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Autore: Aky ivanov    24/12/2019    5 recensioni
I segreti possono avere diversi significati e entità.
Verità nascoste in buona fede o celate per intenti malevoli.
Kaito i suoi li custodiva gelosamente, racchiusi in uno scrigno dall'intricata serratura impossibile da aprire senza possederne la chiave. Però, anche il miglior lucchetto poteva essere inaspettatamente aperto.
Ed era proprio quello che era accaduto.
[...] Delicatamente le dita sfiorarono il volto della bella addormentata, attratte da un campo magnetico invisibile. I raggi argentei della luna illuminarono il loro cammino: dalla fronte diafana, giù per la morbida guancia fino ad accarezzarle le labbra. Soffermandosi su di esse Kaito, finì sempre più vicino al volto delicato tanto da scuoterle i capelli con il sol respiro.
Non sei venuto qui per questo, mormorò la vocina interiore.
Un suono troppo flebile quanto lontano.
Kaito lo ignorò completamente congiungendo le sue labbra con quelle di Aoko in un contatto morbido e innocente.

[Pairing: KaitoxAoko]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akako Koizumi, Aoko Nakamori, Gin, Ginzo Nakamori, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Saguru Hakuba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vivo con il costante dubbio amletico di dividere o lasciare unico il capitolo, finendo sempre per postarlo interamente. Non restate terrorizzati dalla lunghezza ma beatevi del lato positivo!
Non dovrete aspettare un aggiornamento: p (lo so, ho la long fiction ancora in attesa di aggiornamento).
Le altre note si trovano a fondo pagina, buona lettura! ♥
 
 
 
 
 
Il quadrante della torre dell’orologio segnò pochi minuti alle otto.
Il caotico via vai mattutino delle principali strade cittadine sembrava non coinvolgere le viuzze secondarie del quartiere, dove il tutto si smorzava in un piacevole silenzio, e radi gruppi di persone facevano capolino lungo la distesa lattea. In poco meno di sei ore le temperature calate a picco avevano permesso al soffice manto bianco di adagiarsi indisturbato rendendo Tokyo un paesaggio da cartolina.
Saltellando sul posto Kaito soppresse l’ennesimo sbadiglio cercando di non diventare una stalattite nell’attesa dell’arrivo di Aoko. Sarebbe rimasto volentieri a letto l’intera mattinata se la sua amica guastafeste non l’avesse assediato con più di venticinque chiamate dall’alba - orario in cui lui era appena andato a dormire – facendolo svegliare in preda al panico. Aveva ipotizzato le peggiori emergenze possibili per quell’insistenza, uno sforzo inutile.
Aoko alle sei del mattino strillava eccitata nel cordless per l’enorme quantità di neve caduta.
Così, lasciatosi convincere, si era preparato per un’altra infruttuosa giornata scolastica; era troppo stanco sia mentalmente che fisicamente per pensare di seguire attentamente la lezione.
«Accidenti a te Ahoko!» imprecò alzando gli strati della sciarpa azzurra fin sopra al naso nascondendosi quanto più possibile nel cappotto. L’improvviso starnuto aveva fatto scappar via il gatto nel vicolo ricordandogli una lezione importante: smettere di sfidare madre natura durante le fughe notturne. Un bel mal di gola era stato il segno mnemonico lasciatogli dal temporale.
Kaito ripensò nostalgicamente al caldo piumone e alle ore di sonno perdute, il giorno dopo sarebbe stato il 25 dicembre e non poteva tornare a casa fingendosi malato. Non con l’avviso di rapina mandato per la sera successiva e l’ispettore Nakamori impegnato costantemente con i preparativi al museo. Se Kid stava rubando ad Aoko un’altra festività da poter trascorrere con il padre, Kaito doveva fare tutto il possibile per migliorarle l’umore.
«Hiroto grazie, non era necessario!» Kaito si voltò incuriosito verso la coppia di bambini a pochi passi da lui, la piccola avvolta nel suo sgargiante cappottino rosso sorrideva stringendo fra le mani un coniglio di peluche.
«Papà ha detto che oggi è un giorno speciale! Il 24 dicembre va fatto un regalo ad una persona a cui si vuole tanto bene, lui l’ha fatto alla mamma e io a te!» il bambino pronunciò orgogliosamente la sua frase, arrossendo vistosamente quando l’amica gli diede un bacio sulla guancia.
Un sorriso sincero gli sfuggi quando i due lo sorpassarono rincorrendosi. La Vigilia di Natale in Giappone era il momento perfetto per trascorrere la giornata fra innamorati, in completo romanticismo. Da bambini quel significato non era pienamente recepito, ma lui e Aoko erano sempre stati insieme in tale occasione. Lei aveva occupato una posizione speciale nel suo cuore fin dal primo momento, nonostante il più delle volte dava prova del contrario.
Quando si erano iscritti alle scuole medie quella tradizione era venuta meno, sostituita dalle feste organizzate insieme al resto dei compagni di classe, ma quell’anno sarebbe stato diverso. Il progetto festaiolo era sfumato a causa del malumore di Aoko causato dalle continue rapine di Kid.
Strinse avvilito il piccolo pacchetto regalo nascosto accuratamente nella tasca del cappotto, doveva trovare il momento adatto per consegnarglielo.
«Buongiorno Kaito!» immerso com’era nei suoi pensieri la voce squillante di Aoko giunse inaspettata a pochi centimetri dal suo orecchio. Sobbalzò slittando sul bordo strada ghiacciato, arrampicandosi come un gatto lungo il palo per evitare di cadere.
«Ahoko cosa ti salta in mente?!» il ragazzo, appurato di non correre rischi vitali, scivolò scompostamente lungo il palo bagnato finendo seduto nel piccolo cumolo sottostante.
«Bakaito, sarebbe ora tu imparassi a pattinare! Non puoi perdere l’equilibrio persino su una pozzanghera ghiacciata!» per tutta risposta Kaito le fece la linguaccia alzandosi cautamente per scrollarsi di dosso la neve «Ad ogni modo, anche se non lo meriti per la tua scortese accoglienza, questo è per farmi perdonare del ritardo»
La ragazza allungò le mani reggendo un sostanzioso muffin avvolto in carta trasparente, chiuso sulla sommità da un vistoso fiocco azzurro. Kaito lo prese incuriosito chiedendole con cautela «L’hai fatto tu?»
La ragazza annui con un gran sorriso osservandolo trepidante, in attesa dell’assaggio.
«Non è che stai cercando di avvelenarmi?» Kaito riuscì a malapena a terminare la frase prima che lo scapaccione si abbattesse sulla sua testa.
«Dai Aoko non fare l’offesa stavo scherzando …Ehi! Dove stai andando? Aspettami!» inutile fu lo sforzo di raggiungerla, il ghiaccio non era sicuramente il suo migliore amico.
Aoko scoppiò a ridere nel suo dietro front aiutandolo a rialzarsi con le lacrime agli occhi «Sei proprio un imbranato!»
Voltò la testa indignato precedendola lungo la strada seguito a ruota dalla risata poco attenuata alle sue spalle. Poteva sopportare le prese in giro almeno una volta all’anno.
Sorridendo fra sé aprì la confezione addentando il dolce ricolmo di scaglie di cioccolato, Aoko stava diventando sempre più brava ai fornelli.
«Non male per una principiante, potresti fare di meglio»
Con un occhio chiuso ed uno aperto vide l’amica incrociare le braccia con un sorrisetto saccente «E me lo dici con la bocca piena dopo averlo divorato per metà? Va bene, se non ti piace vorrà dire che lo finirò io!».
Kaito infilò l’altra metà del dolce in bocca prima che l’amica riuscisse a raggiungerlo, sotto il suo sguardo esterrefatto.
«Sembri un pesce palla» le dita della ragazza enfatizzarono il concetto premendo sulle sue guance, impedendogli di masticare correttamente.
«Kaito non capisco una parola di quello che stai dicendo, ingoia prima!» sforzandosi di buttar giù tutto in un sol boccone Kaito prese fiato prima di proferire indispettito «Non paragonarmi a quegli essersi immondi!»
Aoko ignorò il commento sistemandosi il cappello scivolatole sulla fronte, la giornata era iniziata in modo fantastico e niente avrebbe potuto rovinarle l’umore. Canticchiò allegramente osservando il paesaggio innevato circostante, le sembrava di vivere un sogno ad occhi aperti.
«Sembri piuttosto felice stamattina, credevo di trovarti di pessimo umore» in realtà a Kaito non dispiaceva tutta quell’allegria, le altre volte in cui l’ispettore restava fuori per lavoro era intrattabile.
«Sì! Papà mi ha dato una bellissima notizia quando è tornato stanotte, sono al settimo cielo!»
«Ha deciso di prendersi una pausa dalla prossima rapina?» l’ispettore aveva bisogno di relax, ogni tanto avrebbe dovuto pensare anche alla sua salute.
Aoko scosse il capo energicamente ponendosi davanti a lui «Molto meglio! Veramente mi ha detto di non dirlo a nessuno, ma con te potrei fare un’eccezione se prometti di mantenere il segreto»
«Promesso!» il mago si portò una mano al petto con fare solenne.
La ragazza lo scrutò criptica prima di avvicinarsi a braccia spalancate sussurrando elettrizzata «Papà ha trovato delle nuove prove per svelare la vera identità di ladro Kid!»
«Eh?» Kaito sbatté gli occhi sorpreso arrestandosi in mezzo alla strada.
«Non sto scherzando! Una testimone sembra aver visto Kid prima di indossare il travestimento per la serata, gli orari coincidono con i tempi della rapina. Pensa che quel farabutto potrebbe avere la nostra età, al massimo venticinque anni».
Kaito avvertì la bocca impastata, dovette deglutire un paio di volte prima di interrompere con finta noncuranza quel fiume di parole «Come farebbe ad avere la nostra età se tuo padre gli dà la caccia da quasi vent’anni?»
«Anche papà la pensava come te, però mi ha parlato di uno strano test che avrebbe risolto tali dubbi» portò un dito alle labbra ripensando alle parole del padre indaffarato in decine di chiamate notturne «Sembra che nei primi casi seguiti da Hakuba-kun, lui sia riuscito ad ottenere un capello di Kid dal luogo della rapina e lo abbia fatto analizzare nel laboratorio di suo nonno. Il risultato avrebbe identificato il ladro come un ragazzo tra i quindici e i diciassette anni, successivamente considerato sbagliato e messo da parte. Papà non ricorda altre informazioni elencate sul referto, quindi ha chiesto ad Hakuba- kun di tornare in Giappone con urgenza»
Kaito non aveva dimenticato lo stupido test, erano state quelle ricerche a mettergli il detective alle calcagna convinto degli strani esiti delle sue deduzioni. Desiderò di non aver mangiato quel muffin, i crampi alla pancia diventavano sempre più dolorosi.
«Quindi Hakuba-kun sta tornando?» se il detective impiccione fosse tornato dopo le feste avrebbe avuto del tempo per trovare una soluzione efficace, in caso contrario avrebbe dovuto seguirlo per capire che fine avesse fatto quel report. Non c’erano dubbi che lo avesse portato in Inghilterra con sé, era una fonte di dati troppo preziosa per le sue convinzioni.
Poteva sempre chiedere a Jii di hackerare il sistema del centro ricerca e cambiare i risultati, ma doveva essere veramente abile e non lasciare alcuna traccia. Quell’informazione era strettamente confidenziale, avrebbe gettato il panico al pensiero di una spia di Kid nella polizia.
«Stasera intorno alle ventitré!» Aoko prese il cellullare mostrando contenta il messaggio del ragazzo inglese «È stato gentilissimo a mettersi così in fretta a disposizione, almeno smetterai di prenderlo in giro dandogli dell’incompetente»
Kaito digrignò i denti mordendosi accidentalmente la lingua, era finito nei guai. Guardò di sottecchi la sua amica raggiante sentendosi male, non sospettava minimante di lui grazie allo stratagemma architettato con il nonnetto la sera precedente. Durante tutta la rapina aveva dato direttive a Jii su cosa dire in chat ad Aoko, mentre giocavano ad un gioco di ruolo online. Per lei Kaito era stato tutta la notte in casa vicino a un computer. Se non fosse riuscito a coprire le sue tracce e la sua identità fosse stata svelata… sarebbe dovuto sparire dalla vita di Aoko per non metterla in pericolo.
Quale sarebbe stata la più grande delusione? Sapere del suo segreto dal padre o da lui?
«Suvvia Kaito non fare quella faccia, anche se è il tuo idolo sapevi che prima o poi questo momento sarebbe giunto» annui distrattamente cercando di mantenersi tranquillo, agitarsi avrebbe soltanto peggiorato le cose impedendogli di ragionare lucidamente.
«Accidenti siamo in estremo ritardo!» Aoko imprecò afferrando per un braccio il suo amico correndo in direzione della scuola, ignara del tumulto interiore appena scatenato.
 
 
Al suono della campanella che annunciava la fine totale delle lezioni Kaito rimase seduto al suo posto, la testa ancora nascosta tra le braccia poste sul banco a barricata. Aveva finto di dormire per gran parte delle lezioni rimuginando invece sull’ostica questione e dopo ore di intricati pensieri era giunto ad una conclusione: non voleva avere rimpianti.
Scostò il braccio quel tanto necessario per vedere Aoko sistemare l’ultimo quaderno nella borsa, intenta a ridere con Keiko ad una qualche battuta. Seguì ogni singolo movimento della bocca imprimendolo nei ricordi, il sorriso di Aoko non era mai uguale a quello precedente, quel piccolo cambio di curvatura lo rendeva unico, sincero.
Lei era il suo esatto opposto, non usava maschere.
«Kaito-kun ben svegliato!» l’esclamazione divertita di Keiko fece voltare anche Aoko che mani sui fianchi si avvicinò prontamente pronta a fargli la solita ramanzina.
«Kaito non si viene a scuola per dormire! Dovresti concentrarti di più, anche io sono stata sveglia con te fino a tardi ma non mi addormento in aula!»
«Svegli insieme fino a tardi, davvero?» Keiko lanciò un’occhiata maliziosa ad Aoko picchiettandole il braccio, e come di consuetudine le sue velate frecciatine vennero colte con qualche secondo di ritardo.
«Keiko cosa hai capito?! Abbiamo giocato insieme ad un gioco di ruolo!»
L’occhiata sconveniente si intensificò imbarazzando Aoko che iniziò ad accaparrare spiegazioni lontane da qualunque doppio senso l’amica potesse interpretare. Kaito intervenne con il suo tono giocherellone quasi per pietà verso quei goffi tentativi, offrendo una rosa blu apparsa in uno scoppio di coriandoli.
«Aoko pronta a ricordare i vecchi tempi trascorrendo insieme una bellissima vigilia di Natale?»
Aoko si bloccò osservando il fiore, tentennando nell’accettarlo prima di stringere il gambo sottile.
«Qualcosa non va?» era sinceramente confuso da quella reazione.
Aoko scosse vigorosamente la testa «No, va tutto bene! Solo che… con Keiko avevamo organizzato già qualcosa per questo pomeriggio, vuoi unirti a noi?»
Tutto l’entusiasmo di Kaito si spense, in quel piccolo e breve attimo i suoi progetti erano sfumati. Era stato battuto sul tempo.
Indeciso sull’accettare o meno la proposta rimase in silenzio e quell’infondata gelosia svanì quando Keiko gli fece l’occhiolino afferrando Aoko.
«Non pensare a me, saprò come passare il tempo. Divertitevi voi due!» prima che potesse essere fermata la ragazza li aveva salutati allegramente raggiungendo un altro gruppo di compagnie sperando di vedere l’indomani quei due finalmente come una coppia.
Kaito ringraziò mentalmente la ragazza mentre Aoko realizzava la prospettiva della giornata: sarebbero stati da soli in quel giorno speciale dopo tanto tempo, non su suo invito.
Quel familiare senso di inadeguatezza fece capolino gettandola nel panico, su quella scia di pensiero finiva sempre per giungere alle conclusioni sbagliate. Doveva semplicemente passare un pomeriggio con il suo migliore amico. Non aveva senso agitarsi.
«Allora Aoko, la prima scelta tocca a te! Cosa vuoi fare?»
 
 
«Andiamo Kaito ci metterò poco! La prossima volta avvertimi prima dei tuoi programmi»
Kaito sbuffò sconfitto camminando al suo fianco lungo la strada commerciale più gettonata durante le feste, infondo c’erano negozi di qualsiasi genere poteva trovare tutto velocemente.
«Non mi dispiace accompagnarti a fare regali dato che ci tieni così tanto, solo non capisco perché tu debba prenderlo anche a lui» calcò sull’ultima parola non nascondendo la sua irritazione.
«Sai benissimo come il Natale sia diverso in Inghilterra, lì è una festa molto più sentita e dubito papà abbia pensato di ringraziarlo per il suo sacrificio di venire qui così di fretta»
Per quanto lo riguardava, Kaito pensò che quel sacrificio potesse pure evitarlo l’inglese.
«Va bene, e perché stai chiedendo consiglio a me? Neanche lo sopporto!»
«Sei un ragazzo anche tu, no? Devi consigliarmi qualcosa»
«Dubito di avere i suoi stessi gusti» borbottò ricordando i loro inseguimenti notturni.
«Allora prenderò in considerazione ciò che non piace a te» ribatté con aria solenne avvicinandosi di più a lui per evitare di perdersi nella calca.
Bloccati nella parte più interna del marciapiede si trovarono a pochi passi dalle vetrine addobbate, in particolare da un negozio di giocattoli che attirò immediatamente l’attenzione di Aoko.
Kaito osservò divertito la sua amica commentare entusiasta ogni singolo peluche, preferendo non dar voce ai suoi pensieri malvagi del momento. Accanto era posizionato un negozio di animali impagliati, dove il falco sul ripiano più alto così simile a Watson aveva attirato la sua attenzione.
L’idea di sostituire Watson con quella copia facendo prendere un colpo al detective era veramente allettante. Avrebbe pagato oro pur di vedere quel momento.
«Scordatelo che regalerò una cosa del genere. Sono inquietanti» Aoko storse il naso seguendo il suo sguardo e dopotutto non poté che essere d’accordo, la colomba in basso sembrava fissarlo.
Prese la mano della ragazza facendola arrossire, lasciandola solo dopo averla trascinata nel negozio di giocattoli «Ti si leggeva in faccia che morivi dalla voglia di entrare»
«Non volevo rovinare ulteriormente i tuoi programmi»
«Sei sempre la solita Ahoko» le scompigliò i capelli aggiungendo ghignante «Questa tua sensibilità ogni tanto mi fa pensare che sei una ragazza»
Come una molla ella scattò cominciando a rincorrerlo con un’aspirapolvere giocattolo «Kaito sei ufficialmente morto!»
Il ragazzo evitò per un soffio l’aggeggio sulla sua testa nascondendosi dietro un grande palloncino gonfiabile con il doodle di Kid.
«Il grande Kaito Kid mi proteggerà!»
«Non esserne così sicuro Bakaito!»
Un colpo di tosse ben cadenzato del proprietario segnò la fine dei giochi.
Dopo due minuti di rimproveri miracolosamente non furono buttati fuori a calci con la promessa di non fare ulteriori danni. Aoko provò l’irrefrenabile desiderio di sotterrarsi per la vergogna.
«Pronto per l’avventura? Tuffati anche tu nell’inseguimento del famigerato ladro fantasma! Aiuta i tuoi compagni a catturare il criminale e recuperare il gioiello prima che sia troppo tardi. Più di venti casi ti aspettano, attento però, una sola mossa sbagliata comprometterà l’esito finale. Gioco da tavolo strategico-deduttivo per bambini dai 6 anni in su. Che dici questo può andare?» Kaito si voltò verso la ragazza sollevando la scatola con l’espressione più seria a cui era riuscito a dar vita.
«Kaito, no…posalo»
«Aoko mi meraviglio di te, Hakuba-kun ha più di sei anni!» la ragazza gli strappò la scatola dalle mani rimettendola a posto, non senza tirargliela scherzosamente in testa.
Kaito si ripromise di comprarla se tutto fosse andato per il meglio, aveva un piccolo detective da prendere in giro.
«Sei peggio di un bambino, secondo me volevi entrarci tu fin dal primo momento»
«Forse, ma non per quello che pensi tu»
Aoko si ritrovò il ragazzo a poca distanza intento a sistemarle qualcosa fra i capelli, prima di essere spinta davanti uno specchio del reparto in cui erano capitati. Un cerchietto da renna luminoso dava sfoggio di sé sulla sua testa, identico a quello indossato a propria volta da Kaito.
«Avevo trovato anche la codina da allacciare in vita, ma sfortunatamente non credo accetterai di indossarla»
Aoko ignorò volutamente il tono mesto delle parole e lo sguardo rivolto verso il suo fondoschiena preferendo perdersi ad osservare il loro riflesso «Grazie Kaito».
Per quanto sciocco, la realizzazione di quel piccolo desiderio lontano la rendeva felice, lui non l’aveva dimenticato. Al Natale di otto anni prima sarebbero dovuti andare in giro con quei copricapi, era la sua richiesta per la scommessa persa da Kaito.
Mai attuata per quello spiacevole incidente sul palco.
«Sembrava brutto non accontentarti per l’unica sfida vita da te»
«Egocentrico» sussurrò divertita trascinandolo non senza proteste verso la sezione dei giochi femminili al piano superiore, precisamente in fondo alla sala dove erano posizionati una serie di Purikura (1). Ovviamente, quella dal tema natalizio occupata e con una gran coda davanti.
«Accidenti, perderemo troppo tempo ad aspettare» le sarebbe piaciuto scattare qualche foto con lui, voleva ricordare quella giornata prima di perdere il coraggio di quell’iniziativa.
«Vieni con me»
Kaito l’attirò a sé lanciando occhiate circospette in giro, guidandola in un apparente giro senza senso tra gli scaffali.
«Kaito cosa hai intenzione di fare?» come ascoltando la sua preghiera preoccupata, venne trascinata all’interno di una delle cabine.
Kaito riposizionò repentinamente al suo posto il nastro adesivo che ne bloccava l’accesso, chiudendo la tenda e armeggiando con i pulsanti accanto al monitor.
«Bakaito, qui è vietato l’accesso per manutenzione!» prima che potesse continuare ad inveire il ragazzo le posò delicatamente una mano sulla bocca intimandole di far silenzio.
«Stanno sistemando solo la struttura, il monitor si è acceso, non ci ha visto entrare nessuno. Volevi fare delle foto oppure no?» stranamente, fu facilmente convinta.
Kaito la vide sciogliersi dopo il quarto scatto, tra smorfie, battibecchi silenziosi e lotta al controllo del pulsante furono più i momenti caotici quelli immortalati.
Nella foga dell’azione aveva estratto anche delle carte da gioco per dimostrare le sue qualità eccelse alla macchina, Aoko aveva provato a fermarlo trattenendo le risate e premendo inavvertitamente il pulsante dello scatto.
La foto scattata in quell’attimo era risultata la sua preferita: lei, un ginocchio sulla seduta e uno sulle sue gambe era impegnata a stritolargli le guance mentre lui rideva a sua volta lasciando svolazzare le carte.
Giunti al momento della stampa però il dito di Kaito era rimasto sospeso a poca distanza dallo schermo, le opzioni di modifica gli suggerivano l’aggiunta di emoticon, cuoricini, cornici e frasi d’amore. Non aveva prestato particolare attenzione al tema del Purikura.
Aoko sorpresa quanto lui si era ammutolita emettendo solo una risata imbarazzata, concentrata a lisciare le pieghe della gonna.
Kaito guardò indeciso i due tasti, non provando quella pressione neanche davanti ad una serratura da scassinare e guardò anche un’altra delle foto, quella a lui particolarmente cara. La più normale fra tutte. Lui aveva un braccio avvolto intorno alle spalle di Aoko ed entrambi sorridevano verso l’obiettivo.
Aggiunse così velocemente quell’unico cuore in basso mandando tutto in stampa, tanto da non rendersi conto di averlo realmente fatto.
Loro non ebbero tempo di imbarazzarsi per quella scelta perché la tenda venne scostata e il proprietario li guardò dall’alto in basso, accompagnato da una serie di curiosi ridacchianti alle sue spalle.
Kaito si grattò la nuca a disagio sistemando distrattamente la divisa scolastica sgualcita mentre Aoko cercava di dare un contegno ai suoi capelli disordinati.
Sicuramente stavano suggerendo un’idea sbagliata dei fatti.
 
 
«Papà si è trattato di un malinteso»
Aoko sospirò sconfortata per l’ennesima volta al telefono, evitando di essere investita sull’attraversamento pedonale. Aveva convinto il negoziante a non segnalarli alle autorità per “atti osceni in luogo pubblico” spiegandogli di essere la figlia di un ispettore di polizia e che non avrebbe mai fatto una cosa simile.
Per convincerlo aveva dovuto chiamare suo padre, bruttissima scelta.
Calciò un cumulo di neve lanciando un’occhiataccia a Kaito intento a ridacchiare a poca distanza, lei non ci trovava nulla di divertente. In effetti, si chiedeva cosa avesse sussurrato al proprietario per calmarlo così velocemente. Quell’uomo burbero aveva cambiato totalmente atteggiamento alla fine, quasi a scusarsi per un suo errore di valutazione.
«Passami un attimo Kaito-kun» senza rispondere allungò il cellulare al ragazzo che sbiancò improvvisamente iniziando a gesticolare una serie di scuse su un’improvvisa sparizione che avrebbe dovuto rifilare al padre, povero illuso.
«Nakamori-keibu giuro di non aver fatto nulla a sua figlia! Abbiamo semplicemente scattato delle fotografie, non ho le allungato mani né provato ad alzarle la gonna!» Kaito quasi incespicò sull’ultima frase all’occhiata scettica della ragazza, parlando a raffica ed impedendo all’ispettore di dire alcunché.
Era pronto all’improvviso urlo spaccatimpani ma ciò che ricevette fu uno sbuffo divertito.
«Kaito-kun non stavo mettendo in dubbio questo, e sarà meglio per te che sia vero» quella pausa ad effetto non gli piacque per nulla «Altrimenti puoi dire addio alla tua carriera da mago. Ti servono le mani per portarla avanti giusto?»
Un brivido freddo corse lungo la spina dorsale, l’ispettore parlava fin troppo seriamente. Si affrettò a rassicurarlo nascondendo la mano libera nel giubbino quasi potesse essere amputata da un momento all’altro.
«Ti ringrazio per non aver lasciato Aoko a casa da sola ma non voglio trovarvi in una cella a fine giornata. Quindi, non combinare guai e non minacciare con i tuoi scherzi nessun altro, quel tipo era terrorizzato»
Kaito sorrise tra sé, non aveva minacciato il negoziante con uno scherzo, aveva soltanto alluso casualmente al ruolo dell’ispettore nella caccia a Kid ricordando una caricatura del suddetto ispettore in un gioco presente nel negozio.
«Agli ordini! Non si preoccupi, la porterò a casa sana e salva a fine giornata»
«Lo so, mi fido di te Kaito-kun»
Kaito si sentì morire internamente, tra tutte le frasi possibili quell’ammissione era la più dolorosa. Meno di ventiquattrore ed un suo fallimento, e l’ispettore avrebbe pensato esattamente il contrario. Aoko lo avrebbe detestato.
Avrebbe perso l’amore di due persone a lui care.
Restituì il telefono artigliando il piccolo pacchetto nel cappotto, faceva male mentire loro.
«Aspettami un attimo qui» annui distrattamente sedendosi su un muretto. Se le cose fossero precipitate avrebbe dovuto dire la verità di persona a Nakamori? Non aveva mai pensato seriamente alle conseguenze delle sue bugie, perlomeno non trovandosi così vicino alla disfatta.
Aprì la borsa lasciatagli da Aoko per ammirare le fotografie scattate poco prima, erano in duplice copia e nella fretta lui non aveva preso le sue. Con le dita tracciò i contorni del volto di Aoko sulla cima del plico, in prigione era consentito averne in cella? Sperava di sì.
Starnutì infreddolito nascondendo il suo piccolo tesoro nello zaino, alzando gli occhi verso il cielo da cui nuovi piccoli fiocchi avevano iniziato la discesa.
Il problema principale era trovare il coraggio per una confessione.
L’odore dolciastro del cioccolato giunse prima del calore sulla guancia. Aoko era tornata con due bicchieri dal tappo fumante, uno dei quali allungato verso il suo volto.
Guardò in basso verso la ragazza issatasi sulle punte per raggiungerlo.
«Cioccolata al latte, granella di nocciola e marshmallow! La tua preferita»
Kaito non aveva bisogno di bere quella bevanda per combattere il freddo, il sorriso dolcissimo era bastato a propagare un piacevole calore in grado di scacciare ogni brutto pensiero.
«Grazie» bisbigliò lasciandosi sfuggire un sorrisetto sincero.
Aoko poggiata la cioccolata sul muro dopo aver scostato la neve cercò invano di issarsi su a sua volta. Al quinto tentativo Kaito balzò giù afferrandola in vita sollevandola sulla sporgenza tanto agognata, risedendosi accanto a lei con estrema facilità.
Aoko lo guardò confusa, il cuore palpitante per quella vicinanza inaspettata «Kaito… ti stai comportando in modo strano oggi»
Il ragazzo inclinò la testa porgendole uno dei cucchiaini del sacchetto «Non so di cosa stai parlando, io sono sempre me stesso!»
«Non fraintendermi, sei solo più…premuroso del solito»
Kaito immerse il cucchiaino nel bicchiere giocherellando con i marshmallow in superfice, poteva cogliere il momento e dirle tutto.
Purtroppo, cuore e ragione non lavorarono di pari passo.
«Posso dirti che essendo la vigilia potevi indossare delle mutandine rosse, ma hai ragione, bianche sono sempre le più belle»
La ragazza avvampò iniziando a schiaffeggiarlo sulla spalla.
«Stupido pervertito, mi hai aiutato solo per sbirciare sotto la gonna»
Kaito incassò tutti i colpi ridendo a crepapelle aumentando l’indignazione di Aoko a tal punto da farla voltare dall’altra parte.
«Stavo scherzando Aoko, ho provato a indovinare e tu me lo hai confermato» si avvicinò di più a lei allungando il cucchiaio quasi abbracciandola per porgerglielo davanti «Ti faccio assaggiare la mia cioccolata se mi perdoni, lo so che sei tentata».
Aoko voleva sottolineare proprio quel gesto come “inusuale” ma la golosità ebbe la meglio, si lasciò cullare dalla dolcezza esagerata di quella bevanda e dal respiro di Kaito sul collo.
Voltandosi per tornare a osservarlo quando le dita spolverarono le sue ciocche brune sfuggite dalla sciarpa, trovandosi a poca distanza dal volto del ragazzo.
Un piccolo movimento e le loro labbra si sarebbero toccate.
Facendosi forza concentrò il proprio sguardo in quegli occhi azzurri che l’avevano incantata anni prima, lucenti al di sotto dei lampioni appena accessi sulla strada.
Sempre più vicini, i loro nasi si sfiorarono, e la magia si infranse.
Kaito tossicchiò ritornando alla sua cioccolata, mangiandola in completo silenzio. Aoko fece altrettanto, la mano scossa da tremiti incontrollati. Non aveva freddo, avvertiva quella piacevole quanto strana scarica scorrerle nel corpo e se avesse prestato più attenzione si sarebbe accorta di non essere la sola.
Kaito frattanto malediceva sé stesso, avrebbe dovuto confessarle la sua identità segreta non tentare di baciarla.
A cioccolata ultimata, dopo aver gettato i bicchieri la neve cadeva ormai copiosa ponendo i ragazzi davanti ad una scomoda verità: loro non avevano un ombrello.
Aoko rabbrividì stringendosi nel suo cappotto, odiando la divisa scolastica e la stupida gonna da indossare con quel freddo. Stare seduta tutto quel tempo sulla pietra ghiacciata aveva soltanto accentuato il suo nervosismo.
«Aoko stai congelando, vogliamo tornare a casa?» la ragazza sussultò alla domanda, non volendo terminare lì quel pomeriggio. Un’occasione simile chissà quando le sarebbe ricapitata.
«No tranquillo, sto bene» uno stranuto le bloccò la frase facendola sembrare una sciocca «È solo un po’ di raffreddore, non sarà questo a fermarmi! Devo ancora trovare un regalo per Hakuba-kun»
La battutina di Kaito sull’ossessione di quel regalo non arrivò, in compenso la ragazza si ritrovò a contatto con il suo petto e il giubbino del ragazzo aperto come coperta su entrambi.
«Kaito sei impazzito?! Rischi di ammalarti» Aoko balbettò cercando di scostarsi invano, l’amico la teneva ancorata accanto a lui, un braccio saldamente poggiato attorno alle spalle.
«Ehi, sono un uomo forte! Vorrà dire che ci riscalderemo correndo»
Aoko non ebbe il tempo di fare domande, Kaito iniziò a correre e lei suo malgrado si dovette adattare alla corsa, almeno finché la loro scarsa coordinazione non venne a galla.
L’urto con la strada le fu risparmiato dal braccio di Kaito stretto attorno alla vita che le impedì di cadere, sottolineando ancora una volta quel contatto ravvicinato da batticuore. Il babbo natale automatico azionato dal sensore di movimento ondeggiò una campanella intonando un motivetto. Avrebbe dovuto riprendere l’equilibrio e distanziarsi, se solo fosse riuscita a controllare il suo corpo. Le dita si serrarono attorno alla giacca scura della divisa disseminata da fiocchetti bianchi, e lei si accoccolò ad occhi chiusi contro la stoffa bagnata.
Kaito poggiò il peso contro un edificio cercando di placare i tumultuosi battiti, era bravo a mentire esteriormente non così, lei se ne sarebbe accorta. Cercò di coprirla al meglio attirandola a sé, la testa immersa nell’incavo del collo inebriato da quel profumo che a lui piaceva tanto.
Il chiacchiericcio delle persone, lo sferzare delle ruote sull’asfalto, le campanelle dei negozi, tutto sembrava così lontano e insignificante.
«Aoko…» la testa della ragazza sfregò contro di lui in segno di attenzione «Come la prenderesti se ti dicessi di aver fatto qualcosa che tu non sopporti?».
Alla domanda aumentò la presa attorno al corpicino esile, gli occhi semischiusi concentrati in un punto indefinito del pellicciotto sintetico, aveva paura di dirle tutto.
«Dipende dal motivo…di cosa stai parlando?» Kaito trattenne involontariamente il respiro aprendo e chiudendo la bocca più volte, voleva dirglielo, voleva essere totalmente sincero. Quelle parole erano lì sulla punta della lingua pronte ad uscire, ma le sue corde vocali non collaborarono.
Era dannatamente difficile dire la verità sapendo di perderla, non gliel’avrebbe perdonata.
«Io…io ti ho mentito» la sua voce vacillò mentre la mente preda di miriadi di pensieri vorticò alla ricerca di quelle parole più adatte che sembravano non esistere. Aveva sperato di trovare il coraggio non guardandola in faccia ma l’esito non era cambiato.
La suoneria del cellulare di Aoko interruppe ogni tentativo, il gelo provato distaccandosi da lei non era paragonabile a quello che investiva Tokyo.
L’ispettore Nakamori l’aveva chiamata per avvisarla che non sarebbe tornato a casa in tempo per la cena, non servivano parole, bastava l’espressione dispiaciuta di Aoko per capirlo. Come avrebbe potuto dirle che la causa della sua tristezza era lui?
Terminata la chiamata Aoko lo guardò in attesa di una risposta, e lui dimostrò appieno tutta la sua codardia «Prima ho guardato davvero sotto la tua gonna»
Aoko soppesò attentamente le parole guardandolo alla ricerca d’altro, nessun accenno di sfuriata «Non avevo dubbi su quello, ma sai benissimo come reagisco in quel caso», ritornò a pochi passi da lui «Sicuro sia questo il motivo?»
Kaito abbassò e rialzò il capo tirando le labbra in un sorriso «Sicuro».
La vide annuire ma non del tutto convinta, non era stupida e lui le aveva appena dato un motivo per riflettere sulle sue azioni. Si distanziò dalla parete pensando alla loro prossima meta quando la voce insolitamente seria di Aoko lo bloccò sul posto «A cosa abbiamo giocato ieri sera?»
«A Silkroad, perché me lo chiedi?»
Aoko distolse lo sguardo ridacchiando a disagio, la sciarpa tirata fin sul naso per nascondere il viso «Niente, lascia stare era una domanda stupida»
Kaito la osservò attentamente con un peso sul cuore, non era una domanda stupida. Voleva assicurarsi che lui fosse stato in casa a giocare, sospettava qualcosa? Non ne era sicuro.
«Ho in mente un posto che ti piacerà sicuramente!» con il suo solito entusiasmo si scrollò di dosso la neve coprendo di nuovo entrambi con il giubbino «Ai posti di partenza! Tre, due, uno…Via!»
I due iniziarono a correre nuovamente scansando e ricevendo commenti acidi dai passanti, Aoko abbandonò ogni sua supposizione ridendo insieme all’amico. I volti accaldati e colorati da quel tenue rossore volutamente ignorato da entrambi vennero rinfrescati dai tocchi gelidi volteggianti nell’aria. Una corsa controvento che aveva il sapore di libertà.
 
 
Kaito ed Aoko si lasciarono andare esausti su una panchina al di sotto della Tokyo Tower, le gambe indolenzite per lo sforzo. Avevano corso per quasi un quarto d’ora.
La torre riccamente illuminata svettava nel cielo imbrunito, in uno sfavillante gioco di luci natalizie disposte anche sugli alberi presenti tutt’intorno all’ampio spazio adibito per i mercatini. Kaito, la testa reclinata all’indietro, si voltò verso la compagna nel medesimo stato disfatto. Il cappello di lana le era scivolato di lato lasciando le ciocche brune libere di librarsi nel vento.
«Questo posto è bellissimo» la voce della ragazza era carica di ammirazione.
Kaito annui osservando le varie strutture lignee, le persone erano molte meno e la discesa più pacata dei fiocchi permetteva di passeggiare in tutta tranquillità. Con uno slancio si mise in piedi indossando nuovamente il giubbino e porgendole una mano per aiutarla «Forza! Restando seduti congeleremo di nuovo».
Aoko afferrò la mano senza lasciarla una volta alzatasi, anzi, la strinse più forte trascinandolo verso il primo stand dall’aria antiquaria.
Kaito fissò intensamente le loro dita intrecciate in quel breve lasso di tempo, la spessa stoffa dei guanti non impediva di sentire il calore emanato dalla pelle di Aoko. Lasciò riluttante quell’appiglio quando la ragazza si concentrò su una serie di tavolette pirografiche.
L’odore del legno e della carta lo fecero sentire in biblioteca, il percorso infatti continuava anche al di sotto della casetta lignea dove l’odore era più penetrate e al contempo rilassante. Lungo il tavolo erano posizionati libri, quaderni, agende, block-notes con copertina lignea incisa o in pelle lavorata.
«Ohi Aoko, cerchi di sembrare più sofisticata comprando una cosa del genere?» la ragazza gli scoccò un’occhiataccia colpendolo sulla testa con la spessa tavola che aveva in mano.
«Bakaito! Sto cercando il regalo per Hakuba-kun nel caso lo avessi dimenticato»
Kaito sbuffò massaggiandosi il capo, doveva imparare a dosare la forza a seconda degli oggetti, quella roba faceva male. Sconfitto dalla caparbietà della ragazza nel comprare per forza qualcosa al suo peggior nemico le picchiettò il braccio indicando il piccolo blocco per appunti in un angolo «Compragli quello».
La ragazza prese il piccolo taccuino in pelle marrone rigirandolo un paio di volte, non si fidava di quel consiglio «Sicuro possa piacergli? Non è che vuoi fargli qualche scherzo indiretto?!»
«Non ho alcun secondo fine malfidata!» imbronciato incrociò le braccia puntando l’attenzione sulla copertina del blocchetto inciso sul fronte, dove i solchi rivestiti di filamenti dorati davano vita alla figura di un falco dalle ali spiegate «Ad Hakuba piacciono i falchi, lo faresti contento»
Aoko sembrò abbandonare la sua diffidenza guardandolo incuriosita.
«Davvero? Come fai a saperlo?»
Kaito le diede le spalle voltandosi verso l’uscita «Una volta ci siamo incontrati e lo aveva con sé», il particolare della location, una villa raccapricciante, poteva anche ometterlo.
Dopo aver pagato visitarono altri bazar con souvenir tipici del momento: palline colorate, palle di vetro con la neve, portachiavi di babbo natale; con una piccola sosta dinanzi ad uno stand inglese in cui erano appesi dei maglioni rossi con renne dal naso lampeggiante.
Invano Kaito cercò di far cambiare idea alla ragazza sul regalo precedentemente acquistato.
«Kaito smettila di fare il bambino, quel maglione non era adatto, sarebbe sembrato ridicolo» Aoko cercò di mantenere un tono solido senza risultati, la faccia offesa di Kaito suscitava fin troppa tenerezza.
Alzò una mano bloccandolo per lasciargli la busta.
«Qualunque sia lo scherzo che avevi in mente dimenticalo, e non ti azzardare a scambiare il regalo mentre mi aspetti qui»
Kaito la guardò confuso chiedendo innocentemente «Non posso venire con te?»
Aoko per poco non si strozzò con la sua stessa saliva indicando la struttura pubblica alle sue spalle «Kaito devo usare il bagno, non puoi entrare con me»
«Oh» il ragazzo sembrò notare solo in quel momento i bagni pubblici della zona, con una lunga coda all’ingresso. Annuì allontanandosi di qualche metro e iniziando a camminare verso la zona dedicata all’intrattenimento, l’attesa sarebbe stata lunga e non voleva stare da solo con i suoi pensieri.
«NO! Genta-kun dovevi mirare all’altro!»
Kaito si bloccò in mezzo all’ingorgo di persone voltandosi lentamente verso il gruppo di bambini sulla destra. Il gruppetto dei piccoli detective di sua conoscenza era riunito davanti lo stand di un tiro al bersaglio, dove il più grassottello dei quattro aveva appena fallito il suo turno.
«Mi dispiace Ayumi-chan, pensavo di riuscire a vincere il peluche che ti piaceva»
«Non fa nulla, sarà per la prossima volta» la ragazzina saltò dalla piccola pedana rivolgendosi all’altro ragazzino concentrato su un gioco di logica a poca distanza «Peccato Conan-kun sia a letto malato, sono certa sarebbe riuscito a fare centro».
Kaito provò una certa pena per Genta, Ayumi non l’aveva detto con cattiveria ma il ragazzino sembrava essersi abbattuto più del dovuto per quel commento.
Dondolò sulle gambe alzando la sciarpa un po’ di più sul viso, infondo il nano malefico era assente.
«Kojima-kun non dovresti abbatterti in questo modo»
Genta sospirò al commento di Ai prendendo in mano il pacchetto di patatine lasciato a metà per giocare, lui voleva solo battere il suo amico in qualcosa per una volta.
«La tua amica ha ragione, non devi essere così triste per una sconfitta»
La voce sconosciuta arrivò alle sue spalle facendolo sussultare, in uno scatto si girò trovandosi davanti un adolescente con due vispi occhi azzurri, l’unico particolare visibile del volto.
L’amarezza per la sconfitta lo portarono a fare la sua domanda con più avvilimento di quanto volesse realmente mostrare davanti ad un estraneo «E tu che ne sai?»
Kaito sorrise anche se l’altro non poté vederlo, seppur quelle pesti gli avevano quasi fatto spezzare l’osso del collo nell’isola piena di trappole, proprio non riusciva a odiarli. Erano pur sempre bambini, restavano il pubblico prediletto per i suoi spettacoli.
«So che vuoi fare un regalo alla tua amica, no?» ridacchiando gli fece l’occhiolino, un leggero accenno verso la bambina ancora accanto a Mitsuhiko.
Genta spalancò la bocca sorpreso mentre Ai socchiuse gli occhi guardandolo con freddezza.
Kaito appurò che alla ragazzina non dovevano piacere molto gli estranei e come darle torto? Aveva vissuto in prima persona fin dove potessero spingersi quei pazzi che le davano la caccia, erano stati disposti a farla saltare in aria su un treno in corsa.
Dopotutto ne era certo, lei era la ragazza di cui il piccolo detective gli aveva chiesto di prendere il posto nel vagone, solo regredita inspiegabilmente allo stato infantile come Shinichi. Sospirò internamente, aveva già la sua dose di problemi ma al suo spirito altruistico questo non importava, avrebbe sicuramente cercato un modo per aiutarli ma quello non era il posto né il momento per crucciarsi.
«Io ho provato a vincere, ma questo gioco è troppo difficile» borbottò il ragazzino calciando una pietrina lì per terra.
Kaito si alzò lasciando la sua quota sul bancone, non avrebbe fatto fatica il principio era lo stesso della spara carte. Impugnò saldamente il piccolo fucile giocattolo, la canna alzata verso il primo bersaglio, un occhio chiuso per prendere la mira pronunciando in un sussurro vago «Forse non ci hai creduto abbastanza»
«Oppure tu sei solo un pallone gonfiato venuto a darsi arie» l’acidità della ragazzina venne fuori nonostante la sua aria annoiata, presto sostituita da una sorpresa quando i bersagli caddero uno dopo l’altro.
Genta applaudì contento saltellando sul posto mentre anche gli altri due piccoli detective accorsero vicino gridando all’unisono «Wow! Sei stato bravissimo!»
Il proprietario dello stand gli fece un piccolo applauso chiedendo cosa volesse come premio. Kaito non aveva particolare interesse per i peluche ma conosceva esattamente chi stravedeva per loro.
Successivamente, con un panda di quasi quaranta centimetri in braccio si chinò nuovamente verso Genta invitandolo a fare un altro tentativo, questa volta posizionandogli lui stesso le braccia e dandogli istruzioni incoraggianti su dove colpire «Mi raccomando, devi esserne convinto!»
Genta strinse la presa sul fucile concentrandosi con tutto sé stesso, doveva colpirne almeno cinque su dieci per il suo obiettivo. Con sua sorpresa al conteggio finale i bersagli abbattuti furono esattamente cinque e il sorriso contento di Ayumi nel ricevere il peluche lo rese felice.
«Questo si chiama barare»
Kaito si voltò verso la ragazzina a braccia incrociate accanto a lui, un tono velatamente innocente «Non so di cosa tu stia parlando»
«Smettila di fare il finto tonto. Concentrati sui bersagli nessuno si è accorto del filo sottile che hai legato attorno al fucile di Genta, eri posizionato dietro di lui mentre colpiva perché muovendo le dita gli indirizzavi la mira in modo corretto. Cosa ci guadagni?»
«Hai buon occhio signorina» alzò una mano in segno di resa per poi scompigliarle i capelli facendola infuriare «Ma vuoi davvero rovinare la sua gioia?».
Ai notò il trio saltellare contento, Genta alla fine aveva riacquistato il suo buon umore e non poté fare a meno di rallegrarsi a sua volta. Inconsciamente sorrise continuandoli ad osservare, dimenticandosi il suo iniziale attacco. Loro riuscivano a gioire con così poco.
«Piccola lady di ghiaccio, dovresti sorridere di più anche tu».
Si voltò sorpresa al commento guardando il ragazzo rimettersi in piedi senza il minimo sforzo con quell’ingombrante animale tra le braccia, l’acidità era ritornata «Ora ti credi anche un indovino?»
«Nah, io sono un mago»
Uno schiocco di dita e una rosa bianca apparve dal nulla protesa verso di lei.
Ai raccolse titubante il fiore con un sorrisino ironico colpita dalla scelta cromatica «Un mago un po’ patetico, hai sbagliato colore. Nera sarebbe stata più adatta»
«Sai dove si trovano le perle? Nelle ostriche. Oltrepassata la corazza che le custodisce è possibile ammirare il tesoro nascosto e la stessa cosa vale per te. Sono sicuro che dietro il tuo muro di cinismo tu abbia un cuore candido come una perla» con la coda dell’occhio Kaito vide Aoko uscire dal bagno e dopo aver abbassato la sciarpa si chinò a baciare la mano alla ragazzina «Mi scuso per la mia uscita frettolosa signorina ma una dolce fanciulla mi sta aspettando»
Ai rimase spaesata da quello strano gesto, nessuno lo aveva mai fatto con lei.
Quel tipo era decisamente strano sotto diversi punti di vista, a cominciare dal volto eccessivamente coperto che era riuscita a vedere fugacemente soltanto in quell’istante del bacio, c’era qualcosa di familiare. Lo salutò flebilmente ancora intontita, irrigidendosi ancor di più alla frase successiva pronunciata mentre la oltrepassava.
«Goditi questi momenti finché durano, potresti non avere una seconda occasione Ai-chan».
«Come fai a sapere il mio nome? Da quando sei arrivato nessuno lo ha pronunciato» lo aveva chiesto con troppa foga, finendo in guardia ancor prima di rendersene conto anche se la paura le aveva impedito di voltarsi.
«Mantenere segreti non è facile per nessuno, e mi scuso, non era mia intenzione spaventarti. Sappi quindi che il mio rapporto con l’alcool è stato fin troppo esplosivo»
Ai sbarrò gli occhi alle parole volutamente calcate, voltandosi repentinamente alle sue spalle dove non c’era più nessuno, il ragazzo si era dileguato tra la folla. La sua mente mise insieme tutti i tasselli del puzzle collegando tutte le parole platoniche, i trucchi magici e il riferimento all’organizzazione con leggero ritardo ad un ladro internazionale.
Sbuffò roteando la rosa con un sorrisino, chi l’avrebbe mai detto che avrebbe fatto un incontro così insolito la Vigilia di Natale? Applicò il fiore sulla tasca del cappotto avvicinandosi al trio troppo impegnato a festeggiare per accorgersi della scomparsa del loro nuovo idolo, il mormorio sarcastico perso nel vento.
«Batava semplicemente dire che il bianco è il tuo colore preferito»
 
 
«Questo è per te!»
Aoko batté gli occhi sorpresa davanti al grande peluche, Kaito allegramente glielo aveva piazzato fra le braccia in uno sbuffo di coriandoli dicendo di averlo vinto ad un gioco nell’attesa. Arrossì leggermente affondando il volto in quella massa morbida, preferendo non ascoltare la vocina nella sua testa sottolineare nuovamente quel comportamento insolito.
«Kaito è bellissimo! Guarda come è carino il suo musino!»
Kaito sorrise mesto vedendola sollevare il peluche verso di lui indicandone il faccione tondo, come al solito aveva perso la testa. Non curandosi di non aver ricevuto risposta lei roteò su stessa sollevando il pupazzo a mezz’aria.
«Ti somiglia!».
Le guance di Kaito assunsero un colorito rosato, la sua mente aveva associato quel paragone al complimento precedente. Indirettamente gli aveva detto che era carino? Se fosse stato così avrebbe dovuto farlo inconsciamente, perché aveva ripreso a camminare parlando al suo nuovo amico di pezza. Scosse la testa dandosi dello stupido, chiedendosi dove fosse finita tutta la baldanza ammaliatrice utilizzata con Ai, stava arrossendo per un suo film mentale dopotutto.
Passeggiarono in tutta la zona dei mercatini e Aoko insistette per fare una foto con lui e il peluche sotto uno degli alberi addobbati, aveva intenzione di mandarla al padre che con suo stupore sembrava adorare i panda quanto la figlia. Per una frazione di secondo ebbe l’idea malsana di travestire l’ispettore e la sua squadra con dei costumi bianchi e neri al prossimo furto.
«Quel panda è diventato il tuo nuovo migliore amico?» chiese squadrando circospetto il finto animale stretto al petto della ragazza.
Lei cantilenò melliflua tirandogli scherzosamente una guancia «Sei geloso di un peluche ora?».
No, lui voleva essere al posto del peluche.
«Non dire assurdità!»
Aoko ridacchiò tra sé fermandosi ad osservare con Kaito l’imponente albero di Natale al centro dello spazio circolare. I rami ricoperti di neve aumentavano la magia fiabesca delle lucine dorate disposte tutt’intorno fino alla sommità dove una stella sfavillante faceva bella mostra di sé.
«Kaito, posso chiederti una cosa?»
Kaito, l’attenzione ancora rivolta alle palline colorate sbirciò di sfuggita Aoko intenta a giocherellare con l’orecchio del peluche, non era brava a nascondere il su nervosismo. Celando a sua volta la titubanza le rispose.
«Sì»
Passò qualche attimo di silenzio prima che Aoko si decidesse a riprendere la parola.
«È davvero così brutto quello che hai fatto e non hai intenzione di dirmi?»
Kaito evitò accuratamente di voltarsi, o lui era diventato improvvisamente paranoico oppure Aoko aveva prestato molta attenzione alla sua incertezza nella conversazione precedente. Le luci intermittenti gli bruciarono gli occhi al pari dei succhi gastrici nello stomaco «Io... ti ho risposto prima»
«Tu pensi io sia una sciocca? Non sarò la persona più sveglia di questo mondo ma ti conosco da una vita… e ora stai mentendo»
Kaito avvertì la ragazza avvicinarsi ed entrare nel suo campo visivo, aveva una gran voglia di scappare. Il destino gli stava concedendo una seconda possibilità per rimediare al suo errore, non doveva rifiutare questa occasione ma il panico gli aveva attanagliato le viscere. Passò nervosamente una mano sulla nuca sospirando pesantemente.
«Non ho mai pensato tu fossi una sciocca», imprecò mentalmente per l’improvvisa secchezza della sua bocca «È solo che…credo di aver sbagliato su tutti i fronti con una mia decisione».
Aoko lo squadrò attentamente, e quasi fosse un segno del destino, la trasmissione sul televisore pubblico si interruppe per le notizie del giorno incentrate sulla prossima rapina di Kid.
Kaito la vide scattare, le dita artigliate nella pancia dell’animale, le labbra distese in una linea sottile per l’ennesima beffa rivolta dalla giornalista all’incompetenza dell’ispettore.
La piccola scintilla di coraggio si spense, soppressa da un opprimente senso di vuoto.
«Andiamo via di qui» la voce piatta di Kaito giunse attutita alle orecchie di Aoko, il ragazzo delicatamente la spinse in direzione delle strade trafficate deciso più che mai a non farle il sentire il telegiornale. Camminarono in silenzio per un piccolo tratto fin quando Aoko non afferrò il cappuccio del ragazzo arrestandone l’avanzata.
«Scusami, prima mi sono distratta e non hai avuto modo di finire la frase. Cosa stavi dicendo?»
Kaito deglutì a vuoto ringraziando di averla alle spalle.
«Niente d’importante, si tratta di uno scherzo finito male. So quanto ti dia fastidio sapere che esagero soprattutto con gli estranei»
Il finto sorriso e il ritrovato tono giovale sembrarono placare quei dubbi, almeno non aveva perso completamente le sue doti di recitazione.
Pochi passi dopo, Aoko fu attirata come una calamita verso la vetrina di un negozio di abbigliamento, con tanto di viso appiccicato sul vetro.
Lui poteva rammaricarsi della sua misera vita una volta tornato a casa.
Si lasciò contagiare dalla febbrile gioia della ragazza saltellante scuotendo il capo.
«Donne. Vedete dei vestiti e non capite più nulla»
«Che cosa hai detto?!» Aoko avvertì chiaramente i tendini cervicali contrarsi allo scatto improvviso, consapevole di aver tirato un urletto stridulo e confuso al contempo.
Kaito la fissò altrettanto confuso da quella razione «Eh? Ho solo insinuato che siete tutte uguali, è quello che penso. Cosa ti prende?», la sua confusione aumentò ulteriormente quando le guance della ragazza si imporporarono.
«Questa è la prima volta…» un flebile sussurro appena udibile fuoruscì dalla bocca femminea «È la prima volta che mi definisci una donna»
Ancor prima di sentire il finale Kaito aveva realizzato il significato di quelle parole sbarrando gli occhi. L’aveva sempre etichettata come un maschiaccio, almeno esternamente. Il vestito bordeaux che aveva adocchiato in vetrina le sarebbe stato d’incanto, non importava se il suo fisico non era tutto curve come Akako, lei aveva il suo fascino. Quando le alzava la gonna non si soffermava solo sul colore delle sue mutandine, guardava anche altro.
Improvvisamente ebbe caldo.
«Vero…ma dopotutto lo sei, e quel vestito ti starebbe bene» distolse velocemente lo sguardo preferendo il riflesso evanescente sul vetro, il suo Kid interiore sembrava non esistere con Aoko nei paraggi «Però hai comunque meno seno del manichino mentre con il sedere non dovresti avere problemi»
«Bakaito!» il primo schiaffò arrivò sulla testa, il secondo dietro la nuca e il terzo sulla spalla, il quarto fortunatamente non raggiunse mai la propria destinazione poiché nel tentativo di allontanarsi era scivolato all’indietro nella neve. Aoko però sembrava intenzionata a non fargliela passare liscia, continuò a inveire calciandogli la neve addosso.
«Ehi Ahoko basta!...No, aspetta non intendevo insultarti! Giuro che non lo dico più!...Accidenti mi è entrata la neve nella maglia…Aoko se mi dai questa visuale è tutto inutile!»
All’ultima frase Aoko arrossì vistosamente ritirandosi a distanza mantenendo la gonna saldamente attaccata sulle gambe. Quel pervertito dal basso si era goduto lo spettacolo.
Kaito ad assalto terminato allontanò le braccia dal petto sospirando di sollievo, la neve aveva abbassato la temperatura del suo viso riportandolo ad una colorazione accettabile. Lentamente si rimise in piedi mentre Aoko lo guardava ancora in cagnesco.
«Che ne dici di una piccola tregua?» la ragazza incrociò le braccia al petto senza scomporsi minimamente «Ti chiedo scusa per il commento poco carino» anche supplicando il massimo ottenuto era stata una minor rigidità nella posizione.
«Si è quasi fatta ora di cena, vogliamo andare a mangiare qualcosa?»
«Così dopo potrai suggerirmi di mettermi a dieta, giusto?» l’acidità era palpabile.
«No!»
Kaito scattò ondeggiando le mani in avanti, le sue intenzioni erano tutt’altro che di scherno. Scaricò il peso su un piede, poi sull’altro, indicando verso un punto indefinito dal lato opposto della strada «Vorrei farmi perdonare cenando insieme in un posto speciale»
Aoko allentò la presa osservandolo di sottecchi alla ricerca della burla, Kaito abbassò gli occhi sulla strada.
«Per favore».
Il ragazzo aveva vinto ancora una volta.
 
Aoko rise a crepapelle riversa sulla tovaglia cremisi adagiata sul soffice manto bianco. Inutilmente cercò di divincolarsi dalla piacevole tortura messa in pratica da Kaito, le cui lunghe dita sottili continuavano a solleticarle la base del collo e i fianchi. Il tentativo di farlo cadere le si era ritorto contro, ora puntellato saldamente sulle ginocchia poste ai lati del suo busto, sospeso quel tanto per evitare di schiacciarla, aveva acquisito una stabilità maggiore. Farfugliò delle parole in preda alle risate scalciando a vuoto.
«Non ho sentito bene, cosa hai detto?» Kaito la derise sogghignando mentre per l’ennesima volta Aoko cercava di chiedergli scusa senza risultato «Devi implorare pietà se vuoi che la smetta!»
Le lasciò un attimo di rispiro per consentirle un nuovo tentativo, ma prima che potesse completarlo riprese a solleticarla salendo fin sotto le braccia «Brutto errore aprire il giubbino prima!»
Quando la pancia fu completamente indolenzita fra una risa e un’altra Aoko riuscì a porre fine al tormento facendo perdere l’equilibrio al ragazzo che dovette usare le braccia per non caderle addosso «Imploro pietà basta che non ricominci!»
Kaito si morse le labbra, il formicolio era risalito su per le gambe rendendole molli pronte ad abbandonarlo da un momento all’altro. Al di sotto della fioca luca del parco le iridi azzurre di Aoko lucide per le troppe risate e le gote arrossate gli stavano facendo battere impazzatamene il cuore.
Inumidì le labbra aride ghignando «Sicura che non li comprerai più?»
Aoko scoppiò a ridere nuovamente ricordando l’espressione terrorizzata del ragazzo pronto a correre in tondo nel parco «Niente più biscotti a forma di pesce»
Kaito a malincuore si scostò per permetterle di mettersi seduta, i biscotti nascosti nei meandri più profondi dello zaino. Aveva scelto di godersi con lei quella giornata ancor prima di sapere del pericolo per la sua identità.
Trascorrere del tempo spensierato insieme gli era mancato.
«Forse avrei dovuto avvertirti che il nostro luogo della cena è sprovvisto del riscaldamento» probabilmente l’ispettore l’indomani lo avrebbe ucciso anche per aver fatto ammalare la sua principessa.
Prese la coperta del medesimo colore della tovaglia sedendosi accanto a lei per avvolgere entrambi, erano le ventuno passate e la temperatura era scesa più del previsto.
«Mi adatterò»
Ad Aoko non importava minimante se il giorno dopo di sarebbe trovata bloccata a letto, Kaito l’aveva portata in un piccolo angolo di paradiso. L’ora di metro per tornare ad Ekoda ne era valsa la pena, erano entrati nel parco del quartiere prendendo posto in una delle zone non coinvolte dalle luminarie dove la maggior parte della luce proveniva dalla luna e dal manto stellato sopra le loro teste.
Avvolti nella penombra, prese coraggio poggiando la testa sulla spalla del ragazzo, rannicchiandosi sotto lo strato di stoffa.
Kaito aprì la confezione maxi d’asporto prendendo due pezzi di pollo fritto, offrendone uno alla ragazza mimando un brindisi «Buon appetito!»
Aoko ricambiò il gesto sperando che quel momento non finesse mai.
Quando il nevischio iniziò a scendere nuovamente, le confezioni di pollo fritto e le bustine di schifezze varie comprate al supermarket erano state spazzolate via, compresi i due pezzi di torta panna e fragole.
Aoko pulì le sue mani con un fazzoletto sentendosi una palla pronta a rotolare.
Kaito approfittò del momento per scostarsi e porsi dinanzi a lei, era la sua ultima occasione per darle il suo regalo. Afferrò le mani congiungendole a pugno fra le sue prima che potesse rimettersi i guanti, Aoko lo guardò stranita prima che iniziasse a scuoterle su è giù.
«One…Two…Three!».
Al tre in uno sbuffo di fumo colorato e luccicante Aoko ritrovò stretta nella sua presa una rosa blu, dischiuse le labbra sorpresa alzando lo sguardo alla ricerca del ragazzo sparito nel nulla. Guardò a destra e sinistra cercando un movimento inesistente.
Improvvisamente la sciarpa le fu sfilata via sostituita da un tocco gelido attorno al collo. Abbassò la sua attenzione sul petto dove giaceva un piccolo gioiello: una rosa realizzata in filamenti sottili d’oro bianco con incastonata al centro una pietra blu. La sfiorò delicatamente con le dita quando la voce calda e dolce giunse ad un soffio dal suo orecchio «Buon Natale Aoko».
Si voltò verso il ragazzo accovacciato dietro di lei, Kaito le aveva poggiato due dita sulle labbra intimandole di far silenzio indicando verso un punto in alto. Seguì l’istruzione sbarrando gli occhi estesiata, le poche luci circostanti erano state spente e i piccoli fiocchi cadenti in una lenta e sinuosa danza erano accompagnati da puntini sfavillanti tutt’intorno.
Sembrava di essere al centro di una tempesta di stelle cadenti.
«La tua magia è sempre bellissima» la voce rotta dall’emozione per quello spettacolo fu quanto di meglio Kaito potesse chiedere «Grazie di cuore per questo regalo».
Kaito sorrise a sua volta combattendo interiormente la sua battaglia senza vincitori fra il desiderio di lasciarsi andare a quell’irrefrenabile impulso di toccarle le labbra e il senso di colpa di averle nascosto ancora una volta la verità.
Quanto era contradditorio.
Abbandonò i suoi pensieri lasciandosi trascinare dalla parlantina di Aoko.
Impegnati a chiacchierare del più e del meno persero la cognizione del tempo arrivando davanti casa Nakamori soltanto alle ventidue passate. Aoko non era riuscita a far desistere Kaito dall’accompagnarla e tutte quelle attenzioni riservate solo per lei le avevano scaldato il cuore.
Aprì il cancelletto dell’abitazione precipitandosi verso la porta d’ingresso diventata ormai un cubetto di ghiaccio, non vedendo l’ora di gettarsi sotto il getto bollente della doccia.
Girò il chiavistello trascinando il ragazzo all’intero «Torno subito, tu aspettami qui!».
Kaito non ebbe modo di protestare ritrovandosi improvvisamente solo nell’atrio di quella casa che conosceva come le sue tasche.
Poggiato alla porta inghiottì il boccone amaro risalito in gola, ogni angolo conservava un ricordo speciale vissuto lì dentro. Il sottoscala dove si nascondevano per far spaventare l’ispettore, il mobiletto d’ingresso scheggiato quando avevano deciso di utilizzare lo slittino sulle scale e avevano rischiato di rompersi l’osso del collo, la parete su cui nonostante lo strato di ridipintura era possibile notare l’alone lasciato da un suo trucchetto finito male.
Aveva quasi distrutto la casa dell’ispettore durante la sua infanzia.
Soffocò un rantolo isterico, mancava meno di un’ora all’arrivo dell’inglese e lui si perdeva in ricordi malinconici.
Aoko tornò al piano inferiore in quel momento con un pacchettino rosso.
«Questo è il mio regalo! Se avessi saputo della serata l’avrei portato con me»
Kaito la fissò esterrefatto, il pacchettino era grande quanto il palmo della sua mano. Sotto invito pressante scartò il dono non nascondendo la sua sorpresa quando un mazzo di carte venne fuori. Esitante, quasi temesse di sbriciolarlo con un tocco sbagliato, sfiorò il dorso nero rifinito con filamenti argentati. Minuziosi motivi geometrici confluivano verso il centro in cui era posta una mezzaluna, in un intreccio di linee tipiche delle edizioni limitate.
«Aoko…» alternò lo sguardo dal mazzo così familiare alla ragazza, un calore prepotente nel petto «Questo mazzo è…».
Aoko annui sorridendo dolcemente, non era un’esperta sugli oggetti utili ad un mago ma con quel pensiero era stata certa di far centro.
«Sì, è lo stesso usato anche da Toichi-san. Sei un grande mago anche tu adesso»
Kaito l’abbracciò di slancio incapace di dire alcunché. Aveva soltanto voglia di urlare. Salire sul grattacielo più alto e urlare al vento quanto facesse schifo vivere quella doppia vita.
La persona più preziosa della sua vita lo incoraggiava a seguire il suo sogno, diventare un grande mago in grado di superare suo padre. E lui? Lui non poteva farlo, non finché Kid non avesse terminato la sua missione. Bloccato in quel libo, seppe bene che il suo sogno avrebbe dovuto aspettare, sigillato in un cassetto che non era sicuro di poter aprire molto presto.
Quando le braccia di Aoko lo avvolsero a sua volta, sospirò attirandola a sé ringraziandola per il regalo, di esistere, di tutto. Non gli importava cosa avrebbe pensato per quella inusuale dichiarazione, non riusciva più a gestire quel flusso di emozioni.
Aoko non disse nulla limitandosi ad accarezzarlo sulla schiena, e lui sarebbe rimasto volentieri rannicchiato fra le sue braccia se l’orologio sulla parete non gli avesse ricordato l’ingombrante compito.
Aveva abbracciato più volte la ragazza quello stesso giorno che negli ultimi mesi.
Si staccò da lei scusandosi di dover tornare a casa, immergendosi a malincuore nuovamente nell’aria gelida della notte.
Fermo sull’ uscio la salutò ondeggiando la mano, scusandosi mentalmente per l’ennesima bugia. Quello che non si era minimamente aspettato fu il bacio caldo di Aoko adagiato sulla sua guancia seguito da una buona notte sussurrata prima che la porta si chiudesse. Aoko scivolò contro di essa le mani strette al petto per placare il battito.
Kaito inebetito rimase sulla soglia tastando la sua guancia, accertandosi di non averlo soltanto immaginato.
Lui era un ladro fastidioso, ma non era esente dal subire furti a sua volta.
Il suo cuore era appena stato definitivamente rubato.
 
Issandosi sul ramo più alto dell’albero, Kaito lentamente scivolò verso l’estremità per balzare furtivamente sul davanzale della finestra. Aveva avuto modo di studiare per precauzione la planimetria di villa Hakuba in passato, e se la sua memoria non gli giocava un brutto tiro quella doveva essere la stanza di Saguru.
La luce nel soggiorno era l’unica accesa, sbirciandone all’interno aveva visto la solitaria figura del signor Hakuba, probabilmente in attesa del ritorno di suo figlio. Il fatto che fosse sveglio andava a suo favore, il sistema d’allarme non era stato ancora attivato.
Trattenne un colpo di tosse dietro il collo alto del mantello, almeno il suo vestiario era molto più pesante della sola divisa e cappotto precedente. Doveva soffrire di una qualche forma di contraddizione estrema, quando tutt’intorno era bianco si vestiva completamente di nero.
Analizzò l’intelaiatura della finestra prima di estrarre un fil di ferro sottile ed estremamente resistente, piegato all’estremità ad uncino. Lo fece passare lentamente nell’intercapedine centrale afferrando il gancio interno alla base della finestra tirandolo su con uno scatto deciso.
Silenziosamente balzò all’interno, il mantello scuro ancora svolazzante vicino alle caviglie quando fu momentaneamente accecato dalla luce improvvisamente accesa nella stanza. Abbassò di scatto il cappuccio della cappa il più possibile per oscurare i suoi lineamenti, alzandone un lembo come ulteriore protezione dinanzi al viso.
In quello svolazzare di vesti inquadrò la fonte dei suoi problemi.
«Sei in ritardo di due minuti e quattordici secondi»
Saguru, due dita ancora posizionate sull’interruttore a braccia incrociate se ne stava poggiato sulla parete opposta con un ghigno vittorioso.
«Buonasera Kuroba-kun» la voce trionfante trasudava una pesante ironia.
«Tantei-kun credo tu mi abbia confuso con un altro ospite» non abbassando minimante il braccio, ricambiò il saluto marcando volutamente l’inclinazione tonale di Kid.
Saguru storse la bocca in una smorfietta derisoria osservando i pantaloni scuri svelati dal mantello e la propensione a non voltarsi più del dovuto verso la fonte luminosa «Stavo attendendo esattamente te, ma non mi aspettavo questa caduta di stile. Non hai avuto tempo per indossare il tuo classico travestimento candido Kuroba-kun?»
«Mi dispiace, non conosco la persona che continui a nominare» con irritazione Kaito notò che la sua risposta aveva provocato un’insolita felicità nel detective.
«Come preferisci, ma sono sicuro che stiate entrambi cercando la stessa cosa, dico bene? Dubito tu sia qui per una visita di piacere» Saguru non si mosse dalla sua posizione continuando con il suo tono mellifluo, un leggero accenno di movimento nella testa reclinata per guardarlo maggiormente negli occhi «Vorresti mettere le mani sull’esito di quel test vero? Sorprendente come tu sia entrato in possesso di un’informazione così confidenziale»
Kaito ebbe un brutto presentimento, il detective non aveva mai mostrato quell’atteggiamento sfacciato nei confronti del ladro al di là del primo incontro «Dovresti sapere che tenere d’occhio la polizia è un delle mie occupazioni principali»
Saguru sembrò riflettere su qualcosa, la voce ridotta ad una sottile lama tagliente di sarcasmo «La polizia dici? I tuoi metodi di spionaggio devono essersi arrugginiti allora».
Il ragazzo mise una mano in tasca e Kaito fu già pronto ad intervenire con una bomba fumogena tra le dita, rapidamente ritirata quando dalla giacca venne estratto soltanto un pezzo di carta rettangolare.
Kaito sforzò la visita riconoscendone un biglietto aereo che l’altro ragazzo non smetteva di rigirare fra le dita con nonchalance, una certa soddisfazione insita in quel gesto innocuo.
«A cosa devo questa convinzione tantei-kun?»
Saguru fermò il movimento dinanzi al viso, apparentemente concertato sul pezzo di carta, il tono immancabilmente sempre più pungente «Se tu avessi realmente origliato le conversazioni di polizia avresti saputo che il mio volo sarebbe atterrato a Tokyo a mezzogiorno, con tanto di auto messa a disposizione dal dipartimento per condurmi direttamente in centrale».
Kaito avvertì una morsa attanagliargli le viscere e un brivido freddo scuoterlo da capo a piedi.
Nonostante la sua apparente impassibilità Saguru sembrò cogliere il panico al di sotto della spessa coltre di stoffa. Abbassando il biglietto infatti, egli aveva assunto lo stesso tono di voce utilizzato per spiegare un argomento di difficile comprensione ad un bambino.
«Sai, l’unica persona a cui ho mentito sul mio orario di arrivo è Aoko-san. Provvederò a farle le mie scuse appena avrò occasione di incontrarla, vuoi che le porga i tuoi ringraziamenti Kuroba-Kun? Pardon, Kid-san»
Kaito avrebbe voluto prenderlo a pugni. Al diavolo i suoi i principi di non far del male al prossimo. Il detective aveva sfruttato Aoko, la sua dolce e preziosa Aoko, per incastrarlo. E lui era cascato in quella trappola come un pollo.
L’errore madornale era stato non calcolare correttamente i fusi orari.
«Sei rimasto senza parole Kid-san? Se non mi credi puoi controllare tu stesso il biglietto»
Kaito non gli avrebbe dato la piena soddisfazione di giocare con lui. Sforzandosi di contenere la collera rilassò i muscoli esclamando con aria scanzonata «Devo ammettere tantei-kun che la parte del poliziotto cattivo ti riesce piuttosto bene, sarai anche arrivato in anticipo – devo aver fatto confusione con il vostro strano sistema inglese di monitorare l’ora – ma non ho visto alcuna notizia eclatante al telegiornale. Suppongo il test fosse meno importante del previsto»
Saguru sembrò leggermente sorpreso alla risposta, ma il sorriso da schiaffi fece ben presto nuovamente la sua comparsa «La tua ostinazione nel trovare una scappatoia è quasi ammirevole, ma sono spiacente di deluderti. Il dipartimento oggi è stato piuttosto impegnato, quindi abbiamo avuto modo di parlare di te soltanto in serata. Sono rientrato pochi minuti prima del tuo arrivo»
Kaito scrutò attentamente il detective, dall’inizio della conversazione non si era mosso rimanendo inchiodato nel suo posto accanto alla porta, una valigetta di cuoio a poca distanza sulla scrivania. Probabilmente stava facendo la guardia proprio a quella.
La sua mente aveva iniziato a calcolare freneticamente il modo più veloce per impadronirsene quando Saguru parlò nuovamente distanziandosi leggermente dalla parete «Non essere così afflitto Kid-san, presto il mondo ti conoscerà con il tuo vero nome. Su una cosa però avevi ragione volendomi bloccare all’arrivo, le ricerche le ho sempre portate con me evitando di lasciarle incustodite».
Il ragazzo inglese gettò distrattamente un’occhiata all’orologio aggiustandosi la giacca beige del completo «Ad ogni modo, ho promesso a mio padre di prendere il tè con lui. Se pensi di poter trovare qualcosa rovistando nella mia stanza fa pure, evita però di mettere eccessivamente in disordine».
Kaito sputò la sua frase di scherno in risposta prima di collegare il cervello, la prima incrinatura del suo poker face. Il detective stava cercando di ridicolizzarlo con quella farsa?
«Sei così sicuro del tuo nascondiglio tanto da preferire il tè?»
La mano di Saguru esitò un attimo sulla maniglia prima di chiudere la porta, in un ultimo sguardo fugace «Oh no, non ne ho bisogno. Questa volta il ritardo ti è costato caro, il fascicolo non è più qui».
Kaito ingoiò a vuoto dopo alcuni attimi, rimasto completamente solo.
Il detective non era tornato.
Guardò gli imponenti scaffali ricolmi di libri, il cassettone in mogano e le pile di scartoffie sulla scrivania sempre più avvilito.
Era nella merda.
 
 
Nulla.
In quella stanza neanche un foglietto volante alludeva a supposizioni e studi su Kaito Kid.
Saguru non aveva mentito, sfortunatamente per lui.
Kaito lanciò uno dei libri sul letto in preda ad un attacco nervoso passandosi bruscamente la mano fra i capelli madidi di sudore. Era passata un’ora, possibile che per bere una tazzina di intruglio d’erbe ci volesse così tanto tempo? No, il detective stava temporeggiando di proposito.
Voleva mandarlo verso una crisi isterica, e suo malgrado lo stava accontentando.
Frustrato gettò un’ultima occhiata nella stanza sentendosi un topo in trappola. Incastrato per la sua inesperienza iniziale, per un insignificante capello che non sarebbe stato trovato da alcuno se il detective non avesse deciso di impersonarsi netturbino.
Batté un pugno sul davanzale incanalando la rabbia, doveva riacquistare la sua lucidità per venire a capo da quella situazione.
Aprì la finestra facendosi investire dal sottile nevischio accompagnato dalle folate di vento.
I fatti andavano analizzati in maniera obiettiva.
La polizia aveva tra le mani la dichiarazione di una donna anziana che lo aveva visto come Kaito Kuroba mentre entrava nei bagni, da cui non era mai uscito se non con il travestimento successivo; e un test effettuato su un ipotetico capello del ladro con il suo DNA e gruppo sanguineo. Fin lì non era un grosso problema, nel peggiore dei casi l’ispettore avrebbe finalmente compreso che esistevano due ladri fantasma, concentrandosi sulla ricerca di un ragazzo fra i 16 e i 25 anni.
Il prossimo passo sarebbe stato in primo luogo cercare una persona con una fedina penale macchiata – non correva ancora alcun rischio – oppure qualcuno abile in trucchetti di magia – in quel caso avrebbe iniziato ad avere qualche problema –.
La polizia però non poteva permettersi di prelevare in tutto il Giappone campioni di DNA da analizzare, era una spesa immane e prima ancora di farla attuare a pieno poteva sperare di rubare il campione di prova.
Sospirò infastidito stringendo le nocche, il problema essenziale rimaneva comunque la fonte di tali ricerche.
Non aveva dubbi, Saguru avrebbe fatto in modo che il suo nome fosse fra i primi nella lista di potenziali sospettati. In quel caso sarebbe bastato un incontro con la presunta testimone, un test di paragone fra un suo capello e la prova a disposizione per confermare la sua teoria.
Ad essa si sarebbero aggiunti gli albi mancanti per le diverse rapine, la strana coincidenza della morte di suo padre con la scomparsa di Kid, la vicinanza con l’ispettore e il conseguente accesso alle informazioni della polizia. Nella migliore delle ipotesi poteva sperare che l’organizzazione lo facesse fuori evitandogli una vita in carcere.
Doveva dire addio alla sua missione segreta, al suo sogno….ad Aoko.
L’ultimo pensiero era il più inaccettabile.
Perché era stato così stupido da non distruggere quel risultato quando Saguru gli aveva spiattellato in faccia i suoi sospetti la prima volta?!
Era stato troppo sicuro di sé, aveva sottovalutato il detective. Non poteva incolpare nessuno se non sé stesso per quella superficialità, meritava quella punizione.
Non era andato alla centrale di polizia consapevole quanto potesse sembrar folle provare a rubare qualcosa senza un minimo piano. Prendere in ostaggio uno degli ufficiali ed estorcergli informazioni andava contro la sua etica, e il sol fatto che stesse pensando ad una cosa simile era ridicolo.
Il tempo era poco, non poteva mettere a soqquadro l’intero archivio del dipartimento, la soluzione più efficiente sarebbe stata farlo saltare in aria, ma non era ancora diventato un bombarlo.
Saguru aveva detto di non aver più nulla con sé, quindi stava soltanto perdendo tempo in quel momento nella sua dimora. Tamburellò con le dita giocherellando con una moneta.
Il detective aveva parlato con l’ispettore Nakamori.
Nakamori probabilmente non era ancora tornato a casa dalla sua giornata di lavoro.
Se l’ispettore era ancora al lavoro, le prove non erano ancora state conservate nell’archivio.
Lanciò la moneta in aria afferrandola al volo e balzando da un ramo all’altro finché non toccò il terreno innevato sottostante. Corse in direzione del muretto scavalcandolo e proseguendo lungo il bordo sottile atterrando in un vicoletto.
Frugò nelle tasche alla ricerca di un pettine utilizzando i palmi bagnati di neve per appiattire i capelli, sbucando fuori dal vicolo giusto in tempo per fermare un taxi solitario di passaggio.
«Alla stazione di polizia per favore» doveva essere davvero impazzito.
Arrivato a destinazione abbastanza velocemente, non ebbe problemi ad accedere al dipartimento della divisione due.
Kudo godeva del rispetto di mezzo edificio.
Entrò nella sala della squadra incaricata della sua cattura, trovandola vuota. Solo un grande albero di Natale torreggiava ricordandogli che il venticinque dicembre era ufficialmente iniziato.
Avrebbe dovuto godersi quei giorni di festa.
«Ehi moccioso non puoi stare qui» sussultò alla voce burbera di Nakamori comparso sulla soglia con aria piuttosto stanca «Non sei quel ficcanaso che va spesso dietro Megure?»
«Sì, sono Shinichi Kudo. Ho appena finito di aiutare la divisione uno e avevo pensato di fare un salto qui in vista dell’imminente rapina di Kid…Ehi ispettore mi sta facendo male!» Ginzo lo guardò con gli occhi arrossati per la mancanza di sonno lasciando la guancia utilizzata per accertarsi di non parlare con un travestimento.
«Scusami, è la prassi» Kaito annui massaggiandosi la guancia dolorante mentre l’ispettore gettava il bicchiere del caffè ormai vuoto facendogli segno di seguirlo nel corridoio fino all’ascensore.
«Kudo-kun anche se volessi soddisfare la tua curiosità abbiamo passato un’intera giornata di discussione su quel ladro. Tutti i fascicoli sono stati archiviati e io sono troppo stanco per prendere in mano nuovamente il discorso. È il giorno di Natale, dovresti passarlo con la tua famiglia…tu che puoi» l’ultima frase fu borbottata fra i denti ma Kaito la sentì ugualmente provando un grande senso di colpa oltre al sapore del fallimento.
«Volevo offrirle il mio aiuto, non obbligarla ad accettarlo»
L’ascensore arrivò e Nakamori attese l’ingresso dell’adolescente prima di premere il bottone del pian terreno «Non prenderla come offesa ma ho già un aspirante detective adolescente piuttosto petulante a cui dar retta, nonostante oggi abbia tentato di strozzarlo»
«Ha supposto qualcosa che l’ha infastidita?»
Kaito notò l’ispettore irrigidirsi ringhiando qualcosa di incomprensibile fra i denti prima di scuotere il capo rassegnato «In un certo senso, teorie non proprio di mio gradimento».
L’ascensore si aprì e l’ispettore lo accompagnò verso l’ingresso accendendosi una sigaretta una volta all’esterno dell’edificio.
«Kudo-kun se vuoi informazioni dovrai passare fra qualche ora, sono quasi due giorni che non dormo e devo riposare per affrontare la giornata di domani…» Nakamori aspirò profondamente prima di lasciar fuoriuscire la boccata di fumo «Sarà più dura del previsto».
Kaito osservò le volute di fumo in trans, distrattamente rifiutò l’invito dell’ispettore per un passaggio avviandosi lungo le strade desolate dapprima camminando poi sempre più veloce. Non aveva una meta, lo scopo era correre lontano sperando di cancellare il suo destino con la stessa facilità con cui le sue impronte venivano coperte dal nuovo strato di neve.
Entrò nel magazzino abbandonato usato spesso come riparo giungendo fin sul tetto, le mani artigliate contro il parapetto arrugginito e i piedi incastrati su due appigli centrali. Sporto a mezz’aria urlò con quanta forza aveva in corpo.
Urli carichi di rabbia, frustrazione, amarezza e un ammasso di emozioni di difficile identificazione. Grida susseguite una dietro l’altra in atto liberatorio finché non ebbe più voce, la gola in fiamme sfregata dai colpi di tosse per il troppo sforzo.
Una visionaria organizzazione gli aveva rovinato l’infanzia.
Hakuba gli aveva definitivamente rovinato il futuro.
Li odiava dal profondo del cuore.

 


 
Kaito nascose il viso dietro la sciarpa calciando la neve lungo la strada.
Contro ogni sua aspettativa tornato a casa era crollato addormentato sul letto davanti al computer, in una posizione contorta nel freddo della stanza. Due ore di sonno in cui la sua mente aveva dato sfoggio di un’insanità mentale allarmante. Sospettava che Aoko sarebbe stata il fulcro del suo inconscio, si era aspettato incubi in cui appresa la verità avrebbe riversato su di lui insulti fino allo sfinimento, invece…aveva sognato tutt’altro.
Arrossì al ricordo nascondendosi ancor di più nel giubbino. Neanche nel suo atteggiamento più malizioso avrebbe dato voce a quello vissuto nella sua più fervida immaginazione.
Quando si era svegliato abbracciato al cuscino intento a baciarlo con addosso la sensazione di toccare sotto le dita la pelle morbida di Aoko, non ci aveva pensato due volte e si era fiondato sotto il getto ghiacciato della doccia. Aveva delle perversioni erotiche di cui non era totalmente a conoscenza, piuttosto piccanti.
Scosse velocemente la testa quando la visione del corpo interamente nudo di Aoko si ripresentò nella mente. Capiva l’ormai impossibilità di soddisfare realmente quel desiderio recondito, ma non poteva affrontare la rabbia della ragazza con gli ormoni impazziti. Doveva contenersi.
Svoltò l’angolo avvertendo le gambe farsi sempre più pesanti, Aoko, il capo abbassato, lo stava aspettando a braccia incrociate calciando nervosamente la base di un palo con una certa violenza.
Ogni pensiero ambiguo fu allontanato sostituito da una prepotente tristezza.
Lei non dette segno di averlo notato. Si fermò a poca distanza incapace di continuare, il cuore in gola e la testa vuota incapace di articolare qualunque discorso di senso compiuto.
«A-Aoko…» la voce gracchiante ridotta ad un sussurro, postuma della serata di sfogo precedente.
La ragazza si voltò verso di lui, le mani strette a pungo lungo i fianchi «Kaito… »
Quella poca sicurezza di Kaito vacillò completamente al tono atono.
Si morse nervosamente l’interno guancia rimanendo in silenzio.
«Mi aspettavo di poter passare una giornata con papà oggi, una volta arrestato Kid avrebbe avuto sicuramente voglia di festeggiare, invece…» la voce di Aoko si spense guardando un punto indefinito sulla strada.
Kaito si ritrovò a trattenere il respiro.
Allungò una mano per sfiorarle i capelli, bloccando il movimento a mezz’aria quando Aoko si voltò verso di lui, gli occhi ancora incandescenti.
Voleva scusarsi, ma le labbra rimasero sigillate.
Abbassò la mano sospirando amaramente, la rabbia della sera precedente nuovamente in circolo, in una frase più sprezzante del dovuto «Potrete festeggiare comunque quando il confronto con il test di Hakuba confermerà ufficialmente l’esito».
In cuor suo ringraziava l’ispettore per non avergli messo immediatamente le manette ai polsi, dandogli l’opportunità di spiegare tutto alla ragazza.
Probabilmente sarebbe sbucato all’improvviso dopo un cenno di Aoko.
«Non credo…» tutta la furia precedente fu sostituita dalla rassegnazione «Quel maledetto ladro ha una fortuna sfacciata».
Kaito non nascose la sua sorpresa e un pizzico di speranza si riaccese.
«Di cosa stai parlando?»
Aoko si sfregò il viso lasciandosi andare ad una risatina isterica mentre iniziava a camminare.
«Hai ragione, non ti sto facendo capire nulla… Ieri ti avevo parlato della grande possibilità di scoprire l’identità di ladro Kid tramite quel famoso test, ma non è stato possibile farlo» ondeggiò la cartella sbuffando mestamente.
Kaito si sentì improvvisamene leggero, pregustando già le frecciatine ironiche da rivolgere alla prossima rapina «Si è scoperto che il capello era di una recluta della polizia?  Dell’ispettore?»
«Non lo so… Hakuba-kun ha buttato via quel test»
Kaito la fissò non nascondendo la confusione.
«Sei sorpreso anche tu vero? Hakuba-kun mi è sempre sembrata una persona molto puntigliosa nel suo lavoro, convinto delle sue deduzioni, delle sue ricerche» Aoko si interruppe per attraversare la strada in cui il vociare delle innumerevoli persone sovrastava il suo «Non fraintendermi, non sto accusando Hakuba-kun di aver sbagliato, capisco la sua decisione. Ha gettato via tutto la sera stessa in cui fecero il test, papà aveva sottolineato quanto fosse ridicolo il risultato a quel tempo. Era impossibile pensare ad un ragazzino come il grande Kaito Kid e Saguru evidentemente si è lasciato convincere»
«Ma nei laboratori non dovrebbe esserci ancora il campione di prova?»
Kaito non capiva, c’era qualcosa di enormemente sbagliato in quelle affermazioni.
Hakuba non avrebbe mai buttato via quelle ricerche, troppo orgoglioso della sua intuizione e intelligenza. La sera prima aveva parlato con lui, Hakuba l’aveva deriso sottolineando la sua sconfitta, dannazione non poteva averlo sognato!
Aoko scosse la testa.
«No, Hakuba-kun ha ammesso di aver portato tutto con sé. Non parliamo di un laboratorio della polizia, era il centro di ricerca di suo nonno ed effettivamente non erano state considerate delle vere e proprie prove, poteva farlo».
«Quindi nessun probabile test per scoprire l’identità di Kid»
Kaito non riuscì a decifrare l’espressione di Aoko, la ragazza aveva annuito con un sorrisino amareggiato misto…a sollievo? Non era possibile.
Entrarono nel cortile della scuola avviandosi lungo le scale, ognuno perso nei propri pensieri fin quando giunti dinanzi l’aula Kaito attivò nuovamente le sue funzioni celebrali.
«Ma…l’anziana signora che ha visto Kid? Non potrebbe fornire un identikit?»
«Prima non ho parlato a caso di fortuna sfacciata, l’anziana signora ha ricordi confusi della serata. Papà ha ammesso che se non si stesse parlando del famoso ladro gentiluomo avrebbe pensato a un subdolo ricatto per metterla a tacere»
Per Kaito tutte quelle informazioni non ebbero alcun senso, lui non aveva minacciato nessuno. Quella donna non poteva aver perso improvvisamente la memoria.
La porta dell’aula si aprì di scatto facendolo sussultare, Akako ansimante e più pallida del solito era appoggiata allo stipite. Fu attimo, Kaito protese le braccia afferrando la ragazza prima che cadesse a terra.
«Akako-san cosa ti succede?!» Aoko lasciò andare la cartella scostando la frangia della ragazza che maldestramente cercava di mantenersi in piedi da sola.
«Nakamori-san non preoccuparti, è solo mancanza di sonno»
Kaito la scrutò attentamente, Akako a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti e non era il tipo da attirare l’attenzione fingendosi debole e indifesa.
«Akako-san non dire stupidaggini sei bollente, devi andare assolutamente in infermeria!»
Quella strega impicciona non avrebbe mai imparato a farsi gli affari propri.
«Aoko ha ragione, niente inutili storie hai bisogno di riposo» Kaito ignorò le rimostranze della ragazza prendendola in braccio «Aoko torno subito, avvisa l'insegnante appena arriva»
Aoko lanciò un'occhiata apprensiva verso l'amica prima di entrare in aula «Kaito non approfittare di lei ora che non può difendersi!»
«Ahoko ma cosa vai a pensare!»
Si avviò a passo di marcia lungo il corridoio, le immagini del sogno tornate prepotentemente nella sua testa. Pensandoci, si sarebbe rinchiuso volentieri con Aoko in infermeria.
«Kuroba-kun cosa stai borbottando?»
«Niente. Piuttosto, tu non dovresti venire a scuola in queste condizioni»
«È stato soltanto un capogiro» le avrebbe creduto, se non l'avesse conosciuta così bene.
«Ti sto portando in braccio di mia volontà e non hai ancora fatto alcuna battuta maliziosa, scusami se non ti credo» entrò nel piccolo stanzino medico adagiando la ragazza sul lettino, sedendosi a sua volta sul bordo.
«Kuroba-kun cosa stai facendo?»
«Kato-sensei non è ancora arrivata, non ti lascio da sola in queste condizioni»
In un altro contesto Akako avrebbe accettato con gioia quelle attenzioni. Rabbrividì rannicchiandosi scossa dai brividi febbrili, era andata ben oltre i limiti imposti dai sui poteri.
«Akako non dirmi che hai passato tutta la notte davanti il tuo libro di magia agitando una bacchetta»
La ragazza accolse con gioia il calore della coperta adagiata su di lei, affogandoci dentro e sbiascicando a fatica una risposta «Hai ancora una visione sbagliato della mia magia. Devi eliminare tutti i tuoi stereotipi mentali, compreso quello delle streghe rugose dinanzi ai calderoni».
Kaito spostò la coperta quel tanto che bastava per poterla guardarla in faccia «Al di là dei miei pensieri, ti ringrazio».
Annebbiata dallo stato febbrile Akako si chiese se quel sorriso rivolto tutto per lei non fosse un'allucinazione.
«Non ringraziarmi, consideralo un mio regalo di Natale. Domani tornerò a cercare di sottometterti»
Kaito si lasciò sfuggire una risatina, in quello stato anche la più pericolosa minaccia sembrava un’innocua battuta. Akako affondò il volto nel cuscino osservando distrattamente il ragazzo alzarsi e scomparire oltre la tenda divisoria, tornando dopo pochi minuti con un catino d'acqua.
«Pensandoci… forse ti ho conquistato senza rendermene conto»
Kaito si sedette nuovamente adagiando un pezzo di stoffa bagnato sulla sua fronte.
«Non farti strane illusioni, è in parte colpa mia se stai così»
«Sapevo di dover usare i miei poteri per mettere zizzania tra te e Aoko-san ieri pomeriggio, avrei consumato meno energie»
Kaito sbuffò esasperato, almeno gli stalker normali aveva modo di individuarli in strada.
«Dovresti toglierti il brutto vizio di spiarmi per un po'. Avrò un'opinione sbagliata delle streghe, ma penso che cancellare la memoria ad una persona e manipolare l'integrità di Hakuba richiedano molta energia. Tu hai bisogno di riposo assoluto».
Akako come punta da un insetto si sedette sul letto sopprimendo a stento il capogiro, utilizzando la poca forza a disposizione per afferrare il braccio del ragazzo seriamente preoccupato per quello scatto improvviso «Kuroba-kun…»
«Buongiorno ragazzi! In fuga da qualche verifica?» il tono gioviale della dottoressa interruppe la loro conversazione.
Kaito bloccato dalla ragazza riuscì soltanto a voltarsi e ad offrire dal nulla una rosa.
«Kato-sensei buongiorno a lei! In realtà, Akako ha la febbre molto alta ed è quasi svenuta prima in aula. Io l'ho solo accompagnata»
«Sistemo le mie cose in ufficio e sono subito da voi. Ah, Kuroba-kun la rosa non funziona, devi tornare in aula non ti lascerò saltare le lezioni stavolta»
Kaito fece spallucce nascondendo il fiore alla vista quando la dottoressa entrò nella stanza adiacente, almeno ci aveva provato.
«Kuroba-kun ascoltami bene. Gli spiriti mi avevano avvertito del rischio che stavi correndo per via di una testimone, ed io le ho cancellato gli ultimi ricordi...pensa quello che vuoi ma non volevo che Aoko-san conoscesse la tua identità in questo modo» Akako lo tirò più vicino a sé quando la dottoressa tornò, sussurrando l'ultima frase all'orecchio «E per quanto mi piaccia farti credere di essermi enormemente debitore, io non ho fatto nulla ad Hakuba-kun».
«Che cosa?!»
Akako scrutò perplessa gli occhi sbarrati del ragazzo quasi trascinato di peso fuori dall'infermeria, avrebbe chiesto spiegazioni successivamente.
Kaito rimase imbambolato nel corridoio, più confuso di quanto non fosse a inizio giornata.
«Tutto ciò non ha senso...» frizionò con foga i capelli disordinati accovacciandosi a terra, alla ricerca di una risposta in quella surreale situazione.
La strega nel suo perenne atteggiamento contradditorio aveva ammesso di averlo aiutato, chiamando persino la sua migliore amica per nome.
Hakuba la sera precedente si era preso gioco di lui con aria vittoriosa, visione nettamente contrastante con quanto raccontato da Aoko.
Se Akako aveva dato fondo alla sua buona azione annuale, evitando però di stregare Hakuba…perché lui non era finito in prigione?
Sospirò pesantemente ritornando in aula per rassicurare Aoko sulle condizioni della compagna. Cadendo a peso morto sulla sedia si estraniò completamente dalla lezione perdendosi ad osservare il banco vuoto alle sue spalle.
Restava solo un modo per scoprire la verità.
 
 
La lampada da tavolo forniva l’illuminazione appena sufficiente per la corretta lettura dei quaderni disposti sulla scrivania. Saguru batté gli occhi irritati cercando di non cadere nella tentazione di strofinarli ulteriormente. Dopo la cena aveva preferito rinchiudersi in camera per studiare piuttosto che ascoltare i deboli sussurri di Baya a telefono con sua madre.
Un filo di corrente gelido alla base del collo gli fece drizzare i peli sulla nuca in allerta. Lentamente sollevò lo sguardo verso la parete dove fino a pochi attimi prima la finestra alle sue spalle proiettava la propria ombra. Ora sostituita da quella di un pipistrello gigante.
«Buonasera Kid-san» un sorrisino stanco a malapena percepibile accompagnò le sue parole, si aspettava quella visita ma non così presto.
Il ladro atterrò silenziosamente all’interno della stanza, osservando attentamente il suo interlocutore intenzionato a dargli le spalle «Buonasera a te tantei-kun».
Saguru continuò a scrivere sul foglio gettando un occhio all’orologio da taschino aperto accanto al quaderno «Sono le ventidue, cinquanta minuti e tredici secondi, casa mia non è il museo di Beika. Sei in ritardo per la tua rapina».
Kaito cercò di ingoiare il fastidio per la leggerezza di quel tono, il detective era sempre stato calmo e riflessivo ma mai così permissivo quando si parlava di infrangere la legge.
«In realtà l’ho annullata stamattina, è pur sempre Natale. All’ispettore non farà male passare del tempo con sua figlia»
Saguru bloccò la matita alcuni istanti, quasi scavando la carta nel punto d’attrito, prima di riprendere a scrivere limitandosi a un laconico cenno del capo, lasciando libero il ladro di continuare il suo discorso.
«In più, avevo un mistero da risolvere».
«Non pensavo fossi diventato un detective» Saguru sfogliò il libro vicino confrontando i risultati dei suoi calcoli, proseguendo con la trascrizione dell’esercizio successivo. Tenere la mente occupata non stava sortendo l’effetto desiderato.
«Infatti, non è nel mio interesse esserlo. Dovresti saperlo tantei-kun» Kaito volutamente tralasciò ogni sfumatura umoristica, voleva delle risposte ma non era disposto a girarci intorno per ore dopo aver passato tutta la giornata a rimuginarci «Ieri sera gongolavi della mia disfatta, ben sapendo che non sarei stato arresto. Perché?»
Hakuba ondeggiò la matita deciso a non affrontare faccia a faccia il ladro, sperando demordesse dopo aver soddisfatto la sua curiosità «Volevo il mio momento di gloria».
Kaito non fu particolarmente soddisfatto della risposta.
«Allora, perché non consegnare i risultati del test? Avresti ricevuto miriade di complimenti»
«Orgoglio, non c’è gusto se finisci catturato così. Devo essere io ad arrestarti, personalmente»
Il mago incrociò elegantemente le braccia, evidente lo scetticismo «Hai le manette a due centimetri da te, perché non mi stai arrestando?»
Saguru osservò il luccichio generato degli anelli metallici sotto la lampada, aveva completamente dimenticato di averle lasciati lì. Sorrise sconfitto, consapevole di non essere visto, tornando ai suoi studi arretrati «Giusto…punto per te»
Kaito serrò le mani guantate imponendosi di calmarsi, l’atteggiamento di Saguru cominciava a dargli sui nervi con tutto quel tergiversare. La situazione era del tutto ridicola, doveva essere il detective a indagare sulle sue azioni non il contrario.
Inspirò profondamente allentando la presa, i suoi pensieri stavano andando in una direzione che non era sicuro di voler intraprendere.
«Tantei-kun, finiamo questa farsa. Non lasceresti un criminale a piede libero soltanto per il tuo ego»
Saguru si morse il labbro, ironicamente lo conosceva meglio un ladro che la sua famiglia. Il frusciò del mantello suggerì la presenza più vicina al centro stanza, lontano dalla sua via di fuga prediletta.
«Sei il detective più intransigente con cui abbia avuto modo di interagire, rispetti la legge in modo a dir poco maniacale. Vorrei soltanto conoscere la reale motivazione».
La matita scivolò via sulla scrivania fermandosi alla base della pila di volumi, accanto al testo di legge. Saguru trovò il tutto estremamente ironico.
Socchiuse gli occhi poggiando il mento sulle mani congiunte, ne aveva abbastanza dei giudizi sul suo operato, ma doveva affrontare le conseguenze delle sue scelte anche con il diretto interessato. Almeno con lui poteva essere sincero.
«Nella mia breve vita, lavorando come detective, ho avuto modo di incontrare diverse persone sia in Inghilterra che in Giappone. In entrambi i luoghi, così come dovrebbe essere all’interno di una società civile, la legge regola il quieto vivere punendo chi la infrange» si interruppe per aprire il cassetto a destra in cui era conservata una scacchiera di quercia, elaborando le giuste parole da utilizzare in quel discorso ripetuto innumerevoli volte negli ultimi due giorni,
«Ci sono due grandi fazioni: da una parte gli uomini della giustizia, quelli buoni, coloro incaricati di far rispettare le regole e di catturare i trasgressori» Saguru sollevò una pedina laccata di bianco, distanziandola di lato in modo che il ladro potesse vederla «Dall’altra invece i criminali, quelli cattivi, colpevoli di reati di vario genere ed entità che dovranno pagare le loro colpe in prigione» con l’altra mano mostrò invece la pedina nera «Il bene contro il male no? Bianco e nero, il dualismo alla base di tutte le nostre concezioni, dove il primo deve vincere e il secondo perdere».
Kaito ascoltò attentamente la voce altalenante di Saguru seguendone i movimenti, quella reazione che aveva aspettato dal suo arrivo era finalmente giunta. A discapito del tono forzatamente controllato le spalle del ragazzo erano tese all’estremo.
«Senza offesa tantei-kun, ma questo già lo sapevo»
Saguru scosse vigorosamente la testa lasciandosi sfuggire una risatina sarcastica «No, tu non lo sai. Il mio compito è quello di prenderti e sbatterti in una cella per il resto dei tuoi giorni considerando tutte le accuse che pendono sulla tua testa…Io non ho fatto» terminò la sua frase in un sussurro scagliando con stizza le due pedine contro l’estremità del tavolo.
«Ed infatti è il motivo della visita, perché non hai arrestato il qui presente ladro?»
«E me lo chiedi pure?!» preso dalla foga, Saguru strinse il foglio diligentemente stilato rendendolo inutilizzabile per revisioni future, un inutile sforzo per placare i suoi nervi.
Voltandosi di scatto sulla sedia girevole diede finalmente piena attenzione al suo visitatore, quasi urlandogli addosso «Quale razza di criminale prima di mettere a segno il suo colpo rischia la propria copertura, nonché salute, per salvare una bambina caduta in un laghetto?!»
Kaito suo malgrado fu colto alla sprovvista, lo stupore ben visibile prima di essere celato dietro il poker face.
Saguru ringhiò sommessamente, incapace di trovare l’emozione giusta da mostrare. Il ladro in quel barlume sfuggente di sorpresa aveva involontariamente confermato tutto.
L’ennesima scoperta anonima.
«Quindi…Non mi hai arrestato soltanto perché supponi abbia fatto una buona azione?»
Kaito imprecò mentalmente, quella sensazione di déjà-vu fin troppo familiare. Il vizio di lasciarlo libero quando aiutava gli altri sembrava essersi diffuso più del dovuto.
«Non ci provare Kuroba-kun, sai benissimo di cosa sto parlando» Saguru non lasciò tempo al ladro di protestare sul nome utilizzato «Sono arrivato ieri a mezzogiorno, fino a sera la centrale è stata sommersa da numerose chiamate relative a furti, borseggi e problemi di ogni genere per la divisione due. Dovevo aspettare l’ispettore Nakamori e ho spulciato alcuni file ancora disseminati sulla sua scrivania, fra cui quello di un tentativo di furto quasi finito in tragedia. Un borseggiatore per derubare una donna ha spinto la bambina di appena cinque anni nel laghetto ghiacciato del parco e fortunatamente la ragazzina è stata tratta in salvo da un anonimo passante. Ora, quale uomo dopo essersi buttato in acque gelide, in pieno inverno, si dilegua prima di ricevere ringraziamenti?».
Saguru guardò il ladro direttamente nell’unico occhio visibile, concludendo pacatamente.
«Va via chi non doveva essere lì. Non potevi farti Identificare ad un isolato di distanza dal luogo in cui nemmeno dieci minuti dopo avresti dovuto compiere una rapina»
Kaito sorrise leggermente inclinando lievemente la testa, il cilindrò oscurò una maggior porzione del viso «Essere sentimentali è un grande errore nel tuo lavoro, ti sei fatto abbindolare da una coincidenza»
«No» Saguru marcò con enfasi il monosillabo, intriso di una convinzione disarmante in grado di far vacillare la sicurezza dell’altro ragazzo.
«Non si tratta di una coincidenza. Quando il famigerato Kaito Kid completamente fradicio è stato avvistato dall’anziana signora, il temporale non era ancora iniziato»
La malcelata confusione lasciò il posto alla rassegnazione.
Kaito non riuscì a trattenere la piccola risata di autocommiserazione. Solo un maniaco dell’ora poteva accorgersi di un’incongruenza del genere. Si parlava di cinque minuti di differenza.
«Ti serve davvero l’orologio che ti porti sempre dietro? Sembra tu ne abbia ingoiato uno»
Saguru ignorò la battutina ruotando la sedia verso il tavolo, la voglia di studiare completamente passata.
Quel particolare evidenziava l’ennesima omissione di informazioni da parte sua nei confronti dell’ispettore.
Kaito scosse il capo rammaricato, il detective doveva aver battuto violentemente la testa per pensarla in quel modo «Tantei-kun, sei un idiota»
Saguru poggiò tutto il peso contro lo schienale imbottito dondolandosi lievemente a destra e sinistra, cullandosi e lasciando trasparire tutta la stanchezza accumulata «Da che pulpito arriva la predica»
«Io sono sempre un tipo fuori dagli schemi, tu no»
Kaito gongolò ondeggiando il suo mantello per darsi un’aria da divo, ma neanche quel movimento venne recepito dal biondino intento a osservare il soffitto.
«È il mio regalo di Natale»
Saguru tentennò qualche secondo, le palpebre abbassate in una pace interiore già raggiunta ma contrastata dalla ragione. Paradossalmente, la mente reattiva che lo aveva condotto su quel sentiero non accettava la decisione finale.
In un ultimo anelito rassegnato si abbandonò a una confessione liberatoria.
«Ero salito sul primo aereo diretto a Tokyo con l’intento di consegnarti alla giustizia. Finalmente potevo presentare e chiedere di analizzare il campione di DNA con il tuo…poi sono entrato nell’ufficio dell’ispettore»
La voce si incrinò, un misto di simpatia e sarcasmo «La lettura del file della bambina è stato il primo di una lunga serie di attacchi alle mie convinzioni stereotipate di un criminale. L’ispettore era tornato momentaneamente in ufficio quando tu e Aoko-san vi siete quasi beccati una segnalazione nel negozio di giocattoli. Stentavo a credere all’innata fiducia che quell’uomo ha riposto in te, ridacchiava non pensando minimante a una tua cattiva intenzione», stancamente passò una mano sul volto continuando sulla stessa scia «Sapevi di avere un’identità a rischio, ma hai preferito non lasciare sola Aoko-san tenendole compagnia l’intera giornata. Per la prima volta da quando ti conosco hai anteposto apertamente lei al lavoro di Kid».
Kaito controvoglia si ritrovò a dargli ragione, neanche al compleanno della ragazza aveva invertito gli impegni. Ammettere quanto Aoko fosse diventata importante per lui, era un altro cruccio con cui presto avrebbe dovuto fare i conti.
«Non capisco come le vicende personali della signorina possano influenzare il giudizio sulla mia persona, ma sono più interessato a capire come mai improvvisamente hai deciso di raccontarmi tutto».
«Autoconvincimento. Voi due eravate così felici, Nakamori-san mi ha mostrato la foto con quel panda gigante tutto orgoglioso, penso fosse l’unico momento veramente allegro della sua giornata. Aoko-san aveva la stessa gioia oggi pomeriggio, quando mi ha consegnato gli appunti delle lezioni perse insieme ad un regalo» allentò il colletto della camicia in difficoltà, la voce ridotta ad un mero bisbiglio «Tu non sei né bianco né nero, ma un grigio pieno di sfumature che il sistema giudiziario non è in grado di recepire. Dir loro la verità significava rovinare tutto, soprattutto la tua vita».
Saguru si drizzò compostamente senza ricevere risposta, non importava.
Al di sotto della massa di appunti, il piccolo blocchetto in cuoio simboleggiava l’ancora di salvezza in quel mare di critiche dirette e velate ricevute per il suo folle gesto. Si era aspettato una sfuriata per quello sbaglio soprattutto da Aoko, invece lei lo aveva salutato allegramente porgendogli il regalo sorprendentemente suggerito dal ladro. Senza riflettere sufficientemente l’aveva abbracciata apprezzando di cuore quel pensiero inatteso.
«Non ho rimpianti sulla mia decisione se te lo stai chiedendo. La conferma definitiva di non essermi sbagliato l’ho avuta nella tua rinuncia alla rapina di stanotte e al ringraziamento di Aoko-san per non aver accusato te di essere Kid davanti al padre, fomentando inutili sospetti per salvare la faccia. Ho condannato volutamente Nakamori-san ad altre notti insonni e lei mi ha ringraziato, ironico»
Kaito osservò silenziosamente Saguru non vedendolo realmente, cosa gli era saltato in mente? Un maleficio di Akako avrebbe comportato meno cambiamenti e problemi.
«Quindi, ora cosa intendi fare con quel capello?»
«Nulla. L’ho bruciato»
Gli occhi di Kaito si spalancarono man mano che la realizzazione prendeva forma nella sua testa. Doveva essere felice, andar via e festeggiare la distruzione di quell’unica prova capace di inchiodarlo. Eppure, non si mosse.
I suoi piedi rimasero saldamenti ancorati a terra, non per paura di una bugia.
Il rispetto verso il suo ormai ex rivale era giunto a vette inesplorate.
Si schiarì la gola conoscendo già la risposta alla domanda che più di tutte lo faceva sentire in colpa.
«Tantei-kun, hai perso il senno. Cosa dovrebbero pensare i poliziotti di un simile colpo di testa?»
«Sono stato momentaneamente allontanato dalla divisione due, direi che non l’hanno presa bene»
Saguru maledisse la sua lingua, non voleva mettere in risalto il forte rammarico ma in un modo o nell’altro la verità sarebbe venuta a galla «Stranamente Nakamori-san e la sua squadra sono gli unici a non essersi uniti al coro di epiteti, quali: egoista, raccomandato, superficiale e via discorrendo. Me ne farò una ragione, posso sempre continuare a fare l’investigatore in Inghilterra»
Kaito si morse il labbro al limite della frustrazione, Saguru non poteva essersi rovinato la carriera per lui e non provare rimpianti. Seppur figlio del capo della polizia, per molti in primis restava uno straniero da cui ben guardarsi se non si voleva fare brutta figura. Aveva distrutto tutta la credibilità a cui aveva duramente lavorato, in nome di cosa? Nemmeno erano amici.
Una protezione simile l’aveva messa in conto solo da parte di Jii.
«Calmate le acque la faccenda verrà dimenticata, probabilmente tuo padre riuscirà a sistemare le cose» sfortunatamente, non ci credeva pienamente neanche lui.
Saguru ridacchiò fra sé, l’ingenuità del ragazzo era disarmante alle volte «Chissà, non mi rivolge la parola da ieri. Penso si stia preoccupando più della brutta figura fatta con la centrale, grazie al sottoscritto, piuttosto che a un modo per riabilitare la mia posizione. D’altronde fin dall’inizio aveva espressamente detto di non credere fossi in grado di catturarti e scoprire chi fossi. Aveva ragione».
Almeno apparentemente, aggiunse Saguru mentalmente.
Era certo di non essersi sbagliato.
Conosceva suo padre e la scarsa fiducia riposta verso le sue doti investigative nonché eccessiva baldanza. Lo sapeva, eppure il suo orgoglio non aveva retto il colpo. Invano si era ripromesso di restare impassibile davanti ai quei giudizi errati, ma la delusione era giunta ugualmente.
Suo padre aveva passato il loro ultimo tempo insieme a rimproverarlo per la scarsa serietà dimostrata, ogni piccola briciola poteva rivelarsi prova importante.
Dannazione, non poteva credere davvero suo figlio così stupido.
«No, non ha ragione Hakuba-kun»
Saguru sussultò quasi strozzandosi con la sua stessa saliva, non per l’inaspettata consolazione, quanto più per il modo di chiamarlo.
Kid non utilizzava il suo cognome.
Si voltò di scatto afferrando per un soffio l’oggetto lanciato verso di lui. Nel palmo aperto, splendente sotto la luce giallognola, giaceva il monocolo con il piccolo quadrifoglio appeso ad esso.
«Nonostante tu sia un detective mediocre, è lodevole la velocità con cui hai scoperto la mia verità identità»
Saguru sbarrò gli occhi sollevando la sua attenzione verso la figura ammantata, riconoscendo immediatamente la zazzera disordinata libera dall’ingombrante cappello.
«K-Kuroba-kun…»
Kaito strinse la falda del cilindro all’altezza del bacino cercando di calmare il tremito del braccio.
Rivelati, gli aveva detto il cervello. Finché non l’aveva ascoltato attuandola, la scelta era sembrata sensata, non gli piaceva avere debiti e per lui Saguru aveva pagato un prezzo fin troppo alto proteggendolo. Ora però, temeva una ritorsione spiacevole per quella pazzia.
«Qualcuno doveva pur dirti che avevi ragione fin dal primo momento».
«Dovresti dirlo ad Aoko-san, non a me…» il cervello di Hakuba lavorò in una dimensione remota irraggiungibile, catturato dal sorriso enigmatico di Kuroba.
Conosceva con certezza la vera identità del famigerato ladro Kid.
Gettò un occhio alle manette sulla scrivania riponendole nel cassetto, nonostante lo shock della rivelazione quell’alone di tensione del ladro lo aveva recepito.
«Dirlo a lei richiederebbe una gran dose di coraggio, non l’ho ancora trovato. Tu non rischiavi di restare deluso da un tradimento, è diverso...più semplice. In più, dopo la nostra conversazione volevo ricambiare il regalo» Kaito distolse lo sguardo, guardando in diversi punti della stanza prima di aggiungere con una certa ansia «Non intendi arrestarmi vero?»
Saguru avvertì la sua mascella cascare, quel ragazzo era in grado di lasciarlo sempre senza parole.
«No, non mi interessa più. Piuttosto, non hai altro oltre quel completo appariscente?»
Il tempo di uno sbuffo di fumo e Kaito apparve con dei classici vestiti da liceale sotto il suo sguardo scioccato. Impossibile definire dove il travestimento fosse stato nascosto.
«Cosa dovrei fare ora Kuroba-kun?» Saguru sospirò, strizzandosi la guancia nel caso si trattasse di un sogno.
Kaito sorrise divertito gettandosi sul letto come se fosse a casa propria, sprofondando nella morbidezza del piumino «Non lo so».
«Potresti iniziare tu dicendomi il perché dei tuoi furti» il ragazzo si alzò poggiandosi alla struttura del baldacchino, un sopracciglio inarcato all’espressione pacifica del mago placidamente addormentato.
«Ohi Kuroba stai scherzando?» lo scosse più volte per le spalle senza ricevere reazione, Kaito al contrario si sistemò meglio occupando tre quarti del letto. Poteva una persona addormentarsi in meno di cinque secondi parlando? La risposta giunse automatica: sì, se non dormiva da giorni.
«Tu sei un tipo tutto strano Kuroba-kun» sussurrò andando a prendere una coperta, sperando in un briciolo di spazio in cui poter dormire a sua volta. Doveva dargliene atto, l’eccentricità non gli mancava di certo.
Rivelare così il suo più grande segreto e poi crollare addormentato.
Il tocco leggero di Baya sulla porta ruppe il suo flusso di pensieri gettandolo nel panico «Signorino, posso entrare?»
 

 
Le stelle scintillarono sulla tela del cielo notturno.
Kaito continuò ad osservarle, saltando automaticamente sul muretto successivo. Aveva gentilmente declinato l’offerta di Saguru di accompagnarlo a casa per godersi volutamente quella passeggiata solitaria.
Balzò sui secchi dell’immondizia aggrappandosi ai pioli della scaletta esterna di un edificio, sentendosi meno agile del solito. Solitamente evitava di fare quelle acrobazie, soprattutto in vista di un’inaspettata superfice ghiacciata, ma aveva mangiato veramente troppo.
Rise sotto i baffi ripensando alla gioia dell’anziana signora di casa Hakuba.
Saguru lo aveva presentato come un suo amico – dopo averlo beffato per la sua dormita di quasi dodici ore – e Baya era andata letteralmente in estasi alla notizia, scusandosi di non averlo visto entrare la sera precedente. Considerando i pasti saltati il giorno di Natale, aveva spazzolato la quantità industriale di cibo rendendola ancora più felice, ma il tocco finale erano stati i suoi trucchi di magia.
Ricordava vagamente l’osservazione sarcastica del detective sul tentare di rapire la donna.
Inaspettatamente aveva trascorso un’intera giornata con Saguru, fuggendo da una stanza all’altra della casa quando lui andava all’attacco con le sue domande, dandosi alla pazza gioia.
Escludendo il placcaggio nel ripostiglio, dove sotto minaccia di un’alice grigliata – l’unica cosa che aveva rifiutato categoricamente di mangiare, quasi saltando all’estremità opposta del tavolo – era stato costretto a confessare tutta la verità. Quella era stata l’unica occasione in cui avrebbe preferito realmente qualche numerino in meno al quoziente intellettivo del biondino.
«Stupido detective» borbottò giungendo finalmente alla sua destinazione.
In bilico sulla ringhiera di un terrazzo, in linea diretta con la finestra dalle tende bianche puntellate di fiorellini rosa di casa Nakamori. La stanza di Aoko.
Deglutì a vuoto fremendo sul posto, se aveva imparato qualcosa dagli eventi degli ultimi giorni, questa era: la paura di perderla. Su gentile suggerimento – o minaccia ittica in stanzini angusti qualsivoglia – era giunto alla conclusione che se Aoko avesse dovuto conoscere la verità, sarebbe stato lui a dirgliela. Non avrebbe procrastinato nuovamente.
La folata gelida fu un ulteriore invito a non restare fermo in mezzo alla corrente, dandosi la spinta utilizzò gli alberi per raggiungere la finestra della ragazza. Conoscendo a memoria ogni singola venatura del telaio, entrare fu un gioco da ragazzi.
L’appannò delicatamente dopo averla oltrepassata, togliendosi le scarpe memore dell’ossessione di Aoko per la pulizia. L’intento era aspettarla per parlare dopo cena ma il suo orologio biologico doveva essersi rotto, Aoko era beatamente addormenta.
Kaito si avvicinò al letto lasciandosi sfuggire un tenero sorriso alla vista del peluche che stava abbracciando, sembrava così felice.
Ed eccolo lì, il barlume di coraggio morì nuovamente sollevandolo da quel gravoso compito.
Doveva solo scuoterla leggermente ed essere sincero.
Dalla fessura lasciata aperta il leggero soffio del vento mosse le tende e la luce della luna illuminò il volto dei suoi sogni più intimi.
Kaito Kid era un ladro, come tale cercava la gemma dell’immortalità, Pandora, ma in quel momento un gioiello più prezioso giaceva sotto i suoi occhi. E la sua importanza non era decretata da un ipotetico bagliore rossastro, ma da un sentimento più profondo che aveva insediato radici robuste nel corso del tempo.
Delicatamente le dita sfiorarono il volto della bella addormentata, attratte da un campo magnetico invisibile. I raggi argentei illuminarono il loro cammino: dalla fronte diafana, giù per la morbida guancia fino ad accarezzarle le labbra. Soffermandosi su di esse, finì sempre più vicino al volto delicato tanto da scuoterle i capelli respirando.
Non sei venuto qui per questo, mormorò la vocina interiore.
Un suono troppo flebile quanto lontano, Kaito invogliato da quel formicolio familiare allo stomaco, abbandonò ogni pensiero razionale.
Le sue labbra incontrarono quelle di Aoko, un contatto morbido e innocente.
«Sono proprio un ladro» sussurrò amaramente distanziandosi quel poco necessario per respirare.
Le aveva appena rubato un bacio a sua insaputa, e maledettamente non si sentiva in colpa perché era stato lui il primo. In tutto. Il primo bambino incontrato nel nuovo quartiere, il primo amico, il primo bacio… il primo a deluderla.
Sospirò desiderando nuovamente quel congiungimento, in barba ad ogni senso logico che gli diceva di andare via prima di combinare un pasticcio. I sogni recenti avevano stravolto ogni suo buon senso. Immaginare quei momenti, svegliandosi in una realtà diversa non gli bastavano più.
Non dopo aver provato dal vivo quanto un semplice tocco potesse scatenargli il batticuore.
In bilico fra il desiderio e la ragione, il destino scelse per lui.
Aoko mugugnò sollevando le palpebre, scontrandosi con due occhi azzurri fin troppo vicini. Il primo istinto fu di urlare ma una mano sulla bacca glielo impedì, e nonostante la poca forza di quel gesto l’avrebbe presa a morsi se non avesse riconosciuto la voce supplicante di Kaito.
«Ti prego non urlare»
Al cenno d’assenso Kaito sentì il suo cuore esplodere, l’adrenalina del momento svanita gli aveva ricordato di essere stato colto in flagrante. Velocemente ritirò la mano ponendo quanta più distanza possibile fra loro sul letto, il sangue pompato così velocemente da sentirlo scorrere. Sperò che il buio celasse il color rubino della sua faccia.
Al diavolo ogni possibile poker face, non aveva la facoltà di pensare lucidamente.
Aoko si drizzò a sedere completamente sveglia, le visite inaspettate di Kaito nella sua stanza non erano una novità. Un vizio del ragazzo da anni, ma solitamente bussava per farsi aprire quando era sveglia, non le faceva visita nel cuore della notte.
Guardò la finestra socchiusa, probabilmente aveva dimenticato lei di chiuderla, ciò comunque non rispondeva alla muta domanda per quell’insolita vicinanza.
Tornò ad osservarlo, Kaito nel margine opposto del letto rivolgeva uno strano interesse alle pieghe della coperta in una serie di borbottii incomprensibili, nascosto quasi interamente dal cappuccio della felpa.
La sua fantasia stava iniziando a viaggiare fin troppo.
«Kaito…cosa ci fai qui?» il treno per fantasy land sferragliò sulle rotaie quando il ragazzo si bloccò spingendosi indietro con l’intenzione di scendere dal letto, dimenticandosi che il suo era in un angolo e alle spalle c’era il muro.
Disattenzione strana per chi conosceva la stanza a memoria.
Kaito bofonchiò imprecazioni afferrandosi la testa, figura più ridicola non poteva farla.
Strizzando gli occhi per il dolore cercò di accampare una scusa soddisfacente «Ecco io…volevo salutarti! Mi hai chiamato diverse volte oggi e non ti ho potuto rispondere. Non volevo svegliarti, vado via!»
Così dicendo balzò giù dal letto pronto a darsi alla fuga ma la mano di Aoko lo trattenne prima di potersi allontanare di un passo. Assecondando la spinta contraria per non farla cadere si ritrovò seduto sul letto accanto a lei.
«Kaito per favore aspetta… è dalla vigilia che ti comporti in modo strano»
Kaito ridacchiò nervosamente schiacciato dal disagio opprimente, incerto se fosse peggio ammettere di essere Kid o averla baciata di nascosto. Rischiava la morte in entrambi i casi.
Aoko tirò giù il cappuccio della felpa senza incontrare resistenza, seppur non ottenendo un contatto diretto con il suo amico, troppo impegnato a guardare dinanzi a sé.
«Anche se ultimamente ci siamo allontanati, io sono sempre disponibile per parlare…»
Si sporse in avanti titubante, stare da sola con lui comportava sempre quell’ansia spropositata. Aveva riflettuto a lungo la scorsa notte, restando fra le nuvole l’intera giornata rinchiusa nel ricordo piacevole del tempo passato insieme. Suo padre l’aveva seguita tutto il tempo per l’investigatore che era, studiandola come se fosse una criminale alla ricerca di chissà quale segreto. Per quanto l’avesse negato infastidita da quell’atteggiamento impiccione, il suo migliore amico era diventato molto più speciale.
Kaito dondolò le gambe ansioso sospirando malinconico, incapace di avviare un discorso.
Si scostò leggermente per guardarla in faccia, pensando di sembrare proprio strambo per averle fatto assumere quell’espressione preoccupata. Il labbro tremolò impercettibilmente pronunciando il suo nome, serrandosi con vigore l’istante successivo.
«Non posso…non posso dirtelo Aoko» scosse la testa ritraendo la mano sulla quale la ragazza aveva poggiato la sua, non meritava tutte quelle attenzioni.
«Perché?» non demordendo tirò la stoffa della felpa con l’intento di farlo voltare.
«Ti farei soffrire…» Il respiro di Kaito diventò più intenso, poggiò i gomiti sulle gambe torcendosi le mani fra i capelli pregando di essere lasciato in pace. Poteva affrontare quella situazione in maniera più dignitosa, i mezzi li aveva, mancava la volontà.
Aoko avvertì un baratro aprirsi attorno a lei, quell’incubo ricorrente diveniva sempre più reale.
«Ti ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No…non è questo»
«Mi consideri ancora tua amica?»
Kaito commise l’errore di non rispondere istantaneamente, lei era ben altro che una semplice amica ma quel silenzio fu recepito nel modo più sbagliato possibile.
La voce incrinata di Aoko lo fece star male
«Pensavo che dopo l’altro giorno la lontananza tra noi si fosse risolta…»
«Aoko mi hai frainteso, non sei tu il problema» Kaito abbassò le braccia guardandola di sbieco con il senso di colpa crescente.
«No? Non vuoi dirmi qualcosa perché mi farebbe soffrire e non hai risposto alla mia domanda… se hai trovato qualcun’altra migliore di me puoi dirlo chiaramente!» lasciò l’appiglio sulla maglia distanziandosi per nascondere le lacrime formate agli angoli degli occhi.
Kaito alzandosi cercò inutilmente un contatto con lei sbiascicando esterrefatto «Aoko non dire stupidaggini»
«Se non conto più nulla potevi evitare di illudermi l’altro giorno!»
«Non ti stavo illudendo! Quello che ho detto e fatto era sincero!»
«Allora perché non vuoi parlarmi?!»
«Perché se ti dicessi di essere Kaito Kid mi odieresti per il resto della vita!» l’urlo riecheggiò fra le quattro pareti, carico di collera e disperazione.
L’impulso inconscio di confessare aveva vinto.
Kaito tremò dalla testa ai piedi, incapace di domare la spropositata paura di non essere compreso, di essere giudicato e allontanato come un criminale della peggior specie.
Contenne a stento un gemito all’urto delle sue ginocchia con il pavimento, le gambe non avevano retto il peso di quella scomoda verità. Più che finalmente libero si sentiva svuotato di tutte le sue energie, l’aveva vista l’espressione sbigottita e ferita di Aoko prima di crollare.
«Mi dispiace» per quanto sincere, le sue scuse apparivano blande alle sue stesse orecchie.
Ripeté in un crescendo di tono e concitazione quelle due paroline, sempre più incrinate e deboli, conficcandosi le unghie nelle braccia per arrestarne i tremori.
Aveva il disperato desiderio di piangere.
I passi pesanti di Aoko rimbombarono come una condanna allineandosi ai battiti del suo cuore, sempre più vicini finché non si fermarono dinanzi a lui. Alzò timidamente la testa accogliendo in pieno lo schiaffo della ragazza.
Si lasciò sfuggire un unico lamento dalle labbra sforzandosi di ignorare il dolore sulla guancia. Lo aveva meritato.
«Ti odio»
Kaito incassò la gelida affermazione in silenzio, voltandosi lentamente ad osservarla per paura di essere nuovamente colpito. Le lacrime che rigavano il volto di Aoko erano però una punizione peggiore. La certezza di averla persa distrusse l’ultimo barlume di orgoglio che gli era rimasto, gettandolo in un baratro tormentato.
«Lo so che non cambia niente ripeterlo decine di volte ma ti chiedo scusa!» calcò ogni singola sillaba incespicando nelle sue stesse parole per la foga, sforzandosi di non far scivolare via le lacrime premute agli angoli degli occhi.
Non avrebbe pianto per colpire la sua sensibilità.
«Ti chiedo scusa per averti ingannata nell’ultimo anno, per averti riempito di bugie, per averti fatto soffrire, per aver preso in giro l’ispettore deridendolo dei suoi fallimenti quando ero io stesso a causarli. Non mi importa se vuoi prendermi a schiaffi per ogni singolo furto, fallo pure!» Non aveva mai avuto problemi a leggere i sentimenti delle persone, doveva imitare i loro gesti alla perfezione, ma in quel momento Aoko era una maschera di ghiaccio. Continuava a fissarlo dall’alto in basso con i pugni serrati.
«Avrei dovuto metterti al corrente del tutto fin dall’inizio ma avevo paura… no, terrore del tuo odio. Probabilmente l’idea di confessare non mi sarebbe neanche balenata nella mente se la mia identità in questi giorni non fosse stata così in pericolo» era consapevole di star peggiorando la sua situazione ammettendo la sua codardia, ma il pesante tuffo al cuore provato alla vista della catenina regalatale aveva riportato a galla ricordi felici ormai irraggiungibili.
Irraggiungibili, così come la ragazza a poca distanza, istintivamente arretrata di un passo quando aveva allungato una mano in sua direzione.
Abbandonò sconfitto il braccio ancora sollevato, lasciandosi completamente andare ad un sussurro rammaricato «Papà ha viaggiato in mezzo mondo anche durante le feste…fu dopo un viaggio in queste occasioni che mi disse “A natale puoi, fare quello che non puoi fare mai”. Voglio che sia chiaro, avevo in programma di invitarti a trascorrere la viglia insieme ancor prima accadesse tutta la faccenda relativa a Kid, ricordando proprio le parole di papà»
Sottovalutò il groppo in gola ritrovandosi a balbettare, un miscuglio di parole senza senso tanto da far perdere un accenno di intransigenza anche ad Aoko.
Si specchiò negli occhi lucidi della ragazza, racchiudendo nella parte finale del suo discorso quanto di più puro e profondo rimanesse nel suo animo «Ho dovuto aver quasi bisogno di perderti per capire quanto fossi importante».
Kaito arrossì vistosamente, dando voce a quella che sulla base della sua conoscenza, sembrò la dichiarazione più fuori luogo del secolo «La cosa migliore che ho fatto è stata innamorarmi di te».
Niente delle note sviolinate dell’alter ego furono inserite, al contrario, le ultime due frasi incarnavano i suoi veri sentimenti senza la protezione di alcun tipo di maschera. A malapena colse lo stupore sul viso della ragazza prima di essere colpito da un pugno testa. Prevedeva una reazione violenta conoscendo quel temperamento, ma esclusivamente verbale l’avrebbe preferita.
«Bakaito!» l’urlo gli perforò un timpano mentre raggomitolato su stesso cercava di contenere il dolore «Non puoi dire questo ad Aoko così all’improvviso!»
Kaito sussultò sorpreso, da quanto non la sentiva parlare in terza persona? Sollevò il capo trovandola seduta davanti a lui, il volto arrossato in un misto di rabbia e imbarazzo.
Suo padre probabilmente si stava rivoltando nella tomba, lui aveva fatto la splendida dichiarazione a sua madre – con particolari cangianti ad ogni racconto della donna, comprese osservazioni fisiche di cui avrebbe fatto volentieri a meno – gettandosi in volo dalla Tour Eiffel ricevendo un bacio in risposta; lui aveva confessato i propri sentimenti seduto su uno scomodo pavimento, dopo averla fatta piangere per l’enorme delusione ricevendo un pugno in cambio.
Decisamente non aveva eredito il tocco magico in quell’ambito.
«So che non era il momento più adatto considerando il tuo odio per me…ma non so quando mi avresti dato una nuova possibilità di parlarti»
«Tu sei un completo deficiente» guardò incerto lo sbotto della ragazza, mancava la venatura tagliente in quell’offesa sussurrata «Non mi hai fatto finire prima, ti odio perché non hai avuto fiducia in me. Credi davvero non avessi capito che fossi tu Kid?».
Kaito rimase impietrito, il suo volto scioccato parlò per lui.
«Potrei non averlo pensato soprattutto all’inizio, ma Hakuba-kun ha iniziato a fare le sue insinuazioni fermamente convinto e tu sei diventato sempre più sfuggente…Hai smesso persino di fare trucchi magici appariscenti, limitandoti a delle semplici rappresentazioni d’intrattenimento. Però, il sospetto è diventato convinzione quando mi hai salvato dalle schegge di vetro della teca durante il furto della statua di Buddha»
Aoko sorrise amaramente giocherellando con il ciondolo della catenina «La tua voce seppur leggermente modificata, i tuoi gesti, il modo in cui respiravi, il tuo odore… tutto riconduceva a te. Ti conosco da anni, per quanto una persona tenti di imitarne un’altra non può conoscere tutto, a maggior ragione improvvisando» indicò il cellulare sul comodino «Hai registrato con quello no? Il codice di sblocco del mio telefono non credo rientrasse negli studi di Kid».
Kaito capì immediatamente il significato di quelle parole, il codice lo conoscevano solo loro due. Lo avevano inserito per scherzo quando l’ispettore aveva iniziato a curiosare in giro, convinto che la figlia avesse trovato un fidanzato e cercare il nome negli archivi penali.
«Avrei voluto credessi in me, pensavi che non avrei capito?» gli occhi di Aoko si riempirono di lacrime per l’ennesima volta «Diavolo Kaito, parliamo di te! Ci siamo sostenuti a vicenda da quando avevi sei anni! Siamo praticamente cresciuti insieme! Mi sarei arrabbiata, come del resto lo sono ora, nel conoscere la verità. Stai infrangendo la legge rischiando di andare in prigione…ma, prima di giudicarti avrei aspettato di conoscere i motivi. Perché tu non sei stupido come vuoi far credere, non avresti assunto le sembianze di un fantasma morto da otto anni per puro divertimento!»
Il senso di colpa di Kaito crebbe in maniera esponenziale, strattonato ad ogni esclamazione dalle mani di Aoko serrate attorno a dei lembi della felpa.
L’aveva ferita più di quanto pensasse.
«Non volevo metterti in pericolo…allo stesso tempo però, non volevo scoprissi la verità da estranei» Kaito le bloccò le mani sulla maglia stringendole fra le proprie, aggiungendo tristemente in una flebile ammissione «Lo hai detto anche tu, sono passati otto anni dalla sua ultima apparizione»
Il sorrisetto sghembo contrastante con l’azzurro acquoso colmarono l’incertezza di Aoko derivata da quell’affermazione, quell’espressione addolorata si manifestava solo in un caso specifico.
«Toichi-san? Non dirmi che…»
«Sì, lui era il primo Kaito Kid…lo è stato finché non lo hanno ucciso durante quello spettacolo»
Ucciso, quel termine saltellò da un angolo all’altro del cervello di Aoko. Toichi era morto a causa di un incidente, per un errore, Kaito lo sapeva…eppure non riuscì a considerarlo un vagheggiamento. La sicurezza del suo amico convinse anche lei.
Kaito lasciò scivolar via le mani della ragazza quando ella iniziò a divincolarsi, aspettandosi di essere definito un pazzo visionario, non un abbraccio. Aoko l’aveva avvolto delicatamente attirandolo a sé, facendolo arrossire leggermente trovandosi schiacciato contro il morbido petto.
Si abbandonò al piacevole calore, cullato dalle dita che gli accarezzavano i capelli.
«Non pensare ti abbia perdonato… »
Annui consapevole della difficoltà della sua prossima impresa, avrebbe fatto di tutto.
«In primis, dovrai dirmi il motivo dietro i tuoi furti»
Per la seconda volta quel giorno raccontò tutto ciò che riguardava l’organizzazione, gli esiti della ricerca di Pandora e la volontà di catturare gli assassini di suo padre. L’unica differenza era la situazione in cui si era trovato a spiegarlo, perché anche lo scetticismo iniziale sulle proprietà magiche della pietra e il suggerimento di rivolgersi alla polizia ebbero la stessa risposta da parte di entrambi. Nonostante quello, preferiva di gran lunga restare accoccolato sul seno di Aoko al terrore seguito dai suoi strilli ogni qual volta il detective valicava la distanza di sicurezza brandendo l’essere immondo.
Le parlò anche degli esiti recenti del suo rapporto con Hakuba, di come il detective britannico lo avesse difeso di spontanea volontà, e la sua amica non ne sembrò particolarmente sorpresa.
Al termine del racconto Aoko aveva chiaramente espresso il forte desiderio di prenderlo a schiaffi per la sua idiozia, sottolineando quanto quella missione fosse pericolosa per lui e suo padre. Fu al nome dell’ispettore che Kaito sembrò risvegliarsi dalla catalessi, ricordandosi di un altro abitante dell’abitazione.
«Aoko hai drogato tuo padre o cosa? Abbiamo urlato più volte e non si è svegliato»
Lo scappellotto di Aoko arrivò sulla nuca, e per la sua incolumità evitò dire come quel gesto gli facesse piacere considerando la meta della spinta.
«Io non addormento le persone a loro insaputa, papà è uscito a bere con dei colleghi di lavoro. Sappi che al di là delle tue rimostranze prima o poi dovrai dirlo anche a lui»
«Sei così sicura non tenterà di uccidermi?»
«No. Però, al massimo dopo averti preso a sberle e digerito la delusione, potrebbe legarti ad una sedia assicurandosi che tu non possa scappare resistendo all’impulso di farti fuori»
Un brivido corse lungo la schiena di Kaito «Incoraggiante»
«Non avrebbe tutti i torti, neanche io ho pienamente perdonato le tue bugie. Ti ci vorrà ben altro»
«Lo so»
«Tipo…accompagnarmi all’acquario»
Quando il cenno di assenso giunse Aoko si allontanò di scatto osservandolo scioccata.
Kaito si grattò la guancia imbarazzato «Se serve a farmi perdonare posso provare a non urlare in mezzo a quelle vasche piene di p…p…p-esci»
La ragazza rifletté sull’ipotetico scenario finale della visita; se non riusciva nemmeno a pronunciarli come minimo avrebbe dovuto ricorrerlo per tutta la struttura vedendoli nuotare allegramente. Non lo disse apertamente ma apprezzò il sol pensiero di sacrificio.
Ricambiò il timido sorriso di Kaito, sfortunatamente per lei non sarebbe riuscita a mantenere a lungo il broncio. La punta di rancore per quella bugia piuttosto vivida, si sarebbe affievolita fino a scomparire del tutto con il passare del tempo. Per quanto ci provasse a negarlo, l’affetto superava l’odio. Lui d’altro canto aveva taciuto la verità per proteggerla, e la strampalata dichiarazione non l’aveva dimenticata.
«Kaito…Prima dicevi sul serio?» il ragazzo la guardò confuso incrociando le gambe «Intendo…quando hai affermato: La cosa migliore che ho fatto è stata innamorarmi di te».
Kaito continuò a roteare i lacci del cappuccio arrossando leggermente, improvvisamente interessato al quadro alle spalle della ragazza «Sì…» il magone in gola nell’ aver messo in gioco ogni segreto rimanendo completamente scoperto.
I lacci finirono attorcigliati nella forma di un fiore in pochi passaggi automatici senza che il proprietario se ne rendesse conto, piuttosto impegnato a racimolare un’ultima ondata di coraggio «Non era una bugia, penso davvero tu sia una persona meravigliosa».
Aoko si sistemò una ciocca di capelli a disagio, Kaito si era spinto più vicino martoriando quasi a sangue le labbra screpolate «Sono stato un’idiota a definirti un maschiaccio per tutto questo tempo, sarai pure violenta nelle tue reazioni ma sai essere anche dolcissima…e sinceramente non pensavo avresti mostrato tutta questa comprensione nei miei confronti, mi immaginavo già in un angolo a contorcermi dal dolore»
La ragazza si limitò a fissarlo indispettita per non dargliela vinta, stava per colpirlo di nuovo in testa.
Kaito sorrise trovandola ancor più adorabile avvicinandosi maggiormente, notando con piacere di non essere ostacolato, il respiro corto a pochi centimetri dal suo viso «Ti trovo veramente carina, mi sono innamorato di te per come sorridi, per come ti arrabbi, per come non mi hai ancora considerato un caso perso dandomi una seconda possibilità…per la tua purezza, non dimentichiamo il modo sensuale con cui indossi la tua biancheria intima».
Kaito bloccò la mano pronta a colpirlo senza guardare, congiungendo la bocca con quelle di Aoko in un casto bacio a fior di labbra. Pronto ad accettare la sua fine dolorosa si sorprese non poco quando il gentil tocco venne ricambiato. Le lasciò il polso spostando entrambi le mani sulle guance, accarezzandole mentre assaporava ogni centimetro delle labbra della ragazza.
Si staccò da lei solo per riprendere fiato, le capacità cognitive annebbiate dal desiderio di baciarla di nuovo. Aoko gli avvolse le braccia attorno al collo e lui ne approfittò per trascinarla con sé a terra, abbracciandola stretta, smorzando la rimostranza nell’unico modo che conosceva.
La baciò di nuovo chiudendo gli occhi, quella vicinanza utile a convincersi di non star sognando ancora una volta. Il desiderio di averla sempre più a contatto con il suo corpo aveva completamente ottenebrato la ragione, tanto da ascoltare distrattamente il mugolio soffocato di Aoko contro la bocca «Mi piaci anche tu Kaito».
Abbandonò le sue labbra con il respiro mozzato, accentuato dal cuore esploso in un incessante ritmo frenetico, Le punte dei capelli bruni scompigliati gli solleticarono la pelle, incorniciando il viso arrossato della ragazza sopra di lui illuminato brevemente dai fari della macchina rientrata nel vialetto.
Aoko a malincuore guardò verso la finestra mormorando «Dobbiamo aver perso la cognizione del tempo se papà è rientrato, devi andar via prima che entri in casa».
Kaito per tutta risposta le bloccò le gambe con le proprie adagiandola stretta contro il corpo.
«Chi se ne importa, io non ti voglio lasciare ora» allungò le mani su e giù per la schiena rapendola di nuovo in un caldo bacio sbiascicando divertito «Prima o poi dovrà scoprire chi ha rubato il suo prezioso tesoro».
Aoko gli morse le labbra irritata facendolo scoppiare a ridere «E chi ti dice tu sia riuscito a rubarlo? Per una dichiarazione degna di te mi aspettavo almeno una rosa».
Il tentativo di punzecchiarlo fallì miseramente, Kaito le rispose con uno sguardo malizioso e tono provocatorio «E chi ti dice io non l’abbia regalata?».
In un attimo si ritrovò nuovamente seduta, voltata in direzione dello specchio.
Sorpresa allungò la mano sulla testa, dove il suo riflesso indossava una rosa cremisi. Raccolse lo stelo nel momento esatto in cui suo padre aprì la porta.
«Aoko, sei ancora sve-… cosa fai seduta lì a terra?» la ragazza sussultò alla domanda voltandosi freneticamente alla ricerca di Kaito per inventare una scusa coerente, senza trovarne la minima traccia. Si era volatilizzato nel nulla.
L’ispettore inarcò scettico un sopracciglio allo strano comportamento della figlia, dopo essersi guardata intorno era scatta in piedi gesticolando a vuoto con un sorriso agitato.
«Nulla! Stavo andando in bagno e sono inciampata, la solita imbranata!»
Nakamori annui perplesso intontito dal troppo alcool ingerito, pensò di aver sognato il fiore rosso fra le mani di Aoko finché non lo aveva osservato una seconda volta.
Sbuffò esasperato passandosi una in faccia brontolando «Gli avrò detto mille volte di non usare la tettoia come rampa di lancio per arrampicarsi ed entrare, le porte sono state inventate per un motivo», afferrò il pomello della porta aggiungendo «Avvisa Kaito-kun che se non si fa passare il vizio di arrivare alla tua finestra gli faccio trovare il davanzale elettrificato».
Aoko annui confusa augurando la buona notte al padre, restando totalmente sola al centro della stanza. Controllò la finestra perfettamente sigillata chiedendosi quante volte era riuscito a entrare senza che se ne accorgesse, gettandosi infine sul letto sorridendo al soffitto.
Avrebbe dovuto avvisare il suo ragazzo di portarsi guanti in gomma isolanti alle prossime visite.
Kaito appeso a testa in giù sotto il davanzale trattenne una risata rischiando di perdere la presa. Paradossale come contro Kid non usasse metodi violenti ma contro di lui l’ispettore non si facesse problemi.
Nella sua visione sottosopra esaminò il cielo stellato cogliendo il passaggio di una stella cadente, chiuse gli occhi esprimendo l’unico desiderio rimasto irrealizzato: trovare Pandora.
Sorrise fra sé con rinnovata speranza mandando un bacio verso il cielo, augurando un buon Natale – anche se in ritardo – ad un’altra persona speciale.
I consigli di suo papà a distanza di anni lo avevano aiutato ancora una volta.
Ripensò alla strega e al detective, a Natale potevano esser fatte veramente cose che negli altri giorni venivano tralasciate.
Ghignò serafico lasciandosi investire dal vento, con l’aiuto di quei due trovare il gioiello maledetto non sarebbe stato poi così difficile.
L’ultimo pensiero di Kaito infine fu destinato unicamente ad Aoko.
Chiuse gli occhi rivivendo nella mente gli attimi precedenti con un sorriso dolce. Poteva già sentir la mancanza di non avere più il suo corpo fra le braccia, il desiderio di baciarla nuovamente per rendere palpabile il ricordo, l’amore crescente provato per lei che nonostante le sue menzogne continuava a stargli accanto.
Lei era un fuoco d’artificio esploso nell’anima.
Io non ti voglio lasciare ora.
Sbarrò gli occhi al ricordo di quella frase, rammentando solo in quel momento di averla pronunciata ad alta voce e di aver bloccato Aoko addosso a lui. Si coprì la faccia vergognandosi enormemente, dandosi subito dopo dell’imbecille.
Aveva lasciato l’unico appiglio che lo manteneva ancorato al davanzale.
Cadde rovinosamente sulla tettoia sottostante, scivolando a causa della coltre bianca incapace di aggrapparsi ad alcunché fin nel cortile dell’abitazione.
La sua corsa terminò nel cumulo di neve addossato all’abitazione.
Perlomeno era atterrato sul morbido.
 
 
 
 
*Incrocia le dita speranzosa di vedere arrivare qualcuno alla fine*
Ed eccoci qui, se sei arrivato fino alla fine hai la mia stima! <3
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto questa storia, proveniente da un’idea casuale vagante poi trasformata ed elaborata in un risultato finale di cui ancora mi sorprendo.
Mi scuso con tutti colore che aspettavano un aggiornamento alla long fiction (arriverà sicuramente l’anno prossimo perché non manca molto per concluderla) ma Natale era alle porte, non potevo posticipare la pubblicazione xD
Passando alla storia, le note questa volta sono veramente brevi.
Volevo precisare che in Giappone il Natale non è festività nazionale; scuole, edifici pubblici e negozi sono aperti normalmente e il piatto tipico è il pollo fritto. Particolarmente sentita è invece la vigilia, che per intenderci è vissuta come il nostro San Valentino.
La mia speranza è quella di essermi mantenuta il più fedele possibile al loro modo di viverlo.
Per quanto riguarda invece il numerino nel testo:
1) Purikura: sono cabine fotografiche in genere situate in sale giochi che stampano e permettono di ritoccare foto, alle volte tematizzandole a seconda della diversa cabina che si sceglie.
Concludo il tutto augurandovi un felice Natale nonché anno nuovo, ringraziando il fandom di aver accolto in maniera positiva le storie pubblicate in questi dodici mesi.
Un enorme bacio a tutti ♥
Aky
 
Ps: a Natale si è tutti più buoni, lasciatemi un vostro parere, qualunque esso sia <3
 

 
   
 
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