteva ripagare con dei stupidi regali!

“Sì! Ti sono piaciuti?”

“Non li ho mai aperti.” Rivelò e dirlo la riportò alla lucidità. “Tutto questo è assurdo.” Affermò.

“Perché non li hai aperti? Oh… aspetta, quindi è per questo che non mi hai mai risposto?”

“Kara! Sei sparita dalla mia vita! Prima eri la mia migliore amica, eri tutto ciò che avevo ed ero felice: perché bastavi! E poi sei sparita e nessuno si ricordava più di te, non potevo neanche dire il tuo nome senza che pensassero che fossi strana!”

“Mi dispiace…”

“E ora te ne esci fuori con… con dei poteri? Con questa storia della squadra di Babbo Natale? Non voglio saperne niente! Non voglio pensare che te ne sei andata per… perché ti hanno offerto qualcosa di meglio, meglio di me!” Sentiva la rabbia di 20 Natali esplodere in lei, quelle parole che non aveva mai detto, quella verità che aveva sempre rinchiuso in lei, ora esplosero e colpirono con violenza la giovane davanti a lei. “Lettere? Lettere? Se anche le avessi lette, credi che sarebbero bastate?”

“Io…”

“Vattene, continua il tuo lavoro eroico, non ho bisogno dei tuoi regali. Io sto bene.”

Kara fece un passo indietro, poi un altro.

“Mi dispiace…” Mormorò, posò il pacchetto tra gli altri ai piedi dell’albero, malgrado quello che lei le aveva detto, e sparì come era comparsa.

 

 

Parte II

 

Lena guardò la bottiglia di rhum e il bicchiere posato sul tavolo e scosse la testa, non sarebbe caduta nella facile trappola dell’alcool. Con passo deciso tornò ad afferrare il cappotto e uscì nelle strade deserte ricoperte dalla neve e illuminate dalle lucine di Natale. Non aveva una meta, voleva solo allontanarsi da quell’albero, da quel pacchetto, da ogni pacchetto chiuso nella sua cantina che sembrava chiederle con dolci occhi azzurri di farsi aprire.

“Ehm…” Lena si voltò e sobbalzò nel trovarsi davanti un essere umanoide, ma decisamente alieno. La pelle blu, i capelli bianchi, degli strani semi globi sulla fronte. “Lena, dico bene?” Chiese e lei si pentì di non aver preso la borsa con il teaser. “Perché si sta spaventando…? Oh, ma certo. Mi perdoni.” Un secondo e la sua immagine cambiò mostrando un giovane dai capelli neri e la pelle umana. “Lavoro con Kara.” Disse ancora e Lena annuì, lo aveva immaginato, almeno una parte della sua mente lo aveva fatto.

“Voglio starmene in pace.” Disse continuando a camminare.

“Certo, ma sì da il caso che Kara abbia interrotto il mio lavoro arrivando da me in lacrime. Ho una certa difficoltà nel comprendere le lacrime, ma non sono così alieno da non provare i sentimenti e le emozioni.”

Lena si fermò e chiuse gli occhi, non voleva ascoltare, voleva solo che il sole sorgesse e lei potesse mettere in una piccola scatola del suo cuore quella notte.

“Per favore…” iniziò, ma l’uomo unì i pollici e gli indici e le sorrise sicuro di sé.

“Oggi è la notte di Natale e si da il caso che sia proprio la notte in cui ci è concesso distribuire regali, dunque, ecco il mio.” Chiuse gli occhi e Lena fu avvolta dalla nebbia. Sbatté gli occhi sorpresa e fu di nuovo nell’ampia camerata della sua infanzia. L’orfanotrofio era colorato e allegro anche di notte, illuminato dalle candeline che decoravano un imponente albero che si innalzava sulla parete di fondo e lì due bambine mormoravano piano.

“No!” Quasi gridò, non poteva rivedere quella notte, ma non riuscì a distogliere lo sguardo.

Le due bambine una dai capelli scuri e l’altra dai capelli d’oro erano stese sotto ad un letto, le mani intrecciate.

“Non dobbiamo dormire…” Mormorò la seconda.

Mmm…” Rispose la prima gli occhi già chiusi.

“Svegliati!” Implorò Lena, ma la sua voce non giunse alle bambine.

“Va bene Lena, dormi, ci penso io.” Mormorò la piccola dai capelli d’oro posandole un rapido bacio sulla guancia, un sorriso sulle labbra, gli occhi pieni di determinazione..

“No…” Mormorò nella notte ammantata di magia. Poi lo vide: un uomo dalla pelle verde scura e dai tratti alieni comparve davanti alle bambine.

Un biscotto aspettava su di un piatto posto davanti a lui, con un sorriso l’uomo tese la mano.

“Sei tu Babbo Natale?” La bambina dai grandi occhi azzurri lo guardava stupefatta. L’alieno non sembrò sorpreso nel vederla sveglia.

“Sono un suo elfo.” Rispose allora lui.

“Oh…”

“Volevi chiedergli qualcosa?” Domandò allora l’essere posando un ginocchio a terra e osservando con un sorriso la coraggiosa bambina.

“Sì.”

“Posso dirti un segreto?” Chiese allora lui e la bambina annuì con un sorriso. “Questa è una notte magica, anche noi elfi possiamo concedere un regalo ai bambini più meritevoli. Ma deve essere qualcosa di davvero importante.”

“Lo è!” Assicurò la piccola.

“Allora chiedi.”

“Lei è Lena.” La bambina tese il braccio indicando il fagotto addormentato sotto al letto. “È la mia migliore amica e le voglio un bene grande così!” Aprì le braccia più che poteva, un ampio sorriso sulle labbra. “Noi abitiamo qua e aspettiamo che una famiglia venga a prenderci, ma lei…” Ora il suo viso si incupì e il suo tono si abbassò. “Lei andrà a vivere con i Luthor e loro… le fanno paura.” Mormorò ancora più piano.

Con orrore Lena comprese.

“No, ti prego…”

“Io vorrei che avesse una famiglia che le voglia bene per davvero e che non la spaventi. Magari con una mamma gentile e un papà simpatico.” Annuì poi si illuminò. “Anche una sorella, così non si sentirà sola e potrà giocare con lei.”

È un desiderio molto speciale questo… un regalo molto bello.” L’alieno guardò la piccola negli occhi e corrugò la fronte. “Anche molto difficile.”

“Ma lei lo merita.” Affermò decisa.

“Ora devi ascoltare molto bene: sei speciale e questo desiderio lo dimostra, se vuoi, puoi venire con me e diventare un elfo, in questo modo la tua amica potrà avere quello che avresti avuto tu.”

“Come uno scambio?” Chiese la piccola.

“Sì, come uno scambio.”

“Ma potrò vederla ancora?” L’essere sospirò a quella domanda.

“Non ci è permesso lasciare il nostro regno quando non è la notte di Natale…”

“Oh… mi mancherà moltissimo.” La piccola aveva le lacrime agli occhi, mentre guardava l’amica dormire. “Posso prendere il biscotto che avevo lasciato per Babbo Natale?” Chiese poi all’alieno.

“Sì.” Acconsentì con un piccolo sorriso l’elfo. La bambina lo prese, poi diede un grosso morso e lo infilò tra le mani dell’amica.

“Ti voglio bene.” Mormorò, poi si avvicinò alla sua orecchia e bisbigliò: “Ti scriverò ogni Natale, promesso!!” Le diede un altro rapido bacio sulla guancia e poi, le lacrime agli occhi, prese la mano dell’elfo. Prima di sparire si voltò ancora un’ultima volta. “Ciao, Lena.”

“Kara…” Chiamò, ma era scomparsa e con lei anche la stanza, l’albero e la bambina addormentata, c’era solo più Lena e la città sotto la coltre di neve.

Si voltò e quasi si mise a correre. I suoi passi affondavano nella neve, ma lei non rallentò, si precipitò a casa e poi giù in cantina. Quando tornò nel soggiorno tra le mani stringeva i 20 pacchetti.

Con agitazione iniziò ad aprire il più vecchio, strappò la carta ed estrasse un modellino montabile per un razzo, esattamente quello che aveva desiderato quando aveva dieci anni e voleva diventare un’astronauta. Tra la carta apparve una lettera.

 

“Ciao Lena,

Finalmente è arrivato il Natale e posso scriverti! Spero che stai bene, io sto benissimo, anche se mi manchi tanto. Devo raccontarti un sacco di cose che mi sono successe!

…”

 

La lettera continuava raccontando di avventure con le renne, nuovi amici, tra cui un frequente Brainy È strano, ma mi sta simpatico, mi ricorda te. Non che tu sia strana… ma anche lui è super intelligente e gentile.”, lotte tra la neve, torte e pasticcini meravigliosi e addestramento con i poteri “Presto saprò volare!!”.

Lena andò avanti, scartando e leggendo, le lacrime agli occhi, 20 anni e mai Kara si era lamentata della sua mancanza di risposte, mai il suo entusiasmo e il suo affetto per lei smettevano di trasparire da ogni lettera, mai l’aveva dimenticata. Nel tempo la sua scrittura si era fatta più attenta, erano spariti gli errori, le frasi erano diventate eleganti e quell’amore infantile era maturato.

Alla fine scartò l’ultimo pacchetto, quello messo sotto l’albero quella notte stessa.

 

“Ciao Lena,

La sera guardo l’aurora boreale e non riesco a pensare ad altro che al colore dei tuoi occhi. Vorrei essere meno egoista, ma non posso più resistere, devo dirtelo: vorrei tanto che tu fossi qua con me.

Vorrei che tu venissi via con me questa sera…

Lo so che è un desiderio sciocco che tu sei felice, che la tua famiglia ti ama e che hai degli amici e un lavoro fantastico che adori. Lo so perché guardando le scelte che compi (scusami se ho sbirciato un poco nel Libro delle Scelte) ho capito che hai la vita che hai sempre meritato. E non devi pensare che io non sia felice, lo sono, non tornerei indietro per nulla al mondo, i Luthor erano davvero cattivi e tu avresti sofferto con loro, ma… mi manchi, mi manchi ogni giorno. Vorrei farti ridere come quando eravamo piccole e vorrei consolarti se fai un brutto sogno (so che non fai più i brutti sogni… perché sei grande ormai…), semplicemente vorrei conoscere la donna che sei diventata ed essere parte della tua vita.”

 

Girò il foglio, ma la lettera era tutta lì, molto più breve di quelle degli altri anni che erano pagine e pagine di fitta scrittura. Nel pacchetto vi era una vecchia foto scattata dalla signorina Ruth molti anni prima, ritraeva due bambine che sorridevano abbracciate.

Aveva cercato quella foto, l’aveva cercata ovunque per provare che Kara esisteva e che non era solo una fantasia, ma non l’aveva mai trovata.

“Mi dispiace averla portata via, ma volevo un ricordo di noi.” Alzò lo sguardo pieno di lacrime guardando Kara. “Lo so che mi hai chiesto di andare via, ma…” Provò a dire, ma Lena si alzò e la abbracciò, stringendola contro di sé, senza più trattenere le lacrime.

“Non avrei dovuto addormentarmi quella notte.” Mormorò piano. “ E mi dispiace tanto di non aver aperto le tue lettere… se lo avessi fatto avrei capito che non mi avevi abbandonata, ma salvata.”

Kara la stringeva tra le braccia, la teneva forte, come se fosse preda anche lei della stessa emozione, ma non diceva nulla. Lena si scostò un poco cercando il suo sguardo.

“Mi dispiace di aver odiato il Natale quando tu sei il Natale.”

“Forte, non è vero?” Chiese la giovane e Lena sorrise nel vedere l’espressione entusiasta che ricordava così tanto quella di una bambina che ormai troppi anni prima aveva amato. “Vuoi vedere?” Le chiese all’improvviso Kara.

“Vedere?” Domandò lei e prima che avesse finito Kara la prese tra le braccia, un enorme sorriso sulle labbra, e volò fuori.

Lena si aggrappò al suo collo, l’adrenalina che scorreva dentro di lei scuotendola.

“Detesto volare!” Riuscì a dire, ma Kara rise spingendosi sempre più in alto. Il freddo era pungente, ma il corpo di Kara era caldo e lei vi si strinse ancora di più chiudendo gli occhi, cercando di calmarsi.

“Ecco.” Disse con voce bassa Kara. “Ora apri gli occhi.” Lena corrucciò la fronte poco convinta. “Vedrai che ti piacerà.”

Lena obbedì, persuasa da quella voce che non conosceva, ma che in qualche modo le sembrava di aver sentito sempre. A differenza di quello che si era immaginata non erano nel cielo, ma nel salotto di una famiglia.

“Guarda.” Mormorò. Proprio in quel momento apparve un ragazzo snello, vestito di rosso, con gli occhi che brillavano come se contenessero un fulmine, fece loro l’occhiolino poi depose diversi pacchetti sotto l’albero.

“Dove siamo?” Chiese lei dopo che il ragazzo sparì agitando le fronte dell’alberello.

“Poco distante da Edimburgo, lui è Barry ed è molto, molto veloce, ma non può volare.” Spiegò Kara. “Tieniti.” Disse poi e si mossero di nuovo. Il freddo fu meno pungente questa volta, forse perché tra le braccia di Kara, Lena, stava sempre meglio.

“Eccoci, questa è una cittadina a Nord di Vancouver.”

Questa volta fu l’essere che le aveva regalato il ricordo del passato a comparire, guardò verso di loro, fece un piccolo sorriso e poi scomparve.

“Lui è Brainy, sta facendo anche la mia parte questa notte.”

“Lo aveva immaginato, grazie alle tue lettere.” Spiegò Lena.

Kara si mosse e Lena si ritrovò nella casa dei Kent. Poteva vedere tra i regali quelli che lei aveva fatto spedire per i suoi genitori e i loro amici. Poi fu il turno del salotto di Alex. Ruby era accoccolata sotto il tavolo in attesa di Babbo Natale, ma i suoi occhi erano chiusi e la ragazza aveva un respiro profondo.

“Dove ti piacerebbe andare?” Chiese allora Kara. “Posso portarti ovunque nel mondo ci sia un albero di Natale che aspetta un dono…”

“Portami a casa.” Disse però Lena.

Il sorriso sul viso di Kara si oscurò un poco, ma la ragazza non obiettò. Pochi istanti ed erano di nuovo nel suo salotto. Con delicatezza Kara la depose, Lena tremò un poco, scombussolata dal rapido viaggio.

“Posso chiederti una cosa?” Alzò il volto e guardò la giovane che annuì, speranzosa. “Ti piace molto quello che fai, vero?”

“Certo! E tu hai visto solo la consegna, ma tutto l’anno abbiamo moltissime cose da fare, i bambini necessitano di molta attenzione.” Era impossibile non percepire l’orgoglio nel suo tono.

“E tu sei sempre stata brava a rendere felici le persone.” Mormorò lei guardarla. “Mi hai regalato qualcosa senza prezzo.” Affermò. “Amo la mia famiglia, non riesco ad immaginare una vita senza i consigli di Eliza, il sereno appoggio di Jeremiah e la ferma, decisa, sicura presenza di Alex al mio fianco.”

“Lo so, non avrei dovuto chiederti… nella mia ultima lettera… io, lo so che non puoi venire con me, solo che mi manchi e… sono stata egoista a pensare che…”

“Sì.”

“Già…” Kara si rattristì ancora di più, ma Lena scosse la testa.

“Sì!” Esclamò.

“Sì?” Chiese allora la ragazza.

“Alla tua domanda: sì, voglio venire via con te. Mi mancheranno, certo che mi mancheranno, ma… tu…” Aprì la bocca incapace di trovare le parole, ma Kara le venne in aiuto, fece un passo avanti e le depose un bacio sulle labbra, poi si tirò indietro e arrossì, un ampio sorriso sulle labbra.

Lena aprì la bocca e la rischiuse, era così ovvio, era sempre stato ovvio, nessuno aveva mai riempito il suo cuore nel modo in cui lo aveva fatto Kara, nessuno era mai riuscito a capirla così profondamente anche se erano solo bambine, nemmeno Alex con cui era cresciuta. Nessuno riusciva a farle battere il cuore così velocemente, solo sorridendo, erano state bambine, ma ora non lo erano più. Lena si morse il labbro e annuì, le lacrime agli occhi.

“Sì.” Annuì ancora. “Odiavo il Natale perché lo passavo senza di te, perché quello era il giorno in cui ti avevo perso, ma ogni giorno dell’anno, portavo in me la tua mancanza. Credevo di non volere nessuno nel mio cuore perché c’era lo studio, poi il lavoro, perché volevo essere concentrata, produttiva… ma in realtà era perché c’eri tu, ci sei sempre stata solo tu.”

Gli occhi di Kara brillavano, i suoi piedi non toccavano, letteralmente, più terra.

“Quindi…” Chiese, gli occhi pieni di speranza.

“Verrò con te.” Affermò Lena un ampio sorriso che faceva da contrappunto alle lacrime nei suoi occhi. Si fece avanti e fu sul punto di baciare, lei, questa volta, le labbra di Kara. Ma si fermò quando i piedi della giovane ricaddero a terra e una piccola ruga si formò tra le sopracciglia della ragazza.

“Ma la tua famiglia.” Kara corrugò la fronte ora e si morse il labbro. “Non posso… io…” Chiuse gli occhi. “Come posso strapparti da loro come io sono stata strappata via da te? Non posso causare di nuovo lo stesso dolore che tu, per causa mia, porti in te da tanti anni…”

“Kara…” Lena scosse la testa, sentiva che la ragazza aveva ragione, ma non voleva ascoltarla, voleva dare retta all’euforia del momento, alla felicità di averla ritrovata, di aver capito quello che nel cuore aveva sempre saputo. Voleva colmare il vuoto dentro di sé, voleva avere di nuovo Kara nella sua vita, voleva conoscerla, voleva…

La giovane la strinse tra le braccia, sospirando, come se avesse già preso una decisione, la stessa decisione presa molti anni prima, una decisione che nemmeno il loro bacio poteva cambiare.

“Ci hanno detto di non innamorarci mai di un umano, ora capisco perché, è stato infantile credere che per noi potesse essere diverso…” Il cuore di Lena sussultò nel sentire quelle parole, Kara era così diretta con i suoi sentimenti, così sicura. “Non posso chiederti di rinunciare alla tua vita per seguirmi.”

Lena sentì nel cuore il desiderio di obiettare, ma l’onda di euforia era passata e pensò ad Alex, a Eliza e Jeremiah, a Sam e Ruby, alla famiglia che l’aveva accolta e amata, pensò alla sua compagnia che sapeva avrebbe reso il mondo un posto migliore, aveva tanti progetti, tante idee, tanti desideri, ma Kara…

“Potrei rinunciare alla mia vita…” propose piano la ragazza.

“No.” Il suo tono risultò troppo deciso persino alle sue orecchie, ma il dono di Brainy era ancora forte nella sua memoria. “Non ti permetterò di smettere di fare ciò che ami rinunciando ancora una volta alla vita che hai davanti solo per me.” Kara aveva rinunciato a tutto per lei, non poteva permettere che succedesse ancora, poco importava che questo significava farsi spezzare il cuore una seconda volta.

“Non è solo per te!” Protestò Kara, ma Lena le appoggiò la mano sulle labbra fermandola. Nei suoi occhi vi erano lacrime, ma non si permise di versarle, non davanti a lei.

“Sarai il mio Natale.” Mormorò. “Posso aspettarti.” Aggiunse e lasciò che le sue parole riempissero il dolore della separazione a cui stava, volontariamente questa volta, acconsentendo.

Con delicatezza tolse le dita dalle labbra di Kara e le baciò, forse non conosceva la ragazza che stava stringendo tra le braccia, ma dentro di sé sapeva che era la persona che il suo cuore aveva sempre aspettato. Anime gemelle avrebbe detto qualcuno meno cinico di lei, ma se esisteva Babbo Natale, perché non anche due persone destinate a completarsi?

“Quanto tempo abbiamo?” Chiese piano e Kara baciò la sua guancia impedendo ad una lacrima di scivolare lungo la sua guancia.

“Fino all’alba.” Affermò, poi la strinse forte e Lena desiderò che il tempo si fermasse perché sapeva che l’alba era vicina e non era pronta, malgrado ciò che aveva affermato, non era proprio pronta a lasciarla andare di nuovo.

 

Kara ciondolava nell’aria, le braccia intrecciate sotto la testa, l’aria triste. Brainy con le gambe incrociate, l’aria assorta, la fissava. Poco più in là altri elfi l’aria mortificata lanciavano alla giovane sguardi preoccupati.

J’onn.” La voce della donna era decisa e sicura.

“Fata dei denti, cosa posso fare per te?”

“Quando usi il mio titolo mi fai venire i brividi.”

Cat.” Disse allora lui, divertito. “Cosa posso fare per te?”

“Non vedi come sono ridotti i tuoi elfi? Oggi è il giorno di Natale, di solito mi assordate con le vostre canzoncine, le risate e i festeggiamenti per l’ottima riuscita della vostra intensa attività notturna. Oggi il silenzio è assordante.” La donna fece una smorfia, mentre lanciava un’occhiata attorno a sé notando gli elfi che parlottavano tra di loro sbirciando tristi verso Kara. “ La tua punta di diamante ha il cuore spezzato e tu non fai nulla?” Chiese allora, infastidita Miss Grant.

J’onn sospirò lanciando, a sua volta, uno sguardo a Kara.

“Innamorarsi di un mortale è veementemente sconsigliato… non perché mi piace vietare l’amore tra noi e i mortali, ma perché…”

“Conosco la solfa.” Agitò la mano la donna. “Estremamente complicato avere una relazione simile, cuori spezzati, sofferenza ovunque, bla, bla. Di solito i tuoi elfi sono abbastanza fortunati da innamorarsi di un loro simile.” Il suo sguardo passò su Brainy che aveva distolto lo sguarda da Kara per posarlo su Nia. “Ma non questa volta.”

J’onn sospirò di nuovo.

“L’ho sempre temuto. Gli occhi di Kara non hanno mai smesso di brillare per quella bambina per la quale tanti anni fa ha richiesto un dono.”

La donna annuì.

“Il fatto è, che, come ben sai, sono stata io ad identificare Kara come possibile elfo e sono stata io a intromettermi nella vita di Lena togliendole la sua migliore amica.” Fece ruotare gli occhi infastidita. “Chi lo poteva immaginare che fossero così testarde?”

“Testarde?” Chiese J’onn.

“Potevano dimenticarsi una dell’altra, no? Kara avrebbe vissuto una vita felice nel fare ciò che la sua buona indole la spinge a fare e Lena avrebbe avuto la famiglia che meritava e che l’avrebbe spinta sui binari giusti. A differenza del rischio che avrebbero rappresentato i Luthor…”

“Ma non l’hanno fatto.” Le fece presente J’onn.

“No.” Ammise la donna scocciata.

“E questo ci porta a questo momento.”

“Infatti.” Concordò Cat Grant.

“Quindi?” Chiese ancora J’onn, conosceva bene la Fata e sapeva che, per quanto fosse acida, aveva un cuore d’oro.

“Quindi nulla, la richiesta che farò non centra affatto con quanto abbiamo appena detto.”

“Molto bene…” A questo punto l’uomo non sapeva proprio cosa stesse per chiedergli la donna.

“Mi serve un’assistente.”

“Ti serve un’assistente?” Ripeté e vide un piccolo sorriso furbo decorare le labbra della donna.

“Mi serve un’assistente.”

 

Alex rideva assieme a Ruby, la mano di Sam posata sulla spalla, e Lena tentò un sorriso.

Non poteva essere triste, anzi, avrebbe dovuto essere felice, finalmente aveva ritrovato Kara, ogni cosa nel suo passato era stata rimessa al suo posto, al sicuro nella sua borsa vi era anche la preziosa foto che le ritraeva assieme, aspettava di essere sola con Alex per raccontarle quello che era successo, la sorella maggiore era l’unica che le aveva sempre creduto.

Quando suonarono alla porta alzò un sopracciglio, sorpresa. Alex era appena tornata in cucina ed era alle prese con qualche piatto, Sam e Ruby stavano provando il telescopio che Lena aveva comprato alla ragazza, così fu lei ad alzarsi per andare ad aprire, chiedendosi chi mai potesse arrivare alla loro porta il giorno di Natale.

Quando aprì i suoi occhi brillarono e il suo cuore fece un deciso balzo.

“Ciao, Lena.” Disse la giovane davanti a lei. Occhi azzurri pieni di emozione appena nascosti da occhiali che non le aveva mai visto indossare.

“Kara…” Riuscì solo a dire lei, poi il sorriso che aveva sulle labbra si spense. “Hai…” Il terrore la percorse: e se avesse rinunciato a tutto per lei? Come poteva vivere sapendo che…

“No!” La fermò lei, fece due passi avanti e le prese le mani, stringendole piano nelle sue. “No, sono stata… trasferita, più o meno.”

“Trasferita?” Il termine così normale mal collimava con tutto quello che aveva letto e riletto nelle lettere della giovane non appena questa era sparita di nuovo dalla sua vita scacciata dall’alba e dal doveroso ritorno nel suo regno, ovunque esso fosse tra le pieghe dello spazio.

“In realtà sarebbe un segreto…” Mormorò, Kara, poi si tese in avanti. “Lavoro come assistente della Fata dei Denti, adesso!” Indicò gli occhiali come se quelli spiegassero tutto.

“La… la Fata dei Denti?” Ripeté Lena.

“Sì! Raccogliamo la memoria di ogni bambino racchiusa sotto forma di dentino, è un lavoro molto importante. Ma a Natale potrò consegnare lo stesso i regali, c’è nel mio contratto.” Sorrise felice.

“Quindi…”

“Quindi posso venire sulla Terra tutti i giorni dell’anno!” Affermò Kara e la felicità che provava era evidente. “Gli occhiali saranno il mio travestimento! Idea geniale, no?”

“Lena, chi è?” Chiese Alex dalla cucina.

Kara si sporse un poco per sbirciare all’interno della casa e il cuore di Lena si concesse di credere che fosse tutto vero, che non avrebbe dovuto aspettare un intero anno per passare un’altra notte con Kara, che la ragazza era lì, in carne ed ossa, con il suo strano lavoro, certo, con i suoi strani amici e… Lena sorrise: Kara era lì!

“Lena?” Chiamò di nuovo Alex e questa volta il suo tono conteneva una vena di preoccupazione, il suo istinto protettivo presto l’avrebbe spinta ad assicurarsi di persona che la sorella stesse bene.

Lena sorrise: stava benissimo.

“Arrivo.” Affermò rivolgendosi alla donna ancora in cucina. Poi si voltò verso Kara che la stava guardando, un poco tesa adesso. Lena sorrise.

“Puoi entrare? Il tuo nuovo lavoro ti permette di…” Domandò, mentre il suo cuore batteva veloce all’idea di poter mostrare molto di più che una foto ad Alex e al contempo all’idea di mostrare a Kara il suo mondo.

“Mi piacerebbe.” Ammise la ragazza e i suoi occhi brillarono azzurri come non mai. “Mi piacerebbe moltissimo.” Aggiunse.

“Vieni.” Lena aprì un po’ di più la porta. “Sono sicura che Alex ti piacerà moltissimo e anche Sam e Ruby.” Affermò.

Il sorriso sulle sue labbra si ampliò ancora un poco. Mentre i loro occhi si legavano di nuovo.

Oh, avrebbe tanto voluto baciarla!

Lena si morse il labbro e sorrise mentre vedeva le guance di Kara arrossire un poco nell’immaginare il suo desiderio. Ma avevano tempo, ora avrebbero avuto tutto il tempo: avrebbe imparato a conoscerla, avrebbe potuto scoprire ogni cosa della donna che era diventata e sarebbe stata parte della sua vita.

Le tese la mano e la condusse lungo il corridoio, però, un istante prima di entrare nel salotto dove sentiva Alex e Ruby ridere di qualcosa che stava dicendo Sam, Lena si fermò e guardò la donna.

Sentiva dentro di lei qualcosa paurosamente simile alla totale felicità. Era folle, tutto era folle, eppure era così giusto.

Facendo pace con se stessa e con il passato sorrise.

“Buon Natale.” Mormorò poi aprì la porta e attirò Kara nella sua vita.

 

 

 

Note: Piccola storia di Natale, spero vi sia piaciuta!

Fatemi sapere!

  
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