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Autore: karter    24/12/2019    1 recensioni
[Questa storia partecipa alla challenge "Un calderone di prompt" organizzato da catching_hearts sul forum di EfP]
[Questa storia partecipa al contest "Il mio Babbo Natale segreto" indetto da Claire Roxy sul forum di EFP]
[Questa storia partecipa alla "Infinity prompt challenge" organizzata da HarrietStrimell sul forum di EFP]
Dal testo:
"Ricordo ancora la prima volta che la vidi.
Era una calda giornata estiva. Avevo avuto una lite con mio padre, l'ennesima dal giorno in cui gli avevo rivelato di non voler seguire le sue orme. Per lui era inconcepibile il mio disinteresse per la medicina. Non riusciva a tollerare che fossi un sognatore, che volessi iscrivermi a lettere, che il mio desiderio fosse quello di diventare uno scrittore. Secondo lui il mio era il parlare di un ragazzino immaturo, uno che non sa quanto sia dura la vita. Non aveva capito nulla, non mi aveva mai capito sul serio. Non ci aveva mai provato davvero, per lui sarei dovuto essere la sua copia in miniatura, specie dopo la morte di Itachi. Non sarebbe mai accaduto. Avevo promesso a mio fratello, sul letto di morte, che avrei inseguito i miei sogni ed ero determinato a farlo."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Memories
 
 
 
Ricordo ancora la prima volta che la vidi.
 
Era una calda giornata estiva. Avevo avuto una lite con mio padre, l'ennesima dal giorno in cui gli avevo rivelato di non voler seguire le sue orme. Per lui era inconcepibile il mio disinteresse per la medicina. Non riusciva a tollerare che fossi un sognatore, che volessi iscrivermi a lettere, che il mio desiderio fosse quello di diventare uno scrittore. Secondo lui il mio era il parlare di un ragazzino immaturo, uno che non sa quanto sia dura la vita. Non aveva capito nulla, non mi aveva mai capito sul serio. Non ci aveva mai provato davvero, per lui sarei dovuto essere la sua copia in miniatura, specie dopo la morte di Itachi. Non sarebbe mai accaduto. Avevo promesso a mio fratello, sul letto di morte, che avrei inseguito i miei sogni ed ero determinato a farlo.
 
Ero uscito di casa sbattendo la porta e lasciandomi alle spalle le urla di mio padre e i singhiozzi della mamma. Sapevo che quella situazione tra le mura di casa la stava uccidendo pian piano, ma non mi sarei piegato, non quella volta. Non avrei mai infranto quell'ultima promessa.
Avevo corso a lungo per le vie della mia città natale.
Avevo bisogno di sbollire il nervosismo e non c'era modo migliore per farlo se non un giro in moto. Adoravo sfrecciare in sella alla mia bambina. Era una sensazione meravigliosa capace di farmi battere il cuore e svuotarmi la testa. Quando guidavo mi sentivo libero da tutte le mie costrizioni.
 
Anche quel giorno mi ero lasciato trasportare dalle emozioni ed ero giunto in un paesino marittimo, lo stesso dove da bambino passavo le vacanze con la mia famiglia.
Lo adoravo, sembrava quasi un luogo fatato ai miei occhi, tanto che non volevo mai ripartire.
Scossi il capo a quel pensiero mentre mi dirigevo con passo sicuro verso la spiaggia.
Erano cambiate tante cose da allora. Forse la più eclatante era che avevo iniziato ad odiare il passare le vacanze al mare. Non riuscivo a sopportare gli schiamazzi della gente, la sabbia che si infilava ovunque e il calore del sole. Quando avevo raccontato tutto ciò ad Itachi si era fatto una grossa risata e mi aveva dato del vampiro.
Un sorriso amaro mi dipinse il volto, mi mancava tantissimo, ma nessuno sembrava capirlo.
 
Ero perso tra quei pensieri quando la vidi.
Era una ragazza normale all’apparenza, non potevo ancora sapere quanto mi sbagliassi.
Se ne stava in riva al mare, con i piedi nudi sul bagnasciuga, le braccia dietro la schiena e lo sguardo rivolto all'orizzonte. Era bellissima. Sembrava uno di quei quadri rinascimentali capaci di stregare chiunque vi posasse sopra lo sguardo.
A quel tempo, però, non avevo ancora capito quanto sarebbe stata pericolosa, mi sembrò solo una ragazza triste e bellissima.
 
Rimasi non so quanto tempo a guardarla, prima di incrociare i suoi occhi e rimanerne folgorato. Erano particolari, ma non in senso negativo, anzi, erano i più belli che avessi mai visto. Erano verdi, di un verde così splendente da ricordare gli smeraldi o le fronde degli alberi in primavera, eppure sembravano vuoti. Come se non vi fosse nessuna anima nascosta dietro. Mi fecero scorrere un brivido lungo la schiena che mi costrinse a distogliere lo sguardo dalla sua figura per qualche attimo.
Mai avevo provato una sensazione simile in tutta la mia vita!
Quando tornai a guardare nella sua direzione, era sparita.
 
Da quel giorno iniziai a tornare abitualmente in quel piccolo paesino. Desideravo incontrarla ancora e tentare di scoprire il mistero dietro quegli occhi, o meglio quale sortilegio mi avevano mai scagliato perché non riuscivo a togliermeli dalla testa. Ogni singola ragazza sul mio cammino avevs pero di attrattiva ai miei occhi. Vedevo lei, ovunque, ma lei non c’era mai.
 
Passai un intero mese a questo modo, sperando di incontrarla ancora, inutilmente. Mi ero finalmente rassegnato quando ricomparve. Era seduta sulla sabbia, un enorme felpa nera a proteggerla dal vento e lo stesso sguardo della prima volta rivolto verso l'orizzonte.
Rimasi ad osservarla a lungo, quando la sua voce mi riportò con i piedi per terra.
 
 
«Non c’è nulla da guardare!» disse.
Aveva un tono freddo, incolore. Pareva come se non le importasse ciò che le stava accadendo intorno.
Rimasi interdetto un solo attimo prima che un ghigno divertito mi dipingesse le labbra. Finalmente sarei riuscito a comprendere cos'aveva di tanto speciale quella ragazzina da occupare i miei sogni di notte e i miei pensieri di giorno.
«Adoro il tramonto sul mare!» gli risposi avanzando verso di lei, senza distogliere lo sguardo dalla sua figura che sussultò leggermente.
Dovevo averla colta di sorpresa.
«Bugiardo!» replicò glaciale senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte.
«Touchè» risposi alzando le spalle e prendendo posto al suo fianco incurante del lieve irrigidirsi del suo corpo.
Non doveva aver particolarmente gradito la mia mossa, ma non me ne curai. Ero troppo impegnato ad "osservare" le reazioni del mio corpo alla sua vicinanza. Mi sentivo elettrizzato come un ragazzino alla sua prima cotta e non riuscivo a capire come fosse possibile. Non sapevo nulla di lei se non che aveva i capelli di una strana tonalità di rosa confetto, gli occhi verdi e tristi ed amava osservare il mare.
Mi sembrava un po' poco per avere costantemente il suo sguardo in testa.
«Sakura!» si presentò attirando la mia attenzione sulla sua figura nascosta da quell’indumento troppo grande per lei «Il mio nome è Sakura!» aggiunse, notando che ero rimasto a fissarla ammutolito, sorpreso da quell'apertura inaspettata.
«Sasuke!» risposi tendendole la mano che osservò dubbiosa per molto tempo prima di stringere.
Sembrava come se si trovasse davanti ad una delle scelte più importanti della sua vita.
Sorrise debolmente.
Un sorriso dolcissimo che riuscì a sciogliere qualcosa nel mio petto.
«Ci vedimo in giro, Sasuke» mi salutò prima di alzarsi in piedi, scrollarsi la sabbia dai pantaloni e allontanarsi lungo la spiaggia, lasciandomi da solo ad osservare la sua figura allontanarsi sempre più.
 
 
Da quel giorno iniziai a recarmi sempre più spesso su quella spiaggia. Speravo di poterla osservare ancora, di poter capire se quella che sentivo per lei fosse solo un'ossessione o aveva davvero qualcosa di speciale.
La fortuna volle che anche lei avesse iniziato a frequentarla assiduamente.
 
Le prime volte fu dura. Lei era sempre fredda, distante, molto più di quanto sarei mai potuto esserlo io. Con il tempo, però, iniziò ad aprirsi e pian piano riuscì a scoprire qualcosa in più su di lei.
Sapevo che adorava leggere e fare fotografie, che il suo sogno era quello di fare la fotografa freelance. Avevo scoperto che aveva una passione per i gialli e i thriller, che Carlos Ruiz Zafon era il suo scrittore preferito. Mi aveva confessato di essere una fan dei Nickelback e di aver passato quattordici ore in fila solo per comprare un biglietto per un loro concerto.
Io di conseguenza le avevo rivelato di essermi preso un anno sabatico perché i miei sogni non coincidevano con le aspettative di mio padre. Le avevo parlato del mio sogno di diventare scrittore e le avevo fatto leggere la bozza dei primi capitoli di un libro che avevo intenzione di scrivere. Le avevo parlato di mio fratello e di quanto mi mancasse, ma anche di quella testa quadra che si autoproclamava mio migliore amico dal giorno in cui aveva iniziato a parlare.
Sakura mi ascoltava, sempre. Mi aveva incoraggiato a non mollare e continuare a lottare per i miei sogni, anche se avevo notato un velo di malinconia oscurarle gli occhi ogni volta che nominavo la mia famiglia.
Mi ero interrogato spesso sul motivo di tale comportamento, anche perché della sua o dei suoi amici non parlava mai, mentre io le avevo raccontato di tutta la mia vita, cosa che mai avevo fatto. Ma era così facile parlare con lei che ancor prima di rendermi conto di cosa stavo per dire, la mia bocca aveva già rivelato ogni cosa. Ed era assurdo per me. Del resto parlare non era mai stato il mio forte, anzi. Avevo sempre avuto problemi di comunicazione, solo scrivendo riuscivo ad esprimere pienamente me stesso.
Per questo volevo capire.
Ero curioso di saperne di più, così, in uno dei nostri soliti pomeriggi, seduti al tavolino di un bar per ripararci dalla pioggia, decisi di affrontare l’argomento.
 
 
«Come mai questo desiderio di girare il mondo per lavoro?» le chiesi posando la mia birra sul tavolino «Non ti mancherebbe la tua famiglia?»
A quelle parole la vidi sbarrare gli occhi e congelarsi sul posto, ebbi come la sensazione di averle tirato addosso un secchio di ghiaccio.
L’avevo presa decisamente alla sprovvista, non si aspettava tale domanda, specie dopo le risate che si era fatta poco prima a mie spese.
Rimase per vari minuti in silenzio, contemplando il liquido nella sua tazza che ormai si era freddato, prima di guardarmi con un’espressione che non le avevo mai visto. Era un misto tra tristezza e rassegnazione. Mai mi sentì più in colpa come in quel momento, nemmeno il giorno in cui avevo fatto cadere la statuetta di cristallo che si tramandava di generazione in generazione nella famiglia della mamma.
«Non saprei chi farmi mancare!» mi rispose osservando un punto oltre le mie spalle e facendomi sbarrare gli occhi.
Mai avrei immaginato una risposta simile.
«Mia madre è morta alla mia nascita, mio padre quando avevo diciassette anni, mio fratello maggiore l'anno scorso e il mio gemello sta combattendo contro la leucemia» mi spiegò con il tono di voce più glaciale che possedeva.
Mi pareva di essere tornato agli inizi del nostro rapporto.
Ero rimasto basito. Mi ero sempre lamentato della mia famiglia con lei, senza sapere che lei non ne aveva più una.
«Va tutto bene!» tentò di rassicurarmi con un sorriso palesemente falso « Ora devo andare…» aggiunse alzandosi dal suo posto e incamminandosi verso l’uscita «Ci vediamo in giro!» continuò.
E in quel momento fui io a ricevere la secchiata d’acqua gelida. Non ne ero certo, ma qualcosa mi diceva che quel doppio filo che ci legava l’uno all’altro aveva iniziato a consumarsi.
 
 
Da quel giorno ne passarono tanti. Quotidianamente mi recavo alla nostra spiaggia per incontrarla, invano. Era come sparita nel nulla. Nessuno sembrava ricordarsi di lei eppure per me era un chiodo fisso.
Più passavano i giorni più sentivo la sua mancanza. Era straziante. Mi era entrata dentro con uno sguardo e dopo tanti bellissimi momenti se n’era andata. Non riuscivo ad accettarlo. Avevo bisogno di lei, della sua presenza, dei suoi occhi verdi, della sua risata cristallina, della sua folta chioma rosata che nascondeva sempre con qualche cappuccio, delle sue dita sottili che giocavano con la cannuccia delle sue bibite, dei suoi calci sotto il tavolo ad ogni mia battuta stupida.
Era diventata il centro del mio mondo e non riuscivo a stare senza di lei, perché lei era il genere di persona che ti ubriaca con la sua presenza, come se all'improvviso i contorni del mondo si cancellassero e i colori iniziassero a girare tutti insieme.
 
I miei genitori erano preoccupati. Ormai mi ero ridotto ad un fantasma. Non parlavo, non mangiavo. L’unica cosa che mi faceva andare avanti erano le mie continue visite alla spiaggia. Nonostante tutto speravo ancora di rivederla.
I miei amici avevano perso la speranza. Per quanto non fossi mai stato un tipo semplice, stare con me era diventato insostenibile, scattavo per ogni minima cosa. Avevo smesso di parlare e non facevo altro che annegare la mia sofferenza nell'alcool.
Ero diventato il fantasma di me stesso.
 
 
«Adesso basta!» urlò Naruto, il mio migliore amico dai tempi dei pannolini «Non puoi esserti ridotto così per una ragazza!» mi rimproverò scuotendomi per le spalle.
Io lo guardai senza fiatare. Sapevo che ciò che diceva era giusto, ma non riuscivo a reagire.
Non potevo accettare di averla persa ancor prima di averla avuta davvero.
«Bene!» iniziò lasciandomi e aprendo le ante del mio armadio «Se è stata una donna a ridurti in questo stato…» continuò tirandomi addosso un paio di jeans scuri e una camicia nera «Sarà una donna a rimetterti in sesto!» concluse ghignando e facendomi trasalire.
Non era mai una cosa positiva quando il dobe aveva quel ghigno sul volto.
Negli anni avevo imparato a riconoscerlo e sapevo perfettamente che quell’espressione era sinonimo di guai, per me.
«Vestiti. Sta sera si esce e non voglio storie!» mi disse uscendo dalla mia stanza e lasciandomi come un idiota.
Non avevo nessuna intenzione di mettere il naso fuori casa, ma sapevo che se non lo avessi ascoltato mi avrebbe fracassato i timpani con  le sue urla e non avevo davvero voglia di ascoltarlo.
 
 
***
 
 
«Benvenuto in paradiso!» mi disse la testa quadra non appena arrivammo davanti al locale tanto decantato da Kiba, quello dove passava tutte le sue sere libere.
Mi osservai intorno con un sopracciglio inarcato. Un night club. Quel dobe mi aveva portato in uno night club.
«Forza entriamo!» aggiunse trascinandomi verso l’ingresso.
L’interno era molto carino. Se non fosse stato per le ragazze mezze svestite che ballavano su un palco e delle cameriere svestite allo stesso modo, sarebbe parsa una discoteca come tante altre.
«Bel posto, vero?» mi chiese non appena ci fummo seduti ad un tavolo sotto il palco, osservandosi intorno estasiato.
Per quanto anch'io non fossi mai stato indifferente al corpo femminile, quella sera non aveva nessuna attrattiva per me. L'unica donna che volevo, non c'era e probabilmente non ci sarebbe più stata.
«Datti una svegliata, teme!» mi riprese il baka  notando il mio sguardo assente «Guardati intorno. Qui ci sono tutte le ragazze che vuoi, devi solo scegliere con quale, o quali, passare la serata e potrai farlo. Smettila di pensare a lei»
Io lo guardai. Aveva ragione. Avrei potuto avere una qualsiasi di quelle ragazze. e non solo, eppure nessuna attirava la mia attenzione, perché nessuna era Sakura.
Nonostante ciò decisi di provare ad assecondarlo. Dovevo togliermela dalla testa in qualche modo e se l'unico modo possibile era il "chiodo scaccia chiodo" non mi sarei tirato indietro.
 Annuì e ciò sembrò renderlo davvero felice, tanto che si abbandonò ad un urlo di festa prima di chiamare una ragazza per ordinare.
Era molto bella. Alta, fisico asciutto, ma prosperosa al punto giusto. Lunghi capelli corvini e due intensi occhi perlacei che ci studiavano con imbarazzo. Indossava un completino lilla completamente in pizzo che lasciava ben poco all’immaginazione e un sorriso timido le ornava le labbra rosse.
«Cosa desiderate?»  
Era davvero sexy quella ragazza.
Naruto la osservò attentamente mangiandosi ogni centimetro del suo corpo con lo sguardo. Qualcosa mi diceva che avrebbe scelto lei per intrattenersi.
«Due birre e te!» le disse il mio amico leccandosi le labbra e facendo avvampare la ragazza che annuì incerta.
Doveva essere uno dei suoi primi giorni e non capivo come quel testone potesse aver scelto proprio lei.
«Per il mio amico invece, abbiamo bisogno di una ragazza dai capelli lunghi e chiari e occhi verdi. Puoi fare qualcosa?»
La corvina parve riflettere sulla richiesta del mio amico, mentre io ero rimasto basito. Aveva chiesto una ragazza che assomigliasse a Sakura.
Come potevo togliermela dalla mente in quel modo?
«Sherry!» affermò con un sorriso la ragazza dopo averci pensato qualche secondo «Lei fa al caso vostro.»
«Perfetta!» rispose Naruto per me, mentre io non riuscivo neanche a parlare.
«Bene. Tra un’ora nella stanza rossa!» disse prima di recarsi al bancone a prendere le nostre ordinazioni.
 
 
***
 
 
«Devi andare dalla tua bella!» mi disse il dobe non appena fu scattata quella che lui aveva chiamato "ora x".
Io non risposi. Lentamente mi alzai, senza osservare il mio amico che chiacchierava con la corvina. Percorsi in silenzio le scale che mi avrebbero portato alle stanze, finché non mi trovai davanti la porta che Hana, così si chiamava la corvina, mi aveva indicato.
Rimasi qualche secondo immobile indeciso su cosa fare, prima di decidermi a bussare.
La porta si aprì sotto il mio tocco e non potei evitare di spalancare gli occhi.
Davanti a me, voltata di spalle, stava una ragazza meravigliosa.
Era lta, con un fisico asciutto e curve non troppo pronunciate avvolte in un completino nero. Le gambe affusolate erano risaltate dai tacchi vertiginosi e le unghie erano smaltate di rosso. Ma non era stato il suo fisico da dea a colpirmi, no. Ero rimasto incantato dai suoi capelli, erano lunghi e rosati. Conoscevo una sola persona con dei capelli simili.
Incerto studiai meglio la sua figura, ma fu nel momento in cui la sua voce mi disse di chiudere la porta che il mio cuore parve fermarsi.
Quella voce…
«Sakura» mormorai incerto facendola irrigidire.
Non potevo crederci, finalmente l’avevo trovata.
«Sasuke» disse glaciale, voltandosi nella mia direzione e permettendomi di osservare il suo sguardo.
Quelle gemme smeraldine che tanto amavo erano ancor più vuote.
«Cosa ci fai qui?» aggiunse, ma non le risposi.
Ero troppo impegnato ad osservarla, perché quella sconosciuta non poteva essere la mia Sakura.
Era pallida, aveva le guance scavate e due profonde occhiaie, abilmente coperte, circondavano quei bellissimi occhi che sembravano diventati opachi. Aveva le ossa del costato in evidenza e i fianchi fin troppo ossuti.
«Che ti è successo?» le chiesi avanzando qualche passo verso di lei, ignorando la sua domanda. Ero felice di averla ritrovata, ma allo stesso tempo arrabbiato. Volevo sapere cosa le fosse accaduto, come mai si fosse ridotta così, perché mi aveva abbandonato di punto in bianco.
Lei pareva assente. Osservava un punto indefinito con sguardo stanco.
«Sto aspettando un cliente!» mi disse.
Voleva mandarmi via.
«Scherry» la bloccai, senza sapere ciò che stavo facendo «Sono io il tuo cliente»
La vidi strabuzzare gli occhi alle mie parole. Credo non se lo aspettasse.
Senza fiatare abbassò il volto prima di rialzarlo.
Non c'era più traccia di quelle emozioni che mi avevano scavato un vuoto dentro.
«Cosa vuoi che faccia?» mi chiese osservandomi con un sorriso malizioso e occhi vuoti.
Non era quella la ragazza che avevo conosciuto, quella che mi aveva rubato il cuore.
«Spiegami!» le ordinai.
Sapevo che in questa stanza si faceva ben altro, ma non mi importava, avevo bisogno di capire
«Ho pagato un’ora con te, quindi voglio capire!»
Lei mi guardò strabiliata. Era insicura come mai l’avevo vista.
«Prendi!» le sussurrai porgendole la mia camicia e rimanendo a petto nudo davanti ai suoi occhi.
Senza fiatare la prese e subito la indossò. Le stava enorme, eppure sembrava sentirvisi a suo agio. Forse le ricordava quell’immensa felpa che era solita indossare quando ci siamo conosciuti.
«Grazie…» sussurrò timidamente.
Aveva perso tutta la sua spavalderia. Non era più la mia amica.Non era più la donna della quale aveva ammesso a me stesso di essere innamorato.
Rimanemmo a lungo in silenzio. Non sapevo cosa dire o poter fare per aiutarla. Speravo solo iniziasse a parlare, a raccontarmi il motivo per cui era finita a lavorare in un posto del genere, perché era sparita senza una parola.
E non mi deluse.
Ebbe bisogno di tempo, ma alla fine mi raccontò ogni cosa.
Dall'incidente che gli aveva strappato il padre e aveva portato il fratello maggiore in coma, alla malattia che pian piano aveva divorato il suo gemello. Mi narrò ogni singola emozione l'aveva attraversata quando era stata costretta a trovarsi un simile lavoro per poter pagare le cure dei due fratelli e allo stesso tempo poter continuare la scuola. Mi descrisse il vuoto che la distrusse quando anche il maggiore dei suoi fratelli si spense per sempre e il faro in mezzo al tunnel che avevo rappresentato per lei. Mi rivelò di essersi innamorata di me, ma di essere terrorizzata da quei sentimenti perché sentiva di non meritare quella felicità, non quando il suo gemello combatteva ogni giorno contro la morte. Peccato che avesse perso la battaglia qualche mese prima. Il suo gemello le era morto tra le braccia e lei non era riuscita a sopportare quell'ennesimo dolore. Mi aveva detto addio per poter essere sempre presente per lui, ma alla fine anche lui l'aveva abbandonata. Era per quello che si era chiusa in quel posto. Sentire le mani di quei maniaci sul suo corpo la aiutava ad allontanare, almeno per un po' il baratro dal suo cuore.
Per quanto sapere che lei contraccambiava i miei sentimenti, ero furioso. Non potevo tollerare che mi avesse tenuto fuori da qualcosa di così importante, non quando io le avevo mostrato ogni singola sfaccettatura della mia anima. A farmi infuriare maggiormente era stata la consapevolezza, però, che centinaia di uomini avevano osato sfiorarla, l’avevano presa e poi abbandonata. Non riuscivo a sopportare che quel corpo così fragile fosse stato anche solo guardato da un verme qualsiasi affamato di lussuria.
Nonostante tutto, però, a scuotermi maggiormente non fu nulla di tutto ciò, ma il tono con cui mi rivelò ogni cosa. Aveva gli occhi lucidi.
Solo a vederla in quello stato persi un battito. Senza far rumore mi avvicinai a lei e l’avvolsi tra le mie braccia.
Sakura rimase un secondo paralizzata, poi si sciolse ricambiando il mio abbraccio e posando il suo volto sul mio petto. Sentivo la consistenza delle sue lacrime bagnarmi la pelle.
«Va tutto bene…» le sussurrai cercando di rassicurarla.
Non l’avevo mai vista così indifesa.
 
 
Da quel giorno mi recavo abitualmente in quel luogo, cercando di prendere il maggior numero possibile di ore con lei. Volevo portarla via, ma non sapevo come fare.
Alle domande degli amici non rispondevo. L’unico a sapere qualcosa in più era proprio Naruto, ma neanche a lui avevo detto tutto. Doveva essere una cosa tra me e Sakura, non volevo che qualcun altro fosse a conoscenza dei nostri momenti. A tutti però pareva andar bene, gli bastava vedermi meno stronzo di prima.
 
Nel frattempo il rapporto tra me e Sakura cresceva. Quella barriera invisibile che sembrava separarci era crollata e finalmente eravamo liberi, se così si può dire, di vivere quello squarcio di vita insieme e me lo facevo bastare. Averla al mio fianco era tutto e anche se non sopportavo che passasse tutte le sue giornate in quella stanza buia con le persiane perennemente chiuse, mi accontentavo perché sapevo che anche lei nutriva per me gli stessi sentimenti che io nutrivo per lei.
 
Quello forse fu il periodo più bello della mia vita.
Ero giovane, con un mucchio di sogni nel cassetto e un cuore pieno d’amore, non potevo desiderare di meglio.
Poi ci fu l’inevitabile, come ogni cosa bella, anche quella parte della mia vita si concluse…
 
 
Eravamo stesi sul letto, tra un groviglio di lenzuola rosso carminio. Sakura aveva il capo posato sul mio petto e io la stringevo tra le braccia accarezzandole la schiena nuda. Amavo stringerla tra le braccia dopo aver fatto l’amore, mi faceva sentire completo, anche se mai gliel'avevo rivelato.
«Sai…» iniziò d’un tratto mentre tracciava cerchi immaginari sul mio addome.
Era incredibile come il solo tocco delle nostre pelli riuscisse a causarmi un’immensità di brividi
«Credo che in tutta la mia vita, tu sia la cosa migliore che mi sia capitata!» affermò senza guardarmi in volto e cercando di nascondere quel lieve rossore che le colorava le gote.
Era davvero adorabile quando si imbarazzava.
La strinsi più forte a quelle parole.
Per quanto l'amassi mi riusciva ancora difficile rivelarle i miei sentimenti, ma a lei sembrava andar bene ugualmente.
Sorrise sulle mie labbra prima di sentire la mia lingua chiedere il permesso per approfondire quel flebile contatto di labbra, che subito esplose trasportandoci nuovamente in un nuovo vortice di passione.
 
 
 
***
 
 
«Mi sono sempre chiesto» iniziai mentre seduti sul letto ci rivestivamo, purtroppo il tempo a nostra disposizione stava per scadere e presto sarei dovuto andare via «Come mai non apri mai le persiane?» chiesi curioso osservando la finestra.
Era da un po’ che avevo notato quel particolare, ma mai avevo osato chiedere.
«Non mi va di osservare il panorama da lì!» mi rispose semplicemente alzando le spalle.
Io la osservai, stava mentendo. La conoscevo talmente bene che ormai capivo quando raccontava una cavolata solo dai gesti che compiva, come in quel momento che fissava un punto imprecisato della stanza e si mordeva il labbro inferiore.
Inarcai un sopracciglio. Ero quasi certo che la sua camera affacciasse sul mare.
Sakura sorrise amaramente prima di avvicinarsi alle persiane e aprirle lasciandomi basito.
Il sole, delle tonalità dell’arancio e del rosso, stava tramontando su un mare dai riflessi rossastri. Uno spettacolo magnifico. Non avevo mai visto un tramonto così bello in tutta la mia vita.
«Bellissimo!» esclamai incantato, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quello spettacolo.
«Lo so!» mi rispose malinconicamente attirando la mia attenzione «Come sai ho sempre amato il mare. Mi piaceva perché da bambina mio padre ci portava al mare e insieme ai miei fratelli passavo delle giornate meravigliose. I primi tempi che lavoravo qui tenevo costantemente aperto per potermi perdere tra quei ricordi. Dopo tutto ciò che è accaduto, però, è diventato sempre più difficile» disse cercando di trattenere le lacrime.
Nonostante con gli altri si atteggiasse da dura, era una persona incredibilmente sensibile.
Istintivamente l’abbracciai. Faceva male vederla così.
«Secondo me tuo padre e i tuoi fratelli vorrebbero vederti felice, vorrebbero vederti sorridere mentre magari cammini sulla spiaggia. Nessun padre vuole vedere la propria bambina con le lacrime agli occhi o privarsi della sua libertà. Sakura tu sei uno spirito libero, non puoi continuare a tapparti le ali restando rinchiusa qui. Devi spiccare il volo e inseguire i tuoi sogni, è questo che vorrebbe la tua famiglia» le dissi posandole un bacio tra i capelli.
Pensavo davvero ogni singola parola e speravo con tutto il cuore ascoltasse i miei consigli.
«Grazie, Sasuke!» sussurrò asciugandosi le lacrime, mentre sciogliendosi dal mio abbraccio andava a prendere un fiore dal  vaso e se lo sistemava tra i capelli con un sorriso luminoso.
Non le risposi. Non c’era bisogno di aggiungere altro. Mi limitai a sorriderle, felice di vederla finalmente così serena, prima di salutarla con un bacio. Purtroppo dovevo andare via.
 
 
Quella fu l’ultima volta che la vidi. Il giorno dopo tornai al night come sempre, ma ad attendermi trovai solo una lettera. Di lei non c’era più traccia. Ricordo che rimasi basito alla notizia che aveva lasciato il lavoro, ma ero felice. Finalmente aveva deciso di cercare il meglio per sé, ma allo stesso tempo sentivo un peso sul cuore.
Ancora oggi se ripenso a quel momento provo le stesse sensazioni, che vengono però travolte da una sorta di malinconia.
Ho amato alla follia Sakura, anche se mai ho avuto il coraggio di rivelarglielo, e so che per lei è stato lo stesso, ma per spiegare le sue ali ha dovuto lasciarmi indietro e nonostante abbia fatto male e mi abbia fatto arrabbiare la sua scelta sono sicuro sia stata quella giusta. Del resto se lei non fosse andata via ora non mi ritroverei a vivere la vita che ho. Non sarei sposato con una donna meravigliosa e non avrei una bambina di tre anni che ogni volta che mi vede sorride felice.
A distanza di quindici anni non so che fine abbia fatto, ma di una cosa sono certo. È volata in alto e ha realizzato il suo sogno e se ora sono qui, a firmare il mio ultimo libro uscito lo devo soprattutto a lei che mi ha dato la forza di inseguire i miei obbiettivi senza mai arrendermi.

 
 
 
 
Una ragazza sui vent’anni cammina spedita per le vie della città.
Non ha una meta precisa, sa solo che per realizzare i suoi sogni non dovrà mai gettare la spugna.
Sa di potercela fare. È forte e grazie a lui ha ritrovato la fiducia in se stessa. Sa di aver sbagliato ad andare via, ad abbandonarlo così, ma mentre osserva quel fiore di fresia tra i suoi folti capelli rosa non può fare a meno di sorridere.
Si, ce l’avrebbe fatta, avrebbe spiegato le ali e dopo tanto tempo avrebbe iniziato a volare.
E mentre sale sul treno che la condurrà verso la sua nuova vita non può fare a meno di sorridere voltandosi indietro.
«Non ti dimenticherò mai, Sasuke!» sussurra serena prendendo quel treno che l’avrebbe condotta un gradino più vicina alla sua nuova vita.
 
 
 
 
 
 



 
Note:
 
Questa storia partecipa al contest "Il mio Babbo Natale segreto" indetto da Claire Roxy sul forum di EFP
 
Questa storia partecipa alla challenge "Un calderone di prompt" organizzato da catching_hearts sul forum di EfP
Prompt: 17/11/2019: Piccoli gesti che dimostrano quanto i personaggi tengono l'uno all'altro/a.
Citazioni varie
 
Questa storia partecipa alla "Infinity prompt challenge" organizzata da HarrietStrimell  sul forum di EFP
Prompt: Citazioni varie
#004. È il genere di persona che ti ubriaca con la sua presenza, come se all'improvviso i contorni del mondo si cancellassero e i colori iniziassero a girare tutti insieme.
Lauren Oliver, Before I Fall
 
- La storia è raccontata in prima persona da un Sasuke adulto che, nel mentre firma il suo ultimo best seller si lascia trasportare dai ricordi e rivive i momenti vissuti con quella ragazza che è stato il suo primo vero amore.
- Le parti in corsivo sono dei flashback di momenti precisi vissuti dai due ragazzi.
- La parte finale è scritta al presente, perché è un extra alla storia. È il momento in cui Sakura decide di voltare pagina lasciandosi tutto alle spalle.
- In questa storia Sakura ha un passato difficile, mentre Sasuke ha avuto un'infanzia felice quindi spero di averli resi bene avendo avuto alle spalle storie diverse dall'originale.
 
Spero che questa storia vi sia piaciuta, ma in particolare spero sia piaciuta alla persona cui è destinata.
 
Grazie a tutti per essere giunti fin qui
Alla prossima
karter
 
 
  
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