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Autore: queenjane    25/12/2019    2 recensioni
I Romanov e i loro Natali.. dal testo "Bacche di agrifoglio che ornavano le composizioni che la granduchessa Olga faceva quell’anno, candele di cera d’api, di varie grandezze scalate, munite di quella pianta e nastri e foglie di elleboro.
L’albero di Natale nel salone principale, era magnifico, alto e decorato in modo stupendo, profumava di resina, dei biscotti appesi, come le arance e i mandarini, di non minore bellezza quelli più piccoli per i bambini.
E la neve cadeva abbondante, era stupendo anche solo passeggiare, nelle pause, mentre i rami degli alberi spogli del parco imperiale si stagliavano contro il cielo come braccia di ballerini pronti a un giro di danza
La messa solenne, i pasti, lo scambio dei doni, una mano stretta, ero bello magnifico, facemmo pupazzi e battaglie con la neve, sorvegliata speciale Anastasia, che una volta in una palla di neve aveva messo un sasso, colpendo Tatiana.
Voleva essere uno scherzo, per poco non terminò in tragedia, che la prese in testa.
Azzurro, calore, senso di appartenenza, che torna solo nel rombo del tempo passato.
Tears in heaven" Il secondo capitolo è un frammento di Catherine.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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A partire dal 1904, la famiglia dello zar Nicola II usava passare il Natale a Tsarskoe Selo. Era meno “lussuoso” rispetto alle grandi celebrazioni della Pasqua, ma era una grande occasione di festa al Palazzo di Alessandro, dimora della famiglia imperiale, che usava scambiarsi regali e decorare un abete, al pari di ogni famiglia in Russia. In particolare, la zarina Alessandra usava decorare i vari abeti del palazzo e scegliere i doni per ogni membro dell’entourage.

Le principesse imperiali usavano creare regali per i loro parenti con le proprie mani, in genere lavoretti di cucito.  
La più grande era Olga, Nicoleevna, nata nel 1895, a distanza di due anni ciascuna, erano giunte le sue sorelle, Tatiana, Marie e Anastasia, nel 1904, in agosto, infine, Alexey, l’erede della dinastia.
Una volta, la piccola granduchessa Olga fece una presina per suo padre, con ricamato un piccolo bollitore che cantava sul fuoco, circondato da una cornice ricamata in azzurro, la ragazzina era decisamente entusiasta della sua creazione. E glielo consegnò dicendogli “ La Tata temeva che non ti sarebbe stato di grande utilità, ma puoi sempre metterlo sul tavolo e usarlo come tovaglietta o appenderlo al muro come un quadretto, guarda che cornice graziosa ha intorno”         
 Ancora bambina, Olga paragonò, una volta, sua madre a un albero di Natale, suntuoso e bellissimo, tanto era splendida, adorna di gemme, pronta per un ballo.
 A lovely Christmas’s tree.

Quando Alexei, lo zarevic, crebbe la sua malattia, l’emofilia, divenne subito evidente. Ogni urto poteva essere fatale. E il morbo era trasmesso dalla madre al figlio maschio, la zarina viveva sotto il peso costante della colpa e dell’ansia, si spezzava le ossa e il cuore in quella odissea. In silenzio, la ricordo alle volte, esclamava “Non sto bene”, il viso leggiadro atteggiato in una smorfia di dolore, il collo ornato di perle, poteva essere splendida, ieratica ed era l’immagine dello smarrimento.. Prima di sposare lo zar si chiamava Alice ma non aveva vissuto in nessun paese delle Meraviglie.

Il Natale del 1913 fu splendido, l’ultimo, in tempo di pace, meno male che gli dei non avevano concesso il dono della preveggenza.
Bacche di agrifoglio ornavano le composizioni che la granduchessa Olga faceva quell’anno, candele di cera d’api, di varie grandezze scalate, munite di quella pianta e nastri e foglie di elleboro.
L’albero di Natale nel salone principale, era magnifico, alto e decorato in modo stupendo, profumava di resina, dei biscotti appesi, come le arance e i mandarini, di non minore bellezza quelli più piccoli per i bambini.
 E la neve cadeva abbondante, era stupendo anche solo passeggiare, nelle pause,  mentre i rami degli alberi spogli del parco imperiale si stagliavano contro il cielo come braccia di ballerini pronti a un giro di danza, mentre il sole tramontava, il cielo che assumeva le tinte delle rose sul punto di fiorire.
La messa solenne, i pasti, lo scambio dei doni, una mano stretta, ero bello magnifico, facemmo pupazzi e battaglie con la neve, sorvegliata speciale Anastasia, che una volta in una palla di neve aveva messo un sasso, colpendo Tatiana.
Voleva essere uno scherzo, per poco non terminò in tragedia, che la prese in testa.
Azzurro, calore, senso di appartenenza, che torna solo nel rombo del tempo passato.
Tears in heaven.


E vennero quindi gli anni della guerra, dal 1914 in avanti, vennero proibiti gli alberi di Natale, che l’usanza era troppo tedesca e non era d’uopo, considerato che la Germania era il nemico.
Nel 1917 i Romanov erano in esilio a Tolbosk, dopo l’abdicazione dello zar in marzo e cinque mesi agli arresti domiciliari al Palazzo di Alessandro, Tolbosk in Siberia a partire da quel mese di agosto.

Il freddo, il gelo, la temperature giunse a 56 gradi sotto zero, la casa del Governatore, loro dimora, era una perenne ghiacciaia. Brividi su brividi, il salotto, che era la stanza più calda della magione, superava di rado i sette gradi, le correnti penetravano dagli spifferi delle finestre. La zarina aveva le dita così rigide che appena riusciva a muoverle, le toccò togliersi gli anelli che ostacolavano la circolazione, compresa la fede e l’anello matrimoniale, con la perla rosa che portava da quasi un quarto di secolo. Cercava di lavorare a maglia, calze per la famiglia o di rammendare i vestiti, erano pieni di buchi.
Lo zar portava dei pantaloni rattoppati e le sorelle Romanov si arrangiavano con la loro biancheria logora, pur se i loro mantelli di lana grigia e i berretti d’angora rossi e neri erano all’ultima moda.
 
E la vita era monotona,dura il tedio infinito abitava i giorni invernali, Alessandra insegnava il tedesco alle sue figlie, portava gli occhiali, leggendo i suoi libri di preghiere, la Bibbia e le orecchie erano sempre buone, la chiamavano la “Nemka Bliad”, la puttana tedesca, un epiteto di imperitura memoria.
A novembre 1917, in via teorica vi sarebbero dovute essere delle elezioni, invece il Governo Provvisorio venne rovesciato, i bolscevichi presero il potere  per una combinazione di circostanze favorevoli. Il 7 di quel mese, appunto, Kerensky aveva lasciato il Palazzo d’Inverno (sede del suo potere, come, ai tempi, per gli zar) e si diresse verso il fronte, cercando di raccogliere truppe fedeli. I ministri rimasti erano protetti da un gruppo di cadetti e un battaglione di donne soldato. Al di là della Neva, l’incrociatore Aurora issò le bandiere rosse e puntò i cannoni contro il Palazzo. I bolscevichi, molto per caso, occuparono le stazioni, le banche, l’ufficio postale, i ponti e la centrale dei telefoni. L’8 novembre i ministri rimasti si arresero, il governo provvisorio cadde, ecco la seconda rivoluzione.
L’evento di cui sopra non produsse cambiamenti de facto nella vita dei Romanov, se non molti mesi dopo.
Da una lettera di Olga Romanov alla principessa Fuentes, sua amica, del 18 novembre 1917 “ e l’ombra di Patroclo appare accanto ad Achille, ti suona famigliare? Ho ripreso Iliade, Odissea e compagnia, leggo molto, e, intanto scrivo le scene da imparare, sai che mettiamo su delle commedie, teatro russo e repertorio edoardiano. Marie, Anastasia e Aleksey ne sono entusiasti. (..) Ogni tanto ad Aleksey si gonfia il braccio, la gamba, ma non ha dolori (..) Spesso il brutto tempo  impedisce di fare passeggiate, una grande privazione (..) Ti invio il menu del mio compleanno..Un abbraccio Cat, sempre Tua Olga ps sono viva e tremo..PPS prepareremo l’albero di Natale in un angolo della sala da ballo, ma non abbiamo molte decorazioni.. 
 
Quegli occhi azzurri spenti, abitati dal buio e dalla paura, un mare in burrasca, aveva paura e continuava a sognare, senza rimedio.
 
Lezioni, preghiere, giochi a carte e la sera commedie, per passare il tempo e sovrastare la noia..Una sera, a Tolbosk, Anastasia era il protagonista maschile di una commedia edoardiana, dal brillante tono, "Fare i bagagli", alla fine doveva voltate la schiena al pubblico, aprire la vestaglia e dire che, avendo già messo i pantaloni in valigia, non poteva andare.. Voltandosi, sollevò per sbaglio il lembo della vestaglia fino alla vita, mostrando  cosce e fondoschiena ben paffuti coperti dai mutandoni di lana di suo padre... Risero tutti, di cuore, zarina  compresa, Anastasia arrossì come una fragola scarlatta e matura.

Dalle lettere, ancora “Mia cara, grazie..E’ difficile non vedersi, certo ci incontreremo di nuovo in tempi migliori. .. Viviamo in quiete, senza troppa tensione, i giorni passano veloci, le lezioni  e le passeggiate, il pranzo al piano terra, in genere Alessio mangia con Mamma, loro due soli (..) Lezioni e tea time... ti bacio teneramente, ti voglio bene T.” 
” Aleksey cresce di statura da un mese all’altro, Cat, gioca con l’arco e le frecce che gli ha costruito tuo marito Andres, io e Tata siamo  sempre più magre, Anastasia si lamenta di essere diventata un elefante, la vita larga e le gambe grasse, come era Marie, che ora sta diventando una vera e quieta studiosa. Mia madre esce poco, per il maltempo, il cuore le causa dei problemi,ancora, le sue solite palpitazioni,  ormai ha tutti i capelli grigi.. Trova conforto nel leggere la Bibbia e i libri di devozione, papa ci legge spesso, la sera, a voce alta. Sempre Tua Olga Ps scrive il tuo viziato principino, Cat, ogni giorno prego di rivederti, Aleksey alias il tuo piccolo principe”
Un Natale in esilio, una costante umiliazione, i Romanov alla gogna.
Segnalibri fatti con nastri di seta, acquerelli, guanti, sciarpe, cappelli e  quaderni rilegati furono i regali, uno, in particolare,  rilegato di seta rosa con la dedica “Alla mia cara mamma”, fatto dalla figlia Tatiana fu l’ultimo diario della zarina. La mattina di Natale i Romanov, scortati da due file di soldati, giunsero alla chiesa alla fine della strada, una messa speciale, alla fine della liturgia il sacerdote  pregò usando i loro titoli imperiali, stralciarti dalla liturgia ortodossa, in luogo dei nomi di battesimo, un omaggio traslato che gli impedì di recarsi ancora in chiesa. L’incidente ne amareggiò la prigionia, il confino divenne ancora più stretto, gli occhi di Olga diventarono blu, immobili, come dei sassi.


Nel 1918 nulla che erano tra i morti.
 
 
   
 
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