Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    29/12/2019    1 recensioni
E se i personaggi del gobbo di Notre Dame si trovassero in un'altra storia del tutto diversa, e con ruoli che non avete mai preso in considerazione? Se Quasimodo fosse il principe scomparso di un lontano paese, come la Russia? Ed Esmeralda è una ragazza truffaldina che spera di trovare un sosia del principe per una bella ricompensa? Sì, è la trama di Anastasia, ma pensateci bene, potrebbe sorprendervi se amate entrambi i mondi e i generi. Perciò se siete curiosi addentratevi in questo racconto crossover.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claude Frollo, Clopin, Esmeralda, Febo, Quasimodo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                           Once Upon a December
                                                                        (fan fiction crossover)
 
                                                                                               1   
                                                                               C'era una volta...

 
La storia che sto per raccontarvi parla di un tempo molto lontano e che forse molti hanno dimenticato. Non c'è da meravigliarsi, dato che stiamo parlando dell'anno 1916, dove si susseguirono eventi che cambiarono per sempre l'esistenza di tante persone. Quindi, tralasciate tutto ciò che vi circonda e che vi è noto dell'epoca odierna, e lasciatevi trasportare verso la lontana Russia, con i suoi palazzi dalle cupole possenti e gli inverni immacolati dalla neve. Ma perché voi possiate capire, dobbiamo fare qualche altro passo indietro, esattamente nel giorno 12 agosto dell'anno 1904. Era una tiepida giornata quando avvenne quello che tutti definirono " un miracolo"; la nascita dell’erede al trono di Russia.

Pv Henri Tristan Louis Belstov

Nel salone c'era un silenzio così devastante che se non fosse stato per il suono dei miei passi sul pavimento lustrato, sarei impazzito dall'ansia. I miei pensieri erano rivolti solo verso la mia amata regina, Selina, che in quel preciso momento stava per dare alla luce il nostro quinto erede. Oh, Signore, speriamo che vada tutto bene! Chissà se questa volta sarà un maschio? Le mie quattro figlie, Olga, Titiana, Maria e Anastasia, erano le mie predilette, e certamente avevano riempito la mia vita di gioia e orgoglio. Ma dovevo ammettere che, a un certo punto sia io che la mia sposa, avevamo tanto desiderato avere nella famiglia anche un maschietto. Dopo la nascita delle nostre amate figlie, molti cortigiani (e probabilmente anche il popolo) avevano messo in giro delle assurde dicerie; che la mia Selina non sarebbe mai stata capace di donarmi un erede maschio che portasse avanti la dinastia dei Belstov. Tutto ciò, ci fece cadere in uno stato sconsolato, specialmente per Selina, che per via del suo animo sensibile, si sentì in colpa per tale situazione.  Ma nonostante il mio forte desiderio, amavo troppo sia lei che le nostre figlie. Non avrei mai ascoltato quelle mali lingue, per quanto potessero irritarmi. In seguito, fui felicissimo quando venni a sapere che avrei avuto un'altra occasione per diventare padre, e non vedevo l'ora che arrivasse quel giorno. E se nel caso fosse nata un'altra femmina, avrei accettato e amato quell'esserino che faceva parte di me e della mia amata regina. L'unica cosa che mi preoccupava erano le avvertenze dei medici di corte; dopo quattro gravidanze, un altro parto sarebbe stato alquanto rischioso e la salute, se non perfino la vita stessa, della madre poteva venire compromessa. Ma Selina non aveva mai avuto ripensamenti, ed era pronta a qualsiasi cosa pur di dare alla luce quella creatura. Quei pensieri furono scossi dal rumore della porta che si apriva. Voltandomi, vidi entrare madamigella Porzia, la dama di compagnia di mia moglie, con il respiro affannato e gli occhi che traboccavano di una strana luce.
- Vostra Maestà! Vostra moglie... - cominciò a parlare la dama e l'ansia crebbe di botto.
- Sta bene? Ti prego, dimmi che ha superato il parto! - chiesi, con il cuore che mi batteva in petto.
Porzia riuscì a calmare l'agitazione e con un mezzo sorriso mi rispose:
- La regina sta benissimo, mio signore. E anche il bambino -.
Quella notizia mi rassicurò, mentre un'altra domanda si faceva largo nella mia mente.
- E' un maschio? -.
Appena la damigella mi diede conferma, una forte euforia offuscò ogni cosa dei miei sensi, e senza badare ad altro, mi fiondai fuori dalla porta. Porzia stava cercando di dirmi altro, ma non potevo esitare ancora, poiché la mia voglia di raggiungere la mia sposa e il mio piccolo era troppa da contenere. Corsi più veloce del vento e arrivai nella stanza reale, dove nel letto giaceva la mia Selina, con i capelli corvini sparsi sul cuscino e la pelle ambrata imperlata di sudore. Il suo viso si illuminò appena mi vide, e solo allora mi accorsi che tra le sue braccia c'era un fagottino avvolto in un telo di lino bianco. Ero così preso da quella situazione che non mi ero ancora accorto della presenza del dottore che aveva assistito mia moglie. Anche lui sembrava contento per il lieto evento, ma proprio come Porzia sembrava che avesse una strana titubanza.
- Vostra Maestà finalmente siete stati benedetti da un maschio - cominciò a dire il medico, ma non gli diedi nemmeno il tempo di aggiungere altro che gli chiesi cortesemente di uscire dalla stanza. Volevo godermi quel momento così speciale solo con le persone a me tanto care. Una volta che il dottore, accompagnato da un certo improvviso timore, si chiuse la porta alle spalle, mi precipitai accanto alla mia sposa che mi aspettava. La bacia teneramente e le mostrai tutta la mia devozione nei suoi riguardi. Aveva superato una grande prova e io non potevo che essere più fiero di lei, nonché sollevato di vederla viva e sana. I suoi occhi scuri si specchiarono nei miei e con voce dolce mi disse:
- Questo è nostro figlio. Il dono più bello che potessimo mai avere -.
Fu in quel momento che Selina mi porse il piccolo tra le braccia e nuovamente il mio cuore cominciò a galoppare per l'emozione. Quel corpicino era così minuto e fragile, che quasi non ne percepivo il peso. Ma mai avrei immaginato che quello splendido dono nascondesse un dettaglio che avrebbe segnato la vita del mio tanto desiderato erede. Scostando i lembi del telo, lo vidi e solo allora compresi il motivo di quella lieve esitazione da parte della dama e del dottore. Il mio unico figlio maschio non era esattamente come lo avevo immaginato. Il suo visino, dalla carnagione rosea, era deturpato da una malformazione, che si concentrava su un lato della testa e del volto. Inoltre, mi accorsi che la sua schiena era ricurva, e non per la naturale posizione che assumono i neonati, ma era per via della stessa spina dorsale che aveva mantenuto quella forma. In quel momento, il mio animo fu scosso da emozioni contrastanti: ero così felice della nascita del mio figlioletto, ma al tempo stesso avvertivo un gran dolore che mi tormentava. Il mio dispiacere non era dettato dall'aspetto deforme del piccolo, assolutamente. Ma temevo per il suo futuro, e se il resto del mondo lo avrebbe accettato e amato come ben meritasse. Il mondo sapeva essere davvero crudele con chi era considerato " diverso". Ma più guardavo quel piccino, carne della mia carne, più mi convincevo che se fossi stato il primo a dimostrare il mio affetto, e a insegnargli ad avere fiducia in se stesso, allora anche gli altri lo avrebbero visto con altri occhi, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze.
- Henri?... - fece la mia regina, mentre osservava preoccupata la mia reazione.
Quando tornai a guardarla, le donai un sorriso e stringendo delicatamente a me il frutto del nostro amore, dissi:
- Mia adorata, mi hai reso l'uomo più fortunato del mondo. Non importa quanto possa sembrare diverso, lo ameremo con tutto il nostro cuore e un giorno sarà un degno sovrano, ammirato e rispettato da tutti-. Detto ciò, mia moglie si lasciò andare e una lacrima le scese dagli occhi, per poi appoggiare il capo sulla mia spalla. Restammo per un po’ in quella posa, mentre ammiravamo il piccolo che già faceva i suoi primi movimenti. Appena nato ed era già così in ansia di affrontare il mondo. Sentivo in me già l'orgoglio paterno crescere per quella forza di volontà.
- Come lo chiameremo? - mi chiese poi lei, e in quel momento non ebbi dubbi a tal proposito.
- Che ne dici di Kvazimodo Aleksandr Sht'yen? - le chiesi. Era un nome un po’ insolito, ma io lo trovavo perfetto. Si distingueva da tutti gli altri e aveva un suono così particolare.
- Così sia - disse la mia sposa, e mentre il piccolo apriva il suo primo sbadiglio, i nostri cuori si colmarono di gioia e d'amore.
 
Russia 1910
 
Era una splendida domenica di primavera, e sulla tovaglia c'erano ancora i pasticcini e le focacce che il cuoco aveva preparato per noi. Era diventata una vera e propria abitudine organizzare un pic nic sull'erba, nei pressi del lago cristallino. I bambini adoravano quel boschetto, con gli alberi carichi di frutti, i cespugli in fiore e l'aria fresca che profumava di muschio. Come al solito, Anastasia, la più piccola delle mie figlie femmine, faceva qualche scherzo alle sue sorelle maggiori.
- Titiana, attenta alla tua focaccia, c'è un'ape che ti ronza intorno! -.
- Dove?! Dove?! -.
Tutti scoppiammo a ridere, mentre la mia povera figliola si guardava intorno, alquanto spaventata. Gli insetti, come api, calabroni e ragni, erano il punto debole della mia secondogenita.
- Sei sempre la solita, Anastasia! - protestò Titiana, un po’ seccata.
- Suvvia, Tiana, lo sai che a lei piace farci i dispetti - intervenne Olga, la mia figlia più grande.
Anastasia era il tornado della famiglia, così vivace e allegra, in pieno contrasto con le sue sorelle così pacate.
- Non sarebbe un più nic così bello se non fosse per la nostra Anastasia, vero Kvazi? - fece mia moglie, coccolando la testolina del nostro piccino.
Erano passati 6 anni, e Kvazimodo era già un ometto pieno di energie e vitalità. I suoi occhioni erano di un bel verde che ricordava il colore dei prati primaverili. Proprio come le sue sorelle, aveva i capelli rossi, ma di un tono più vivo e acceso sotto i raggi del sole. Nonostante la deformità del volto, aveva una dolcezza nei tratti che lo rendevano bellissimo. Le sue sorelle lo adoravano perché era il piccolo della famiglia. A volte, avevo la sensazione che lo viziassero un po’.
- Mi piacciono gli scherzi di Ana - disse all'improvviso il piccolo Kyazi, con la vocina dolce e chiara. A differenza delle sorelle maggiori, il nostro piccolo adorava così tanto i "giochi" di Anastasia, che molte volte la incoraggiava a qualche nuovo trucco da fargli vedere. Loro due, avevano un'intesa davvero particolare, e si trattavano come migliori amici, e non solo come fratelli.
- Allora, vieni, andiamo a cercare girini nel laghetto, Kvazi! - disse Anastasia, invitando il piccolo a seguirla.
- Vengo anche io! - esultò Maria, la mia terza figlia. Tra loro era la più moderata, ma quando si trattava di giocare insieme voleva sempre partecipare. In quel momento, Kvazi alzò la testolina dal grembo di Selina e le chiese il permesso di andare con le sorelle al lago. Era molto legato alla madre, e quando non c'erano giochi da fare era sempre accanto a lei. La mia regina annuì con la testa e lasciò che il piccolo si congiungesse con Anastasia e Maria, che lo presero per mano. Infine, anche Olga e Titiana si alzarono dalla tovaglia, per raggiungere gli altri al lago. Erano molto protettive nei confronti dei più piccoli, specialmente nei confronti di Kvazi. Forse, per via della sua condizione, le mie figlie maggiori avevano sviluppato fin dai primi giorni un senso di protezione verso di lui. Questo atteggiamento mi colmò di orgoglio e di felicità, perché ero certo che le mie figlie avessero accettato completamente Kvazi e proprio come avevo sperato, lo avevano amato fin dal primo momento in cui lo avevano visto.
- Assomiglia tutto a suo padre - disse con un tono ironico, la mia sposa. Quando i nostri sguardi si incrociarono, le donai un caldo bacio sulle labbra. Per due regnanti che erano stati scelti dalle rispettive famiglie per combinare un matrimonio, eravamo stati davvero fortunati. Io e Selina ci eravamo conosciuti al solito ballo mondano, quando eravamo ancora due adolescenti. A quei tempi non sapevo cosa aspettarmi sulla mia promessa sposa, ma quando ci trovammo a danzare per la prima volta, tutto fu chiaro per entrambi. Ci innamorammo in poco tempo e allora quell'unione non ci fu tanto forzata. Poi man mano arrivarono le nostre figlie, e quel legame divenne sempre più forte, e così lo è stato anche con la nascita di Kvazi. Mentre ripercorrevo quei ricordi lontani, osservavo il mio piccolino che giocava con le sorelle, tutto allegro e pimpante.
- Sei preoccupato per lui? - mi chiese poi Selina, notando il mio sguardo rivolto verso il piccino.
- Un po’. Ma come non potrei esserlo, mia cara? - le risposi, con una leggera nota triste nella voce - Guardalo, è così innocente, dall'animo puro, ancora così piccolo e ignaro delle responsabilità che avrà in futuro. Ciò che mi preoccupa davvero, sono le prove che dovrà affrontare e mi chiedo se riuscirò a dargli tutto il coraggio e la forza necessari -. Dopo aver liberato un sospiro amaro, la mia sposa strinse le mie mani con gran calore, per consolarmi e donarmi coraggio.
- Non parlare così. Sono certa che grazie a te, col tuo affetto, riuscirai a guidare Kvazi nel modo giusto. Sei un padre straordinario, e come hai dato il buon esempio alle nostre figlie, farai lo stesso col nostro prediletto -.
Quelle parole, per quanto semplici, mi diedero un po’ di sollievo e mi fecero dimenticare quello stato di ansia. Selina mi donò un sorriso rassicurante e aggiunse:
- Kvazimodo diventerà un buon sovrano, perché proprio grazie ai valori che gli insegneremo, come accettare tutti a prescindere dall'aspetto, regnerà col cuore e porterà il benessere che la nostra Russia ha davvero bisogno -.
Ero sul punto di rispondere quando avvertì le vocine acute e allegre dei miei figli, che si stavano avvicinando.
- Madre! Padre! Kvazi ha trovato un piccolo pulcino! - gridò Maria, tutta eccitata.
- A dire il vero, è un cucciolo di piccione. Deve essere caduto da qualche nido - spiegò Olga, e insieme a Titiana stavano accompagnano i tre fratelli verso di noi. Incuriositi, io e la mia consorte aspettammo con pazienza che il nostro figlioletto si avvicinasse, con le manine chiuse.
- Possiamo portarlo a casa? E' ferito - disse con una vocina dolce il piccolo Kvazi. Quando ci mostrò quel piccolo uccellino, spaventato e indifeso, rimasi sbalordito da quel gesto così genuino. Gli occhi, di quel verde speranza, che supplicavano di dare soccorso a quell'esserino, mi fecero commuovere nell'animo.      La mia regina aveva ragione. Kvazi sarebbe diventato uno zar migliore di chiunque altro. Anche del sottoscritto...Allargando le braccia, accolsi il mio piccolo con un sorriso e gli diedi il tanto sperato consenso. Kvazi esultò dalla gioia e insieme a lui si unirono anche Ana e Maria, mentre Titiana e Olga sorrisero contente e divertite mentre si godevano quella scenetta di pura armonia.
 
Russia 1916
 
Quell'anno non potrò mai dimenticarlo. Non solo perché si sarebbe celebrato il 300tesimo anniversario del regno dei Belstov, ma anche perché Kvazimodo avrebbe partecipato per la prima volta a un evento mondano molto importante. Ci stavamo avvicinando al giorno fatidico, e sia io che la mia Selina eravamo molto emozionati. Ormai il nostro erede non era più un bambino, ma un fanciullo di 12 anni, e sebbene fosse ancora po’ presto per farlo partecipare agli eventi mondani, la sua intelligenza e i suoi modi spontanei ci avevano convinto a prendere quella decisione. Kvazi era riuscito a farsi voler bene da tutti gli altri membri della famiglia, come cugini e zie, e perfino lo staff della servitù era rimasta conquistata dai suo carattere gentile e tenero. Desideravo che anche il resto del mondo, a incominciare dai nobili della mia corte e di paesi vicini, conoscessero di persona il mio piccolo principe. Inoltre una festa era proprio quello che ci voleva, per distrarre le menti e gli animi della mia famiglia, in un periodo così difficile. Nonostante si fosse avviata una rivoluzione industriale, dove l'ingegno dell'uomo stava portando grandi benefici, il popolo rimaneva impoverito e quindi insoddisfatto. Le ferrovie erano a disposizione per tutti, la canna da zucchero e il grano abbondavano permettendo anche a una vera crescita delle esportazioni. Eppure, c'era qualcosa che non andava. Ma quando arrivò finalmente il giorno della grande festa, nel palazzo e nei dintorni si respirava un'aria giocosa e piena di allegria. Per un attimo mi sembrò che tutte le preoccupazioni si fossero dileguate. Faceva molto freddo, e la neve era candida sulle maestose cupole dei palazzi.
- Padre! -.
Udì quella voce frizzante al mio orecchio, e quando mi voltai ricevetti una palla di neve dritta sulla testa. Rimasi scombussolato per un secondo, poi risi divertito. Un bambino di dodici anni, coperto interamente dalla testa ai piedi con vestiti caldi, rideva e stava già preparando una nuova palla nevosa. Quel gesto per me era proprio un invito a nozze, e compiaciuto accettai la sfida. Raccolsi un po’ di neve e la plasmai per farne una sfera compatta.
- Soldati, alle armi! Puntate, fuoco! - urlai, alzando il braccio in aria, per poi lanciare la palla di neve verso il mio avversario. Il bambino, il mio Kazi, cercò di deviarla, ma si mosse troppo tardi e allora il colpo gli arrivò addosso, facendogli volare via il berretto di pelliccia.
- Colpito! - gridai entusiasta, e corsi verso di lui per soccorrerlo. Ma guardatelo, sembrava già pronto per diventare già un soldato valoroso. Quando lo sollevai da terra, lui mi abbraccio calorosamente e mi donò un dolce sguardo.
- La prossima volta vincerò io - disse, con tono fiero. Come risposta gli passai una mano tra i capelli rossi, spettinandoli un po’. Stava crescendo in fretta, e ad ogni anno mi rendevo conto di quanto mi assomigliasse. O meglio, quanto assomigliasse al me stesso da fanciullo.
- Avanti, mio piccolo cadetto, torniamo dentro, dobbiamo prepararci per il grande evento di stasera -.
Quando gli invitati stavano cominciando ad arrivare, ero a poco uscito dalla mia camera, con Selina sottobraccio. Avevamo indossato i nostri abiti regali, e lei era meravigliosa e leggiadra. Le nostre quattro figlie ci raggiunsero nel salone principale, dove tutti i membri della nobiltà si stavano riunendo. Olga e Titiana, come al solito, avevano lo stesso vestito e la stessa acconciatura. Lo stesso valeva per le più piccole, Maria e Anastasia, entrambe con i loro vestiti eleganti e i fiocchi tra i capelli. Era un'abitudine nata dal desiderio di mia moglie. Mancava all'appello solo Kvazi.
- Vostra Maestà, non riusciamo a trovare il principino. Nella sua stanza non c'è - mi informò il valletto di corte, che faceva anche da servo personale di Kvazi.
Una forte preoccupazione mi fece agitare, e dopo aver assicurato mia moglie, mi allontanai dal salone in cerca di mio figlio. Dov'era finito? Cercai di non spaventarmi e dissi a me stesso, che nonostante tutto Kvazimodo era un ragazzino in gamba. Era già in grado i badare a se stesso. Mi stavo dirigendo verso i corridoi che portavano alle cucine. Kvazi aveva l'abitudine di andare qualche volta lì, per farsi dare in anticipo un dolcetto o qualcosa di suo gradimento. Appena girai l'angolo lo trovai finalmente. Era pronto per la festa, con gli abiti nuovi che io stesso avevo scelto per lui. Con un sospiro di sollievo, mi affrettai a raggiungerlo. Ero così concentrato su di lui, che non avevo notato che non era solo. Infatti, in sua compagnia c'era una bambinetta dai capelli neri e dalla pelle ambrata. Probabilmente la figlia di uno dei miei camerieri o del cuoco, ma non ci badai più di tanto.
- Birbante, cosa stai facendo? Ti stanno aspettando tutti - lo ammonì e lui mi fece una smorfia, tra il dispiacere e la burla.
- Scusa, papà. Volevo far vedere il mio nuovo abito a. - cominciò a dire Kvazi, ma non ebbi il tempo delle sue giustificazioni. Dovevamo muoverci.
- Va bene, a più tardi le spiegazioni. Ora andiamo -.
Mentre trascinavo mio figlio a passo svelto, ebbi giusto il tempo di udire la voce di un ragazzo, alle mie spalle:
- Esmeralda! Torna in cucina! -.
Il ballo era da poco incominciato. Il piccolo Kvazi, con un po’ di timidezza, si era presentato a molti nobili, come conti e duchesse. Rimasi accanto a lui per tutto il tempo, per fargli sentire la mia presenza e dargli coraggio.
- Sono Kvazimodo Aleksandr Sht'yen Belstov - diceva ad ogni rispettabile ospite, con la sua vocina chiara e irresistibile. Avevo temuto fin troppo quel momento, ma con mia grande gioia potei constatare che gli ospiti erano rimasti inteneriti e affascinati dal piccolo principe. Chi più e chi meno, aveva dimostrato interesse e cordialità, e questo mi diede un profondo sollievo. Poi, dopo aver ballato come un ometto galante con le sue sorelle Maria e Anastasia, presi la mano di mio figlio e lo feci accomodare vicino a me. Avevo un regalo speciale per lui, per quell'occasione così importante. Forse era un premio per il coraggio che aveva dimostrato in quella serata, ma in realtà era un pegno d'affetto da parte mia. Gli mostrai un carillon fatto d'oro zecchino, impreziosito da diamanti e smeraldi. Kazi rimase a bocca aperta. I suoi occhioni verdi si spalancarono, e i tratti deformi del viso si estesero.
- Ti piace? L'ho fatto costruire apposta per te -.
Mentre lo invitavo a maneggiare con cura quel dono, presi un ciondolo di forma rotonda, e lo usai per caricare il carillon, tramite una piccola fessura. Venne la parte bella del regalo. Il cofanetto si aprì e uscì fuori la scultura di un piccolo volatile, un piccione per l'esattezza. Da quando era bambino, Kvazi aveva scoperto un debole per le creature alate. Forse proprio da quel giorno, durante il pic nic, dopo aver soccorso quel piccolo uccellino. In seguito, aveva preso l'abitudine di avere come animali da compagnia pettirossi, colombi e passeri. Ma i piccioni rimanevano i suoi preferiti.
- Che bello! - esultò tutto contento - E questa musica. E ‘la nostra ninna nanna! -.
La melodia che proveniva dal carillon era una canzone che mi cantava sempre mia madre, e che avevo fatto conoscere ai miei figli.
- Questa dolce melodia è il ricordo di sempre. Tu con me, amor mio, quando viene Dicembre - canticchiammo insieme, come due anime in una sola.
Poi, attirai nuovamente la sua attenzione, mostrandogli il ciondolo. Sopra c'era scritto qualcosa. "Insieme a Parigi". Era un messaggio chiaro e profondo. In passato, avevo spesso raccontato a mio figlio della bella Parigi, e lui si era immaginato tutto, compreso la cattedrale di Notre Dame e la Torre Eiffel. Mi aveva pregato, nell'ultimo periodo, di portarlo con me e fargli conoscere quella splendida nazione, dove vivevano anche dei nostri parenti. Con quel dono gli avevo appena anticipato che avrei mantenuto la promessa.
- Oh, papà caro! Grazie! - disse urlando dalla gioia e gettandomi le braccine al collo. Tutto sembrava così perfetto, quella sera. Ma i nostri momenti spensierati furono spezzati da un'ombra oscura. Un essere ripugnate si era introdotto nel bel mezzo della festa. Si chiamava Klod Frollo. Qualche anno fa era stato il mio consigliere più fidato, un uomo colto e di buon giudizio. Ma solo nell'ultimo periodo avevamo scoperto che non era altro che un impostore, un uomo consumato dalla smania di potere. Per giunta, era anche colpa sua se molte cose nel paese stavano andando di male in peggio. Lo avevo così cacciato dalla corte. Era troppo pericoloso per rimanere a contatto con la mia famiglia.
- Come osi presentarti a palazzo? - lo fronteggiai con tono duro. Klod, fece svolazzare la sua veste nera e scoprendo il capo dal cappuccio, fece un’espressione di finta sottomissione.
- Ma come, Vostra Maestà. Io sono pur sempre il vostro consigliere - disse, con voce ammaliante. Ma io non avevo alcuna intensione di cadere nei suoi tranelli.
- Consigliere?! Tu sei solo un traditore! Fuori dal mio regno! - tuonai con voce rabbiosa, sperando di poterlo allontanare per sempre. Ma l'uomo in nero, invece di intimorirsi, fece un passo in avanti e fece agitare una mano nella mia direzione.
- Tu credi davvero di poter bandire Klod Frollo? Sono io che bandisco te! E ti maledico! -.
La voce di Klod riecheggiò per tutta la sala, e lo sgomento generale si fece sentire tra i miei ospiti.
- Ascoltami bene. Tu e tutta la tua famiglia morirete entro 15 giorni! - affermò Frollo, e i miei occhi si spostarono sui miei cari, spaventati più che mai.
- Io non mi darò pace finché non vedrò la stirpe dei Belstov estinta per sempre -.
Da quella sera, molte cose cambiarono, in negativo. Una furiosa guerra mondiale devastò paesi e nazioni, coinvolgendo così anche la mia amata Russia. Inoltre, anche nel mio regno le cose peggiorarono. La lieve insoddisfazione del nostro popolo crebbe a dismisura, fino a trasformarsi in una devastante rivolta che avrebbe distrutto la nostra dinastia. Fu una notte terribile, quando i rivoluzionari saccheggiarono il palazzo, distruggendo tutto ciò che trovavano lungo il cammino. Selina stava portando via le nostre figlie, in mezzo alla folle confusione, dato che molti nobili e la servitù stava scappano per mettersi in salvo.
- Il mio carillon! - sentì gridare Kvazi, e lo vidi tornare indietro verso le stanze reali.
- Torna qui! - gli gridai mentre lo inseguivo. La paura e l'angoscia mi stavano attanagliano l'animo, e l'unica cosa che volevo era potare via mio figlio da quell'inferno. Appena lo raggiunsi nella sua stanza ebbi il tempo di avvertire un chiasso assordante. Una bomba era scoppiata, forse nel piano inferiore del palazzo. Era il segnale che ormai i rivoltosi ero riusciti a penetrarvi.
- Vi prego, venite! - disse una voce femminile, e delle piccole braccia esili mi tirarono per un braccio. Voltandomi scoprì che si trattava di quella fanciulla, dai capelli corvini e dalla pelle ambrata.
- Da questa parte, negli alloggi della servitù! - ci guidò la ragazzina, e fidandomi spronai Kvazi a seguirmi. Ma nella fretta, doveva essergli caduto il carillon da qualche parte, perché lo sentì temporeggiare vicino alla ragazzina.
- Il mio carillon! -.
Se non fosse stato per la prontezza di quella piccola servetta, che ci nascose dietro alla parete, un passaggio segreto, di lì a poco saremo stati scoperti e catturati. Grazie a ciò, io e mio figlio riuscimmo a uscire dal palazzo senza problemi. Mentre ci lasciavamo alle spalle il palazzo, un pensiero fulmineo mi devastò la coscienza e il cuore. Selina, figlie mie...mi chiedevo se erano riuscite a salvarsi in qualche modo, oppure... Con i cappotti e i berretti che ci nascondevano da occhi indiscreti, arrivammo finalmente alla ferrovia. Il treno stava per partire e dovevamo assolutamente prenderlo e ci avrebbe condotti lontano dalle terre russe. Ma poi, una voce che si alzò nel baccano generale, mi fece gelare il sangue.
- Fermateli! Sono lo zar e il granduca suo figlio! Stanno scappando! -.
Avevo riconosciuto quella voce. Maledetto Klod Frollo! Aveva guidato lui stesso la rivolta, mettendoci contro l'intera popolazione e spingendoli a quella strage. Senza perdere tempo, afferrai Kvazi e corsi il più veloce possibile. In mezzo a tutta quella folla, riuscimmo a seminare Frollo e i soldati, ma una nuova ansia si manifestò. Il fischio del treno si fece sentire, e capì che stava partendo proprio in quel momento.
- Presto, Kvazi. Corri! - dissi incalzando mio figlio. Era sicuramente stanco e avvilito, lo sentivo. Ma mancava ancora poco e potevamo ritenerci salvi.
Con uno sforzo riuscì a salire sul treno in movimento, e quando ero sul punto di far salire anche mio figlio, il treno cominciò a viaggiare più velocemente.
- Padre! - mi richiamò Kvazi, e mi sporsi il più possibile per afferrare la sua mano. Per un attimo ci tenemmo stretti e i nostri sguardi si incatenarono, disperati e spaventati.
- Tieniti forte, puoi farcela Kvazi! - gli gridai, mentre il treno prendeva sempre più velocità.
- Non mi lasciare! -.
Quelle disperate e dolci parole, mi scossero nel cuore. Per un attimo mi sembrò di vedere in quei tratti i volti delle mie adorate figlie, in quella tenerezza e devozione la mia amata sposa. No, non potevo perdere anche lui! Ma il mio timore divenne realtà nel momento in cui le nostre mani si divisero.
- Kvazimodo! - urlai, impotente, mentre vedevo mio figlio perdere l'equilibrio e cascare per terra come un sacco di patate.
- Kvazimodo! -.
 
Quella notte furono distrutte molte vite. Non mi importava nulla del mio titolo da zar, del potere sottratto, o l'orgoglio ferito. In fondo, non avevo mai desiderato di diventare sovrano, non ne ero capace. Ma perdere le persone che avevano dato un senso alla mia esistenza, anche se difficile, era peggio della stessa morte. La mia Selina, le mie figliole, e soprattutto, Kvazimodo, il mio adorato figlio. E da quel momento non l'ho mai più visto.
 
Angolo dell'autrice:
Bonsoir, miei cari! Eccomi di ritorno con una nuova storia, e come avevo annunciato nel capitolo extra della fanfic - Se ci fosse qualcuno come me -, questa è un crossover, con l'ambientazione e la trama del film Anastasia, con i personaggi del gobbo di Notre Dame. Questa è stata una vera e propria richiesta da parte della mia amica e sostenitrice Dreamereby (che d'altronde sta scrivendo altre due storie molto carine, vi consiglio di darci un'occhiata <3). Qui, come primo capitolo, mi sono soffermata a scrivere alcune scene che nel film Anastasia non si vedono, ma penso che sia azzeccata come scelta, per far vedere almeno qualche ricordo in più sul protagonista. Ah, importante, per ovvie ragioni, i nomi dei personaggi sono stati modificati, dal francese al russo (con l'eccezione di Esmeralda perché lei comunque rimane originaria della Spagna). Invece della nonna, sempre per volere di D., c'è il padre di Quasimodo, che ci ha presentato l'inizio della storia. Inoltre, il cattivone di turno, che sostituisce Rasputin, è ovviamente Frollo, e qui è un consigliere dello zar. Non so, direi che come storia modificata, con questi personaggi, non è malaccio, che ne pensate? Aspettatevi di vedere di più nei prossimi capitoli, che non sarò proprio un copia e incolla del cartone, ve lo assicuro ^^ Allora, alla prossima <3   

 
   
 
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