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Autore: funny1723    25/12/2019    0 recensioni
Dal testo:
"Patroclo svoltò in rue St.Jacques quasi correndo. La festa ormai doveva essere iniziata da più di un’ora e anche se aveva sempre visto lo scorrere del tempo come una cosa di relativa importanza, sapeva che Briseide non avrebbe perdonato il suo ritardo tanto facilmente."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Achille, Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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ON IRA


 






Oh qu'elle est belle notre chance
Aux milles couleurs de l'être humain
Mélangées de nos différences
A la croisée des destins









Patroclo svoltò in rue St.Jacques quasi correndo. La festa ormai doveva essere iniziata da più di un’ora e anche se aveva sempre visto lo scorrere del tempo come una cosa di relativa importanza, sapeva che Briseide non avrebbe perdonato il suo ritardo tanto facilmente. O almeno non quella sera.
Gli sembrava già di sentire la sua voce, resa roca dall’irritazione, mentre lo sgridava per essere arrivato in ritardo alla festa di Natale ( soprattutto visto che quell’anno era stata anticipata di tre giorni proprio per lui).
Cercò di affrettare maggiormente il passo, anche se ormai aveva già un’andatura quasi militaresca. Sospirando si chiese come avrebbe mai potuto spiegare a Briseide il perché aveva fatto tanto tardi. Dopotutto non poteva certo dirle che aveva passato più di tre ore davanti lo specchio a maledire le occhiaie scure che giorni relegato in biblioteca gli avevano gentilmente regalato. O che aveva quasi avuto una crisi isterica quando aveva scoperto che il suo maglione preferito, quello che lo faceva apparire più alto, aveva un buco sul gomito.  Anche perchè una confessione del genere avrebbe portato ad una marea di domande a cui Patroclo non era decisamente ancora pronto a rispondere. Soprattutto visto e considerato che tutte le risposte coincidevano casualmente con il nome di una suddetta persona.
Scosse la testa, dandosi mentalmente dell’illuso. Cristo, a volte era così patetico che si imbarazzava di se stesso. Era un filosofo, perdio, un uomo di lettere, un intellettuale, come poteva una stupida cotta riportarlo allo status mentale di un adolescente con gli ormoni a palla e il cervello non più grande di una nocciolina? Sin dall’inizio dei tempi la filosofia vedeva l’amore come una delle forze motrici del cosmo, eppure Patroclo non aveva ancora trovato un solo filosofo che parlasse di quanto effettivamente un’infatuazione – soprattutto se non ricambiata – potesse allontanare l’uomo dalla trascendenza spirituale.
Arrivò davanti al Jardin du Luxemburg con il sudore che gli imperlava la fronte e i polmoni che gli andavano a fuoco. Doveva assolutamente smettere di fumare.
A due porte di distanza dalla casa di Briseide, in rue d’Assas, si ritrovò bloccato da un gruppo di bambini, che sorridenti e con le guance arrossate dal freddo, gli chiesero se voleva che gli cantassero qualcosa di speciale. Patroclo stava per declinare l’offerta, certo che un solo minuto di ritardo in più gli sarebbe costato la testa, quando qualcuno alle sue spalle rispose per lui.
“Have yourself a merry little Christmas sarebbe perfetta.”
Patroclo trattene il fiato, mentre un brivido gli attraversava la schiena. Conosceva quella voce. Profonda e calda e dall’accento tipicamente straniero. La classica voce vellutata e sublime in grado di far venire le palpitazioni ad una suora.
Chiuse gli occhi, cercando di darsi un contegno.
Quando si voltò, si ritrovò faccia a faccia con la causa di ogni suo tormento, l’oggetto più segreto del suo desiderio. L’incarnazione dell’Eros e dell’Agape in un solo essere. Achille.
Deglutì a vuoto un paio di volte, nel vano tentativo di sembrare un essere umano e non una macchina andata in tilt a causa di un sovraccarico energetico.
Achille gli sorrise, con quel suo maledetto sorriso a metà fra l’umano e il divino.
“Resti a farmi compagnia? Sono sicuro che Briseide ti perdonerà qualche altro minuto di ritardo.”
Patroclo annuì spaesato, mentre Achille gli si faceva più vicino. Come poteva un essere umano essere tanto bello? E il suo odore, diamine, era come una droga. Un misto fra muschio selvatico e cannella. Involontariamente si ritrovò a chiedersi se la sua pelle avesse lo stesso sapore. Si chiese se il sapore gli sarebbe rimasto sulle labbra se lo avesse baciato sul collo o sul petto o…
“Hai freddo?”
Achille lo guardava con un sopracciglio alzato ed un sorrisetto malizioso sulle labbra.
“Hai la faccia bordeaux”
Patroclo, se possibile, arrossì ancora di più. Beccato.
“Io, ehm, ho corso.”
Bravo, fagli capire che oltre ad essere un depravato non sei neanche atletico. Vai alla grande ragazzo, di sicuro ora ti cadrà davanti ai piedi.
Achille sorrise di nuovo, mentre le voci dei bambini si acuivano sulle ultime note della canzone. Cavolo. Solo in quel momento Patroclo si rese conto di non averne ascoltata una sola nota. Da quanto erano fermi lì? Nell’oscurità della notte, gli undici rintocchi di Notre Dame fendettero l’aria e il cuore di Patroclo per poco non si fermò. Ora sì che era nei guai.
“Briseide mi ucciderà.”
Le parole gli uscirono di getto e ancora una volta si trovò a maledirsi da solo per il patetico tono piagnucoloso con cui le aveva pronunciate. Achille gli diede un colpetto di incoraggiamento sulla spalla e, ringraziati i bambini, iniziò ad incamminarsi verso casa. Patroclo gli andò dietro, pregando mentalmente ogni dio perché Briseide fosse clemente.
Mentre si trascinava per l’ultimo tratto di strada, notò che Achille camminava con la sicurezza e il portamento tipici di un eroe da romanzo.
Ovviamente. Figurarsi se non è bellissimo anche mentre fa le cose più basilari.
Era così concentrato sul modo in cui i muscoli delle spalle gli si contraevano ad ogni passo, creando un movimento più ipnotico del canto di una sirena, che non notò i gradini delle scale d’ingresso finchè non ci sbattè contro. Quello che accadde dopo fu una confusa mescolanza di imprecazioni, risate (ovviamente di Achille) e maldestri tentativi di rimettersi in piedi. Maledetti lui e la sua stupida goffaggine. Perché certe cose non gli capitavano mai quando era da solo? Perché doveva sempre mettersi in situazioni così imbarazzanti da solo? A volte si convinceva di essere stato maledetto da una qualche divinità arcaica, magari Zeus o uno dei tanti dei che si ritrovavano nei poemi epici.
Achille gli porse una mano e prima di poter anche solo pensare di darsi la spinta per alzarsi, Patroclo si ritrovò in posizione eretta e con il viso dell’altro ad un soffio di distanza. Non aveva mai notato quanto azzurri fossero i suoi occhi prima. Ricordavano eterne distese di ghiaccio, il miraggio di un eden misterioso e perfetto. Per un attimo, Achille gli parve più simile ad una statua greca che ad un uomo e si ritrovò a domandarsi se tanta bellezza non fosse una condanna. Dopotutto la perfezione spesso era compagna della solitudine.
Quando si rese conto di stargli ancora stringendo la mano fece per allontanarsi, ma anziché lasciarlo andare, Achille lo attrasse ancora più vicino a sé e prima che potesse rendersene conto si ritrovò a baciarlo. All’inizio fu più che altro un leggero sfiorarsi di labbra, un contatto quasi impalpabile ed effimero. Poi, sentì la lingua di Achille accarezzagli il labbro inferiore in una muta richiesta e come un assetato nel deserto, si ritrovò ad aprire la bocca, rendendo il bacio più profondo e umido e carnale e spudorato, come uno di quei baci appassionati che i programmi televisivi di tutto il mondo cercavano di ricreare almeno una volta a stagione.
Il cuore gli pulsava nelle orecchie, rendendolo quasi sordo e facendogli girare la testa in un’estasi febbrile. Forse la filosofia non aveva poi tutti i torti sull’amore e sulla sua importanza. Forse era veramente una delle più grandi forze motrici per l’animo umano.
Quando Achille lo lasciò andare, allontanandosi, Patroclo impiegò qualche secondo a ricordarsi come respirare correttamente.
Sbattè le palpebre confuso, incerto su ciò che era appena accaduto. Se non fosse stato sull’orlo di un infarto imminente, avrebbe probabilmente giurato di essersi appena sognato tutto. Ma il tremolio delle gambe e il bruciore alle guance gli dissero che sì, Achille lo aveva appena baciato davvero e che no, non aveva ancora iniziato ad avere allucinazioni fisiche. O almeno sperava che fosse così. Era già pronto a passare intere nottate insonni a cercare di capire il perché di quel gesto, quando Achille gli sorrise di nuovo e, come per giustificarsi, indicò un piccolo rametto sopra la sua testa. Vischio. Ovvio.
 Patroclo si schiarì la voce, nella vana speranza di ridarsi un contegno.
“Un’idea di Briseide.”
Mentre entravano in casa, Patroclo si segnò mentalmente che avrebbe dovuto fare a Briseide un regalo enorme. Gigantesco. Cosmico. Tipo una barca, oppure un anello d’oro delle dimensioni di una mela. Chissà.       
 
   
 
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