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Autore: Mahlerlucia    27/12/2019    2 recensioni
{Sequel de “Il regalo più grande”}
Non riesco a considerare nessuna necessità nell’infanzia tanto forte come la necessità di protezione del padre.
(Sigmund Freud)
[Bokuto x Akaashi]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A mano a mano'
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Anime: Haikyuu!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo
Rating: giallo
Personaggi: Koutarou Bokuto, Keiji Akaashi
Pairing: BokuAka
Tipo di coppia: Yaoi


 
 
 Abbi cura di me

 
 
 
 
… Tu non cercare la felicità semmai proteggila
È solo luce che brilla sull'altra faccia di una lacrima
È una manciata di semi che lasci alle spalle
Come crisalidi che diventeranno farfalle
Ognuno combatte la propria battaglia
Tu arrenditi a tutto, non giudicare chi sbaglia
Perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso
Perché l'impresa più grande è perdonare sé stesso...

 
 
5 Dicembre

Non pensare. Non muoverti. Non fare nulla che potrebbe aggravare la tua posizione, già di per sé piuttosto precaria. Annullati in attesa di qualunque forma di miracolo capace d’intercedere per la tua stupida imprudenza; nasconditi per evitare d’incombere nei giudizi perentori di coloro che ti hanno concesso il dono più grande possibile: la vita.
La trapunta di quel letto – che avevano acquistato proprio loro anni addietro – diventa il tuo nuovo, temporaneo rifugio da quel tribunale d’inquisizione a cui verrai sicuramente sottoposto a breve. Quella stoffa calda è l’ultimo appiglio a cui potersi aggrappare prima di doverti confrontare con una realtà che sta inesorabilmente per agguantarti, infondendoti paura e agitazione a profusione. Un cocktail micidiale che quasi ti fa dimenticare della presenza di Koutarou al tuo fianco.
I suoi enormi occhi chiari ti osservano mentre inizi vistosamente a tremare, rannicchiandoti su te stesso nel vano tentativo di trovare un po’ di calore umano. Non è freddo quello che senti, i riscaldamenti hanno appena subito la loro ennesima manutenzione, non più di una settimana fa. Figurarsi se Ayame Akaashi poteva dimenticarsi di una faccenda di tale portata.
Il suo braccio allenato ti avvolge a ti trascina al suo petto, cercando di riportarti alla calma. Impresa praticamente impossibile, considerando lo stato di tensione che ha completamente pervaso il buon funzionamento dei tuoi processi cognitivi. Se vogliamo dirla in maniera ancor più schietta: sei nel panico più totale!

“Mi è sembrato di capire che sono rientrati i tuoi-”

Non sai nemmeno quale forza tu abbia potuto prendere in prestito dal tuo corpo rimasto immobile, ma sei riuscito a tappargli la bocca onde evitare che la sua possente voce potesse essere udita oltre le mura di quella stanza. Sicuramente non ricorda che tua madre è ancora abituata a controllare cosa tu stia facendo prima di andare a coricarsi e, ovviamente, la porta non era nemmeno stata chiusa a chiave.
‘Volevo solo sapere se ti occorreva qualcosa per domani’, è la scusante che sovente utilizza per la sua quotidiana e premurosa intromissione nel tuo universo ovattato. ‘Nulla, ho già preparato il materiale e il bentō per domani. Buonanotte kaa-san!’, è la risposta che le concedi praticamente ogni sera, salvo situazioni particolari. Ma ogni volta sembra che quelle parole non le bastino, che non la convincano appieno; il suo sguardo affranto e la sua disperata ricerca di un nuovo argomento a cui potersi ancorare per proseguire un dialogo con quel figlio tanto desiderato ne sono le palesi e continue dimostrazioni. Siete sempre stati piuttosto simili nel dar conto a questo tipo di atteggiamenti, evitando cautamente d’insistere con chi vi ha generato delusione e rammarico per non risultare ridondanti ed invadenti.

“Bokuto-san... abbassa la voce!”

Con uno scatto ferino sollevi la coperta per compiere l’unica azione di senso compiuto che ti sovviene in quel momento di mera confusione mentale. Cerchi a tentoni i tuoi boxer, indossandoli il più rapidamente possibile; ti precipiti alla scrivania e apri l’ultimo cassetto dall’alto estraendone una piccola chiave argentata. Continuando a muoverti in quei pochi metri quadrati di tua pertinenza, ti avvicini alla porta e, silenzioso quanto un gatto pronto a sferrare l’ennesimo attacco a chiunque tenti in qualche modo d’invadere il suo territorio, ti assicuri di chiuderla a dovere. Un solo giro di chiave dovrebbe essere sufficiente, anche per evitare d’impiegarci troppo tempo nella riapertura. Soprattutto per quanto riguarda le spiegazioni da fornire ad Ayame, dato che non sei mai arrivato al punto di doverti rintanare nella tua stanza per nascondere qualcosa di estremamente intimo.
Gli occhi ambrati di Koutarou continuano a seguire ogni tuo movimento mostrando una punta di sconcerto all’interno del loro riflesso. Ma ha troppo rispetto per te e per la tua intelligenza per poterti contraddire ancora una volta, specie dal momento in cui è perfettamente conscio del fatto che comportandosi diversamente potrebbe metterti davvero nei guai. O peggio ancora, potrebbe correre il rischio di perderti.

“Bokuto-san, rivestiti!”

“Sì... e magari poi mi lancio dal secondo piano planando nella neve.”

“Non ti chiederei mai una cosa del genere, lo sai.”

“E allora che si fa?”

“Bokuto-san...”

“Koutarou! Io sono Koutarou per te!”

Non riesci a travisare un sommesso sospiro di accettazione per quella richiesta leggermente fuori luogo, ma pur sempre legittima da parte sua. Lo raggiungi sul letto e ponendoti a carponi, accosti il tuo viso al suo, lasciando combaciare perfettamente i vostri sguardi smaniosi. Stai sfoderando l’ultima arma che hai a disposizione per convincerlo a darti retta, per tentare perlomeno di salvare il salvabile. Sai bene che sul rettangolo di gioco avresti fatto molta meno fatica qualche mese addietro, quando entrambi lottavate ancora per un obbiettivo comune, seppur dal sapore prettamente sportivo. Ma ora le cose sono cambiate di netto, così come gran parte delle vostre abitudini. Specie dopo una serata ‘movimentata’ come quella che concretamente non sarebbe ancora terminata.
Ma ora sei costretto a reagire in fretta e a farlo di pancia, calcolando e prevedendo solo lo stretto necessario per evitare di riportare conseguenze più grandi di te e più forti del sentimento che vi lega.

“Ok, Koutarou. Hai ragione, scusami. Ora però ascoltami, per favore. Vestiti! Fingi di essere qui solo ed esclusivamente per il mio compleanno e per parlare di quello che vuoi tu... ok? Ecco, magari attieniti a temi inerenti all’Università o alla pallavolo... così, giusto per evitare di andare a toccare altri argomenti sui quali potresti ingarbugliarti con maggiore facilità. Ok?! Pensi di farcela?”

La matricola della Nittaidai University finge di mettere il broncio in maniera alquanto infantile; con ogni probabilità la tua ultima domanda – chiaramente retorica! – lo ha toccato molto più di quanto potessi arrivare ad immaginare prima di aprir bocca. È chiaro ad entrambi che Koutarou può benissimo riuscire a portare a compimento ciò che gli hai appena chiesto, ma mancano le intenzioni d’interrompere la splendida atmosfera che si è venuta a creare tra voi a causa dell’intrusione di terzi incomodi, oltretutto da dover assecondare per evitare eventuali ‘ritorsioni’ future. E tu, dal canto tuo, comprendi e condividi appieno il suo punto di vista, ma avverti l’urgente necessità di avere a disposizione la tua scialuppa di salvataggio per poter affrontare quel naufragio in mare aperto che è diventata la tua famiglia negli ultimi tempi. Detesti mantenere il piede in due scarpe, ma vuoi troppo bene a tutti loro per poterti concedere il lusso di far prevalere la ragione di uno su quella degli altri.
La mediazione è indubbiamente la miglior soluzione applicabile, se ben costruita.

“... per favore...”

Bokuto chiude gli occhi ed incrocia le braccia in segno di bonario sdegno. Ma la piccola messa in scena non dura poi molto, dato che decide di concederti una fugace occhiata, socchiudendo appena una sola palpebra. Anche quando tenta di fare il duro, Koutarou Bokuto lascia sempre che sia la tua reazione a dettare le regole del gioco. Sei il suo punto debole più potente, l’unico che non è mai stato inserito nella famosa lista numerata che tu stesso avevi creato per aiutarlo a concentrarsi nel corso degli allenamenti che si tenevano nella vecchia Palestra numero tre.

“Bacio!”

“Cosa?! Ma non c’è tempo ora!”

“C’è sempre tempo per ricevere un bacio da parte del festeggiato più bello della capitale!


In una frase pronunciata quasi per capriccio, Koutarou è stato capace di racchiudere il tuo intero essere. La foga e il timore di essere sorpreso ti hanno fatto obliare che, essendo da un pezzo passata la mezzanotte, siete ufficialmente entrati nella fatidica data che prevede il compimento del tuo diciottesimo anno di vita. Per la legislazione nipponica non sei ancora maggiorenne, ma di sicuro hai maturato una nuova consapevolezza: essere considerato quantomeno ‘piacente’ da colui che non sta facendo altro che strapazzarti il cuore da tre anni abbondanti. E ora si trova proprio qui, a pochi centimetri dal tuo viso, preso dalla speranzosa attesa di un contatto carnale rubato in un momento di reale emergenza familiare.
Afferri la sua testa con entrambe le mani ed imprimi un bacio a stampo sulle sue labbra ancora ebbre di desiderio. Sospiri con ipocrita rassegnazione dinnanzi a quegli occhi semi-chiusi ancora una volta pronti a tendersi per avere anche solo un briciolo della tua attenzione. Sorridi cercando di non pensare – almeno in quel singolo frangente – a quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Questo momento è solamente vostro, tutto il resto verrà da sé.

“Solo perché ho fatto in tempo a serrare la porta.”

“Ah, non perché ti piaccio almeno un pochi-”

Le tue labbra voraci fanno giusto in tempo a zittirlo posandosi di nuovo su quella bocca incapace di placarsi in autonomia. Ma questa volta ci restano per un tempo maggiore, giusto per prendersi la briga di approfondire come si deve quell’unione sincera che per un attimo riesce a trasportarvi in un’altra dimensione, la vostra. La sua lingua comincia a muoversi con vigore andando in cerca della sua compagna di avventure oltraggiose.
Ti avvicina a sé infilando con noncuranza le dita sotto il cotone scuro dei tuoi boxer; accarezza con sempre maggiore energia la pelle morbida delle tue natiche, provocando brividi di piacere lungo l’incurvatura della tua schiena nuda ed accaldata. Vi discostate per un momento, il tempo necessario per cercare di contenere quel gemito che ti sta montando dentro a causa di tutte quelle – piacevolissime! – stimolazioni fisiche a cui ti sta sottoponendo irrefrenabilmente. Senza nemmeno realizzarlo appieno, ti ritrovi a sfogare la tua eccitazione racchiudendo un lembo della pelle del suo collo tra i denti stringendolo con veemenza. Mugugni qualcosa d’incomprensibile prima di sbarrare gli occhi d’impeto e staccarti bruscamente da quella tua adorata preda. Una mano dinnanzi al viso, come a voler sottolineare la visione di qualcosa di altamente scandaloso. L’espressione di Bokuto si trasforma in una maschera d’incredulità per quella tua reazione doppiamente improvvisa ed atipica.

“Per gli dèi, cos’ho appena fatto. Si vedrà tutto!”

“Keiji, cosa c’è adesso?”

“Bokuto-san... cioè... Koutarou, ascoltami! Ti metti lo scaldacollo, ok? Tu hai ufficialmente mal di gola.”

“Ma ufficiosamente non è vero! Si dice così, giusto?!”

“Sì, sì dice così. Ma non fa niente, per stasera va così. L’ho deciso io! E dammi retta una volta tanto! Vestiti!”

“Ok... ok, capitan Fukurō!”

Un ultimo scambio di sguardi e un flebile sorriso che fa capolino sul tuo viso prima di essere affossato dalla vergogna per quello che è riuscito a dirti nonostante il fatto che tu gli stessi impartendo ordini a bacchetta da più di dieci minuti. Non servono troppe parole per fargli intendere che è il contesto – unito alla situazione tragicomica – a farti parlare in quel modo, non la tua radicata volontà.
 
***
 
“Keiji, con chi parli?”

Prevedibile quanto gli hanabi al termine di ogni tradizionale Festival estivo, la squillante voce della tua genitrice fa capolino dal disimpegno che conduce a ciascuna delle stanze che compone la zona notte del tuo spazioso e moderno appartamento. Avverti il rumore dei suoi passi lenti e ammorbiditi dalle soffici pantofole che tu stesso le avevi regalato per il suo precedente compleanno. La fortuna ha voluto che tu riuscissi a rigirare la chiave poco prima che lei stessa si premurasse di abbassare la maniglia per controllare che tutto fosse a posto. Poco le importa se sta entrando nella tua stanza senza nemmeno essersi premurata di bussare, come invece dovrebbe abituarsi a fare considerando che il rifugio di un adolescente non è certamente paragonabile alla cameretta di un bambino intento a frequentare la scuola primaria.
Apre appena l’uscio, come se non volesse realmente intromettersi in quella che talvolta, scherzosamente, considera essere il tuo ‘regno segreto’.

“Buonasera! Trascorso una bella serata?”

L’istinto ti sta fortemente invitando a fulminare Koutarou con lo sguardo per questo suo atto di pura intraprendenza. Non ti è chiaro se non abbia realizzato che iniziando a porle delle domande avrebbe automaticamente innescato un valido motivo di conversazione, o se lo abbia fatto con l’unico intento di mostrare gentilezza e naturalezza nonostante quello che era appena accaduto e che siete inesorabilmente costretti a nascondere; come due ladri che hanno scampato il pericolo di essere colti in flagrante per il rotto della cuffia.
Tua madre non può far altro che spalancare completamente la porta, colta alla sprovvista da quella voce che di sicuro non appartiene al suo Keiji, ma che non le deve essere sembrata nemmeno del tutto ignota. D’altronde, Bokuto-san era stato a casa vostra in diverse occasioni in passato. La maggior parte delle volte necessitava di un sopporto allo studio e allo svolgimento dei compiti, soprattutto quelli riguardanti inglese e matematica. In altre occasioni, invece, vi eravate ritrovati per guardare e commentare assieme alcuni video inerenti alle precedenti partite delle squadre che dovevate affrontate nel corso del torneo Nazionale.

“Bokuto-kun. Mi fa piacere saperti di nuovo in città. La serata è andata piuttosto bene, ti ringrazio per l’interesse. Ti sei fermato a fare un po’ di compagnia al nostro Keiji? Sai, sei una delle poche persone con cui ha sempre dimostrato di stare bene e quest’anno sta risentendo un po’ della tua mancanza.”

Colui che la signora Akaashi considera come poco più di un semplice ospite inatteso, si trova seduto alla rovescia sulla sedia dello scrittoio. Indossa una vecchia sciarpa della Fukurōdani utile ad attuare il ‘diabolico’ piano di cui discutevate poc’anzi. Tiene tra le mani un settimanale sportivo estrapolato casualmente tra la pila di riviste disposte in maniera ordinata nell’ultimo scaffale dell’enorme libreria che occupa la parete che congiunge il letto alla finestra. Peccato solo che stia fingendo di guardarla tenendola al contrario.

Kaa-san, non è vero. Io e... Bokuto-san ci sentiamo ogni giorno.”

“Lo so, tesoro. Posso offrirti qualcosa?”

“Ah, non si preoccupi! Poco fa suo figlio mi ha deliziato con una delle sue specialità. Complimenti perché è davvero un ottimo cuoco!”

Quella risposta assume la stessa valenza di un punto all’interno di una conversazione che sin da principio ha mostrato tutte le caratteristiche utili per non poter oltrepassare un determinato limite. Si tratta, chiaramente, di un confine che hai avuto modo d’imporre tu stesso in maniera più o meno implicita. Non c’è voluto poi molto a tua madre per intendere che nella tua mente sei solito far posto ad una miriade di pensieri che ti fanno spesso sentire malinconico o, peggio ancora, inadeguato. Non è stato necessario nemmeno indagare più del dovuto per comprendere che le energie che immetti quotidianamente nello studio e nello sport ti servono soprattutto come diversivo per non soffermarti più del necessario sui pensieri negativi e ossessivi, così come ad evitare quelle mancanze che la vita sta cominciando a riservarti per prepararti ad un futuro dai toni sempre più incerti.

La sua mano non ha mai lasciato quella maniglia d’ottone sulla quale forse non avrebbe dovuto indugiare per immischiarsi ancora una volta nelle tue faccende personali. Lo sguardo basso e le guance arrossate dal freddo e dall’imbarazzo sono le prove evidenti di quel suo breve momento di pentimento personale.
È ancora una bellissima donna Ayame Akaashi. Gli occhi verdi, espressivi e particolari quanto i tuoi. I capelli corvini lisci ed acconciati in un caschetto ordinato che scende con morbidezza sino alle spalle magre. Il trucco appena accennato e un buon profumo di freschi iris a circondarla nel suo quotidiano. Non ha mai dimostrato la sua età, nonostante si vesta in maniera piuttosto austera sia per la sua posizione lavorativa che per il suo ruolo di moglie e madre esemplare. Perché nonostante tutto, lo è sempre stata... e tu lo sai bene.

“Ah, in verità ha imparato tutto da autodidatta. A causa degli orari lavorativi spesso non sono a casa e...”

“... ho dovuto imparare a cavarmela da solo. Una scuola di vita, come mi hai ben detto tu un po’ di tempo fa.”

Onesta. In ogni sua molecola. In ciascuna delle sue parole. Da sempre.

“Comunque mi fa davvero piacere che tu sia venuto proprio nel giorno del suo compleanno, Bokuto-kun. Resti a dormire da noi? Orami è notte fonda...”

La prova del nove. Una domanda che non avevi minimamente preso in considerazione, nonostante l’orario tardivo. Una questione che lasci nelle sue mani non per codardia, ma solo perché ogni possibile opzione considerabile ha i suoi pro ed i suoi contro, come in ogni situazione ingarbugliata che si rispetti. A pensarci bene, se si fosse fermato, tua madre lo avrebbe invitato a coricarsi nella stanza degli ospiti; senza contare la papabile reazione di tuo padre l’indomani mattina nel ritrovarselo in giro per casa. D’altro canto, permettergli di andarsene sarebbe forse stata la soluzione migliore? Con il rischio, per lui, di non riuscire a trovare più un treno utile per poter tornare? Con la facilità con cui potrebbe incorrere in un malanno stagionale con tutta quella neve soffice che ancora continua a cadere? Con il timore di non poter trascorre l’intera giornata del tuo compleanno assieme alla persona di cui sei perdutamente innamorato?
Koutarou, pensaci tu per favore!

“Non si preoccupi! Andrò dai miei genitori che abitano ad un paio di isolati da qui. Sfido chiunque a trovare un mezzo che mi riporti al campus a quest’ora e con questo tempo! Ma non vorrei nemmeno arrecarvi troppo disturbo.”

Una scelta talmente scontata e benevola da non esserti nemmeno passata per l’anticamera del cervello. La saggia via di mezzo che accontenta tutti e porta al minor numero di ripercussioni negative auspicabile.
Il suo sguardo sembra volerti dare la giusta carica dopo aver vagliato l’opportunità di potervi tranquillamente rivedere l’indomani dopo le lezioni; ma in realtà, mostra anche un filo di perplessità in cerca di conferme. Sei d’accordo con la sua decisione, ma non escludi che stia cercando di comprendere se il verbo arrecare sia stato usato da lui nella sua giusta accezione. Perché un conto è parlarne tra di voi, un altro è far brutta figura davanti a tua madre. Annuisci e sollevi appena il pollice per concedergli quella doppia approvazione che attende quasi quanto una manna dal cielo.

“Nessun problema. Se sei già d’accordo con la tua famiglia non mi opporrò. Vado un momento in cucina a sistemare un paio di cose che ci siamo fermati ad acquistare prima di rientrare. A dopo.”

“Grazie mille, Ayame-san!”

Per un fugace attimo tua madre rimane a bocca aperta per lo stupore dovuto al nuovo ‘vezzeggiativo’ che le è appena stato attribuito da quel caro amico di suo figlio. Non le dispiace affatto, tanto da mostrargli un meraviglioso sorriso capace di trasformarsi in una piacevole e breve risata di sollievo. Non ti è ancora dato sapere rispetto a che cosa, ma la sensazione che ti trasmette quel piccolo gesto di contentezza ti porta d’impeto a pensare a questo. Sì, perché con ogni probabilità, la cena non sarà andata poi così bene come va decantando per non farti preoccupare. Il rapporto tra i tuoi genitori non è più lo stesso da parecchio tempo, oramai.
 
***
 
“Beh, è andata bene, no?!”

“Sì, anche perché mio padre sarà andato a dormire senza pensare ad altro che al suo lavoro, come al solito.”

“Chissà, magari si comporta in questo modo perché si è sempre fidato di te. E se c’è fiducia non c’è bisogno di venire a rimboccarti le coperte, non credi?”

“Non è una questione di ‘venire a rimboccare le coperte’, Bokuto-san...”

“Koutarou!”

“Hai ragione, scusami.”

“Comunque ho capito cosa intendi. Pazienza e intelligenza, Keiji-kun! Tu ne hai in gran quantità!”

Forse non abbastanza!
L’ex capitano della Fukurōdani finisce di rivestirsi, evitando di togliersi la sciarpa fino ad un eventuale contrordine del suo indimenticabile ed insostituibile setter. In effetti il livido che gli hai rilasciato sul collo è più che evidente a pelle scoperta, il ché continua a generarti imbarazzo ed un senso di colpa non indifferente.
Ti affacci alla finestra per constatare la rigidità della temperatura. L’idea che Koutarou arrivi a percorrere quasi un chilometro a piedi, nel bel mezzo di quella coltre sempre più spessa, non ti manda di certo in visibilio.
Abbassi lo sguardo su quel che rimane di ‘Keiji’. Il rametto che sorreggeva il ‘libro’ non ha retto il peso; l’opuscolo giace aperto e infradiciato nella neve ghiacciata. Ma ciò che ti cade subito all’occhio è l’incredibile assenza del cilindro. Che se lo siano ripreso i tuoi genitori? Tua madre non ha fatto il minimo accenno alla questione, ma senza dubbio lo avrà fatto per evitare discussioni davanti a Bokuto.
Devo aspettarmi un minimo di considerazione da parte tua, caro otō-san?

Richiudi velocemente gli infissi, sperando che il tuo compagno non si accorga di quel piccolo incidente di percorso. Quel pupazzo di neve deve e dovrà rimanere comunque ‘il più bel Keiji di tutto il quartiere’.

“Fa freddo, lo so.”

“Peggio, si gela! Ti presto l’ombrello.. e magari anche un cappello. E senza discussioni!”

“La neve non è come la pioggia, posso reggerla!”

“Koutarou, non devi mai sottostimare il mese di dicembre.


“Ma non era gennaio?”

“Sì, ma anche dicembre. Quest’anno il freddo è calato in anticipo rispetto al passato.”

Il tuo ex capitano resta in silenzio, cogliendo un velo di malinconia recondita in quelle parole che di sicuro hanno un doppio significato non così arduo da dover identificare. Preferisce dimostrarti il suo affetto e la sua costante vicinanza con le dovute rimostranze fisiche. Ti cinge delicatamente un braccio attorno alle spalle per poi portarti al suo petto e avvolgerti in un nuovo, caldo ed accogliente abbraccio. Cerchi di trattenere le lacrime aggrappandoti con decisione alla sua giacca, giusto per farti coraggio.

“Aaah... speriamo che mia madre non si spaventi e non mi accolga con il mattarello in mano!”

Sogghigni appena, risollevando il capo per poterlo guardare propriamente negli occhi. Non ti è chiaro se il suo sia solo un simpatico tentativo messo in atto allo scopo di tirarti su di morale o se ti stia raccontando qualcosa che poteva essere davvero avvenuto tempo addietro. D’altronde, conosci la sua famiglia e sei ben conscio del fatto che siano tutti vivaci all’incirca quanto Koutarou.

“Non ridere. Guarda che l’ultima volta che sono andato a trovarla è successo veramente!”

“Ci credo.”
 
Ancora un abbraccio prima di scendere assieme al pian terreno e di consentirgli di salutare tua madre.
Gli porgi il tuo ombrello ‘di scorta’, uno di quelli privi di colorazione e per questo capace di lasciarvi osservare il cielo anche mentre diluvia. Un filtro protettivo che permette di tenere sott’occhio anche l’oscurità che avvolge il vostro mondo quando purtroppo dovete averci a che fare nel vostro quotidiano.
Un banale oggetto che non lascia alcuna via di scampo, ma che Koutarou saprà sicuramente usare in modo migliore di quanto non riesca a fare tu stesso. E su questo non hai alcun dubbio.
 
 
 
… Adesso apri lentamente gli occhi e stammi vicino
Perché mi trema la voce come se fossi un bambino
Ma fino all'ultimo giorno in cui potrò respirare
Tu stringimi forte e non lasciarmi andare
Abbi cura di me...










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia piccola one-shot! :)

Siamo giunti alle Festività Natalizie e il mio amore per la BokuAka non accenna ancora a diminuire! XD
Ho deciso di proseguire di shot in shot creando una serie dal titolo ‘A mano a mano’ (traendo ispirazione dalla celebre canzone di Rino Gaetano). Non so ancora dirvi per quanto continuerò perché sto scrivendo molto ‘a braccio’, ma di sicuro proseguirò! ;)

Eccoci giunti al sesto capitolo di questa serie che mi sta prendendo sempre più la mano (e non solo XD).
Sono tornati a casa i coniugi Akaashi! E questo si era già più o meno intuito al termine dello scorso step. Problemi in vista?! Forse anche meno del previsto, dato che i nostri eroi sono stati in grado di organizzarsi per tempo nonostante i capricci del maggiore tra i due. Piccole remore che inducono il buon Keiji a ‘distrarsi’ a tal punto da lasciarsi intimamente coinvolgere in uno dei momenti meno opportuni. Non ho potuto resistere all’inserire questo frangente ‘puccioso’ per smorzare un po’ i toni malinconici che si respirano all’interno del contesto familiare degli Akasshi. Ayame (che in giapponese significa ‘Iris’) è il nome di fantasia che ho deciso di attribuire alla dolce padrona di casa. Nel prossimo capitolo conosceremo un po’ meglio anche il marito, che con ogni probabilità s’è fregato il cappello che lui stesso aveva regalato a quel figlio... ‘ingrato’ (u.u)?!
Come sempre non mancano i riferimenti alle caratterizzazioni canon dei due personaggi. Sappiate che ho adorato riportare la questione del ‘non sottostimare il mese di gennaio’. È uno dei miei frame preferiti all’interno dell’opera originale. **
P.S. Il riferimento alla madre di Bokuto che lo accoglie col mattarello in mano è puramente voluto e frutto della mia fantasia. Furudate si dissocia totalmente da questa follia che mi ha fatto sbellicare dalle risate sin dal primo momento in cui mi è balenata per la testa! XD
Stay tuned! ;)

Il titolo della one-shot riprende quello della canzone di Simone Cristicchi ‘Abbi cura di me’  (della quale riporto parte del secondo ritornello e lo special rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in seconda persona e al tempo presente (salvo flashback e piccoli ferimenti al passato).

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

Buon anno,

Mahlerlucia

 
   
 
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