Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh
Segui la storia  |       
Autore: Soe Mame    27/12/2019    2 recensioni
Le vite dei personaggi raccontate attraverso i significati dei tarocchi. Romanzazioni, headcanon e un paio di divergenze dal canon.
[Le Stelle] Ciò che tutti avrebbero visto sarebbe stato un meraviglioso cielo stellato.
[La Luna] Lei non era figlia della luna.
x La raccolta potrebbe rimanere incompiuta. Tuttavia, ciascuna oneshot si può leggere autonomamente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
× Sul finale c'è una divergenza dal canon causa quanto scritto in uno dei capitoli precedenti.

17
Mana - Le Stelle



La Stella indica sempre una situazione particolarmente favorevole al consultante, che può contare su protezioni ed aiuti celesti.

Mana era sempre vissuta a palazzo.
Il suo mondo era fatto di edifici imponenti, colonne allineate, divinità scolpite nella pietra e dipinte sui muri.
La sua parte preferita, però, era quella dei cortili interni, con alberi, frutti e giocattoli.
Le piaceva giocare, soprattutto con gli altri bambini.
Se poteva, coinvolgeva chiunque nei suoi giochi. A volte riusciva a farlo anche per sbaglio - come quando faceva accidentalmente cadere un frutto, che rotolava ai piedi di qualcuno, lo faceva inciampare e dava vita ad una micidiale reazione a catena che si concludeva con la fuga della bambina.
Agli adulti doveva piacere molto il suo nome. Lo dicevano sempre con una certa enfasi.
Ma a Mana non piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti - lo sapeva benissimo che non doveva far cadere i frutti e far inciampare le persone! -, così cercava di sfuggire entrando a far parte dell'arredamento. Gli adulti non notavano mai davvero l'arredamento.
Le colonne non andavano bene. Se era particolarmente sfortunata, gli adulti notavano la sua ombra.
Le statue colossali non andavano bene. Il suo nome risuonava con ancora più enfasi, se gli adulti riuscivano a trovarla arrampicata su una di esse. Se era particolarmente sfortunata, scivolava e si faceva male.
I vasi erano perfetti.
Nessuna ombra, nessun rischio di cadere, nessun... come lo chiamavano? Nessun atto di blasfemia. Significava "offendere le divinità". Era fiera di aver imparato una parola difficile e ci teneva a farlo sapere agli altri bambini.
Ma non avrebbe mai detto a nessun altro bambino dei vasi, perché altrimenti il suo nascondiglio non sarebbe più stato segreto.
Certo, alle volte veniva scoperta per caso da qualche adulto, ma riusciva ad essere abbastanza veloce da approfittare della sorpresa del malcapitato, saltare fuori e scappare.
Il palazzo era pieno di vasi, nessuno avrebbe mai saputo in quale vaso si trovasse Mana.
Non avrebbe mai detto a nessun altro bambino dei vasi.
Gli altri bambini che, se la vedevano far cadere qualcosa, urlavano subito il suo nome, svelando la sua colpevolezza.
Gli altri bambini che, se mai l'avessero vista uscire da un vaso, l'avrebbero guardata come se fosse stata strana.
Non avrebbe mai detto a nessun altro bambino dei vasi, perché il suo nascondiglio era solo suo.
I vasi erano anche un rilassante luogo di riflessione.
Isolavano dal caldo e dai raggi di Ra, sostenevano il corpo in una piacevole forma vagamente sferica e permettevano al suo ospite di non essere coinvolto in qualsiasi cosa stesse succedendo fuori.
Erano talmente rilassanti che a volte - spesso - vi si addormentava.
I vasi erano davvero perfetti.
Pensandoci bene, erano quelli la parte che preferiva del palazzo.

Un lavoro a contatto con il pubblico e con ottime possibilità di successo.
Il gesto della donna, piegata su un ginocchio, ricorda l'atto di adorazione che gli antichi rivolgevano agli dei versando nel fuoco o nell'acqua una coppa di vino.


Mana era... imparentata con Aisis.
Le avevano spiegato in che modo condividessero il sangue, ma la bambina si era presto persa e ci avevano rinunciato.
Aisis era più grande di lei ed era sacerdotessa di Aset.
Con il nome che aveva, sembrava stesse seguendo la volontà degli dei.
Le spiegarono che Aisis era anche una dei candidati favoriti al ruolo di Sacerdote della Corte Sacra, uno dei sei Sacerdoti più vicini al faraone Aknamkanon.
Si trattava dunque di una giovane molto influente, che avrebbe potuto farla diventare sacerdotessa a sua volta - e, chissà, magari un giorno lei stessa sarebbe persino potuta arrivare alla Corte Sacra.
Di fronte al suo sguardo confuso, le spiegarono che sarebbe stato un grandissimo onore.
Mana non era sicura del senso di quel che le dicevano.
I suoi gesti non portavano spesso alla blasfemia? Come avrebbe potuto diventare serva di una divinità?
Le spiegarono, allora, che le divinità l'avrebbero perdonata.
Mana non sentiva il bisogno di essere perdonata - dubitava che creature potenti e maestose come le divinità potessero offendersi se una bambina scalava una loro statua - ma, se questo avrebbe placato gli adulti, allora non vedeva perché non accettare.
Divenne aspirante sacerdotessa di Aset.
Forse, un giorno, sarebbe persino arrivata alla Corte Sacra.
Sperava davvero di non dover rimanere tutto il tempo in mezzo a statue e colonne.

Una persona equilibrata e disinteressata alle questioni materiali, che sa dare buoni consigli.

Le piaceva giocare, soprattutto con gli altri bambini.
C'era un bambino più grande di lei, Mahad, a cui iniziò ad essere affidata.
Mahad era serio e calmo, ma invocava il suo nome con la stessa enfasi degli adulti.
Doveva trattarsi di un adulto nel corpo di un bambino.
Giocare con lui era strano: accettava di fare cose che un adulto non avrebbe mai accettato di fare, rifiutava di fare cose che un bambino non avrebbe mai rifiutato di fare.
Giocava alla famiglia, giocava con le sue bambole, ma le impediva di tuffarsi nelle acque che scorrevano oltre il parapetto, di entrare in un edificio passando dalle finestre - in particolare da quelle vicino al tetto.
Soprattutto, Mahad leggeva.
Era giovane, ma sapeva leggere e anche scrivere.
Quando gli chiese cosa leggesse sempre, lui le rispose che si trattava di magia.
Uno degli aspetti di cui Aset era signora.
Una di quelle cose che non le avevano ancora spiegato bene.
- Cos'è, esattamente, la magia? -
Lo spirito che si rispecchiava nella materia.
I prodigi nati dalla forza dell'animo umano.
Il parlare alla natura.
Il divenire davvero parte della natura.
Heka.
Mana non era sicura del senso di quel che le diceva.
Ma c'era un qualcosa di affascinante in quel che le diceva.
Una parte che amava del palazzo era quella dei cortili interni, con alberi, frutti e giocattoli.
Gli alberi e i frutti erano generati dalla natura, i giocattoli erano creati dagli umani, a loro volta creati dalla natura, quindi la magia risiedeva anche nei frutti e nei giocattoli?
Mahad sembrò un po' confuso dalla sua arguta riflessione, ma le rispose di sì.
C'era un qualcosa di affascinante in quel che le diceva.
Voleva saperne di più.
Era uno degli aspetti di cui Aset era signora.
Lei era un'aspirante sacerdotessa di Aset.
Con il ruolo che aveva, sembrava potesse seguire la volontà degli dei.
Mahad la accompagnò ad una delle lezioni di magia tenute da sacerdoti vecchi come le piramidi.
Heka, Hu, Sia, le nove parti dell'anima, l'importanza del Ba e del Ka...
Mana non era sicura che quel che dicevano avesse senso.
Le loro parole erano talmente confuse che si addormentò.
Mahad non la prese bene, ma lei non poteva farci niente. Le loro parole erano troppo confuse, non sarebbe mai riuscita a seguire quei toni piatti che parlavano di cose strane.
Lui, allora, le consigliò di cercare qualcuno capace di spiegare bene, che potesse seguirla e aiutarla personalmente.
Mahad era serio e calmo, ma invocava il suo nome con la stessa enfasi degli adulti.
Doveva trattarsi di un adulto nel corpo di un bambino.
Era giovane, ma sapeva leggere e anche scrivere.
C'era un qualcosa di affascinante in quel che le diceva.
- Potresti insegnarmi tu? -
Mahad sembrò molto confuso dalla sua sensata richiesta, ma le rispose di sì.
- Grazie, Maestro! -
Voleva saperne di più.
Le parole del suo Maestro erano difficili ma affascinanti.
Non erano una massa confusa che la faceva scappare.
La magia era mossa dalla forza creatrice e dalla sapienza.
La forza creatrice permetteva di plasmare la magia, il sapere permetteva di avere un'immagine definita di ciò che si voleva plasmare.
Ciò che permetteva di usare la magia era il Ka, una delle nove parti dell'anima: attingendo alla forza del proprio Ka, si permetteva alla forza creatrice di mettersi in moto.
Thot condivideva il suo sapere con una giovane Aset.
Non fra statue e colonne, ma tra gli alberi dei cortili interni.
Le parole del suo Maestro erano difficili ma affascinanti.
Voleva saperne di più.
Voleva coinvolgere chiunque nelle sue magie. A volte riusciva a farlo anche per sbaglio - come quando faceva accidentalmente piovere in una stanza, provocando un allagamento a catena che si concludeva con la fuga della giovane.
Agli adulti doveva piacere molto il suo nome. Lo dicevano sempre con una certa enfasi.
Ma a Mana non piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti - lo sapeva benissimo che non doveva far piovere nelle stanze! -, così cercava di sfuggire entrando a far parte dell'arredamento. Gli adulti non notavano mai davvero l'arredamento.
Tranne il suo Maestro.
Lui la trovava sempre.
Ma il suo Maestro era sempre stato un adulto bambino.
Per questo era più bravo degli altri.

Un amore romantico ma non privo di profondo coinvolgimento fisico. Un futuro sentimentale felice. Amici sui quali si può contare.

I vasi erano un rilassante luogo di riflessione.
Erano talmente rilassanti che a volte - spesso - vi si addormentava.
Fortunatamente erano abbastanza grandi da poterla contenere anche quando sarebbe stata più grande.
Non sapeva fino a quando, ma era certa che sarebbe stato per molto tempo.
Non avrebbe mai detto a nessun altro bambino dei vasi, perché il suo nascondiglio era solo suo.
Un giorno, però, un bambino la scoprì e le chiese cosa ci facesse là dentro.
Non la guardava come se fosse stata strana, né sembrava volerlo andare a dire agli adulti, quindi Mana suppose di potergli spiegare tutti i vantaggi che aveva il ritirarsi in un vaso.
Isolavano dal caldo e dai raggi di Ra, sostenevano il corpo in una piacevole forma vagamente sferica e permettevano al suo ospite di non essere coinvolto in qualsiasi cosa stesse succedendo fuori.
Era una spiegazione chiarissima, ma il bambino la guardò con fare molto confuso.
Mana, però, gli disse di non iniziare a nascondersi nei vasi, perché quello era un nascondiglio solo suo.
Uscì dal vaso, per tenere d'occhio quel bambino. Dato che le sembrava scortese tenere d'occhio qualcuno senza presentarsi, gli chiese quale fosse il suo nome.
- Atem. -
Era il figlio del faraone Aknamkanon. Il Principe, dunque.
Ma, anche se era il futuro faraone, non gli avrebbe lasciato il suo nascondiglio.
Lo mise bene in chiaro e, per qualche strano motivo, il Principe sembrò divertito dalla sua decisa affermazione.
Quando apparve il Maestro, Mana scoprì che lui e il Principe si conoscevano.
Per qualche strano motivo, le era parso che, non appena li aveva visti insieme, il Maestro avesse pronunciato una rapida preghiera a qualche divinità.
Il suo Maestro, poi, le disse di non coinvolgere il divino Principe nelle sue magie.
Non era sua intenzione.
Tuttavia, se conosceva anche il Maestro, avrebbero potuto giocare tutti e tre insieme!
Sì, lo faceva anche per tenere il Principe lontano dai suoi vasi. Forse se ne sarebbe dimenticato. Le era parso fosse un po' smemorato.
Mana si abituò presto alla compagnia del Principe - quando lo diceva, il suo Maestro specificava che era il divino Principe ad essersi abituato alla sua compagnia.
Un nuovo membro per giocare alla famiglia, un nuovo personaggio tra le sue bambole.
Partite a senet, a shen.
Lezioni di magia.
Il suo Maestro le ricordava la natura divina del Principe.
A Mana continuava a sembrare un bambino come lei.
Un bambino che, se la vedeva uscire da un vaso, si limitava a porgerle una mano per aiutarla.
Un bambino che, se la vedeva far cadere qualcosa, recuperava l'oggetto caduto - o, in caso di sventurata reazione a catena, la aiutava a scappare.
Un bambino che, se vedeva lo scatenarsi delle Piaghe d'Egitto in una sala, fingeva di non aver visto - o, in caso di approssimarsi della fine dei tempi, correva a chiamare soltanto il Maestro.
Una volta, la sventurata reazione a catena fu più pericolosa che mai: i malcapitati finiti al suolo erano i membri della Corte Sacra nella sua quasi totalità.
Il Principe aveva fatto il possibile per evitare che quel grosso sasso rotondo magicamente apparso nei corridoi si fermasse, ma quello era stato troppo veloce e aveva colpito con precisione invidiabile le ginocchia di svariati Sacerdoti.
Così, Mana aveva afferrato il Principe e l'aveva trascinato lontano. L'avevano visto, sarebbe stato colpevole quanto lei.
Fu solo per nascondere il suo complice che lo fece entrare in un vaso.
Non l'avrebbe mai fatto, altrimenti.
Non avrebbe mai detto a nessun altro bambino dei vasi, perché il suo nascondiglio era solo suo.
Però era divertente.
Era divertente commettere piccoli errori volontariamente, e scappare a nascondersi dentro ai vasi, e soffocare le risate, e ridere delle facce che avevano fatto le loro vittime.
Agli adulti doveva piacere molto il suo nome. Lo dicevano sempre con una certa enfasi.
Di lì a poco, iniziarono ad invocare anche il nome del Principe, con largo anticipo rispetto alla sua incoronazione.
Il suo Maestro le ricordava la natura divina del Principe.
A Mana continuava a sembrare un bambino come lei.
Il visir Shimon Muran in persona le diceva di aspettare il momento in cui sarebbe cresciuta e avrebbe smesso di combinare tutti quei guai e di fare tutti quei dispetti.
E avrebbe dovuto farlo, perché era molto probabile che sarebbe diventata la Grande Sposa Reale del faraone Atem.
Di fronte al suo sguardo confuso, le spiegò che sarebbe stato un grandissimo onore.
Mana non era sicura del senso di quel che le diceva.
Il Principe era suo amico - l'aveva persino fatto entrare nei vasi, ma solo quando voleva lei, e lo teneva sempre d'occhio! -, non sarebbe stato troppo strano essere anche suo sposo?
Il suo Maestro - di nuovo, le parve avesse pregato qualche divinità - le spiegò che, così come il Principe sarebbe diventato Faraone, lei, sacerdotessa, sarebbe diventata Grande Sposa Reale.
Aveva una sua logica, ma continuava a suonarle strano.
Il Principe era di natura divina.
A Mana continuava a sembrare un bambino come lei.
Il Principe sarebbe potuto divenire il suo sposo.
Per Mana sarebbe rimasto l'amico con cui condividere i vasi.

Soddisfazione, ricompensa, concretizzazione dei sogni e delle speranze.

Giocare alla famiglia, giocare con le bambole.
Partite a senet, a shen.
Lezioni di magia.
Onori e venerazioni ad Aset.
Thot condivideva il suo sapere con una giovane Aset.
Il giovane Horus passava il suo tempo con una giovane Aset.
Aisis divenne Sacerdotessa della Collana del Millennio. Mana divenne sacerdotessa di Aset.
Il Maestro divenne Sacerdote dell'Anello del Millennio. Mana divenne ufficialmente la sua apprendista.
Non le stava insegnando solo la magia.
Le aveva insegnato a leggere e scrivere, le stava insegnando l'astronomia.
Voleva saperne di più.
Le parole del suo Maestro erano difficili ma affascinanti.
Nel cielo brillavano stelle più luminose delle altre.
Erano Horus servitore del sud, e Seth servitore del nord; era Horus il toro, era Horus il Rosso; era Hathor, era Bastet.
Il cielo, dominio di Nut, sembrava più il regno di Horus.
C'era un Seth, nella Corte Sacra, era il Sacerdote della Barra del Millennio.
Lei, futura Grande Sposa Reale, poteva forse rivedersi in Hathor.
Il cielo, dominio di Nut, sembrava più il regno di Horus.
Horus incarnato nel Faraone, la Luce d'Egitto.
La Luce d'Egitto che illumina il regno di notte e di giorno.
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno.
C'era Seth, c'era Hathor. C'era Thot, nell'astro argentato della notte.
C'era la Luce d'Egitto, c'erano le sue stelle.
Il regno del Principe sarebbe stato vasto come il regno di Horus?
A Mana continuava a sembrare un ragazzo come lei.
Ma non si sarebbe preoccupata.
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno avrebbe avuto le sue stelle.
Ciò che tutti avrebbero visto sarebbe stato un meraviglioso cielo stellato.

Sfortuna.
Condizione di disagio. Speranze frustrate o non ancora realizzate. Insoddisfazione.


Il faraone Aknamkanon morì.
Erano ormai anni che era consumato da una malattia che in pochi conoscevano.
Il faraone Aknamkanon morì, la loro Sopdet aveva iniziato il suo viaggio nella Duat.
Il faraone Aknamkanon morì e il Principe sarebbe presto diventato Faraone.
La Grande Sposa Reale era morta tanti anni prima. Il faraone Aknamkanon era appena morto.
Mana trovò il Principe in un vaso.
Voleva non essere coinvolto in qualsiasi cosa stesse succedendo fuori.
Era entrato in un vaso senza che lei lo guardasse, ma non le importava. Sarebbe potuto rimanere lì per tutto il tempo che avesse voluto.
La Luce d'Egitto che avrebbe dovuto illuminare il regno di notte e di giorno si era oscurata come Sopdet.
L'incarnazione di Horus avrebbe dovuto illuminare tutto il regno e avrebbe dovuto farlo da solo. Il regno di Nut era troppo vasto per una stella ancora così giovane.
Seduta fuori, la schiena contro il vaso, Mana gli rivelò parte del sapere che il suo Maestro aveva condiviso con lei.
Se il Principe, il Faraone, era l'astro che illumina il cielo di notte e di giorno, lei, il Maestro, l'intera Corte Sacra, erano le stelle.
Gli erano sempre intorno, anche quando lui non le vedeva. E, anche se non avrebbero mai potuto brillare come lui, con la loro luce gli avrebbero creato una corona.
Di giorno nascosti dal fulgore di Ra, di notte accanto a Iah. Ci sarebbero stati sempre, anche se fossero stati coperti dalle nuvole.
Che lo volesse o meno, l'astro che illumina il cielo di notte e di giorno non sarebbe mai stato solo.
Era una spiegazione chiarissima, ma il Principe, emerso dal vaso, la guardò con fare molto confuso.
Mana si limitò a porgergli una mano per uscire.
Che fosse rimasta sacerdotessa di Aset, che fosse diventata Sacerdotessa della Corte Sacra, che fosse diventata Grande Sposa Reale, avrebbe dovuto brillare tra le stelle di Horus.
Così il Principe non avrebbe più pensato di essere solo.
Il faraone Aknamkanon era morto.
Quando Sopdet riemerse dalla Duat, il Principe divenne Faraone.
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno aveva le sue stelle.
Ciò che tutti avrebbero visto sarebbe stato un meraviglioso cielo stellato.
Apophis aveva seguito Sopdet fuori dalla Duat.
Non blasfemia, ma sacrilegio.
Una tomba devastata, un padre umiliato di fronte al figlio.
Apophis aveva raggiunto la barca di Ra.
Il cielo notturno era oscurato dalle nubi.
Ma il Principe non doveva pensare di essere solo.
Che lo volesse o meno, l'astro che illumina il cielo di notte e di giorno non sarebbe mai stato solo.

L'uccello appollaiato sull'albero è un ibis, simbolo dell'anima.

Il suo Maestro era sempre stato un adulto bambino.
Per questo era più bravo degli altri.
Ma, ormai, lui si sentiva un adulto e continuava a vedere lei come una bambina.
Lei non era più una bambina.
Aveva smesso di giocare alla famiglia e con le bambole - non aveva smesso di creare piccoli incidenti per caso.
Erano anni che studiava con il suo Maestro, sapeva leggere e scrivere in ieratico, conosceva la mappatura del cielo, poteva fermare i movimenti di tutte le guardie del palazzo, se solo voleva.
Non era certo al suo livello, ma avrebbe potuto aiutarlo.
Il suo Maestro le disse di no. Non avrebbe potuto seguirlo.
Il suo Maestro voleva andare ad affrontare da solo il divoratore di Ra.
Sapeva quanto il suo Maestro fosse potente.
Sapeva che il Ka che evocava aveva l'aspetto di un bambino solo perché la sua heka era talmente grande da averla dovuta sigillare.
Mana sapeva fare tante cose, ma il suo Ka non era ancora così potente da potersi manifestare nella realtà visibile, da poter essere controllato dalla sua volontà.
Per questo non avrebbe potuto aiutarlo.
Ma, forse, il suo Maestro non le avrebbe permesso di seguirlo neppure se fosse stata in grado di evocare il proprio Ka.
Il cielo notturno era oscurato dalle nubi.
Iah si era celata. Thot si era voltato.
Le sembrava di vedere solo una distesa nera.
Sapeva quanto il suo Maestro fosse potente.
Ma il modo in cui aveva salutato lei e il Principe non le era piaciuto.
Sembrava le stesse dicendo di non lasciare da solo il Principe.
A Mana non piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti - lo sapeva benissimo che non avrebbe dovuto lasciare da solo il Principe.
Non le piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti, perché ora che non era più una bambina aveva imparato a riconoscere le parole che non le venivano dette.
Il cielo notturno era oscurato dalle nubi.
Le stelle erano oltre quelle nuvole, lo sapeva, conosceva tutta la mappa del cielo.
Sapeva dove fosse ciascuna di loro, ma non riusciva a vederla neppure con l'immaginazione.
Erano là, lo sapeva, ma il non vederle la spaventava.
Anche il Principe aveva riconosciuto quelle stesse parole non dette.
Scapparono da palazzo, raggiunsero il Maestro.
Sapeva quanto il suo Maestro fosse potente.
Sapeva che il Ka che evocava aveva l'aspetto di un bambino solo perché la sua heka era talmente grande da averla dovuta sigillare.
Il reale aspetto del suo Ka era quello di un adulto dagli abiti viola.
Era come quello inciso in quella lastra di pietra.
L'ibis di Thot aveva divorato Apophis, ma le nuvole non accennavano a diradarsi.
Le parole del suo Maestro erano sempre state difficili ma affascinanti.
Thot aveva condiviso il suo sapere con una giovane Aset.
Non fra statue e colonne, ma tra gli alberi dei cortili interni.
Non più bambino, l'adulto dall'aspetto del Ka del Maestro era inciso in quella lastra di pietra come la decorazione di un sarcofago.
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno non sarebbe mai stato solo.
Lei non era la Luce d'Egitto, lei era solo un piccolo astro che cercava di brillare insieme ad altri astri più grandi e luminosi di lei.
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno non sarebbe mai stato solo.
C'erano tante luci, intorno a lui, e lei era una di quelle.
Lei era tra tante altre luci, ma vedeva solo un cielo notturno senza Thot.
Poteva appoggiarsi alla Luce d'Egitto? Poteva lasciare che fossero le altre stelle a sostenerlo?
Solo per pochi istanti.
Poi sarebbe tornata dal Principe.
Era sacerdotessa di Aset, sarebbe stata Grande Sposa Reale.
Era l'allieva del Maestro.
Avrebbe brillato tra le stelle di Horus.
Il Maestro era ancora vivo. Il suo Ka e il suo Ba erano diventati una cosa sola. Era ormai diventato un adulto e tale sarebbe rimasto.
Era l'allieva del Maestro e il suo Ka sarebbe stato così potente da potersi manifestare nella realtà visibile, da poter essere controllato dalla sua volontà.
Il Ka del Maestro avrebbe incontrato il suo Ka.
Anni prima, il Maestro era sembrato molto confuso dalla sua sensata richiesta, ma le aveva risposto di sì.
L'avrebbe reso fiero di quel "sì".

Azioni imprudenti, ostinazione, rigidità mentale. Rifugio nelle fantasticherie, nell'apatia, nella pigrizia, nel pessimismo.

L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno non sarebbe mai stato solo.
C'erano tante luci, intorno a lui, e lei era una di quelle.
Ma era piccola e al momento debole; non sarebbe stato un problema se fosse scomparsa per poco, lasciando accanto alla Luce d'Egitto stelle ben più brillanti.
Apophis... anzi, no, quell'uomo che aveva portato alla morte fisica del Maestro era ancora vivo.
L'Anello del Millennio era perduto. Il venerabile Aknadin, Sacerdote dell'Occhio del Millennio, era stato gravemente ferito.
Non poteva rimanere chiusa nel palazzo a mummificare guardie e a far piovere sotto i tetti.
Scappò. O meglio, avvisò il visir Shimon che sarebbe scappata. Non era il caso di impegnare le guardie in sciocchezze.
Sarebbe tornata solo una volta diventata una grande maga.
Era certa di potercela fare. Il suo Maestro era stato - era - un grande mago, lei aveva tutte le capacità per divenirla a sua volta.
Giunse al Nilo. Doveva avere un'idea chiara di cosa fare.
Sapeva bloccare persone e oggetti - il problema era sbloccarle -, poteva provare a muoverle.
Se fosse stata in grado di spostare oggetti - e persone - a suo piacimento, avrebbe potuto far piovere un uragano di frecce, avrebbe potuto allontanare i pericoli.
La cosa più logica sarebbe stata immobilizzare i nemici ma, per quanto aveva percepito, sarebbe stato come cercare di intrappolare un elefante con una corda di fili d'erba.
Tanto valeva espandere le proprie capacità. Se ne fosse fallita una, avrebbe sempre potuto usare le altre!
Spostò sassolini. Agitò l'acqua.
Solo per pochi centimetri, solo per pochi attimi.
Ci si stava impegnando - era sicurissima di star prosciugando tutto il proprio Ba - ma, in quelle ore, le sembrava di star peggiorando.
I sassolini non si spostavano più, si limitavano a fare un salto e a ricadere immobili sulla sabbia. L'acqua creava cerchi concentrici, poi faceva plop e la ignorava per le ore successive.
No. No, no, no.
Doveva rendere fiero il suo Maestro, doveva essere quantomeno sullo stesso piano degli altri Sacerdoti.
Come avrebbe potuto aiutare il Principe? Come avrebbe potuto guardare negli occhi l'anima del suo Maestro?
I sassolini rimasero immobili. L'acqua rimase immobile.
Era certa di potercela fare. Il suo Maestro era stato - era - un grande mago, lei aveva tutte le capacità per divenirla a sua volta.
Aveva deciso che sarebbe tornata a palazzo solo una volta diventata una grande maga.
Il Principe aveva bisogno di lei, non poteva metterci troppo.
I sassolini rimasero immobili. L'acqua rimase immobile.
Lanciò via il suo bastone e andò a dormire in una grotta vicina.
Dormì poco e male. La mattina dopo, recuperò il suo bastone e riprovò.
Alcuni sassolini esplosero. L'acqua la travolse e la fece rotolare sulla riva per qualche metro.
Doveva calmarsi.
Aveva tutte le capacità per divenire una grande maga.
Il Principe aveva bisogno di lei, non poteva metterci troppo.
Ma non poteva rischiare di far esplodere frecce e usare le persone come arieti. Né di far esplodere le persone. Trattenne un conato di vomito.
Si lasciò cadere sulla sabbia.
Doveva calmarsi.
Il Maestro l'avrebbe senz'altro sgridata, se l'avesse vista così.
Doveva calmarsi.
Lo spirito che si rispecchiava nella materia.
Prima le cose rifiutavano di obbedirle. Poi erano esplose.
Il suo animo era fuori controllo. Doveva star esplodendo un pezzo alla volta. Sperò non stesse facendo esplodere, una ad una, tutte e nove le parti della sua anima. Non si rendeva conto di quelle esplosioni e non aveva tenuto il conto.
I prodigi nati dalla forza dell'animo umano.
L'unica che poteva decidere come usare la propria magia era lei.
Arrabbiarsi e farsi male non l'avrebbe portata da nessuna parte.
Il parlare alla natura.
Probabilmente, fino a quel momento aveva soltanto insultato la natura.
Doveva calmarsi.
Il divenire davvero parte della natura.
Mana si rialzò.
Era ora di riprovare.
Era calma.
Il Nilo sembrava calmo, ma sapeva che, sotto la superficie, brulicava di vita.
Lo sentì chiaramente.
Puntò il suo bastone e pescò un pesce.
Se non altro, se proprio tutti gli insegnamenti del Maestro fossero andati in fumo, avrebbe potuto avere un futuro da pescatrice.
Il pesce fluttuava a mezz'aria. Non sarebbe resistito molto, meglio sbrigarsi.
Mosse il bastone. Il pesce - non troppo volente - ne seguì la punta, librandosi.
Destra, sinistra, destra, sinistra...
Sembrava stesse andando tutto bene.
Ce la stava facendo.
Ce l'aveva fatta!
Poteva muovere i pesci, allora forse poteva-
Il pesce iniziò a gonfiarsi. Brutto segno.
Il pesce continuò a gonfiarsi. Pessimo segno.
Indietreggiò. Non voleva far esplodere un povero pesce, non era un'assassina di pesci - anche se il pesce lo mangiava, era molto buono, ma-
Il pesce continuò a gonfiarsi. Forse avrebbe dovuto fare qualcosa ma, se davvero era diventata parte integrante della natura che la circondava, come minimo si sarebbe trasformata lei in un pesce.
Indietreggiò. Forse tutto quello stava succedendo perché quello era un medjed - eh, le sembrava avesse il naso un po' lungo! -, era la volontà di Aset, e lei, in quanto sua sacerdotessa, stava punendo un pesce tanto blasfemo quanto volgare e-
Il pesce fece uscire di botto tutta l'aria dalla bocca e sfrecciò nel cielo.
Per poi arrivarle in faccia.
Per fortuna aveva chiuso gli occhi in tempo.
Lo sentì tornare in acqua.
Perfetto. Lei aveva parlato alla natura e la natura l'aveva presa a pesci in faccia.
Cadde in ginocchio.
Una maga degna del Maestro? Qualcuno pari ai Sacerdoti?
Il Maestro era caduto contro qualcuno sotto la protezione di Apophis, lei era caduta contro un pesce planato sul suo naso.
Cosa se ne sarebbe fatto, il Principe, di una come lei?
Il cielo era pieno di stelle, alcune talmente piccole da essere quasi invisibili, ma erano ovunque, su ogni millimetro di cielo.
Una stella fioca in più o in meno non avrebbe fatto alcuna differenza.
E di quali stelle stava parlando?
Lei era più l'illusione ottica di una luce su una superficie riflettente.
Era ridicolo pensare che potesse aiutare il Principe. Non avrebbe mai più potuto guardare negli occhi l'anima del suo Maestro.
Forse sarebbe diventata una grande maga in età avanzata, se si fosse allenata con molta calma e pazienza.
Ma l'intero Egitto era in pericolo, il padre del Principe era stato umiliato, il Principe stava soffrendo, il suo Maestro era morto e lei faceva esplodere sassi e volare pesci.
Che fosse rimasta sacerdotessa di Aset, che fosse diventata Sacerdotessa della Corte Sacra, che fosse diventata Grande Sposa Reale, avrebbe dovuto brillare tra le stelle di Horus.
Se l'era ripromesso, una volta.
Ma le guerre erano un'idea lontana, il padre del Principe riposava nel suo sarcofago, il Principe era con lei e il suo Maestro era nella stanza accanto.
Faceva promesse a se stessa e al Principe ma, nel momento del bisogno, si rivelava un'incapace.
Forse anche Aset si vergognava di lei. Forse anche Thot l'avrebbe ignorata.
Un mantello blu.
Fluttava placido sulle acque del Nilo, come fosse stata una cosa normale.
Mana si avvicinò.
Guardò quel mantello blu.
Si lanciò in acqua e lo raggiunse. Lo afferrò. Lo guardò bene. Serrò la presa.
Aveva visto quel mantello troppe volte per non riconoscerlo.
C'erano degli strappi e alcuni punti erano troppo scuri, come se l'acqua non fosse bastata per togliere delle macchie.
Doveva calmarsi.
Non aveva nessuna sensazione peggiore del solito.
Andava tutto bene.
Il Maestro le aveva detto, con la parlata degli adulti, di non lasciare da solo il Principe.
A Mana non piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti - lo sapeva benissimo che non avrebbe dovuto lasciare da solo il Principe.
Eppure l'aveva fatto.
Doveva proprio continuare a tenerlo d'occhio. Ma era certa non fosse in un vaso, in quel momento.
Si passò una mano sugli occhi. Forse quella sul viso era solo l'acqua del Nilo.
Tornò a riva. Aveva perso il suo Maestro, non aveva potuto impedire troppe cose.
Cosa se ne sarebbe fatto, il Principe, di una come lei?
Il cielo era pieno di stelle, alcune talmente piccole da essere quasi invisibili, ma erano ovunque, su ogni millimetro di cielo.
Una stella fioca in più o in meno non avrebbe fatto alcuna differenza.
Eppure il mantello era venuto da lei.
Forse stava andando da qualcun altro e lei l'aveva solo intercettato, ma allora sarebbe stata colpa del mantello, perché sarebbe potuto passare in un momento in cui lei non stava guardando.
Forse c'erano dei progetti, per lei, a lei sconosciuti.
Forse c'era qualcosa che poteva fare, con le capacità in suo possesso.
Magari il Principe aveva voglia di pesce, in quel momento.
Dei rumori alle sue spalle.
Una carica di... cosi a cavallo, minacciosi, puntava verso di lei.
Non sapeva cosa fossero, non avevano nulla di umano e, onestamente, non le importava granché. Doveva ritrovare il Principe e aveva già perso abbastanza tempo a litigare con la natura.
Sobek le aveva portato il mantello. Forse era dalla sua parte. Forse avrebbe potuto aiutarla di nuovo.
Mosse il bastone. L'acqua del Nilo si sollevò e, in un'unica, gigantesca onda, spazzò via cosi e cavalli.
Non le importava dove fossero finiti. Non aveva tempo da perdere con loro.
Si passò una mano sugli occhi. Forse quella sul viso era solo l'acqua del Nilo.
Sorrideva.
Aveva qualche capacità, aveva tante nozioni teoriche, ma c'erano sicuramente cose che non conosceva. Si sarebbe affidata a coloro che, invece, sapevano.
Forse anche le stelle diventavano più luminose guardando quelle più grandi.

La Stella rappresenta la guida spirituale che ci portiamo dentro, collegata alle forze più profonde dell'universo, alla divinità. È lo sconosciuto che abbiamo dentro di noi e in cui possiamo avere fiducia. La Stella indica, infatti, la Speranza.
La carta simboleggia la speranza e l'attesa di una nuova alba.


Aveva seguito il Nilo andando nella direzione da cui era arrivato il mantello.
Era sicura che fosse la strada giusta. Non sapeva perché. Forse si era riappacificata con la natura e la natura le stava sussurrando cose che lei non riusciva consciamente a capire. Per fortuna, il suo inconscio sembrava più sagace di lei.
Alla fine, lo vide.
Il Principe, ferito, sulla sponda occidentale del Nilo.
Rabbrividì.
Il Principe aveva il nome di Ra al tramonto ma, con tutto quello che stava succedendo, non le piaceva vederlo sulla sponda occidentale del Nilo.
Se non altro, era dove si trovava anche lei, quindi non dovette tornare in acqua. Il caldo aveva appena finito di asciugarla.
Lo raggiunse, lui parve sorpreso di trovarla lì. Non sapeva se ne fosse andata?
Sul mantello c'erano degli strappi e alcuni punti erano troppo scuri, come se l'acqua non fosse bastata per togliere delle macchie.
Sul corpo del Principe c'erano lividi e ferite.
Cos'era successo? Quanto tempo era passato?
Pulì le ferite del Principe, mentre questi le raccontava gli ultimi avvenimenti.
Un altro attacco, più violento dei precedenti.
E il Puzzle del Millennio era perduto.
L'Oggetto del Faraone, il più potente dei sette Oggetti del Millennio.
Aveva perso il suo Maestro, non aveva potuto impedire troppe cose.
Dubitava sarebbe stata in grado di proteggere il Puzzle, se neppure il Principe e tutti gli altri Sacerdoti ci erano riusciti.
Cosa se ne sarebbe fatto, il Principe, di una come lei?
Il Principe era arrabbiato e addolorato per la perdita del Puzzle.
Ma non perché fosse l'Oggetto del Faraone, il più potente dei sette Oggetti del Millennio.
Il Puzzle era un lascito di suo padre.
La tomba del Faraone Aknamkanon era stata profanata, la sua mummia umiliata, e ora il memento che il Principe aveva di lui era stato rubato.
Il suo Maestro le ricordava spesso la natura divina del Principe.
A Mana era sempre continuato a sembrare un ragazzo come lei.
Si sedette accanto a lui. Che lo volesse o meno, non sarebbe mai stato solo.
La tomba del Faraone Aknamkanon era stata di nuovo sigillata, seppur altrove; la sua mummia era stata riposta tra i gioielli e le effigi dei suoi servitori.
Avrebbero ritrovato il Puzzle e l'avrebbero rimesso al collo del Faraone Atem.
Dovevano riposarsi, pensare a cosa fare, e poi sarebbero partiti alla ricerca del ladro e del suo bottino. Niente era davvero perduto, finché si trovava in quel mondo.
Era un'affermazione chiarissima, e il giovane la guardò con un sorriso.
Forse una piccola stella dalla luce fioca era riuscita a fare un barlume di differenza.
Poco tempo dopo, furono raggiunti da Shada, Sacerdote della Chiave del Millennio, e da un gruppo di guardie.
Mana aveva buttato all'aria l'essersi asciugata e si era rituffata nel Nilo: il Principe doveva riposare e lei non aveva voglia di stare a fissarlo per ore.
Ma Shada dovette equivocare, perché le chiese, con fare seccato, perché non avesse avvisato nessuno, se in tutto quel tempo era stata in compagnia del Faraone.
Aveva imparato a riconoscere le parole che non le venivano dette e un po' si offese per le insinuazioni del Sacerdote.
Certo, si supponeva che fossero promessi sposi.
Ma davvero, in una situazione del genere, Shada aveva potuto pensare che fossero scappati in una fuga d'amore? E, vedendo com'era ridotto il Principe, cosa aveva pensato? Che, nel furore amoroso, aveva accidentalmente fatto rotolare il suo compagno giù da una scogliera?
Se così fosse, allora era lecito credere che qualcuno pensasse che, al loro matrimonio, avrebbe fatto volare di sotto il Principe dalla balconata.
Al di là di questo, Shada portava buone notizie: avevano scoperto dove si nascondeva il ladro. Potevano andare a recuperare gli Oggetti del Millennio - e liberarsi per sempre di quell'uomo protetto da Apophis.
Non dovette neppure chiedere di venire: il Principe la fece salire sul suo cavallo.
Aveva preso sul serio le sue affermazioni sul fatto che non sarebbe mai rimasto solo e le fece piacere.
Molto meno piacere le fece arrivare nel luogo in cui si nascondeva il ladro.
Un villaggio distrutto, abbandonato, sulla linea dell'orizzonte, dove le anime della Duat riemergevano nel mondo dei vivi.
Corpi dati in pasto alla natura, la pelle e la carne divorate dagli animali e dal tempo, si muovevano verso di loro, spinti da schegge di anime distrutte.
Trattenne un conato di vomito e si fece forza. In quel momento, il Principe poteva contare solo su di lei e Shada. C'erano soltanto un Oggetto del Millennio e la sua magia.
Pregò Aset. Quell'abominio non poteva che essere opera di qualche magia oscura.
Era terrorizzata, ma piangersi addosso non avrebbe portato a nulla.
Il Principe aveva bisogno di lei.
Il Maestro le stava dicendo di non lasciare da solo il Principe.
Lo sentiva chiaramente.
Se quel villaggio era sull'orizzonte, se la sua terra aveva le sue radici nella Duat, allora non potevano essere soltanto anime distrutte quelle che riemergevano.
Il Maestro era lì. Non avrebbe mai permesso che il Principe venisse ferito. Lei doveva fare la sua parte.
C'erano tante luci, intorno al Principe, e lei era una di quelle.
Neppure le stelle, dunque, erano mai sole.
Quei corpi senza carne avrebbero rallentato il Principe.
Rimase con Shada, lasciò che il Principe andasse ad affrontare quel ladro. Il Maestro era con lui. Non avrebbe mai permesso che il Principe venisse ferito. Lei doveva fare la sua parte.
Voleva tornare a palazzo solo una volta diventata una grande maga, ma aveva fallito.
Voleva imparare a muovere cose e persone, ma aveva fallito.
Voleva imparare altre cose, ma aveva fallito.
Voleva entrare in perfetta comunione con la natura, ma aveva fallito.
Ma rimaneva certa di potercela fare. Il suo Maestro era stato - era - un grande mago, lei aveva tutte le capacità per divenirla a sua volta.
Aveva qualche capacità, aveva tante nozioni teoriche, ma c'erano sicuramente cose che non conosceva. Si sarebbe affidata a coloro che, invece, sapevano.
Niente ripensamenti. Niente sconforto.
Doveva agire e basta, come sulla riva del Nilo.
Era sacerdotessa di Aset, sarebbe stata Grande Sposa Reale.
Era l'allieva del Maestro.
Lei, piccola e debole, avrebbe imparato a brillato tra le stelle di Horus.
Una giovane dalla pelle chiara e dai capelli di grano, dalle vesti rosa e azzurre.
Il volto simile al suo, il bastone uguale al suo.
Fluttuava come quel pesce, ma era molto più aggraziata, molto più bella.
Era l'allieva del Maestro e il suo Ka sarebbe stato così potente da potersi manifestare nella realtà visibile, da poter essere controllato dalla sua volontà.
Thot aveva condiviso il suo sapere con una giovane Aset.
Il Maestro non era più tra i vivi, la sua allieva deteneva il suo sapere.
Il suo Ka era bella, luminosa e forte, tanto da accecare le orbite vuote di quei teschi.
Le stelle diventavano più luminose guardando quelle più grandi.
Ma non avrebbe mai pensato potesse avvenire un simile salto di intensità luminosa.
Niente ripensamenti. Niente sconforto.
Le parve di svegliarsi da un sonno lunghissimo. I suoi occhi vedevano come prima, ma era come se vedessero più lontano; le sue orecchie sentivano come prima, ma era come se sentissero più lontano.
Il Maestro era lì. Non avrebbe mai permesso che il Principe venisse ferito.
Ma era in pericolo. Erano entrambi in pericolo.
Sapeva esattamente dove andare, come raggiungerli.
La realtà davanti ai suoi occhi era identica a prima, ma qualcosa era cambiato.
Era semplicemente certa di quel che vedeva e sentiva, anche se non lo stava né vedendo né sentendo.
Lasciò indietro Shada, raggiunse quello che sembrava un tempo sotterraneo. Il soffitto, al livello del terreno, era in parte sfondato.
Il Maestro era laggiù. Stava proteggendo il Principe. Ma era in pericolo. Erano entrambi in pericolo.
Scagliò il suo Ka contro una creatura mostruosamente simile a come immaginava fosse Apophis.
Afferrò le mani dell'anima del Maestro e la portò lontano.
Incontro il suo sguardo.
Stava aiutando il Principe. Stava guardando negli occhi l'anima del suo Maestro.
Il Ka del Maestro aveva incontrato il suo Ka.
Anni prima, il Maestro era sembrato molto confuso dalla sua sensata richiesta, ma le aveva risposto di sì.
L'aveva reso fiero di quel "sì".
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno aveva le sue stelle.
Ciò che tutti avrebbero visto sarebbe stato un meraviglioso cielo stellato.
Lei era finalmente una di quelle stelle luminose.

Punto d'arrivo, conclusione di ciò che è stato fatto in passato, realizzazione degli sforzi compiuti.
Un nuovo inizio, una nuova prospettiva da cui ripartire.


Successero troppe cose in troppo poco tempo.
Seppe troppe cose in troppo poco tempo.
Gli Oggetti del Millennio erano nati da novantanove sacrifici umani.
Il Faraone Aknamkanon era morto consumato dal dolore. A rivelargli quella verità era stato il Maestro, che aveva dovuto vivere con un simile rimorso.
Il venerabile Aknadin era stato colui che aveva creato gli Oggetti del Millennio. Era il fratello del Faraone Aknamkanon ed era il padre del Sacerdote Seth. E bramava di vedere suo figlio sul trono al posto del Principe.
Il Sacerdote dell'Anello del Millennio, il suo Maestro, era morto.
Il Sacerdote della Bilancia del Millennio, Karim, morì in quel villaggio.
Il Sacerdote della Chiave del Millennio, Shada, morì per proteggere il Faraone.
Il Sacerdote dell'Occhio del Millennio, Aknadin, era un traditore.
Il Sacerdote della Barra del Millennio, Seth, era stato rapito dal traditore.
Il bandito che aveva messo in moto quella carneficina si era ucciso.
In quel villaggio sull'orizzonte era emerso un mostro dal nome mai udito, nero come Apophis, e come Apophis raggiunse Ra.
Gli Oggetti del Millennio, Oggetti di magia oscura, furono scagliati in luoghi lontani.
Mana si sentiva travolta come durante la piena del Nilo, ma non poteva permettersi di lasciarsi trascinare.
Niente ripensamenti. Niente sconforto.
Doveva agire e basta.
Non aveva idea di cosa fare, quindi si lasciò guidare da coloro che, invece, sapevano.
Seguì Aisis nella ricerca degli Oggetti del Millennio: li avrebbero riportati al Principe, lui avrebbe saputo come usarli tutti e sette.
Il Maestro era con lui. Non avrebbe mai permesso che venisse ferito.
Il mostro dal nome mai udito era troppo potente, come una divinità. E, forse, lo era davvero.
Aset guidò le sue sacerdotesse e fece ritrovare i sette Oggetti.
Aisis glieli affidò. Voleva andare a combattere in prima persona.
A volte, le era parso che Aisis fosse in sintonia con il suo Maestro.
Non le stava dicendo le stesse parole che non le aveva detto il Maestro.
A Mana non piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti.
In quelle ultime settimane, le stavano solo distruggendo il cuore.
Il cielo diurno era oscurato.
La divinità della Duat aveva permesso ad Apophis di raggiungere Ra.
Era terrorizzata, ma piangere non avrebbe portato a nulla.
Ra era potente, avrebbe sconfitto Apophis.
Il Principe aveva bisogno di lei.
Non aveva potuto impedire troppe cose. Adesso, seppur con piccoli gesti, voleva essere più utile che poteva.
Incontrò il visir Shimon, lui le chiese la Chiave del Millennio. Ne era stato il precedente Sacerdote, sapeva come usarla.
Ma anche lui non le stava dicendo le stesse parole che non le aveva detto il Maestro e Aisis.
Gli lasciò la Chiave, corse dove sentiva essere il Principe.
Un Ka grande come il cielo, il Protettore, il Proibito, fronteggiò la divinità della Duat.
Ma il visir era troppo vecchio per sostenere una simile forza magica.
La Sacerdotessa della Collana del Millennio, Aisis, era morta negli scontri.
Il Gran Visir e precedente Sacerdote della Chiave del Millennio, Shimon Muran, era morto prosciugando il suo Ba.
Era terrorizzata, ma piangere non avrebbe portato a nulla.
La giovane dai capelli di grano era con lei. Il Maestro era con lei.
I suoi occhi bruciavano, non sentiva più la propria voce.
Niente ripensamenti. Niente sconforto.
Doveva agire e basta.
Il Protettore, il Proibito, non aveva abbastanza forza per sconfiggere la divinità della Duat.
Dio Soldato Gigante dell'Obelisco. Dio Drago del Cielo di Osiride. Dio Drago Alato di Ra.
I tre Ka di natura divina. C'era un'unica persona in grado di evocarli.
Raggiunse il Principe alle porte della città.
Il Sacerdote Seth era con lui. Era tornato.
Il Sacerdote dell'Occhio del Millennio, il traditore Aknadin, era stato ucciso da una dea, le aveva detto Seth.
I tre Ka di natura divina. Loro avrebbero potuto sconfiggere la divinità della Duat.
Il Principe non era solo. Anche se la quasi totalità delle stelle che lo circondavano si era spenta, non sarebbe mai rimasto solo.
Nel regno di Nut, Ra sconfisse Apophis.
Ma, nel regno dei vivi, il Principe era un ragazzo come lei.
I tre Ka di natura divina non avevano abbastanza forza per sconfiggere la divinità della Duat.
Divennero pietra e il Principe cadde, tossendo sangue.
Era terrorizzata, ma piangere non avrebbe portato a nulla.
Seth le ordinò di portare il Principe al sicuro.
Non parlava come il Maestro, Aisis e il visir.
Era saldo come una colonna, lo sguardo deciso, una fiducia incondizionata in qualcosa.
Non avrebbe lasciato da solo il Principe.
Niente ripensamenti. Niente sconforto.
Doveva agire e basta.
Si fece aiutare da alcune guardie per portare il Principe a palazzo. Non avrebbe mai pensato vi avrebbe rimesso piede in una situazione del genere.
Non doveva guardare al passato. Non in quel momento.
Doveva calmarsi.
Il Principe aveva bisogno di lei.
Conosceva un potente incantesimo di guarigione. Non l'aveva mai provato, ma non c'era tempo per i dubbi.
Ritirò il suo Ka e attinse al proprio Ba per risanare quello del Principe.
Non poteva affrontare la divinità della Duat. Non poteva aiutare Seth.
Ma la sua piccola luce di stella poteva illuminare la strada almeno un poco.
Il Principe avrebbe saputo cosa fare.
Seth stava combattendo con un Ka bianco che non aveva mai visto prima, forte forse quanto la divinità della Duat. Era quel Ka a cui andava la fiducia di Seth? Cosa gli era successo? Cosa era successo al Principe?
Il Principe si risvegliò.
Mana gli consegnò gli Oggetti del Millennio. Aveva recuperato anche la Collana e la Chiave.
Aveva agito e basta.
Ci sarebbe stato tempo per piangere.
Ci sarebbe stato tempo per rendersi davvero conto di tutto.
Il Ka bianco di Seth, per quanto potente come una divinità, non fu abbastanza forte da contrastare la divinità della Duat.
Il Principe non aveva fatto altro che osservare dal balcone del palazzo.
Si voltò verso di lei.
Sorrideva.
Le disse che avrebbe protetto quella terra.
La salutò.
Sembrava le stesse dicendo di non piangere.
A Mana non piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti - lo sapeva benissimo che non avrebbe dovuto piangere, in quel momento, che ci sarebbe stato un tempo in cui avrebbe potuto farlo.
Non le piaceva ascoltare quello che le dicevano gli adulti, perché ora che non era più una bambina aveva imparato a riconoscere le parole che non le venivano dette.
Il cielo diurno era oscurato.
Le stelle erano lassù, da qualche parte, lo sapeva, conosceva tutta la mappa del cielo.
Sapeva dove fosse ciascuna di loro, ma non riusciva a vederla neppure con l'immaginazione.
Erano là, lo sapeva, ma il non vederle la spaventava.
Le stelle che conosceva si erano spente.
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno andò a testa alta verso il tramonto.
Cercò di fermarlo, ma la sua tranquillità era più devastante di una risposta data con rabbia.
La ringraziò per averlo sempre aiutato.
La ringraziò per aver sempre brillato nel cielo, accanto a lui.
Le disse di non essersi mai sentito solo, neanche in quel momento.
Le porse la mano. Le sorrise. E se ne andò.
Al tramonto seguiva l'alba.
Tra il tramonto e l'alba, c'era la notte.
Quella notte, ciò che tutti videro fu un meraviglioso cielo stellato.
Nessun altro astro, nel cielo.
Solo miriadi, milioni, miliardi di meravigliose, splendenti stelle.
Mana raggiunse le porte della città.
La divinità della Duat era tornata oltre la linea dell'orizzonte.
C'era solo silenzio.
In quelle ore, lei aveva agito e basta.
Ora era il tempo per piangere.
Ora era il tempo di rendersi davvero conto di tutto.
Abbracciò il Principe e spezzò il silenzio con quel che rimaneva della propria voce.
Il Sacerdote dell'Anello del Millennio, il suo Maestro, era morto.
Il Sacerdote della Bilancia del Millennio, Karim, era morto in quel villaggio.
Il Sacerdote della Chiave del Millennio, Shada, era morto per proteggere il Faraone.
Il Sacerdote dell'Occhio del Millennio, il traditore Aknadin, era stato ucciso da una dea.
La Sacerdotessa della Collana del Millennio, Aisis, era morta negli scontri.
Il Gran Visir e precedente Sacerdote della Chiave del Millennio, Shimon Muran, era morto prosciugando il suo Ba.
Il suo Principe si era sacrificato per salvare tutti.
Miriadi, milioni, miliardi di meravigliose, splendenti stelle brillavano nel cielo, ma lei era rimasta da sola.
Le stelle che conosceva si erano spente.
L'astro che illumina il cielo di notte e di giorno era tramontato.
Il suo Maestro era morto.
L'amico con cui condividere i vasi era morto.
Qualcuno al suo fianco.
Il Sacerdote della Barra del Millennio, Seth, era sopravvissuto.
Lo vide raccogliere il Puzzle del Millennio.
Cugino del Principe, era ora il nuovo Faraone.
Prima che potesse dire qualcosa, però, prese il Principe dalle sue braccia e lo portò a palazzo. Mana lo seguì.
Ci sarebbe stato tempo per incoronare un nuovo Faraone.
Ci sarebbe stato tempo per tornare all'alba.
Tra il tramonto e l'alba, c'era la notte.
Per il popolo, e per loro stessi, dovevano trovare la forza di illuminare quel cielo senza astri.

Vi sono molti punti in comune tra la Stella e il Carro: entrambi affondano le radici nella terra, sul baldacchino del Carro splendono dodici stelle che indicano il suo legame con l'universo. Ma se il Carro penetra nel mondo come un conquistatore, la Stella agisce sul mondo irrigandolo, nutrendolo.
Sulla fronte della donna, la luna arancione suggerisce l'intelligenza trasformata in saggezza ricettiva, che le permette di trasmettere la forza universale che l'attraversa, simboleggiata dal cielo stellato.


Seth era saldo come una colonna, lo sguardo deciso, una fiducia incondizionata in qualcosa.
Dopo il Principe, portò agli imbalsamatori una donna bianca.
La sua Grande Sposa Reale, morta prima di poterlo sposare.
Mana non capiva. Seth non le spiegò.
La loro Sopdet aveva iniziato il suo viaggio nella Duat. Seth le disse che, quando sarebbe tornata, le avrebbero mostrato un mondo rinato.
Seth era saldo come una colonna, lo sguardo deciso, una fiducia incondizionata in qualcosa.
Ma nei suoi occhi c'era un dolore che forse non se ne sarebbe mai andato.
Mana si rese conto di avere negli occhi la stessa luce.
Si nascose nei vasi, i primi giorni.
Voleva non essere coinvolta in qualsiasi cosa stesse succedendo fuori.
Ma nei vasi sentiva la presenza del Principe, sul bordo dei vasi sentiva lo sguardo del Maestro.
Andò alla pietra dove era inciso il Ka del Maestro, i giorni successivi.
Parlò con lui, ma sentiva di rado qualcosa che somigliava a risposte.
Il Maestro doveva essere con il Principe. Non avrebbe mai permesso che venisse ferito.
Sorrise.
Il Maestro era con il Principe nella Duat.
Lei era con il nuovo Faraone nel mondo dei vivi.
Per il popolo, e per loro stessi, dovevano trovare la forza di illuminare quel cielo senza astri.
Quando la loro Sopdet riapparve nel cielo, si tennero tanti funerali.
I Sacerdoti, il visir, la gente comune, quella donna. Il Principe.
Seth distrusse il Puzzle e lo seppellì con il Principe.
Gli Oggetti del Millennio erano strumenti di magia oscura.
Troppo sangue era stato versato, nel tempo più lontano e in quello più vicino, a causa loro.
Il Faraone Seth sciolse la Corte Sacra, ripristinò gli ordini sacerdotali precedenti.
Elesse Mana come Gran Sacerdotessa, al di sopra degli altri, seconda solo al Faraone.
La giovane dai capelli di grano era sempre con lei. E, senza che se ne accorgesse, la sua magia era cresciuta a dismisura.
Ne aveva sempre avute le capacità. Ora che non aveva più niente da perdere, ora che non aveva più niente da dimostrare, non aveva più paura.
Instaurò un rapporto strano con il Faraone Seth.
I loro animi erano macchiati dallo stesso dolore, ma le loro personalità reagivano in modo diverso.
- Non ho intenzione di sposarti. - le disse, una volta.
Mana se ne compiacque. Non era mai stata destinata a lui. Lui aveva già una Grande Sposa Reale.
Le sottopose gli altri sei Oggetti del Millennio, per valutarne lo stato.
L'Anello del Millennio.
L'Oggetto che era appartenuto al Maestro.
Quando Mana lo prese, solo per guardarlo, quasi cadde svenuta.
Rabbia, odio, disgusto.
Quegli Oggetti non erano solo Oggetti oscuri, erano Oggetti maledetti - e l'Anello, l'Oggetto che per così tanto tempo era stato al collo del Maestro, era il più oscuro di tutti.
Seth diede ordine di distruggerli, ma ogni tentativo fu vano.
Decise dunque di chiuderli in un luogo sicuro, sotterraneo, e ordinò a Mana di porvi un incantesimo di protezione.
Fu una delle magie più potenti che Mana realizzò.
Nessun altro avrebbe perso la vita per colpa di quegli Oggetti maledetti.
Voleva proteggere quelle terre, voleva impedire che altre vite come quelle del Maestro o del Principe si spezzassero.
Voleva incatenare quegli strumenti maledetti, voleva rinchiuderli per sempre, voleva dimenticarli.
Mise tutta se stessa in quell'incantesimo.
Ricordava le parole del Maestro.
Ricordava le parole del Principe.
Ricordava la promessa che si era fatta.
Non era più sacerdotessa di Aset.
Non era mai stata Sacerdotessa della Corte Sacra.
Non era mai diventata Grande Sposa Reale.
Era la Gran Sacerdotessa.
Era l'allieva del Maestro.
Avrebbe brillato tra le stelle di Horus.
Fu solo allora che pronunciò quelle parole che non aveva mai detto.
Arrivederci, Maestro.
Arrivederci, Principe.
Il Faraone Seth non somigliava affatto al Principe.
Ma, come lui, si sentiva solo.
Il sole illumina il mondo, ma nel cielo è da solo.
Tuttavia, intorno a lui ci sono tante stelle che la sua luce non fa vedere.
Non appena cala la notte, quelle stelle diventano visibili e brillano come tanti piccoli soli.
Era sempre stata accanto al Principe. Sarebbe sempre rimasta all'ombra di Seth.
Se il Faraone era sereno, lei rimaneva ad osservarlo da lontano, oscurata dalla sua luce.
Ma quando cedeva, quando aveva paura, lei e gli altri sacerdoti apparivano al suo fianco, sostenendolo con quella luce che forse non sarebbe stata mai in grado di eguagliare la sua, ma che forse sarebbe stata in grado di illuminargli la strada giusta.
E poi, il sole sorgeva.
Khepri era infine giunto.
Horakhti avrebbe illuminato il mondo.
Atem avrebbe di nuovo incontrato il suo sguardo.
La nuova Luce d'Egitto avrebbe ridato la luce a quel mondo distrutto.
Le sue stelle avrebbero mostrato al Tramonto un meraviglioso cielo stellato.

.

× Le definizioni e le descrizioni del tarocco non mi appartengono e sono tratte da Wikipedia e Tarocchi.it.
(Quest'ultimo sito è molto diverso da quando, otto anni fa, ne presi le definizioni. Ci sono ancora, ma sono in mezzo ad un sacco di pubblicità.)

Note:
* Aset è il nome egizio di Iside. Era una delle divinità più importanti del pantheon egizio, dea della magia e della maternità. [ Wikipedia ]
Il nome di Aisis, oltre ad essere la pronuncia inglese di "Isis" (Iside), potrebbe derivare da "Aset".
* "Heka" è la parola egizia per "magia".
Letteralmente, significa "colui che attiva il Ka"; si pensava, infatti, che la magia si attivasse utilizzando la forza della propria anima (di cui il Ka è una delle nove parti).
(Nell'anime, viene chiaramente detto e mostrato che ad attivare e far muovere i Ka è il Ba, la "forza vitale". Prendete questa mia licenza nel senso più stretto del termine: quello del capitolo è il funzionamento della magia, più che dell'effettiva evocazione / materializzazione del Ka.)
In un mito, la sua personificazione, il dio Heka, distrusse Apophis, il serpente che ogni notte cercava di divorare Ra. [ Wikipedia ]
* "Hu" è la forza motrice dietro alla creazione, "Sia" la potenza del sapere. Operavano insieme ad Heka. [ Wikipedia: Hu, Sia ]
* A qualcuno potrebbe sembrare strano che Mana parli di "sacerdoti vecchi come le piramidi": in realtà, per un'egizia della XVIII dinastia (1543-1292 a.C.), le piramidi erano già vecchie, considerando che smisero di essere costruite nella XIII dinastia (1793-1645 a.C.).
L'ultimissima piramide, ad onor del vero, è proprio del fondatore della XVIII dinastia, Ahmose I ma, oltre ad essere piuttosto diversa dalle piramidi che tutti conoscono, si trattava di un cenotafio e non di una tomba. [ Wikipedia ]
* Thot era il dio, tra le tante cose, della magia, della scrittura e della matematica, oltre che protettore degli scribi. Fu anche una delle divinità lunari. [ Wikipedia ]
* "Senet" e "Shen" (oggi chiamato "Cani e sciacalli") sono due giochi da tavolo originari dell'Antico Egitto.
[ Wikipedia: Senet, Shen/Cani e sciacalli ]
* "Horus servitore del sud" (o "stella splendente") è Giove, "Seth servitore del nord" (o "Seth nel crepuscolo") è Mercurio; "Horus il toro" (o "stella orientale che attraversa il cielo") è Saturno, "Horus il Rosso" (o "Horus all'orizzonte") è Marte.
Hathor e Bastet erano due delle possibili dee associate a Venere come stella della sera e stella del mattino. [ Wikipedia ]
* Sopdet (Sopedet in italiano, ma non credo nessuno l'abbia mai usato) era il nome egizio della stella Sirio, su cui gli egizi basavano il loro calendario.
Oltre ad avere una personificazione divina nella dea omonima, poteva rappresentare anche la triade Osiride-Iside-Horus. Richiamando il mito della morte di Osiride, l'assenza di Sopdet dal cielo per settanta giorni rappresentava la discesa nella Duat (l'Aldilà) di Iside; da questo, la cerimonia di mummificazione era della durata di settanta giorni. [ Wikipedia: 1, 2 ]
* Iah è il nome con cui gli egizi chiamavano la luna. [ Wikipedia ]
* Apophis (Apopi in italiano, ma non credo nessuno l'abbia mai usato) era l'incarnazione delle tenebre e del Caos, dalla forma di un serpente gigante.
Ogni notte attentava alla barca di Ra (il Sole) nella Duat. Si credeva che vivesse al di sotto della linea dell'orizzonte e che fosse dunque una creatura dell'Aldilà. [ Wikipedia ]
* L'ibis era un animale venerato presso gli egizi, in quanto mangia serpenti e carogne e beve solo acqua limpida. Era ammirato anche per il suo sguardo fermo e la sua postura elegante.
Era considerato l'animale sacro a Thot - lo stesso nome del dio si scrive con il geroglifico dell'ibis. [ Wikipedia: 1, 2 ]
* Il medjed, alias l'ossirinco, alias il pesce elefante, è il pesce che, nel mito di Osiride e Iside - che, ad un certo punto, vede lei ricomporre il corpo-puzzle del marito -, si mangiò i genitali di Osiride, impedendo ad Iside di ricomporlo del tutto. [ Wikipedia ]
Capirete quindi perché non stia simpatico ad Iside e lo si possa definire "blasfemo e volgare". (???)
* Sobek era il dio coccodrillo legato al Nilo, sia nel suo aspetto positivo di fertilità che in quello negativo di distruttore.
Era considerato una divinità protettrice, soprattutto per quanto riguardava i pericoli provenienti dal Nilo. [ Wikipedia ]
* Tra i suoi tanti significati, il Nilo assumeva anche il ruolo di confine tra il regno dei vivi (sponda orientale) e quello dei morti (sponda occidentale), richiamando il sorgere e il tramontare del sole. [ Wikipedia ]
* Khepri, Horakhti e Atem sono i tre aspetti di Ra: Khepri era il sole dell'alba; Horakhti (o Ra-Horakhti) era Ra allo zenit, fuso con Horus; Atem (o Atum) era il sole del tramonto. [ Wikipedia ]
Dunque sì, Atem porta il nome dell'incarnazione del sole che tramonta.


Dunque alla fine ne ho scritto un altro.
Se rimetterò in ordine i tarocchi della seconda parte, sappi che questo è il secondo capitolo che ho scritto nel 2019, dopo quello de La Luna.
Forse sono stata triggerata dall'ambientazione egizia, forse dall'aver parlato di Kisara, sta di fatto che sono passata ad un'altra delle mie personagge preferite di YGO, Mana.
Mana che trovo semplicemente perfetta per la carta de Le Stelle: è soprattutto la carta della speranza e il suo continuo non arrendersi di fronte ai fallimenti e il suo carattere allegro nella generale atmosfera di tensione non può che ricollegarsi ad una persona positiva, dall'animo molto più forte di quanto la sua apparenza infantile possa far pensare. Ho sempre visto questo capitolo come un capitolo troll: Mana può sembrare un personaggio facile, ma la forza che ha mostrato nell'incassare tutti quei traumi la rende sorprendentemente complessa. È una ragazza complessa nel suo carattere semplice. Spero di essere riuscita a renderla anche solo un poco.
Questo capitolo è nella stessa continuity de Il Papa, il Carro e La Giustizia; dal tarocco di Mahad ho ripreso alcune frasi, mentre a causa del tarocco di Seth (DI NUOVO!), ho dovuto divergere dal canon nella parte finale - dato che, secondo il canon, non è rimasta traccia del corpo di Atem e il Puzzle si distrusse a seguito dell'incantesimo da lui realizzato per intrappolare Zork. Ad ogni modo, non mi dispiace l'idea che abbiano seppellito qualcosa, e che sia stato Seth a distruggere il Puzzle. La vignetta del manga in cui si vede una nuova Corte Sacra riutilizzare gli Oggetti la considero semplicemente ridicola - sia perché ce la vedo proprio Mana ad usare un Oggetto ultramaledetto come l'Anello, sia perché mi fa molto ridere l'idea che Seth abbia usato per tutta la vita un Oggetto che sa benissimo essere oscuro e creato dall'odiato defunto padre e poi, ultracentenario, abbia fatto riaprire la tomba di Atem, abbia superato tutte le trappole, abbia rotto il Puzzle, messo i pezzi del Puzzle nella sua bella scatolina fatta apposta per l'occasione e che si è portato dietro, sia tornato indietro risuperando tutte le trappole e abbia fatto richiudere la tomba.
La Mana di questo capitolo è ovviamente del tutto tratta dall'anime - dove ha, tipo, un carattere e dello screentime superiore a due pagine e tre vignette.
Riguardo il suo essere la possibile futura Grande Sposa Reale. Ciò non è dovuto al mio essere una Vaseshipper (mi piace, ma di mio tendo più all'Apprentice) ma alla semplice ovvietà: le uniche donne di un certo rilievo attorno ad Atem sono Aisis e Mana; tra una donna adulta e una quasi coetanea del Faraone, è abbastanza ovvio che la scelta sarebbe ricaduta sulla seconda. Magari non sarebbero stati infiammati dal fuoco della passione e sarebbero rimasti semplicemente grandi amici - o, come dice la stessa Mana, "come fratello e sorella", che detto nell'Antico Egitto fa pensare. -, ma credo che Mana fosse davvero promessa sposa di Atem. Allo stesso modo, dubito che Seth l'abbia sposata, rimanendo fedele alla memoria di Kisara. Per quanto riguarda la parentela di Aisis e Mana e il loro essere sacerdotesse di Aset/Iside, si tratta di un mio headcanon sviluppato insieme a Tayr Seirei (Soranance Eyes).
Comunque, sono triste di non essere riuscita ad inserire da nessuna parte Pegwti/Canopo, quindi lo annoterò qui.
"Pegwti" era il nome egizio dell'antica città di Canopo, in cui Osiride veniva venerato con la particolare forma di vaso con testa umana. Da qui, probabilmente, deriva il nome dei vasi canopi. [ Wikipedia ]
Sono stata indecisa fino all'ultimo se inserire delle frasi riguardo al riposare di Atem in "più di un vaso" (i canopi), ma temo che il suo reale significato avrebbe un po' sciupato la poesia (?) e dato un'atmosfera un po' troppo macabra-splatter. (Per chi non lo sapesse, nei canopi venivano messi gli organi del defunto.) Lo so, vaso-canopo è chiamatissimo, ma (in questo capitolo e con questo personaggio) non c'è bisogno di indugiare sulle interiora.
Detto ciò, sperando che questo capitolo sia risultato almeno gradevole, auguro a tutti Buone Feste~
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh / Vai alla pagina dell'autore: Soe Mame