Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: futacookies    31/12/2019    4 recensioni
{ kagehina }
«Yacchan, come si fa il regalo perfetto?»
«Credo che il regalo perfetto sia qualcosa che tu voglia dargli e che a lui faccia piacere ricevere.»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama, Yachi Hitoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NdA: storia che ho scritto per il Secret Santa Haikyuu 2019 organizzato su Twitter! I ragazzi del primo sono ora al terzo, potrebbe esserci un leggero spoiler degli ultimi capitoli del manga (ma se non seguite probabilmente non ve ne accorgerete nemmeno, spero).
Buona lettura, Fede

______________________________________________________________________________________________________________







Il bacio perfetto
(non esiste)
 
 
13 dicembre
 
Tsukishima era arrabbiato – non proprio arrabbiato, ma sicuramente ricevere tutte quelle schiacciate in testa non gli aveva fatto piacere.

All’inizio, ad essere sinceri, lui e Kageyama non l’avevano fatto apposta: gli era arrivata un’alzata da una posizione assurda, si era distratto, e aveva schiacciato a piena potenza sulla testa di Tsukishima, che non era nemmeno in prima linea.

La seconda volta era stata colpa della battuta di Kageyama, che aveva proprio mirato alla fronte di Tsukishima, e pochi minuti dopo avevano iniziato a fare a gara per chi lo colpiva più volte durante una partita.

Non avevano avuto nemmeno il buon senso di starsene zitti e sperare che prendesse davvero la faccenda come una serie di sfortunati incidenti, assolutamente no: mentre si stavano cambiando nella stanza del club avevano iniziato a litigare per chi avesse effettivamente vinto e non era sicuro di averla davvero vista, ma sembrava ci fosse una vena ingrossata e pulsante sul collo di Tsukishima.

Quindi Tsukishima aveva aspettato che tutti fossero usciti dalla stanza del club, aveva tirato fuori la sua copia delle chiavi e aveva ignorato i loro strepiti, chiudendoli lì.

E adesso erano bloccati, e la loro unica speranza era che Yamaguchi si rendesse conto che qualcosa non andava e venisse a salvarli.

«Comunque», ci tenne a precisare Hinata, «io ho chiaramente colpito Tsukishima più volte. E questo disastro è colpa tua.»

Kageyama si imbronciò.

«Ma io l’ho colpito con più precisione! Deve valere più punti! E poi, se proprio ci tieni a vincere, allora se siamo bloccati qui è colpa tua!»

«Non può essere colpa mia! Sei tu che hai iniziato!»

Il contatto o la vicinanza fisica di Kageyama non gli avevano mai dato fastidio, ma negli ultimi tempi aveva iniziato a capire che forse gli piaceva, Kageyama, non solo come compagno di squadra o alzatore – gli piaceva che lo aspettasse la prima di iniziare a correre verso la palestra, che avesse quel modo un po’ burbero e un po’ insicuro di preoccuparsi per gli altri e quel sorriso strano che era tutt’altro che rassicurante.

Questa consapevolezza lo imbarazzava terribilmente, perciò se si rendeva conto di passare troppo tempo con lui o di essergli troppo vicino, finiva con il balbettare cose senza senso e a cercare di nascondergli in tutti i modi l’evidente stato dei suoi sentimenti.

Kageyama si era alzato e aveva iniziato a avvicinarsi: solitamente, a quel punto, Hinata avrebbe preso la ricorsa e avrebbe cercato di dargli una testata, ma il suo primo istinto fu quello di scappare. Mai come in quel momento la stanza gli era sembrata così piccola.

Nonostante avesse quella faccia tutta scura e minacciosa, il fatto che fosse così vicino lo faceva diventare tutto rosso e gli faceva venire la nausea – anche Kageyama a quel punto diventata tutto rosso, ma sicuramente era per l’incazzatura e non perché fosse imbarazzato.

Aveva effettivamente vomitato l’ultima volta che si erano addormentati in pullman al ritorno da un’amichevole: si era svegliato una decina di minuti prima dell’arrivo e aveva visto il volto di Kageyama disteso e rilassato e aveva pensato che fosse bellissimo e poi aveva vomitato. Il coach Ukai aveva scherzosamente dato la colpa alla guida del professor Takeda e nessuno ci aveva prestato troppa attenzione.

E poi c’era sempre questa sensazione che-, beh, questa sensazione che ogni volta che fossero così vicini, come in quel momento, Kageyama stesse per baciarlo.

Quando si erano qualificati per la seconda volta la torneo nazionale, Kageyama si era avvicinato con uno sguardo negli occhi e una sicurezza tale che Hinata era certissimo di ricevere il suo primo bacio di fronte alla gremita platea della palestra di Sendai – invece si era limitato a dargli una manata in testa e a lamentarsi di tutti gli errori che aveva commesso; anche durante il precedente campo estivo alla Shinzen c’erano stati un paio di momenti in cui sembrava sul punto di baciarlo – erano stati interrotti da Lev, che cercava disperatamente qualcuno con cui svolgere allenamenti extra; poi Kageyama si era tirato indietro all’ultimo secondo e aveva fatto finta di acchiappare un moscerino sopra la sua testa; una volta Ennoshita-san era venuto a chiamarli per cena e aveva continuato a guardarli con un sorrisetto beffardo fino al loro ritorno a casa.

In quel momento, intrappolato con le spalle al muro e un enorme scaffale alla sua destra, la sua unica speranza sarebbe stata quella di fuggire dalla porta – che poi, se Kageyama fosse stata davvero intenzionato a baciarlo, probabilmente non sarebbe scappato. Semplicemente, non voleva fare la figura dell’idiota.

«Idiota…», sibilò Kageyama, ma la minaccia che si sentiva nella sua voce non gli arrivava agli occhi. «Mi spieghi perché ti stai tenendo la pancia? Devi già andare in bagno?»

Si stava tenendo la pancia? Non se n’era nemmeno accorto?

«Mhh, sì, perché, uhm, vedi, oggi io e Natsu ci siamo scambiati per sbaglio i bento, e, beh, io sono allergico alle, alle fr-»

«Idiota.», mormorò di nuovo di Kageyama e poi iniziò ad avvicinarsi. Ancora di più. Sempre di più. C’era un’espressione così concentrata e intensa sul suo viso che quasi gli veniva da ridere. Avrebbe potuto giurare di riuscire a contare tutte le sue ciglia e sentiva il suo respiro bollente sulla pelle.

Ecco, ‘sta volta doveva baciarlo, per forza. Era sicuro che gli stessero fumando le orecchie e stesse andando letteralmente a fuoco – o forse Tsukishima aveva dato fuoco allo stanzino e non se n’erano accorti. I loro nasi si erano sfiorati ed era solo una questione di secondi, no? Eppure sembrava durare un’eternità. Probabilmente avrebbe vomitato subito dopo ma ne sarebbe valsa la pena.

 
«Hinata! Kageyama! Per fortuna state bene! Tsukki aveva detto che vi saresti fermati ancora un po’ per allenarvi, ma avevo dimenticato la giacca in palestra, quindi sono tornato e non vi ho trovat-. Hinata, tutto bene?»

 
Aveva vomitato.

Non solo aveva vomitato, ma prima di vomitare aveva saltato così in alto che era sicuro di aver battuto la testa, perché gli faceva malissimo.

Guardò Kageyama in attesa che gli dicesse qualcosa, ma ogni traccia di qualunque cosa avesse visto sul suo viso era sparita: aveva ringraziato Yamaguchi, aveva preso le sue cose e se n’erano andato senza nemmeno aspettarlo.

_
 
18 dicembre
 
Kageyama lo stava evitando.

Non tutti sarebbero stati in grado di accorgersene, ma, per qualcuno che aveva passato con lui quasi ogni giorno negli ultimi tre anni, era abbastanza evidente – si trattava piccole cose: il fatto che camminasse tre passi avanti senza aspettarlo, l’aver finito di mangiare prima che potesse raggiungerlo, l’aumento di attacchi dalle linee laterali piuttosto che al centro.

«Dovreste parlarne», suggerì Yachi, ignorando il sonoro sbuffo di Tsukishima, che si era offerto di rinchiuderli nello stanzino delle scope e buttare via la chiave.

«È proprio quello che ha detto Kenma!», esclamò. «Ma…», si interruppe, iniziando a rimuginare. Non era così semplice. Kageyama si ostinava a far finta che non esistesse, e gli allenamenti degli ultimi quattro giorni avevano fatto semplicemente schifo.

«Ma?», incalzò Yamaguchi, addentando il suo onigiri.

Hinata iniziò a battere il piede per terra. Non lo sapeva nemmeno lui, qual era il problema. Forse Kageyama si era pentito e non voleva che pensasse che lo volesse davvero baciare. Forse era solo imbarazzato. Forse credeva che lui non lo volesse – ma si era scostato soltanto perché era così preso dal momento che l’arrivo di Yamaguchi lo aveva colto di sorpresa.

Qualunque altra spiegazione avesse voluto aggiungere fu prontamente zittito dall’arrivo di Kageyama, che riusciva in modi sconosciuti a comprendere tutti i presenti nel suo saluto, escludendo lui.

«Kageyama! Dopo mi fai un paio di alzate?»

«Umph.»

«E che ne dici di provare il nuovo attacco che-»

«Umph.»

«E poi potremmo-»

«Umph.»

L’unico risultato che otteneva bombardandolo di richieste in quel modo era una serie di grugniti indistinguibili – non che prima ottenne chi sa che risposte, ma almeno Kageyama non dava l’impressione di essere mortalmente scocciato dalla sua presenza.

«Ma guarda…», commentò Tsukishima, «sembra che il re non abbia nemmeno più tempo per il suo suddito preferito.»

«Stai zitto

«Hinata», continuò, ignorando la risposta di Kageyama, «forse dovresti iniziare ad allenarti con Katsuki-kun, così almeno avremo qualche possibilità di vincere le qualificazioni.»

«Tsukishima.»

Tsukishima, che in quel momento – Hinata ne era sicuro – si stava divertendo un mondo, non cambiò espressione e non si curò minimamente di Kageyama pronto sul piede di guerra.

«Forse dovremmo suggerire al coach di separare il duo strambo, visto che attualmente non sembrate in grado di combinarne una giusta, figuriamoci riuscire a provare nuovi attacchi.»

Yamaguchi gli tirò un calcio e Kageyama si alzò così rapidamente che la sedia sarebbe caduta all’indietro, se Hinata non fosse stato così rapido da prenderla al volo. Si limitò a guardare malissimo Tsukishima e se ne andò così come era venuto – senza degnarlo di uno sguardo.

Ma il suo primo istinto fu quello di seguirlo e senza nemmeno rendersene conto era già in piedi e stava lasciando l’aula e gli stava quasi correndo dietro.

«Kageyama!», esclamò, afferrandogli la mano. Lui sembrò confuso e per un attimo si immobilizzò completamente.  Quando si rese conto di quello che stava facendo, emise un verso di orrore e balzò all’indietro.

Kageyama sospirò.

«Mi dis-», si fermò, guardò un po’ fuori dalle finestre, poi smise di dargli le spalle e si girò per guardarlo. «Mi dispiace. Per prima. E per giovedì scorso.»

Hinata riprese a battere furiosamente il piede per terra.

Che significava, che gli dispiaceva? Si era pentito? Si era sicuro pentito. Quel codardo!

Emise un verso di frustrazione. C’erano tante cose che non riusciva a capire: la matematica, i kanji più complessi, perché non tutti amassero la pallavolo, ma i sentimenti di Kageyama erano decisamente al primo posto.

Oppure.

Oppure gli dispiace per la faccenda di Tsukishima e stava ammettendo che era, effettivamente, colpa sua. Il fatto che non riuscisse a capirlo lo faceva innervosire ancora di più – sapeva che Kageyama era più un tipo da azioni, piuttosto che da mille giri di parole, ma se per una volta si fosse preso del tempo per spiegargli cosa gli passasse nella testa, oltre la pallavolo, gli avrebbe risparmiato un numero imprecisato di grattacapi e una decina di baci non andati a segno.

E prima che potesse rispondergli, e chiedergli una precisazione, se n’era già andato.

_

E poi c’era la questione del compleanno di Kageyama.

L’arrivo delle vacanze invernali significava soltanto una cosa: riuscire a trovare un regalo decente.

Kageyama non era una persona semplice a cui fare un regalo: non aveva interessi, al di fuori della pallavolo, e aveva praticamente tutto il necessario per continuare a giocare fino alla sua morte. Forse avrebbe potuto regalargli una scorta di latte, ma andava davvero bene? Quanto latte sarebbe riuscito a consumare Kagayama prima che andasse a male? E quando gli sarebbe costato? No, il latte era davvero fuori discussione.

E poi sentiva di dover fare qualcosa di diverso. Qualcosa di significativo.

Schiacciò violentemente un pallone nella cesta e attirò l’attenzione di Yachi. Yachi si preoccupava sempre dei suoi litigi con Kageyama, perché era un’ottima amica e perché diceva che avrebbero potuto sfasciare la squadra. Questa parte non gli era ancora perfettamente chiara, ma era comunque grato di poter parlare con qualcuno senza doversi aspettare commenti sarcastici che non facevano altro che peggiorare la situazione.

«Hinata, stai ancora pensando a quello che è successo oggi a pranzo?»

«No.», rispose immediatamente. «Cioè, forse.»

Lanciò un’occhiata alle spalle, dove Kageyama si stava allenando con i ragazzini del primo anno.

«Stavo pensando che forse, se gli facessi un bel regalo, potrei alleggerire la situazione. Yacchan, come si fa il regalo perfetto?»

Se Yachi era stata sorpresa dalla domanda, o se la trovava assurda, non lo diede a vedere; ci pensò per un po’ mentre lui si esercitava nel servizio, passandogli distrattamente qualche pallone.

«Credo», disse infine, quando si era ormai convinto che si fosse dimenticata della sua domanda, «che il regalo perfetto sia qualcosa che tu voglia dargli e che a lui faccia piacere ricevere.»

Gli sarebbe stato di certo utile se si fosse soffermata di più sull’argomento o se, ancora meglio, gli avesse fatto un esempio pratico, o se – nel migliore dei casi – gli avesse detto direttamente cosa prendere.

Ma a quanto pare non gli restava altra scelta che pensare.

E non che gli pesasse, pensare, o che fosse davvero stupido come tutti lo credevano, ma pensare significa concentrarsi su qualcosa abbastanza a lungo, e rimanere fermi, e farsi venire tante idee diverse – e lui non aveva assolutamente idea di cosa regalare a Kageyama.

_

 
21 dicembre
 
Ci aveva pensato a lungo – ci aveva letteralmente riflettuto in ogni momento dei due giorni che gli erano rimasti prima del compleanno di Kageyama. Se, come ormai era chiaro, Kageyama voleva baciarlo – sì, era chiaro, non accettava obiezioni a riguardo – allora forse avrebbe voluto anche essere baciato.

Il che poteva significare che – benché fosse abbastanza sicuro che Yacchan non si stesse riferendo a quello – che forse un bacio poteva essere una soluzione ottimale.

Quella mattina era arrivato a scuola sicuro di sé, aveva atteso pazientemente che tutti gli facessero gli auguri, si era assicurato che tutti fossero distratti dagli allenamenti e aveva fatto segno a Kageyama di seguirlo fuori dalla palestra.

«Ehi, Hinata, che problema c’è?», si lamentò Kageyama, battendo i denti dal freddo.

Se effettivamente facesse freddo, Hinata non era in grado di dirlo: era così concentrato sulla sua missione che muovendosi pestò un piede a Kageyama. Non era niente di complicato, si era detto. Avvicinati. Mettiti sulle punte per raggiungerlo. Bacialo. Scappa in palestra.

Avvicinati.

Si era avvicinato. Kageyama aveva fatto un passo indietro e l’aveva guardato come un cane bastonato. Aveva fatto un altro passo. Kageyama continuava a fissarlo come una bestia ferita. Adesso stava adocchiando la porta della palestra e quindi Hinata spostò il suo peso di lato per impedirgli di scappare.

Mettiti sulle punte per raggiungerlo.

Questa era una cosa abbastanza ridicola e c’era una parte di Hinata che proprio non lo voleva fare – avrebbe preferito strattonarlo per la maglia fino a fargli raggiungere la sua altezza, ma si rendeva conto che forse avrebbe ammazzato il romanticismo. Per cui ignorò l’“idiota, che stai facendo?” di Kageyama e si aggrappò alle sue spalle.

Bacialo.

Ora, questa doveva essere la parte facile. E rapida. Un po’ come le sue schiacciate. Mancano letteralmente due centimetri, non doveva far altro che muovere la testa.

Le labbra di Kageyama erano congelate, screpolate e completamente rigide. Probabilmente era già un miracolo che non si fosse spostato.

Scappa in palestra.

Indubbiamente, questa parte era ancora più facile della precedente: appena i suoi piedi aveva toccato terra aveva preso lo slancio per la rincorsa e poi si era fermato. Beh, tecnicamente non si era fermato. Era stato fermato. Da Kageyama. Che adesso gli stava rivolgendo quel sorriso terribilmente inquietante e Hinata lo sapeva, che stava per ammazzarlo – non avrebbe dovuto seguire i consigli di Yachi!

«Ehi, idiota, cos’era quello?»

Avrebbe dovuto dire qualcosa, probabilmente. Avrebbe dovuto almeno spiegargli che visto che lo voleva tanto baciare – sì, continuava a non accettare obiezioni – almeno avrebbe potuto mostrare un briciolo di apprezzamento.

Avrebbe dovuto dire tante cose – per esempio, che anche lui lo voleva baciare. Che gli piaceva come continuasse a chiamarlo idiota pur non credendolo davvero. Che era stato il miglior partner che avrebbe potuto chiudere. Che gli sarebbe mancato da morire dall’altra parte del mondo. Che avrebbe continuato ad essere innamorato di lui anche se fossero stati separati dalla rete.

Invece restò zitto e quando le labbra di Kageyama si posarono sulle sue erano ancora gelide, ma non avevano nulla della rigidità di pochi secondi prima. Era comunque un bacio terribile: il naso di Kageyama continuare a dargli fastidio e gli aveva appena morso la lingua e le sue mani gli stavano accarezzando la schiena e se continuava a pensarci gli veniva di nuovo la nausea.

Ma era perfetto anche così.
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: futacookies