Il nobile cacciatore e l’altera preda

Come un atipico capriolo spaurito balza attraverso la foresta, così Helena Corvonero fuggì percependo la presenza del cacciatore, il peggiore fra0 tutti – non si sarebbe mai fermato finché non avesse braccato la sua preda.
All’improvviso ella incespicò e fu costretta a rallentare la corsa; allora si fermò e febbrilmente si guardò intorno.
 
I passi sembravano sempre più vicini.
 
Helena strinse al petto il pomo della discordia: doveva nasconderlo. Rabbia e gelosia ancora dominavano il suo cuore, proprio come al momento del furto.
Inaspettatamente scorse un albero cavo, in cui decise di nascondervi il diadema della madre. Difficilmente lì l’avrebbe notato qualcuno, pensò in ultimo barlume di rancorosa vendicatività e si rimise a correre nel folto della foresta.
 
Il diadema ora era al sicuro, ma il cacciatore l’ha raggiunse poco dopo, rendendo vano il nuovo tentativo di fuga.
«Fermati!».
 
Erano ormai a poca distanza ed ella, riconoscendone la voce, si fermò e si voltò ben decisa a fissarlo negli occhi e a non indietreggiare: si era spinta troppo oltre per temere colui che le dava la caccia. Era proprio come lo ricordava: anche nel bel mezzo di un’oscura foresta albanese indossava come di consueto una tunica di seta color smeraldo con le maniche larghe, un mantello a ruota pesante foderato di pelliccia chiuso sulla spalla destra con una fibbia d’argento e una preziosa cintura di pelle a cui era appeso un pugnale, che scintillò sinistramente.

Il cacciatore aveva catturato la preda, ma no, Helena non sarebbe scappata di nuovo di questo era certa.

La sua veste, un tempo di lino giallo fine e pregiato, era sporca e strappata, così come il rigido corpetto. I capelli, prima stretti in due trecce nere, ora erano sciolti e ricadevano disordinatamente sulle spalle della fanciulla.
Ansimò per la stanchezza causata dalla corsa, ma non per la paura. Non l’avrebbe seguito: dopotutto per quale altro motivo sarebbe dovuto andare fin lì se non per riportarla a casa? Quale casa poi? Poteva chiamare ancora così Hogwarts, nonostante la grave colpa di cui si era macchiata? Non semplicemente ladra, ma traditrice della famiglia. E non si era ancora pentita.

Si fissarono a lungo. Helena sapeva che quell’uomo non avrebbe accettato un secondo rifiuto. Alla mente rapidamente sovvenne il giorno, apparentemente lontano, quando, nel fiorito parco di Hogwarts, egli l’aveva avvicinata per la prima volta: giovane e nobile cavaliere, nelle grazie di Priscilla Corvonero, l’aveva corteggiata, ma ella l’aveva sdegnosamente respinto.   

Le parole furono inutili. Inizialmente pacato e supplichevole il cavaliere riportò le istanze di una madre bramosa di rivedere un’ultima volta la figlia; ma la fanciulla altera e profondamente orgogliosa finse di non sentire.
Allora il cuore irascibile dell’uomo s’accese e in preda al furore la nobile mano cinse il pugnale che saettò sul delicato petto, squarciando il corpetto e il giallo della veste si tinse di un rosso intenso.

Gli occhi del giovane cavaliere si adombrarono nella consapevolezza del proprio gesto, mentre la fanciulla si spegneva lentamente.