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Autore: Voglioungufo    30/12/2019    0 recensioni
ObiNaru | Post-699
“Domani…”
“Lo so” lo interrompe calmo, un tentativo di rassicurarlo nonostante il cuore precipitato nello stomaco. Smette di guardarlo, abbassa gli occhi sulla città sempre più in ombra. “Domani inizierà il processo, non è vero?”

La Quarta Guerra Ninja è finita da quasi due mesi, è ora di decidere cosa farne dei colpevoli.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Non fermarti
 
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Konoha si estende sotto di loro animata come suo solito, un incastro di case variopinte e dalle forme bizzarre, come se fossero costruzioni per bambini; tra le vie si vedono gli abitanti affaccendarsi, i negozi chiudere, i bambini correre e i ninja saltare sui tetti. Tutto sembra riflettere e catturare la luce del sole all’orizzonte, come uno specchio del cielo arancione.
È una bella vista, Naruto lo porta là su raramente – quel posto, sulla testa del Quarto Hokage, suo padre, è un luogo privato dove non può pretendere di imporsi, è il luogo segreto di Naruto.
Ma ci sono momenti in cui Naruto trasporta entrambi sulla testa di pietra, a volte senza nemmeno avvisarlo. La prima volta voleva solo mostrargli la vista di Konoha da lassù, come tutto sembri più piccolo, un modellino della città. Le altre volte erano stati momenti in cui c’era bisogno di un piccolo rifugio solo per loro, un posto dove la città non potesse vederli.
Obito sa perché sono lì. Anche se Naruto ride e ciarla come suo solito, lo legge nei suoi occhi azzurri che evitano il contatto visivo, la voce di una nota appena più nervosa del solito – come se affannasse per cercare un argomento vuoto di cui parlare – e le mani agitate che tamburellano sulla pietra, le cosce, le braccia.
Il sole è solo uno spicchio sulle mura quando si zittisce. Guarda diretto verso quella luce, senza paura di bruciarsi gli occhi. Obito guarda lui, la sua figura risplendere nell’oro e nel ramato del tramonto.
“Domani…”
“Lo so” lo interrompe calmo, un tentativo di rassicurarlo nonostante il cuore precipitato nello stomaco. Smette di guardarlo, abbassa gli occhi sulla città sempre più in ombra. “Domani inizierà il processo, non è vero?”
La Quarta Guerra Ninja è finita da quasi due mesi, è ora di decidere cosa farne dei colpevoli. I Kage erano così impegnati a occuparsi delle faccende più urgenti, come la ricostruzione di alcune città crollate, la riorganizzazione del sistema, le alleanze preventive, che Obito ha quasi potuto dimenticarsi di essere un prigioniero di Konoha.
Quasi.
Gli sguardi diffidenti, sgradevoli degli altri – occhi che lo seguono e gli ricordano che non è il benvenuto – sono un monito che gli ha impedito di credere che si fossero dimenticati di lui. Appunto, non è successo.
Sente gli occhi di Naruto su di sé.
“Andrà tutto bene” dice sicuro, guidato dal suo incrollabile ottimismo. Lo stesso che il vecchio Obito avrebbe condiviso, del resto solo un’inguaribile ottimista avrebbe tentato così tante volte di essere un ninja, di diventare un chunin, solo un ottimista si sarebbe gettato a salvare i propri amici senza un piano in mente. Ma quell’ottimismo è stato polverizzato dalla crudele realtà. Obito non riesce a credere che andrà tutto bene.
Conosce le sue colpe meglio di chiunque altro e per questo sa che devono essere punite, sa del rancore che in molti provano nei suoi confronti, come in molti accoglierebbero con gioia la sua sentenza di morte. Non tutti sono disposti a perdonare con così tanta facilità, non tutti sanno frenare i propri moti di odio e vendetta, mettere i propri sentimenti in secondo piano a favore di un obiettivo futuro. Soprattutto, solo una persona al mondo è capace di porgere la mano al proprio nemico, anche dopo che lui ha tentato di strangolarlo.
Sorride, non può incolpare il mondo se esiste un solo Uzumaki Naruto.
“Mi fido?” chiede tentando di mantenere il tono spensierato, scherzoso.  
Sussulta quando sente Naruto appoggiare la mano sulla sua, stringere forte. Si è avvicinato con il viso, gli occhi che lo guardano così decisi e vicini da causargli un terribile déjà-vu, anche se quegli occhi erano di un caldo nocciola. Questi sono azzurri e limpidi come il cielo nelle giornate di sole.
“Andrà tutto bene, te lo prometto” ripete scandendo ogni sillaba, il seguito della frase resta implicito tra loro.
Non mi rimangio mai la parola data.
Naruto sporge ancor di più il viso, a sigillare quella promessa con un bacio. Obito ricambia, le labbra socchiuse e morbide, pronte ad accogliere quel gesto.
Non è la prima volta che si baciano, ma sarà una delle ultime.
Per questo afferra con decisione la spalla del ragazzo e solo l’increspatura dell’aria attorno a loro segnala quello che sta succedendo. È la frazione di un secondo, entrambi spariscono dalla testa del Quarto Hokage, come se non ci fossero mai stati.
 
**
 
Lo sveglia la luce che filtra dalle serrande, hanno dimenticato di abbassarle la notte prima. Appena sveglio per Naruto è facile individuare il chakra familiare che si sta avvicinando alla sua casa. Sente nello stesso momento le braccia che lo circondano stringersi ancor di più al suo busto, Naruto chiude gli occhi e fa sparire il viso contro il petto dell’uomo.
Ancora un po’, solo un altro po’… supplica aggrappandosi a quel corpo che sta per essergli strappato via per non sa quanto tempo.
Il bussare secco alla porta è il termine ultimo della scadenza, ma nessuno dei due si muove. Anche Obito è sveglio, si scambia uno sguardo con lui: riconosce nelle iridi nere la stessa tentazione di fingere di non aver sentito.
Ma non possono farlo.
Obito bacia i capelli biondi e con un sospiro Naruto coglie il messaggio, è difficile districarsi dall’intreccio dei loro corpi e quando lo fa sente la pelle scoperta venire aggredita dal freddo.
Ignorando il fatto di indossare solo dei boxer, si dirige alla porta d’entrata. Non si preoccupa di mostrarsi mezzo nudo all’ex-sensei, né di mitigare l’espressione bellicosa sul viso, considerando il modo in cui sono lasciati il giorno prima è inutile farlo. L’Hokage sa cosa ne pensa in merito e non ha cambiato idea.
Kakashi lo capisce e sospira, sembra anche imbarazzato di trovare il ragazzo nudo, con i capelli stravolti e i morsi sul collo che indicano una cosa sola. Non crede che riuscirà mai ad affrontare la relazione che sembra aver legato il suo (ex) migliore amico con il suo (ex) studente. Non può pensarci, per lui è ancora un bambino.
“To’, l’Hokage in persona si scomoda” gli rinfaccia Naruto con tono polemico.
Sospira, sarà una lunga giornata.
“Preferivi che mandassi un ANBU?” chiede calmo e quella domanda fa oscurare gli occhi di Naruto.
“No” ammette in un segno di resa, si fa di lato permettendo all’uomo di entrare nell’appartamento caotico.
Dalla camera da letto esce Obito, lui ha ben pensato di rivestirsi. Vede Kakashi aprire la bocca, una smorfia davvero esausta nel volto, ma lo precede.
“Lascia stare i formalismi. Lo so. Va bene” dice telematico, secco, ma comprensivo e rassegnato.
Va bene, davvero va bene, è quello che merita. Deve affrontare la realtà, i suoi crimini.
“Almeno ha il tempo di una colazione?” sbotta mordace Naruto sedendosi al tavolo della piccola cucina. Ha la rabbia che ribolle nei suoi occhi, la posa dei muscoli rigida.
“Sì” mormora Kakashi, anche se avrebbe dovuto dire di no. Obito non è l’unica tappa, deve passare anche a prendere Sasuke. Ma non lo nomina, non vuole replicare la scenata di ieri nel suo ufficio, non crede di poter gestire ancora l’irruenza di Naruto.
“Solo qualche minuto” chiede pacato Obito. Sta tentando in ogni modo di mostrarsi calmo, ragionevole, ma anche nel suo corpo è visibile la stessa tensione che irrigidisce Naruto. Nessuno dei due vuole allontanarsi: non Obito, non ora che finalmente ha trovato una sorta di pace, di luce che possa scaldarlo; non Naruto, non dopo che l’ha già perdonato, non ora che lo ama così profondamente.
Kakashi distoglie lo sguardo, sentendosi colpevole.
“Ti aspetto fuori” lo avvisa, deciso a lasciare loro la possibilità di salutarsi decentemente.
Obito si muove solo quando Kakashi torna fuori dalla stanza, chiudendosi la porta dietro le spalle. Si dirige verso Naruto, seduto al tavolo, e si inginocchia posando le mani sulle sue cosce. Il ragazzo contrae lo sguardo azzurro,così chiaro da fare male.
“Pessimo tempismo per farmi la proposta” tenta di scherzare, anche se il tono forzatamente allegro è una pugnalata se accompagnato a quello sguardo.
Obito scuote la testa. “Andrà tutto bene” dice, prova un sorriso convincente. “Non sei tu ad avermelo promesso?”
Cerca di ricambiare il sorriso, di ritrovare la propria sicurezza. Ma vedere Obito portato via da lui – sapere che anche Sasuke verrà nuovamente portato via da lui – lo distrugge pezzo per pezzo.
“Oh, sì, ‘tebayo” promette con determinazione. “Se i Kage non vorranno ascoltare, li prenderò a calci in culo!”
Riesce a sorridere davvero, con più convinzione, anche se sa in cuor suo che le cose non sono così semplici e forse non è così giusto che continuino ad aggrapparsi a quel modo a una futile speranza. C’è solo una via di redenzione per lui.
Era un ninja traditore. Ha ucciso migliaia di shinobi. Era un alleato di Madara. Ha attaccato villaggi per catturare i Jinchuurike. È l’assassino del Quarto Hokage. Ha attaccato Konoha. Era il leader dell’Akatsuki. Ha causato la guerra.
“Accetterò qualsiasi condanna” dice mesto.
“Non ti condanneranno”.
“Naruto, sii realistico. Mi condanneranno a…”
Gli viene tappata la bocca con un bacio veloce, quasi rabbioso. Le labbra si schiacciano contro le sue senza voler essere sensuali, solo per ingoiare quelle parole rassegnate. Gli prende il volto fra le mani e lo guarda con decisione, i nasi che si sfiorano.
“No, non succederà” dice duro, come se bastasse davvero la sua pura convinzione per spezzare il destino. “Questa sarà solo una formalità e tu starai bene, noi staremo bene. Sono serio, non ho intenzione di lasciare che qualche vendetta personale ti uccida”.
“Non è vendetta, è giustizia”.
“No. Ti ho detto che avrei rotto il circolo d’odio, ricordi? Succederà da adesso. È una promessa troppo importante, che ho fatto a troppe persone, perché io possa venire meno alla parola data”. Lo guarda deciso, le dita che premono gentili sul lato destro del viso, i polpastrelli seguono i percorsi delle cicatrici in carezze di conforto. “Non arrenderti, io non lo farò”.
Non risponde, ma distoglie lo sguardo, ustionato dalla fiamma viva che lo anima. Vorrebbe avere metà della forza di Naruto, della sua capacità di restare in piedi anche davanti all’impossibile.
“Obito” lo chiama ancora, lo costringe ad alzare il viso per non distogliere il contatto visivo. “La tua vita mi appartiene, non gettarla via”.
 
**

Gli hanno bloccato i polsi con bracciali che annullano il chakra, le bende attorno agli occhi hanno la stessa capacità. Una sorta contromisura perché non possa usare il kamui per scappare, né usare tecniche contro di loro, ma è una premura inutile, visto che si è consegnato a loro spontaneamente, e le difese dei sigilli sono così deboli che basterebbe davvero poco per distruggerle.
Sa che rinchiusi nelle prigioni di Konoha ci sono anche il team Taka, Sasuke, Orochimaru e Kabuto. Si trovano però tutti in celle singole molto lontane fra loro, in modo di impedire la comunicazione. Ci sono sempre due ANBU a guardia delle sbarre, senza contare quelli che pattugliano tutto l’edificio e sorvegliano la zona circostante. Probabilmente tutte queste contromisure non sono abbastanza, ma nessuno fa davvero resistenza.
Sospira e si appoggia alla parete. Non ha bisogno né di mangiare né di dormire, non può fare nulla nel suo isolamento e questa attesa comincia a diventare straziante. Pensa a Naruto e a tutto il baccano che deve star facendo sopra, ai piani alti. Ci pensa e sorride, riscaldato anche solo al pensiero del suo ragazzino biondo e strafottente. Ci pensa e gli manca ogni minuto di più. Sa di non saper amare in un modo normale, che il suo amore è sempre legato a doppio filo con l’ossessione, che quando ama ci si aggrappa con tutta la disperazione di un naufrago.
È quello che è successo con Rin quando gli ha tolto la speranza, è quello che è successo con Naruto quando gli ha ridato la speranza.
Si sente solo e ha freddo. Non c’è nessun corpo accanto al quale stendersi, con il quale fingere di dormire in cerca di una normalità che agogna. Nessun respiro regolare e pesante a quietare la sua mente iperattiva, non ci sono capelli morbidi da accarezzare, mani da stringere, labbra da baciare…
È solo, con i suoi sensi di colpa.
 
**

“Le colpe sono troppe e tutte sono state ammesse” dice il Tsuchikage con tono secco e perentorio.
“Non si tratta solo di semplici nuniken, ma anche in quel caso la pena è sempre stata solo una e specifica” continua il Raikage.
“Ma in passato i nuniken non sono mai tornati a servire ancora il proprio Villaggio” ribatte Gaara, le ombre sotto gli occhi più marcate del solito.
Da quando la guerra è finita non ha avuto un solo giorno di riposo.
“Oh, e siamo sicuri che siano tutti tornati fedeli al proprio Villaggio?” chiede con ampio sarcasmo il Tsuchikage.
“Nobile Onoki, sono tutti ex-ninja di Konoha” interviene Kakashi. “Questo dovrei deciderlo io”.
“Ma le loro colpe riguardano il coinvolgimento di tutti e cinque i nostri Villaggi” sentenzia la Mizukage. “Per questo siamo qui”.
“Per evitare gli errori del passato, non possiamo più ragionare a singoli Villaggi con i propri segreti” dice appunto Gaara. “Queste cose si decidono insieme, l’Alleanza non deve cadere anche se la guerra è finita”.
“Senza contare”, riprende Onoki sporgendosi con il busto, “che non credo che i Ninja siano tornati per fedeltà a Konoha, ma per qualcun altro”.
Un breve silenzio cala fra le persone nella sala, si fissano tutti meditabondi, pur sapendo già chi sottintendano quelle parole.
“Uzumaki Naruto” è alla fine la Mizukage quella che prende la parola per prima.
Onoki annuisce. “I due Uchiha seguiranno Uzumaki Naruto, non la Foglia”.
“E Orochimaru con i suoi scagnozzi sembrano essersi legati a Uchiha Sasuke, quindi di riflesso a Uzumaki Naruto” conclude il Raikage.
“Abbiamo seguito tutti Naruto durante la guerra” s’infervora Gaara, ma solo di un poco, solo lo spostamento del busto in avanti e il modo familiare, dolce, con cui ha pronunciato quel nome lo testimonia.
“Durante la guerra serve un leader capace e fidato da seguire” conferma Onoki. “Ma durante la pace non è mai un bene legare la propria fedeltà a una sola persona. Per questo esistono i Villaggi”.
“Naruto diventerà Hokage” fa notare pigro Kakashi. “Diventerà la personificazione della Foglia”.
“Ma non lo è ora e non sappiamo quanto ci vorrà” insiste Onoki. “In quel lasso di tempo potrebbe succedere qualsiasi cosa”.
“Naruto non…”
“Naruto potrebbe essere ucciso”, non si lascia interrompere, guarda con occhi duri Gaara,“da qualche nemico di Konoha, da qualche nemico della pace. Il nostro è un mondo che per decenni si è fondato sulla guerra, non tutti accetteranno il nuovo ordinamento pacifico. È per questo che dobbiamo essere pronti a proteggere questa pace”.
Kakashi tamburella sul tavolo, lo sguardo perso a ricordare quelle parole sentite solo qualche mese prima, proferite direttamente dal suo ex migliore amico: è per proteggere la pace che nasce la guerra.
Ora sembrano le parole terribili di un’imminente profezia.
“Naruto è il ninja più forte di questa terra, non si lascerà uccidere così facilmente” fa notare.
“Siamo shinobi, Kakashi” mormora Mei. “Il nostro valore non si misura nella forza o in quante tecniche sappiamo usare, ma come le usiamo. Qualcuno più abile di lui può nascere e mettere in pericolo questa pace”.
“Quindi è Naruto il garante della pace” sorride ironico Gaara.
Il Raikage lo fulmina con lo sguardo. “Uzumaki Naruto è il garante della fedeltà di questi nuniken che ci hanno portato alla guerra e alla quasi distruzione. Se li lasciassimo andare e perdessimo il garante, potrebbe ricapitare”.
Gaara cerca di ribattere deciso, ma la Mizukage lo ferma con un’occhiata.
“Dobbiamo essere pronti a tutto, anche al peggio”.
“E solo per ipotesi improbabili distruggiamo la vita di queste persone?” chiede gelido.
“Sono nuniken!” sbotta Onoki.
“Che ci hanno salvato nell’ultima Guerra”. Kakashi è l’unico che riesce a mantenere il tono calmo, distaccato. “Sasuke è stato fondamentale per sconfiggere Madara e Kaguya, Obito ha salvato la vita di Naruto e ha combattuto contro Kaguya. Perfino Orochimaru vi ha salvato il culo”.
Alla menzione di quell’episodio il Raikage stringe le labbra in una linea sottile, gli occhi che brillano di disapprovazione.
“Dobbiamo tenerne conto” termina.
“Teniamo conto di tutto, ma la lista delle azioni buone”, Onoki fa una smorfia scocciata a questa espressione, “è molto più breve rispetto a quelle delle cattive”.
“Hanno causato tanta sofferenza” conferma il Raikage. “Non possono essere lasciati impuniti”.
“Uchiha Sasuke è solo un ragazzino” mormora Mei. “Le sue azioni passate sono state solo un fastidio, più che altro. Il suo intervento in guerra è stato molto più rilevante”.
“Ha tentato di ucciderci” ricorda Onoki.
“Era stato manipolato perché lo facesse, il suo unico obiettivo era Danzo e noi ci siamo trovati in mezzo” replica Gaara calmo. “Chi dobbiamo davvero considerare sono Orochimaru e Kabuto, soprattutto per i loro esperimenti. E poi…” Si volta a guardare Kakashi. “Uchiha Obito”.
L’Hokage sospira, nella testa le parole che Naruto ha urlato fino allo sfinimento.
Non sarà facile.
 
**
 
Tenta in un primo momento di tenere il conto dei giorni, ma fallisce senza nemmeno rendersene conto. L’attesa è come un’unica e orribile giornata intervallata da momenti in cui viene spostato nella Sala del Giudizio. Non crede sia il suo vero nome, ma è lì dove parla ai Kage – immagini intermittenti dentro grandi schermi  di chakra – e risponde alle domande, alle accuse.
È vero che hai fatto questo?
Sì.
È vero che hai fatto quest’altro?
Sì.
E quella cosa lì?
Sì. Sì. Sì.
Vuoto e piatto, conferma tutto; non ha più nessuna maschera dietro la quale nascondersi, l’ha promesso a Naruto. Ma essere sincero è come scavare un tunnel nel petto, più doloroso del raikiri di Kakashi. Più gli espongono davanti i fatti che ha compiuto, più si rende conto di quanto sia imperdonabile.
Questa volta l’ottimismo di Naruto non può salvarlo, ma va bene così: era già pronto a pagare con la vita, la sua volontà di rimediare in qualsiasi modo – anche in questo modo – non è cambiata. Se solo quello che gli ha detto Naruto non fosse vero…
La tua vita mi appartiene.
Naruto gli ha impedito di morire, si è preso la sua vita, ha preteso che vivesse al suo fianco. Naruto non vuole che lui muoia, vuole che la sua espiazione passi attraverso la vita. Almeno per Naruto, deve sperare nel perdono generale.
Sorride al pensiero.
Sperare equivale ad arrendersi, ricorda a se stesso quelle parole che aveva pronunciato davanti a Kage. Ha un che di ironico, ma forse alla fine è proprio così: lui si è già arreso.
 
**

“Rilasceranno Sas’ke-kun”.
Sakura lo dice quasi per caso, come se fosse una semplice notizia di poco conto, ma Naruto smette di respirare per qualche secondo.
“Davvero?” chiede alla fine incredulo, felice.
La ragazza annuisce, è stato Kakashi-sensei a darle la notizia.
“È stato difficile convincere il Raikage ma… va tutto bene. Hanno deciso che per il suo aiuto fondamentale nella Guerra tutti i suoi ex-crimini sono stati cancellati”.
“Meno male!” esulta Naruto cadendo a terra sull’erba. Gli dei solo sanno quanto è stato in tensione questi giorni, di come abbia corso da una parte all’altra nel tentativo di avere informazioni, di parlare, convincere, spiegarsi. Per qualche motivo, nessuno ha voluto coinvolgerlo davvero.
Ma Sasuke starà bene, lo lasciano andare, questa è la cosa importante. E tra loro tre potrà tornare tutto come prima, potranno di nuovo essere il Team 7, recuperare quello che hanno perduto. Saranno ancora insieme, come è giusto che sia.
Spalanca gli occhi e alza il viso verso Sakura con urgenza.
“E Obito?” domanda ansioso. Se hanno risolto con Sasuke, forse…
Ma la kunoichi si oscura e gira il volto lontano dagli occhi celesti.
“Obito non lo so, è… è più complicato” risponde avara di spiegazioni, stretta nelle spalle.
Non ne sa molto, ma quello che sa non può dirlo, Kakashi glielo ha ordinato. Anche se significa far stare sul filo del rasoio il suo migliore amico, deve ubbidire.
“Non lo è, non è complicato” protesta Naruto, lo sguardo contratto e la voce lamentosa. “Non lo è, dattebayo” ripete.
Sakura vorrebbe davvero che fosse così semplice anche per lei, ma non ci riesce ed è certa che la stessa rimostranza trattenga anche gli altri. È grata a Obito per aver salvato la vita di Naruto e Kakashi, lo è davvero; ma non può scordare che ogni dolore che hanno sofferto è causa sua in un modo o nell’altro. Accettarlo come alleato contro Kaguya è stato semplice, erano nel mezzo di una guerra e non c’era tempo, ma non lo è accettarlo come compagno di Naruto. Nonostante tutto in sua presenza prova ancora un senso di allarme, timore, e non può impedirsi di studiare sospettosa ogni gesto che compie nei confronti dell’amico, pronta a difenderlo.
Si chiede come invece Naruto ci riesca, come possa addirittura amarlo, perché lo ami. Non riesce a trovare un senso, ma ricorda con chiarezza il modo privo di incertezze con cui Naruto le ha confessato “lo amo” un giorno qualsiasi, senza che prima ci fosse una sorta di preparazione alla notizia. Naruto ama Obito, non l’ha capito – non riesce a capirlo – ma l’ha accettato. Come lei ha accetto i propri sentimenti per Sasuke nonostante tutto il tempo passato, nonostante il suo tradimento e tutte le azioni contro di loro, ha anche accettato che Naruto possa amare Obito e lasciare che Obito lo ami.
Sakura vorrebbe che andasse tutto bene solo per questo, solo per Naruto. Ma purtroppo non è certa che possa accadere davvero…
 
**
 
“Funzionerebbe meglio se anche tu fossi più convinto nella tua difesa”.
Obito non può vederlo, ma riconosce la presenza di Kakashi. La voce familiare ha solo confermato che l’Hokage è venuto nella sua stretta cella. Deve essere in piedi, perché la voce viene dall’alto e lui è seduto sull’ultima panca disponibile.
“Più convinto?” chiede ironico.
“Quando è il tuo turno di parlare ti accusi da solo”, gli fa notare, “e non provi mai a giustificarti”.
Sorride senza rendersene conto, anche se non prova vero divertimento.
“Mi stai suggerendo di mentire?”
Deve lasciare Kakashi di stucco con quella domanda retorica, perché passano secondi di silenzio prima che lo senta ribattere.
“No, ti sto chiedendo di spiegare perché lo hai fatto”.
“Credo sia chiaro a chiunque: volevo distruggere il mondo”.
Kakashi resta ancora un po’ silenzio, abbattuto da quella rassegnata passività.
“Così non riuscirai a evitare la condanna” mormora trattenendo a stento il timore della propria voce, perché la verità è che Kakashi ha paura di fallire ancora nel salvare l’amico. Non può permetterselo, non vuole perderlo, non vuole deludere Naruto.
Obito sorride ancora, questa volta tenta anche una risata, ma è così vuota da essere raccapricciante.
“Non voglio evitare la condanna” ammette.
“Nemmeno per Naruto?”
È solo a quel nome che riesce a ottenere una vera reazione, Obito si tira su con la schiena e sposta la testa verso dove immagina sia il suo viso.
“Naruto non vuole che tu venga condannato, lo sai? Sta facendo di tutto per aiutarti”.
“Posso immaginarlo” ammette.
“Quindi?”
È il turno di Obito a restare in silenzio, a cercare con cura le parole con cui rispondere.
“Naruto non si merita una persona corrotta come me al suo fianco” dice alla fine. “Forse desidero solo un’espiazione per meritarlo, per giustificare quanto ho già avuto. Per questo sono disposto ad accettare qualsiasi condanna e non mi nasconderò dietro a giustificazioni”.
Kakashi soppesa quelle parole con attenzione senza dire niente. Poi lo sente muoversi, conta i suoi passi e capisce che è arrivato alla porta della cella.
“Avete sentito?” chiede e Obito si chiede a chi stia parlando finché una voce metallica, come se provenisse da un microfono, risponde a quella domanda.
“Sì”, è la voce del Kazekage si accorge, “e confermiamo quanto deciso”.
Altre persone entrano nella cella, gli si avvicinano. Poi la benda con i sigilli di chiusura viene sciolta dalla sua nuca e torna a vedere. Anche la penombra della cella gli risulta fastidiosa dopo essere stato così tanto tempo al buio. Ci sono due guardie ANBU davanti a lui, gli sganciano le catena sui polsi e lo liberano da tutti i sigilli di blocco. Ma la sua attenzione viene subito calamitata da Kakashi, non appena riesce a distinguerla bene. È vestito con la divisa da jounin, nessun pomposo mantello o capello a segnalare il suo grado massimo di Hokage. All’orecchio è agganciato un auricolare con microfono, lo stesso con cui deve aver reso gli altri Kage partecipi di quella conversazione che Obito credeva essere privata.
Sorride amaro. “Un test?”
“Un ultimo tentativo” nega. Abbassa gli occhi grigi prima di avere il coraggio di guardarlo nuovamente in viso. “La sentenza è stata decisa” annuncia.
Suo malgrado, Obito sente un fremito di paura scuotergli le viscere, ma lo domina e chiede tranquillo quale sia. Gli sembra di non sentire davvero Kakashi quando risponde, forse perché nella sua testa ha già ripetuto innumerevoli volte questa scena, se ne sente quasi alienato, distaccato.
Ma poi pensa al sorriso di Naruto e sente male all’idea di non poterlo vedere mai più.
“Sarà domani mattina” termina Kakashi, lo guarda con rammarico. “Mi dispiace”.
“No, è giusto così” ribatte.
Gli occhi si sono abituati molto di più alla nuova e fievole luce, alzando lo sguardo si accorge che per tutto questo tempo c’era una piccola finestrella. È il tramonto e ripensa all’ultimo che gli ha mostrato Naruto.
Questa è la sua ultima notte a Konoha…
“Puoi andare” riprende a parlare Kakashi.
Lo guarda confuso. “Dove?”
“Da Naruto”.
“Ma la condanna…”
“Sarà domani” ripete, gli occhi più dolci e comprensivi. “Questa notte puoi andare da lui per salutarlo”.
Vorrebbe non provare così tanto sollievo all’idea di avere ancora una notte con lui.
“Potrei approfittarne per scappare” gli fa notare pigramente e Kakashi ride, come se avesse detto una battuta davvero spiritosa, ma è una risata spezzata dal rimpianto di non essere riuscito a fare di più.
“Lo avresti già fatto se avessi voluto” gli fa notare.
Ha ragione, la verità è che non vuole più scappare dalla realtà, ha imparato ad accettarla. Si alza, traballante sulle gambe irrigidite dopo essere stato costretto così a lungo nella stessa posizione rannicchiata.
Sente gli occhi sospettosi degli ANBU su di sé nonostante la maschera, cerca di ignorarli come può mentre passa davanti a Kakashi.
“Naruto non sa ancora nulla” dice quando è fuori dalla cella.
Obito si ferma e capisce il sott’intenso.
“D’accordo” sospira.
Sarà lui a dovergli dare la notizia.
 
**

Naruto ha da poco finito di cenare – con una coppa extra-large di ramen portata direttamente dall’Ichiraku per viziarsi un po’ – quando qualcuno bussa alla sua porta. Troppo impigrito anche solo per indovinare chi sia sondando con il chakra, si alza per andare ad aprire.
“Chi…”
Si blocca nel vedere Obito davanti a lui, con tutti i suoi centimetri di altezza in più e le maglie a collo alto e largo.
“Obito…”
Ha appena il tempo di sussurrarlo con un enorme sorriso sulle labbra prima che l’uomo lo afferri al viso e si spinga contro la sua bocca, spingendolo a sua volta di nuovo dentro la casa. La porta viene richiusa mentre si stanno ancora baciando e Naruto avvolge le braccia attorno a Obito, infila le mani sotto la sua maglia, sfiora la pelle calda e preme sulla carne.
“Sei qui!” riesce a terminare quando quasi cade a terra e per mantenere l’equilibrio è costretto a staccare i loro visi.
Obito gli accarezzale guance, si perde negli occhi azzurri prima di annuire e tornare a tuffarsi su quelle labbra, a bearsi del sapore di ramen che sente sulla propria lingua mentre affonda dentro quella bocca calda. Naruto ride nel bacio, felice come non è da giorni, sollevato come non lo è da giorni. Si sente come se un enorme macigno fosse stato sollevato dal suo petto e ora il suo cuore si trova libero di battere senza nessuna pressione a imprigionarlo nella cassa toracica.
Obito è lì.
Hanno lasciato andare Sasuke, hanno lasciato andare Obito. È riuscito a salvarli entrambi.
Può finalmente prendere un sospiro di sollievo, lasciarsi andare al pensiero che non c’è più niente ad attentare alla felicità e al futuro che si sta costruendo.
Vorrebbe dire tutte queste cosa a Obito, urlargli quanto è felice di vederlo, quanto lo ama, ma lui non lascia le sue labbra nemmeno per permettergli di respirare e in fondo va bene così, perché baciarlo gli era mancato tanto, troppo. Però non può evitare di trattenere la risata gutturale nell’accorgersi di una cosa, volta il capo per sfuggire a quelle labbra e lascia libero sfogo alla sua risata. La sua mano scivola lungo il fianco di Obito fino al suo inguine, mentre lui continua a scoccargli baci sulla guancia e la tempia.
“Qualcuno è in astinenza” ridacchia massaggiando con il palmo la durezza intrappolata nei pantaloni.
“Tu no?” soffia nel suo orecchio e spinge al contempo con il bacino, strusciandosi contro il principio di erezione dell’altro.
Naruto non arrossisce, ride più apertamente.
“Mi sei mancato” offre come spiegazione. Preme entrambe le mani sul suo petto, lo spinge a terra, disteso sul pavimento. “Mi è mancato fare l’amore con te” sussurra  seguendolo in quel movimento, i nasi così vicini da sfiorarsi.
Obito aumenta la presa sulle sue spalle, stringe l’orribile maglia arancione quasi a volergliela strappare di dosso.
“Anche a me” sospira alzando il mento, sciogliendosi alle labbra di Naruto che percorrono e leccano tutta la lunghezza della sua gola esposta. Gli dei soli sanno quanto gli è mancato sentire quel calore della pelle di Naruto, la sensazione di quasi bruciare ai suoi tocchi, ai suoi baci.
Lo guarda con gli occhi pece che gridano il suo desiderio per lui, il bisogno che gli soffoca la gola e lo spinge a tendersi verso quella luce che sembra emanare. Sfiora con lo sguardo il torace muscoloso e brunito che Naruto mostra nello sfilarsi la maglietta, come i pettorali si tendano a quel gesto, e allunga una mano a sfiorarlo, scendendo con le dita sul bordo dei pantaloni.
“Anche a me sei mancato tanto” ribadisce con un sospiro di sollievo.
Naruto torna a piegarsi su di lui, unisce le loro fronti mentre con le mani gli accarezza l’inguine e inizia pigro a liberarlo dai pantaloni.
“Vediamo di rimediare, allora” dice baciandogli il naso.
Geme nel sentire le mani calde avvolgersi sul suo cazzo, stuzzicarlo fino a scoprire il prepuzio.
“Naruto” lo chiama.
Gli occhi azzurri si alzano su di lui curiosi.
“Non fermarti” supplica.
Sorride. “Mai”.
 
**
 
Hanno fatto l’amore tutta la notte, stringendosi anche quando non era necessario, abbracciandosi anche quando erano sazi. Naruto ha chiacchierato come sempre, Obito è stato più silenzioso. Aveva le parole incastrate in gola mentre Naruto raccontava i pettegolezzi che si era perso, mentre progettava i giorni futuri come se entrambi avessero guadagnato tutto il tempo del mondo, l’immortalità insieme.
Non ha avuto il coraggio di dirglielo.
Aveva pensato di dirglielo come prima cosa, aveva scelto le parole giusto, il tono migliore per fare in modo che capisse che andava davvero bene. Ma non ci è riuscito.
Appena l’ha visto, con quella maglia sbiadita dai lavaggi in lavatrici, i capelli spettinati sulla fronte e il viso graffiato, rotondo, tutto quello che ha saputo fare è stato stringerlo, reclamare quel corpo, quel ragazzo, quelle labbra come sue e solo sue.
Obito sa di essere troppo possessivo, ma in quel momento non gli è importato. Almeno per un’ultima notte voleva reclamare Naruto suo e solo come suo. Crogiolarsi un’ultima volta in un’illusione, credere che quella notte sarebbe durata per sempre. E non gli ha detto niente, lo ha assecondato, ha mentito con le carezze e i baci, facendo cadere anche il ragazzo nell’illusione che fosse libero, perdonato.
Lo stringe mentre sono stesi sul letto, è crollato sfinito quando la notte stava per lasciare posto all’alba. Anche l’incredibile Uzumaki Naruto a un certo punto termina la propria energia, anche se ci vuole tempo perché succeda.
Guarda i lineamenti morbidi, le guance rotonde, la fronte rilassata prima di rughe. Dorme pacifico, come un bambino, si deve sentire al sicuro tra le braccia dell’assassino dei suoi genitori, della sua felicità.
Il cielo fuori dalla finestra che si sta schiarendo lo informa che il tempo della sua piccola illusione sta finendo. Deve andare, qualcuno verrà a prenderlo.
Non sveglia Naruto mentre poggia un bacio sulle sue labbra socchiuse e gli accarezza la fronte. Si districa da quell’abbraccio attento a non fare movimenti bruschi, poi copre quel corpo nudo con il lenzuolo, in modo che non senta freddo senza un altro vicino con cui scaldarsi.
Cerca i propri vestiti, poi un foglio e dell’inchiostro. Non può andarsene e basta, non può essere così crudele. Sente già male al cuore al pensiero di Naruto sveglio, solo nel proprio letto, confuso di non trovarlo; riesce a immaginare la rabbia e il dolore che proverà una volta che avrà scoperto da altri quello che è davvero successo.
Sono ancora un codardo.
Lo guarda in cerca delle parole adatte per spiegarsi, poi intinge il pennino e inizia a vergare i kanji, cercando di trasmettere in quei simboli di inchiostro sbavato tutto l’affetto, l’amore e la gratitudine che prova nei suoi confronti.
L’ANBU arriva a prenderlo puntuale, proprio quando firma il biglietto. Lo vede accucciarsi sulla finestra, appollaiato come un uccello.
“È ora” gli fa segno con le mani.
Obito annuisce, lascia il biglietto sul tavolo e lancia un ultimo sguardo a Naruto. Cerca di imprimersi ogni dettaglio di quel viso.
“Lo so”.
Si alza.
 
**
 
Naruto viene svegliato dalla forte luce del sole, a cui cerca di sfuggire sentendo che ha ancora bisogno di dormire. Si raggomitola sotto le lenzuola, le alza per coprirsi la faccia e in quel gesto si accorge di non scontrarsi contro nessun altro corpo solido.
Più del sole violento è questa scoperta che gli fa aprire. Di scatto si alza a sedere e si rende conto che, a eccezione di lui, il letto è davvero vuoto e, a giudicare dal freddo sul materasso, deve esserlo da molto.
Dov’è andato? Si chiede confuso e preoccupato, con una strana angoscia nel cuore. Ancora nudo si alza e, nonostante l’assenza di un altro chakra nel suo appartamento, si mette a girare tra le stanze, sicuro di trovarlo, quasi credendo si sia nascosto da qualche parte solo per fargli un dispetto.
Ma Obito non c’è.
Forse è sceso a prendere il latte, forse è dovuto andare da qualche parte, forse…
Ma in cuor suo sa che non è così, anche se tenta di aggrapparsi a questa speranza. Ripensa alla notte appena trascorsa, a tanti piccoli particolari che sul momento ha trascurato, credendoli dettagli trascurabili. Non lo erano, perché Obito non c’è.
Obito è andato via.
Lo realizza quando vede una nota appoggiata sul tavolino basso, vicino alla tazza di ramen. Prima ancora che l’afferri e legga le parole, sa già quello che contiene.
È un addio.
 
Naruto,
Non sono mai stato bravo a essere sincero e mi dispiace, perché c’è molto da dire e temo di non averne nemmeno il tempo. Quindi sarò breve.
Mi importa di te, più di quanto mi aspettassi o volessi, ma ne sono grato. Sono grato che tu non ti sia arreso, che non ti sia fermato ad odiarmi, che tu abbia cercato di capirmi. Sono grato di quella mano che mi hai teso e mi odio per non averla afferrata subito. Mi hai dato la speranza quando l’avevo rinnegata, mi hai dato l’amore quando credevo di averlo perso per sempre, mi hai restituito la mia identità quando volevo solo dimenticare. Voglio assicurarmi che tu sappia quanto è stato importante per me, quanto sei importante per me.
Mi dispiace non essere stato subito sincero, di essermi nascosto ancora. La verità è che non sono stato rilasciato, questa è stata la mia ultima notte prima della condanna. Non ho avuto il coraggio di dirtelo, volevo illudermi un’ultima volta e ho chiuso anche te in questo ultimo genjutsu.
Fra poco mi porteranno al Paese del Ferro, dove verrò rinchiuso in una cella di massima sicurezza per tempo indeterminato. A quanto pare non merito la pena di morte, ma sono troppo pericoloso per poter essere reintegrato nel mondo degli shinobi. Forse hanno ragione.
Mi dispiace non averti detto addio come si deve, di avertelo tenuto nascosto per il mio egoismo. Ma smetterò di essere egoista da qui in avanti. Non ci vedremo più e voglio che tu vada avanti nella vita che ti meriti, al fianco di una persona che ti merita più di quanto io meriti te. Diventa Hokage, guida questo mondo in una nuova realtà priva di odio e fatta di pace, so che ci riuscirai, sarai il miglior Hokage della storia.
Per favore, non arrabbiarti con Kakashi, ha provato tutto quello che ha potuto, molto di più di quanto ci abbia provato io. Doveva andare così. Hai già vinto tanto, hai ancora molto da vincere, ma non puoi vincere anche questo. So che ti risulta impossibile arrendersi, ma è il momento di farlo, è meglio così, è meglio per entrambi. Meriti di essere felice, quindi lasciami andare.
Ho solo un’ultima richiesta un po’ egoista: non dimenticarti di me. Non voglio che mi aspetti, non tornerò, e non meriti un’attesa infinita quando puoi trovare la felicità in qualcun altro. Ma non dimenticarti di me. Ricordami come Obito, solo come Obito, per quello che abbiamo avuto in questo tempo. Almeno nei tuoi ricordi voglio esistere ancora.
Mi dispiace di averti deluso, ma non lasciare che io diventi un tuo rimpianto. Ti amo.
Addio,
Obito.
 
Naruto si morde il labbro, affonda le dita sul pezzettino di carta stropicciandolo. Rilegge quelle parole ossessivamente, come se non riuscisse a capirne il senso, come se cercasse un significato nascosto che può restituirgli Obito.
Alla fine lo accortaccia e lo lancia via, lontano, in un moto di rabbia e frustrazione. Vuole scoppiare a piangere, si sente ridicolo se ripensa alla notte appena passata. Se lo avesse saputo… se glielo avesse detto… avrebbe potuto fare ancora qualcosa.
Ora non ha più tempo.
Obito è andato.
Non lo rivedrà mai più, ha… perso?
Colpisce con rabbia il ripiano del tavolo, la tazza vibra e barcolla per il contraccolpo.
“Cazzo!” impreca, le lacrime agli occhi. “Cazzo!” ripete con più forza.
Ripensa alle parole della nota e sente il bisogno di urlare crescere.
“Col cazzo che mi arrendo!” Si erge in tutta la sua altezza, lo sguardo azzurro rivolto a un avversario invisibile. “Io diventerò Hokage e ti riporterò qui a calci in culo anche solo per prenderti a pugni, sfidami a non farlo”.
Gli risponde il silenzio, ma non importa. Perché Uzumaki Naruto non si arrende e non viene mai meno alla sua parola. Aveva promesso a Obito che sarebbe andato tutto bene, manterrà quella promessa.
Non aspettarmi.
“Tu non mi dici cosa fare, dattebayo!” mormora mordendosi le labbra, una lacrima finalmente che scende sulla guancia e scivola fino al suo mento. Precipita a terra insieme a Naruto, che si accartoccia su se stesso e si permette di piangere, ma solo un po’.
Non fermarti, gli ha chiesto in quell’ultima notte. Mai, gli ha risposto.
“Mai” ripete singhiozzando. Perché vincerà anche questo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sette anni dopo.
 
Obito ha imparato a sopportare il freddo, lì nel Paese del Ferro, la terra sempre coperta dalla nave. La sua cella non è calda, il primo anno è stato terribile abituarsi. Forse anche per via dell’assenza del chakra, dopo così tanto tempo senza poterlo controllare, percepire, ha quasi dimenticato quale sia la sensazione di sentirlo agitarsi nel proprio corpo, mantenerlo in un certo equilibrio. Ma ha imparato ad abituarsi anche a questo, come all’aria viziata che di tanto in tanto lo fa tossire.
Non sa quanti anni siano passati, anni di pura solitudine in cui ha avuto tutto il tempo per imparare ad affacciarsi con se stesso, i propri incubi e demoni. Soprattutto con il proprio rimpianto.
La meditazione è stata la sua occupazione principale, così come prendersi cura di un alberello che ha iniziato a crescere quasi per caso, dopo che aveva lasciato cadere dei semi dalla frutta che gli era stata portata. Ha imparato a non contare il tempo, a lasciarsi andare alla pazienza. Anche se a volte si rammarica ancora di non essere morto, di avere quella misera vita senza significato.
Lo informano che avrà visite, di darsi un contegno. Non ci fa tanto caso, nel corso di quegli anni Mifune stesso è andato a trovarlo spesso, per non lasciare che si consumasse fino alle ossa nella solitudine. Ogni tanto è venuto anche Kakashi, ma il senso di colpa così leggibile nel suo sguardo non l’ha mai reso un ospite davvero gradito.
Per questo spera sia il capo del Paese del Ferro mentre si risciacqua e cerca di domare la massa di capelli scuri e lunghi che in quegli anni sono cresciuti fino a cadergli sulla schiena. Odia quei capelli, si sente troppo simile a Madara nel portarli, ma non può tagliarli. Nessuno si è fidato a lasciargli tra le mani un oggetto tagliente.
Capisce che c’è qualcosa di diverso non appena esce dalla cella: non gli stanno facendo indossare la solita benda sugli occhi per bloccare lo sharingan, per renderlo innocuo anche fuori dai sigilli di chiusura della cella. Non gli incatenano nemmeno i polsi, si limitano a guidarlo lungo il solito corridoio per la solita stanza. Almeno quella non è cambiata.
C’è una grande finestra che lascia entrare i raggi del sole, fuori deve essere una bella giornata nonostante la neve. Il solito tavolo con la solita sedia con le manette è disposta al solito posto, ma non lo guidano lì e non è quella a catturare la sua attenzione.
La sua attenzione è concentrata all’uomo che gli dà le spalle, che osserva fuori dalla finestra. Le sue spalle sono coperte da un lungo mantello bianco, dove si intravede attraverso le varie pieghe la scritta rossa Settimo Hokage. Ma non ha bisogno di quelle parole per riconoscere l’uomo alto che ha davanti, sono bastati i capelli biondi – più corti di come ricordava – a farlo bloccare sul posto.
La guardia che lo accompagna si schiarisce la gola. “Nanadaime” annuncia con cortesia la loro presenza.
E l’uomo si gira, togliendo ogni rimasuglio di dubbio. Anche se il viso è più magro, più marcato, maturo; gli occhi sono gli stessi, potrebbe riconoscerli ovunque. Sono gli stessi che in tutti questi anni ha custodito come un tesoro nascosto.
Resta senza parole mentre il Settimo Hokage – Naruto – fa un cenno alla guardia.
“Puoi andare, lasciaci soli”.
Ha un tono più duro, inflessibile, pur mantenendo quella squillante esuberanza che ha sempre caratterizzato la sua voce.
Sente la guardia tentennare prima di ubbidire con un ordine e tornarsene dalla porta cui sono entrati. Obito resta lì senza riuscire a dire nulla, lo osserva e basta. Si sente congelato da quegli occhi azzurri che lo fissano indecifrabili, che lo osservano come se potessero mettere in luce ogni parte nascosta di lui.
Socchiude le labbra, per dire qualcosa. Ma Naruto si muove proprio in quel momento, lo raggiunge con un solo passo e prima che possa davvero rendersene conto sente il suo pugno scontrarsi contro la sua mascella. Il colpo è così forte e inaspettato che si ritrova a cadere malamente a terra.
Lo guarda con più stupore, ma ancora non può reagire perché Naruto lo afferra per il colletto e lo tira su, vicinissimo al suo viso.
“Secondo te potevo arrendermi?!” ringhia, ma oltre la furia che ribolle negli occhi azzurri Obito riesce a vederne il sollievo, l’amore.
“Tu…”
La presa sul suo colletto aumenta e i nasi si sfiorano.
“Io ora ti riporto a casa” dice. “Grande idiota,” lo insulta, “credevi che non lo avrei fatto? Che ti avrei lasciato andare e basta?”
“Mi hai aspettato…” mormora non riuscendo davvero ad afferrare la situazione.
“Ti sono venuto a prendere” corregge. Le mani abbandonano il suo colletto, Obito si trova stretto nella sua presa mozzafiato, con il suo profumo nuovamente addosso. “Scusami per averci messo tanto, ma sono qui. Sono diventato Hokage, ho annullato la tua condanna e tutti i nuovi Kage ti hanno perdonato. Non devi più restare qui, puoi tornare a casa”.
Obito si ritrova a ricambiare la stretta, infila le dita nei corti capelli biondi, stringe le ciocche e lo preme contro di sé. Naruto è cresciuto, non è più il ragazzo che spariva nel suo abbraccio, che gli arrivava appena sotto il mento. Ora sono più o meno alla stessa altezza, gli sembra di essere lui a sparire in quell’abbraccio.
E, dei, se ne aveva bisogno.
“Sei un idiota” si ritrova a mormorare, quasi ridere. “Ti avevo detto di…”
“L’idiota qui sei tu” sbotta dandogli quasi una testata. “Arrendermi? Lasciarti andare? Rinunciare? Non sono cose che Uzumaki Naruto può fare!”
Socchiude gli occhi, si lascia accarezzare da quelle dita gentili sul viso, sui tagli del suo volto rovinato. Inclina il viso assecondando quei tocchi, avvicinandosi di più al volto dell’altro.
“Non ti sei fermato…” mormora grato, riconoscente.
Chiude anche lui gli occhi, strofina le punte dei loro nasi.  
“Mai”.
 
 
 
 
 
 
 
L’ultima fan fiction del 2019 ;__;
Spero che questa One-shot lunghissima (7.511 parole) vi sia piaciuta, anche se non ha soddisfatto la mia aspettativa. Spero di avere reso l’angst decentemente, mi è sembrato di essere troppo superficiale t.t spero che l’happy ending sia stata apprezzato, era ovvio che non poteva finire male, Naruto non lo avrebbe mai permesso!
Vi auguro un buon Capodanno, di festeggiarlo con le persone che amate, ma se nel mentre dei festeggiamenti avete del tempo per lasciarmi una recensione o un parere ovviamente mi renderete molto felice!
 
Buon 2020, che vi porti gioia e tante fan fiction.
   
 
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