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Autore: Darlene_    29/12/2019    2 recensioni
[Carnival Row]
I fatati non sono bene accetti nella comunità di Burgue, usati come domestici, emarginati, soli. Sulla Row vi è un magazzino dove criminali senza scrupoli li vendono come schiavi. Tra i vari astanti vi è anche Philo, che ha bene in mente quale creatura comprare.
Storia scritta per la 12 days after Christmas challenge del gruppo hurt/comfort fanfiction e fanart
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la
12 days after Christmas challenge



 
Prompt 3 (28 dicembre)
 
Personaggio X è ridotto in schiavitù da un’organizzazione criminale che traffica esseri umani. Personaggio Y lo acquista/lo vince/riesce a farlo scappare, e adesso personaggio X è tutto suo e può disporne come preferisce. Personaggio X è però terribilmente malato/ferito.
 



Fandom Carnival Row
Personaggi: Vignette, Philo
 


Strani incontri sulla Row
 







 
Le pesanti catene sferragliavano ad ogni suo passo mentre i suoi piedi nudi si riempivano di schegge. Teneva il capo chino, gli occhi fissi sul lurido pavimento di quel magazzino di Carnival Row. Vignette era stata tenuta per giorni in gabbia, senza cibo e con un solo bicchiere d’acqua non troppo pulita. Nessuno si era preoccupato di cambiarle gli abiti ormai a brandelli o di accompagnarla all’esterno per le funzioni corporali, no, ogni fatato rinchiuso in quella cella buia e maleodorante doveva urinare sullo stesso pagliericcio in cui dormiva, se così si potevano definire quei brevi momenti di riposo in cui gli incubi peggiori di ognuno di loro tornavano a tormentarli. La ragazza aveva sentito spesso parlare del commercio di schiavi e non aveva creduto difficile che ciò avvenisse davvero, ma non sarebbe mai aspettata di diventare lei stessa una vittima di quella rete di sfruttatori. I loro aguzzini li disposero in fila su un palco improvvisato, mentre un banditore dichiarava aperta l’asta. Vignette cercò di chiudere il cappotto con le mani, ma il suo padrone, se così si poteva definire colui che l’aveva catturata, le strappò i vestiti di dosso per mettere in mostra il suo esile corpo. Qualcuno del pubblico fece qualche cenno di apprezzamento, carezzando con gli occhi la curva perfetta dei suoi piccoli seni. Un fauno fu venduto al miglior offerente e le chiavi delle pesanti catene che lo tenevano prigioniero vennero affidate al nuovo proprietario. Mentre osservava la creatura incespicare, Vignette si concesse di lanciare un’occhiata al pubblico e si accorse con orrore che, tra gli astanti, vi era anche Philo. Si manteneva in disparte, ma anche lui teneva in mano una paletta con un numero ed ogni tanto si lanciava con qualche offerta. Sconcertata e disgustata dall’uomo che un tempo amava, la ragazza tentò di liberarsi dalle manette, con il solo risultato di escoriarsi maggiormente i polsi.
“Ed ora il pezzo migliore della giornata!” Urlò con giubilo il banditore, probabilmente fiero che le creature precedenti fossero state vendute a prezzi così alti. “Fata, giovane, bella, ottima come cameriera, ma può anche essere impiegata per allietare i gentiluomini qui presenti.” Con uno strattone Vignette fu trascinata al centro del palco, avrebbe voluto lottare, eppure si sentiva troppo debole anche solo per alzare la testa. Le offerte furono vertiginose fin da subito, tutti desiderosi di poter tornare a casa con quel trofeo, ma ogni volta che l’affare sembrava concluso il giovane sergente alzava la sua paletta e proponeva una cifra sempre maggiore. Gli astanti si voltarono più volte ad osservalo, domandandosi come fosse possibile che un membro della gendarmeria avesse così tanti soldi a disposizione da sperperare per una fata qualunque. Quando ormai l’offerta diventò improponibile anche i più ricchi tra i partecipanti abbandonarono la partita, Philo aveva vinto. Non appena si avvicinò al banditore cercò un contatto visivo con Vignette, ma lei, arrabbiata e disgustata, si voltò dall’altra parte. Notando il suo comportamento l’uomo rivolse al sergente uno sguardo di commiserazione, chiedendosi se valesse davvero la pena sborsare una cifra del genere, ma a lui, in fondo, non importava, voleva quei soldi, a domarla ci avrebbe pensato il compratore. Il sergente gli passò un mazzo di banconote, che rappresentavano tutti i risparmi di una vita, ma non aveva rimpianti nell’averli spesi per la fata.
 
Il vento freddo sul viso fu un vero balsamo per Vignette, che non vedeva la luce del sole da almeno una settimana. Aveva ancora le manette ai polsi e il suo nuovo padrone, così lo aveva chiamato il banditore, la sospingeva avanti. Tutti i passanti li osservavano con un misto di timore e disgusto: non si sarebbero mai immaginati che un uomo dai rigidi principi morali come Rycroft Philostrate utilizzasse degli schiavi fatati.  
“Perché lo stai facendo, pezzo di merda?” Sibilò tra i denti la ragazza, rifiutando il cappotto che lui le aveva posato delicatamente sulle spalle.
“Non è come sembra.” Cercò di spiegarsi lui, sussurrandoglielo in un orecchio. Vignette si allontanò stizzita, ormai abituata alle bugie di quello che un tempo era stato il suo soldato. Per un attimo si immaginò di essere ancora stretta tra le sue possenti braccia, i loro copri nudi illuminati dalla luce soffusa di una candela; sapeva che quel giovane era morto sette anni prima, quello che aveva accanto non era più il suo Philo, pieno di sogni e di ideali. Fermarono una carrozza e lui l’aiuto a salire, ma quando furono seduti uno accanto all’altra lei stette ben attenta a non sfiorarlo nemmeno per sbaglio. Con delicatezza le tolse le manette, lasciandola finalmente libera. Una parte di lui temeva che sarebbe volata via, eppure si fidava di lei. Restò a lungo ad osservarla, mentre gli occhi verdi di Vignette scrutavano il paesaggio di Burgue che scorreva fuori dal finestrino. Era cambiata negli ultimi tempi, la prigionia l’aveva distrutta, eppure permaneva quella sua fierezza. Arrivati davanti alla locanda dove l’uomo alloggiava, la fata fece per fluttuare via, ma le sue ali, troppo stanche per portarla lontano, si chiusero facendola cadere. Philo la afferrò poco prima che toccasse il suolo e la prese tra le braccia come una neonata. Infilò distrattamente la chiave nella toppa, incurante degli sguardi curiosi degli altri ospiti. Si diresse in camera e la stese con delicatezza sul letto.
“Lasciami andare!” Provò ad obiettare, con la voce tremante, spezzata dalla stanchezza. Incurante delle proteste, l’uomo le tolse gli abiti sporchi, quindi, con una pezza bagnata, le strofinò la pelle. Quei massaggi ritmici fecero sì che lei rilassasse i muscoli. Lui le prose una camicia, aiutandola ad indossarla. Ovviamente le era larga, ma almeno era pulita. Ogni cosa, in quella stanza, odorava di Rycroft e Vignette inspirò per trattenere quel profumo che a lungo aveva sperato di poter nuovamente annusare. Emise un sospiro di sollievo quando una pezza umida calò sulla sua fronte bollente e non si lamentò nemmeno quando Philo le estrasse le schegge dai piedi. Era imbarazzata, ma in fondo le piaceva che quelle mani caldi le scorressero sulla pelle. Quanto le era mancato! Cominciò a massaggiarle le gambe stanche, sfregandole con un unguento lasciato lì chissà quanto tempo prima dalla padrona di casa, quindi si sedette sul materasso accanto a lei. Dopo averle chiesto il permesso le scostò una ciocca ribelle dal viso, sistemandola dietro l’orecchio. Sorrise, felice di poterla finalmente guardare negli occhi.
“Non ero lì per l’asta.” Sussurrò come per scusarsi, ma lei, invece di attaccarlo nuovamente annuì. “Ho saputo da un informatore che la rete si sta ampliando, vogliono esportare fatati in tutto il mondo. Qualcuno sostiene che questo sia l’ultimo giorno dei mercanti qui in città. Dopo la nostra uscita di scena dei miei agenti hanno perquisito il magazzino e tutti quei criminali saranno già dietro le sbarre a pregare un qualche squallido avvocato di tirarli fuori dai guai.”
Vignette posò un’esile mano sulla coscia, che lui afferrò e strinse tra le sue. “Allora perché mi hai comprata, vuoi legarmi per sempre a te dopo avermi abbandonata?” Nella sua voce non c’era rabbia, solo dolore. Philo scosse la testa, quelle parole lo avevano ferito più dei proiettili in guerra. Prese un foglio dalla tasca dei pantaloni, sventolandoglielo davanti al viso.
“Questo documento certifica che tu sei la mia schiava.” Lo appallottolò e lo lanciò tra le fiamme del caminetto. “Ma ora sei libera. Ero quasi certo che saremmo riusciti a sgominare quella banda di criminali, eppure non volevo rischiare che tu finissi nelle mani di qualche lurido verme.” Le parole aleggiarono nell’aria, attecchendo nella mente della fata. Rycroft l’aveva salvata, ancora una volta. Nascose la testa sotto al cuscino, in preda alla vergogna: come aveva potuto dubitare di lui?
Percependo il suo senso di colpa, Philo si alzò dal letto e cominciò a cambiarsi d’abito. Prese una coperta pulita dall’armadio e la stese sul corpo rannicchiato di Vignette. Le posò un bacio delicato sulla fronte.
“Vado di sotto, riposati.” Stava già per voltarsi quando la pallida mano lo afferrò. Si guardarono per un istante e lessero l’uno negli occhi dell’altra il bisogno di stare insieme, anche se solo per una notte.
“Resta.” Lo implorò lei e lui ubbidì. Fu diverso dalle volte in cui, molti anni prima, si addormentavano tra le lenzuola umide di sudore; gli strati di tessuto dividevano i loro corpi, ma non era solo quello ad essere cambiati, loro lo erano. Ci sarebbero voluti giorni, forse settimane affinché Vignette si riprendesse, ma Philo promise a se stesso che le sarebbe stato accanto.








Ciao a tutti! A quanto pare sono la prima a scrivere in questo meraviglioso fandom! Una storia nata solo grazie all'iniziativa di una ragazza speciale sul suo magnifico gruppo facebook. Se siete amanti dell'hurt/comfort o anche solo curiosi di saperne di più questo è il link del nostro gruppo: 
https://www.facebook.com/groups/534054389951425/
  
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