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Autore: Spoocky    01/01/2020    6 recensioni
Natale 1815.
E' passato un anno dalla battaglia in cui James Altham ha rischiato di perdere le gambe, ma alcune cose ancora non sono cambiate. La storia è dedicata alla carissima nattini1.
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Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Napoleonico
- Questa storia fa parte della serie 'HMS Valiant'
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Ciao a tutti ^^
Scusate per la lunga assenza, approfitto di questa storia per fare a tutti i miei migliori auguri per questo nuovo anno. Soprattutto auguri a nattini1, cui questa storia è dedicata.
Ringrazio da subito chiunque vorrà passare a leggere e, magari, lasciare un parere. Grazie di cuore!

Buona lettura ^^

Nevicava.
Candidi e minuscoli petali bianchi volteggiavano a spirali nell’aria gelida e si rincorrevano nel cielo grigio e una spessa coltre aveva avvolto tutto il paesaggio.
Al caldo nella sua stanza, James sorseggiava il latte caldo della colazione mentre contemplava pensieroso il paesaggio. La mattina di Natale per lui aveva acquistato un nuovo significato.
Era sempre stato scettico sull’idiosincrasia tra il concetto di nuova nascita e l’inverno, una stagione in cui tutto tace, piante e animali si addormentano e risparmiano le forze, in attesa della primavera.
Il padre di Tobias si era dilungato per quasi un’ora sulla mistagogia del Natale durante la cena della sera precedente, finche che la moglie non gli aveva ordinato di tacere e mangiare la zuppa. Ma tutte quelle parole per lui erano quasi incomprensibili.
La consapevolezza lo raggiunse improvvisamente, nel caldo della sua stanzetta, sotto forma di una violenta fitta alle gambe.

Solo un anno prima era steso in un lettino d’ospedale, con le gambe spezzate che gli provocavano un dolore atroce in tutto il corpo. Debole e febbricitante, tutti lo avevano dato per spacciato.
Ora la guerra era finita, Bonaparte era stato sconfitto dal duca di Wellington in giugno e l’Inghilterra aveva finalmente ritrovato la pace.
Ma “pace” significava anche una riduzione delle navi attive in marina e ciò implicava l’abbandono a terra della maggior parte degli ufficiali di carriera. Dai contrammiragli agli allievi, nessuno che non avesse pesanti raccomandazioni o conoscenze influenti sarebbe rimasto a mezza paga sulla terraferma.
Questo era quanto accaduto a James e Tobias, che si erano dovuti reinventare come ufficiali al servizio della Compagnia delle Indie. Alcuni loro amici li avevano aiutati ad avere un appuntamento con un agente di commercio abbastanza in alto nella gerarchia e ai primi di settembre si erano visti affidare la Spyglass, un modesto tre alberi, per una spedizione commerciale con la Prussia.
Accettare l’incarico avrebbe implicato l’uscita temporanea dai ranghi della marina ma entrambi sottoscrissero il contratto senza pensarci due volte. Avendo una maggiore anzianità di servizio, James aveva servito come capitano e Tobias gli aveva fatto da secondo. Ad entrambi mancavano l’eccitazione e la disciplina della Royal Navy ma quel modesto impiego garantiva una paga sicura e permetteva loro di poter continuare a stare sul mare, mentre a terra non avrebbero saputo che fare di sé stessi.
La spedizione commerciale era andata a buon fine ed i giovani erano rientrati in patria giusto in tempo per le Feste e i genitori di Tobias si erano offerti di ospitarli.

James aveva smesso di usare le stampelle ormai da qualche mese, ma il dolore spesso si ripresentava e con il freddo le cicatrici avevano ricominciato a fargli male. Quella mattina era bastato uno spiffero dalla finestra a scatenargli una fitta tanto forte da farlo piegare in due. Era passato un anno ma certe cose ancora non erano cambiate.
Il dolore era lancinante, come avere un milione di aghi conficcati nella pelle.
Lentamente, Altham posò la tazza sul davanzale ed iniziò a strofinarsi le cosce nel tentativo di far cessare quel male atroce. I muscoli gli si contrassero improvvisamente e la fitta gli strappò un gemito.

Sobbalzò sentendo che qualcuno gli aveva posato una mano sulla nuca.
Alzò lo sguardo e trovò Tobias che lo guardava con una smorfia di comprensione sul viso: “Ti fanno ancora male, vero?”
Tremando per il forte dolore, James riuscì ad annuire: “E’ per il freddo.”
“Fammi vedere.”

Con delicatezza, Habencroft sfilò i pantaloni dell’amico ed espose le profonde cicatrici che gli deturpavano le gambe. Dove le ossa rotte avevano lacerato la carne erano rimasti dei solchi nell’epidermide, intervallati dai buchi delle suture, segni scuri che si stagliavano ancora chiaramente sulla pelle pallida del giovane. Tobias li accarezzò, stringendo gli occhi per reprimere le lacrime ricordando quanto avesse sofferto l’amico.
Lo rivide in quel lettino, arso dalla febbre e straziato dalle fitte, tanto debole che un filo di vento sarebbe bastato a portarselo via. Sentì di nuovo i suoi gemiti strazianti, le sue parole spezzate mentre lo supplicava di aiutarlo a togliersi la vita.
Era passato un anno, ma ancora quel ricordo faceva male.

Con un affetto infinito,Tobias accarezzò le ginocchia e le vecchie ferite di James, poi estrasse un barattolo dalla tasca: “Ero venuto a portarti questo. Direi che è ora di provarlo,”
“Che cos’è?”
“Un unguento che ha fatto mia madre: allevierà il dolore.”
“Toby, non c’è bisogno che…”
“Non preoccuparti: voglio farlo.”

Il giovane sedette per terra di fronte all’amico e si raccolse i suoi piedi nudi in grembo.
Partendo dalle cosce spalmò un generoso strato d’unguento sulle cicatrici, massaggiando i muscoli contratti per aiutarli a rilassarsi.
Il tocco preciso delle sue mani, rese abili da lunghi giorni di pratica, era famigliare sulla pelle di James, che vi si abbandonò con un sospiro. Tobias assolveva quel compito con una cura che rasentava la devozione, dedicandosi completamente all’amico e allo sforzo di alleviare le sue sofferenze perché per lui non esisteva nulla di più importante che aiutarlo a stare meglio.
Era un gesto quasi insignificante rispetto all’enormità del dolore che aveva patito ma vi si dedicò con ogni fibra del suo animo, mettendo il cuore in ogni attimo.

Sentendo il dolore rilasciare la sua morsa ferrea sui suoi arti, James si accasciò sulla sedia. Rivolse lo sguardo verso l’amico e si ritrovò a dover trattenere le lacrime: Tobias era inginocchiato ai suoi piedi e si stava prendendo cura di lui con un affetto che non si sarebbe mai aspettato, soprattutto non ora che stava meglio. Non contento di averlo ospitato in casa sua e di aver spezzato il pane con lui si stava comportando quasi come se fosse un suo servo.
“Toby, per favore, alzati.” Gli intimò con voce malferma.
“No. Non ho ancora finito.”
“Per favore, Toby! Non è il caso.”
“Oh! Piantala!” Preso dalla stizza, Tobias gli assestò un pizzicotto che lo fece sobbalzare “Sono in casa mia: decido io cosa sia il caso di fare o no.”
“Hai già fatto tanto, non posso chiederti anche questo.”
“Infatti non me lo hai chiesto: lo sto facendo di mia spontanea iniziativa.”
“Ma… ma… perché?”
“E che palle! Tutti gli anni la stessa storia! Stai diventando monotono! Sei mio amico e ti voglio bene, fine della storia.”
James si concesse una risatina: “Potrebbe diventare una nostra tradizione natalizia.”
 “Perché no!” Rise Tobias  “Adesso però stai fermo o non finirò mai.”

Habencroft terminò di medicare le cicatrici ed aiutò l’amico a rivestirsi.
Commosso dalle sue premure, James gli prese una mano e la strinse tra le sue, accarezzandola piano: “Grazie, Tobias: sei l’amico migliore che potessi desiderare.”
L’altro gli raccolse una guancia nel palmo: “E’ bello vederti sorridere, amico mio. Non so dirti quanto sia felice di vederti così!”
“Ne ho fatta di strada da quel lettino, vero?”
“E ne farai ancora, sono sicuro.  Come direbbe mio padre: ‘Vi annuncio una grande gioia’. La gioia di essere insieme dopo tutto quello che abbiamo passato. Non potrei essere più felice, fratello.”
“Fratello.” Rispose l’altro, stringendogli la mano.

Era passato un anno da quei momenti terribili e ne erano usciti più forti. Erano ancora vivi, erano liberi e ancora insieme.
Davvero non poteva esserci gioia più grande.
- The End -


 
  
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