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Autore: reggina    28/12/2019    1 recensioni
Nel commovente montaggio finale della prima stagione abbiamo intravisto Delia colorare un cartellone di pronta guarigione.
E se avesse avuto l'occasione di consegnare quel regalo al diretto interessato?
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Delia Brown
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Delia era nervosa mentre cercava un modo per mettere in gabbia le sue paure.

Era ancora una bambina e rimaneva così bella nonostante l’aria sofferente che aveva scalfito la sua spensieratezza da quando sua madre era morta.

In lei c’era tanta fragilità ma anche tanta forza e tanta saggezza conquistata nello spazio di quell’anno appena vissuto ad Everwood.

Andy guardò i suoi occhi grandi e tristi, che ricordavano quelli di un cucciolo smarrito, poi le mani delicate che si muovevano nervose sul ruvido cartoncino bristol dove le parole esplodevano in un arcobaleno colorato.

“Vedrai che gli farà molto piacere ricevere il tuo regalo!”

Papà gli aveva sorriso battendole una mano sulla spalla come per dargli coraggio e Delia gli aveva stretto forte la mano mentre suonavano al campanello di quella bella casa che sembrava abitata dai fantasmi rassicuranti di un passato felice e da quelli inquietanti di un presente di dolore, colpe e angosce.


Non sempre la memoria è un’alleata preziosa!

Colin Hart, che aveva lottato strenuamente per riavere indietro il suo passato e i suoi ricordi, avrebbe dimenticato volentieri tutta la sofferenza saggiata nelle ultime settimane.

Il suo corpo risentiva ancora dell’inerzia dell’assoluto riposo e la sua attenzione e la sua volontà erano sprofondate in uno stato di sonnolenza tale che giaceva rannicchiato sul divano, sotto l’abbraccio confortevole di un caldo plaid trovandovi rifugio come un animaletto selvatico nella sua tana.

Non si era scomposto al trillo del citofono, rimanendo immobile e zitto nella luce grigia del pomeriggio a fissare il soffitto, con la televisione in sottofondo tenuta a volume praticamente muto.

Sua madre gli aveva lanciato un’occhiata carica d’amore e di preoccupazione mentre andava alla porta.


La malattia puzza di tristezza e di nuvole senza tempo che annebbiano i pensieri.

Non era facile per Delia stare davanti a questo ragazzo semisconosciuto che indossava un pigiama stropicciato e sembrava sprofondato in una voragine di vuoto.

Sarebbe voluta scappare via ma lei era una bambina coraggiosa e poi, il giorno in cui papà compiva la più grande magia su quel ragazzo e diventava l’eroe di Everwood, lei si era impegnata molto insieme a Nina.

Avevano sparso sul pavimento le matite colorate, pezzetti di carta, rovesciato sul tavolo un barattolo di colla e le forbici erano finite chissà come nel cestino della spazzatura!

Insomma quella mattina, mentre Colin lottava in sala-operatoria, le ragazze si erano trasformate in sue cheerleader rubando tutti i colori del mondo illudendosi di poter eliminare il grigio delle paure e delle ansie.


Questo Colin indolente aveva trovato la forza di mettersi seduto con le spalle dritte quando si era reso conto che l’ospite era il suo dottore.

Ne aveva abbastanza del fatto che la sua vita fosse controllata in maniera quasi maniacale. Voleva solo stare meglio ma anche se il suo corpo stava guarendo, era come se la sua mente fluttuasse in dimensioni dove gli altri non potevano accedere.

Il Dottor Brown si era accorto della smorfia di disappunto che aveva solcato il viso pallido.

“Tranquillo Colin non sono qui in veste di medico ma in quella ufficiosa di accompagnatore!”

Allora aveva concentrato tutte le sue attenzioni su quella bambina smarrita che conosceva a malapena.

Esortata da suo padre, Delia si era avvicinata al ragazzo che doveva sembrargli una creatura spaventosa e spaventata.

“Tieni. È per te!”

Gli aveva allungato precipitosamente il biglietto e poi aveva trovato la forza di alzare la testa.

Colin aveva osservato gli occhi di Delia: la loro freschezza, la loro vitalità esitante.

Occhi scuri e profondi, come notti in bianco da cui nasce la luce .

E all’improvviso era stato come guardarsi allo specchio.

Un fendente violento che gli confermava la perdita e lo smarrimento .

Le dita di Colin si erano poggiate sul cartoncino ruvido e con l’indice della mano destra aveva tracciato il contorno delle parole.

Guarisci presto!

Un augurio. Una speranza.

Un saluto. Un gesto d’affetto.

Una promessa da mantenere.

Da quanto tempo viveva troppo nella sua testa?

Disconnesso, congelato, solo,

mentre altri si prendevano cura del suo corpo ?


Guarisci presto!

C’erano volute due sole parole, quelle giuste, per tirarlo fuori dalla bolla delle sue paure.

E un pianto liberatorio era scoppiato all’improvviso come un temporale d’estate che da sollievo ma che spazza via anche ogni certezza.

Delia era confusa, gli altri impacciati difronte al dolore di quel bimbo un po' grandicello incapace di gestire il forte senso di smarrimento che lo aveva assalito: per questo era scoppiato in quel pianto a dirotto, inconsolabile e liberatorio.

E aveva fatto tenerezza ai grandi, la mamma di lui e il papà di lei, la manina di Delia che si era poggiata senza esitazioni sulle spalle sconquassate dai singhiozzi.

“Non piangere!”

È assai difficile il viaggio della vita ma anche molto emozionante. Delia non sapeva nemmeno se era così bello come le aveva raccontato la sua mamma ma voleva fermare quelle lacrime.

Per lo stupore di quella piccina che cercava di rassicurarlo e consolarlo, in realtà, il pianto si era sfogato e i singhiozzi si erano diradati e Colin aveva ritrovato la sua voce rotta.

“Perdonami Delia, stavo lottando da tanto con dei fantasmi che, finalmente, si sono indeboliti.”

“Perché sei triste allora?”

Aveva chiesto scettica lei, convinta che si pianga solo quando si è tristi.

“Non preoccuparti. Non erano lacrime brutte quelle di Colin, era un pianto bello. Di sollievo!”

Le aveva sussurrato Sharon Hart, accucciatasi alla sua altezza, con gli occhi lucidi anche lei.

La bambina era rimasta in silenzio qualche secondo, come se stesse meditando sulla prossima domanda.

“Vincerai? Farai sparire per sempre i fantasmi?”

Fare una promessa ad un bambino non è un gioco, è un impegno sacrosanto, una parola data da mantenere, un patto da onorare.

“Sì, farò del mio meglio!”

   
 
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