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Autore: Nao Yoshikawa    02/01/2020    10 recensioni
Tony Stark, combattuto tra sentimento e dovere, dovrà prendere una decisione, scegliere.
Ma è sempre così facile come può sembrare?
Mentre si ritrovava a guardare il mondo oltre il finestrino, Peter si scopriva a pensare. Non si poteva essere amanti per sempre, non era mai stato facile. Né per lui, né tantomeno per Tony. Era un comportamento sbagliato e irresponsabile, aveva diciotto anni oramai. Forse fin ora non aveva agito per paura. Sì, perché temeva una risposta certa, di non essere lui la prima scelta di Tony. In fondo cosa aveva da offrirgli? Nulla, era solo un ragazzino, troppo giovane, aggrappato a sogni e speranze. Era da codardi, se ne rendeva conto, come mettere la testa sotto la sabbia.
Che cosa avrebbe risposto Tony se lo avesse messo di fronte ad una scelta?

Storia partecipante a "Il contest degli haiku" indetto da Juriaka sul forum di efp
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The choice
 
 
L'amore del gatto
indifferente anche al riso
rimasto sui baffi
 
 
A svegliare Tony Stark era stato il suono delle cicale. In seguito si sarebbe chiesto se lo avesse sognato o meno.
Dopotutto era abbastanza difficile udire le cicale in città, anche nella quiete avvolgente di quella mattina di luglio.
Per qualche istante era rimasto a guardare la finestra chiusa, da cui poteva vedere un cielo azzurro e privo di nuvole. Le lenzuola bianche e sfatte gli si erano appiccicate addosso e la camera in cui si trovava sembrava trovarsi quasi fuori dal mondo e dal tempo.
In verità in quei due giorni e mezzo aveva costantemente avuto l’impressione di essere sospeso; gli capitava tutte le volte che si trovava con lui.
«Ben svegliato!»
Aveva un tono di voce allegro e spigliato, negli occhi la costante gioia di vivere anche nei momenti più bui. Peter Parker era un ragazzo assai raro e speciale, questo Tony oramai lo sapeva bene.
L’uomo si ritrovò ben presto le sue braccia strette al collo e quasi ne parve sollevato.
«Peter… sei ancora qui? Pensavo fossi andato via.»
Il diciottenne si sedette sul materasso. Non aveva usato un pigiama per la notte, si era limitato ad indossare la camicia ora sgualcita di Tony.
«Perché dovrei andare via?»
Sarebbe stato stupido provare paura e dubbi a causa di uno stupidissimo sogno. Anzi, di un incubo. Ma, allo sguardo dolce e al contempo profondo di Peter, gli sembrava difficile sfuggire.
«Non è niente di importante. È che credo di aver avuto un incubo.»
Peter si mise seduto, con sguardo attento.
«Che genere di incubo? E non fare il vago, signor Stark, sarebbe inutile.»
Quel ragazzino aveva ragione. Sarebbe stato inutile dal momento che sembravano  quasi leggersi nel pensiero alle volte. O sentire le stesse cose. Ad ogni modo, Tony sapeva di non avere scampo.
Anche se in genere non dava importanza a certe sciocchezze, da quando aveva aperto gli occhi si era sentito strano, come se quel sogno, quell’incubo, fosse un cattivo presagio.
Sollevò lo sguardo, incrociando gli occhi del ragazzo.
«C’eravamo tu ed io. Non so dirti dove ci trovassimo, era tutto molto confuso…ed incredibilmente colorato. Colori vividi, accesi, quasi allegri»
«Beh, così non sembra affatto un incubo», lo interruppe Peter, capendo poco dopo che forse avrebbe fatto bene a stare in silenzio.
«Sì, beh… dopo però tutto diveniva grigio, come se avesse iniziato a piovere e la pioggia avesse portato via il colore. Ad ogni modo c’eri tu: più mi avvicinavo e più ti allontanavi. Tendevo la mano e chiamavo il tuo nome, ma non sembravi essere in grado si sentirmi, solo di guardarmi. Ad una certa scomparivi, ti dissolvevi. E rimanevo solo in mezzo al grigio e alla pioggia, non sapendo dove fossi né perché non ti fossi corso dietro… anziché lasciarti sparire.»
L’aveva buttata molto sul drammatico senza neanche volerlo. Era solo un sogno, uno stupido sogno senza importanza, continuava a ripetersi, ciò di cui avrebbe anche voluto convincere Peter, che ora lo guardava ad occhi sgranati.
«Ma insomma Tony, che cosa inquietante, non mi dissolverò di certo. E per il fatto dei colori che sbiadiscono… penso che io ti stia influenzando un po’ troppo!»
Quella reazione così spontanea contribuì a distendere i suoi nervi. Tony si sistemò meglio sul cuscino, mentre un vento caldo entrava, muovendo le tende.
«Forse su questo hai ragione, mio piccolo artista.»
Peter si ritrovò ad arrossire. Passasse il “piccolo”, ma “artista” no, non lo era, non ancora almeno, anche se gli sarebbe piaciuto essere considerato tale dal resto del mondo.
Si stiracchiò, lasciandosi accidentalmente scivolare sulle spalle la camicia di Tony. Era stata la conclusione perfetta di quel week-end, quella camera d’albergo li aveva ospitati per due notti, che di certo non avevano passato a dormire.
«È un vero peccato che dobbiamo già tornare. Beh, almeno rivedrò le mie matite e il mio carboncino, i miei pennelli e…»
«Sì, ragazzino, ho capito. Sei in astinenza. Preferisci me o il disegno?» lo provocò a posta ed allora Peter si sentì in difficoltà.
Sì, perché si stava parlando delle due cose che più amava al mondo, Tony Stark e il disegno, non avrebbe mai potuto scegliere.
«Questo è scorretto! Non posso vivere… senza nessuno dei due», mormorò, distogliendo lo sguardo per il troppo imbarazzo.
Tony sorrise e si mise seduto, afferrandogli il mento con due dita e costringendolo a guardarlo.
«Perché non lo ridici?»
«Ti prego, Tony. Non puoi mettermi così in imbarazzo e…»
Non riuscì più a parlare, perché subito dopo quell’uomo lo aveva zittito con un bacio passionale e caldo. Non potevano fare a meno di prendersi e desiderarsi, non come una coppia, ma come due amanti, perché in fondo questo erano. Peter sapeva bene di non poter ambire ad essere nulla più che un amante, sapeva che era necessario nascondersi e fingere, agli occhi degli altri, che non ci fosse niente.
Lo aveva sempre saputo e aveva creduto che gli andasse bene così. Ma non più, non da un po’ di tempo. D’altronde sapeva e sentiva quanto Tony Stark tenesse a lui: aveva un certo riguardo nei suoi confronti, attenzioni particolari, stima e rispetto. E tale consapevolezza rendeva tutto più difficile.
Consumarono quel bacio passionale, staccandosi solo a causa dell’orario. Ebbero solo il tempo di infilarsi in doccia per togliersi di dosso l’odore di sudore, tradimento e sesso.
 
Peter Parker amava il disegno. Era sempre stata una sua grande passione, che aveva iniziato a coltivare in modo più serio con l’inizio del liceo. Tony gli ripeteva sempre che aveva addosso il fascino dell’artista tormentato, la capacità di vedere oltre grazie alla sua spiccata sensibilità. Probabilmente aveva ragione.
Mentre si ritrovava a guardare il mondo oltre il finestrino, Peter si scopriva a pensare. Non si poteva essere amanti per sempre, non era mai stato facile. Né per lui, né tanto meno per Tony. Era un comportamento sbagliato e irresponsabile, aveva diciotto anni oramai. Forse fin ora non aveva agito per paura. Sì, perché temeva una risposta certa, di non essere lui la prima scelta di Tony. In fondo cosa aveva da offrirgli? Nulla, era solo un ragazzino, troppo giovane, aggrappato a sogni e speranze. Era da codardi, se ne rendeva conto, come mettere la testa sotto la sabbia.
Che cosa avrebbe risposto Tony se lo avesse messo di fronte ad una scelta?
Il ragazzo non era l’unico a lasciarsi andare a delle domande. Tony stesso, ad esempio, alla guida della sua auto, non poteva fare a meno di chiedersi come fosse caduto così in basso. Tradire sua moglie e il suo matrimonio e innamorarsi perdutamente di un…
No. Peter non era come gli altri. Aveva una sensibilità e un modo di vedere le cose che lo aveva conquistato.
Ciò lo rendeva combattuto tra il comportarsi da adulto qual era e il lasciarsi guidare da quei sentimenti, forse sbagliati per il resto del mondo, eppure così naturali per lui. Stava sbagliando.
Quella situazione che andava avanti da mesi avrebbe finito per far soffrire tutti. Ogni giorno se ne incolpava e si dannava.
Sarebbe bastato scegliere, ma in verità era solo un codardo. Sapeva di esserlo, ma sapeva anche che non si poteva andare avanti così per sempre.
«Cos’hai intenzione di fare adesso che hai finito il liceo?»
Peter sussultò violentemente a quella domanda. Aveva detto addio alla scuola neanche un mese prima e probabilmente Tony doveva aspettarsi che volesse frequentare un’accademia d’arte. E difatti aveva ragione, eppure rispondere era terribilmente difficile.
«Io, emh… amh… non lo so», balbettò.
«Non lo sai? Mi aspettavo che un artista come te avesse le idee ben chiare.»
«Ce le ho infatti, è solo che… amh…»
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, nervoso. Tony percepì immediatamente quel suo cambiamento e si insospettì.  Il ragazzino gli stava nascondendo qualcosa.
Oh, come se fosse stato la persona giusta per fargli la predica.
«Peter? C’è qualcosa che vorresti dirmi?» domandò calmo, ma con tono fermo. L’altro si morse il labbro e ringraziò gli astri quando vide casa sua.
«Assolutamente niente, sono arrivato! Fatti sentire quando arrivi!»
Con un’agilità invidiabile, il ragazzo aprì lo sportello, saltando fuori senza neanche aspettare che Tony si fermasse del tutto.
«Ehi! Devi fare attenzione!» lo rimproverò infatti. Per tutta risposta lui si voltò, sorridendogli.
«Mi piace quando ti preoccupi per me», gli mandò un bacio volante e Tony si maledisse per essere arrossito.
Quel ragazzo era la vita: lo era con i suoi modi di fare allegri e con la sua capacità di vedere la bellezza in ogni cosa. Sarebbe stato bello essere una normale coppia, ma non era così semplice.
Peter era troppo giovane per lui, poco più che un bambino. E Tony era stato un maledetto idiota a superare il limite, malgrado non lo avesse scelto. Era successo a basta.
Guardò con apprensione e malinconia la figura di Peter, prima di ripartire e tornare a casa, in quell’afosa giornata d’estate.
Di soffrire non gli importava poi molto. Era della sofferenza delle persone a lui care che si preoccupava. Di quella Peter ma anche di quella di Pepper, sua moglie. Quella donna non meritava il tradimento, non meritava di soffrire per colpa di un uomo così orribile. Quando era rientrato, l’aveva trovata seduta al tavolo, china su alcuni fogli: Virginia Potts era un’insegnante di liceo, amava il suo lavoro ed era amata dagli studenti. Una donna dalle molteplici qualità che, quando gli sorrideva, lo faceva sentire sporco dentro.
«Com’è andato il convegno?»
La domanda risvegliò Tony dal suo stato di trance. Si era accorto solo in quel momento di essere rimasto a fissarla, imbambolato.
«Noioso come sempre. E tu invece cosa combinavi?» chiese guardandosi intorno.
Pepper si tolse gli occhiali da lettura e gli andò incontro per posargli un bacio sulle labbra.
«Stavo riguardando i disegni dei miei studenti. Ovviamente quelli di Peter rimangono sempre i miei preferiti.»
Il destino alle volte sapeva essere proprio un infido bastardo. Pepper insegnava arte e il suo studente era – o per meglio dire, era stato fino ad un mese prima – proprio il talentuoso Peter Parker.
Sua moglie sapeva che quei due andavano d’accordo, che avessero stabilito un rapporto di amicizia, ma di certo non poteva immaginare che ci fosse altro. Perché Tony Stark avrebbe dovuto avere come amante un ragazzino? Non era da lui.
Certo, come no.
Gettò un occhio sul tavolo, osservando i fogli sparsi: Peter aveva sempre un tocco delicato, in particolare disegnava paesaggi, a volte animali e prediligeva i colori tenui e delicati, gli acquarelli. 
Davvero talentuoso.
«Capisco il perché, il ragazzo ha del talento…»
«Già. A proposito, visto che siete tanto amici, immagino che lui te l’abbia detto», disse Pepper, tornando a sedersi.
«Detto che cosa?»
La donna si portò una mano sulle labbra.
«Forse Peter ci tiene a dirtelo di persona.»
«Beh, oramai hai risvegliato la mia curiosità. Parla, ti prego», disse non riuscendo a trattenere l’impazienza.
«È stato preso all’Imperial College di Londra! Io ci ho messo una buona parola, ma i suoi disegni hanno fatto il resto. Dovevi vederlo, era così felice quando ha saputo di essere stato ammesso, questa è per lui una grande possibilità.»
Se in un primo momento Tony si era sentito orgoglioso, successivamente si era sentito perso: l’Inghilterra era dall’altra parte dell’oceano, ciò avrebbe significato avere Peter lontano per chissà quanto. Arrivò indicibile. Perché non gli aveva detto niente? E soprattutto, perché era rimasto così turbato? Davvero si era così legato a quel ragazzo, tanto da non riuscire a sopportare l’idea di averlo lontano?
«Tony, stai bene?» domandò Pepper nel vederlo un attimo stravolto.
«Eh? Sì, sto bene, sono solo un po’ stanco. Chiamerò il ragazzo per fargli le mie congratulazioni.»
E per dargli una bella rimbeccata, soprattutto. Era assurdo il non riuscire a controllare certe emozioni, lo era ripensare a come tutto fosse cominciato.

Otto mesi prima...
 
«Tony, lui è Peter, uno dei miei migliori studenti.»
Così quella sera sua moglie aveva esordito, presentandogli un ragazzo che a suo dire aveva molto talento nel disegno.
Peter Parker gli aveva subito teso la mano, sorridente e cordiale.
«Piacere di fare la sua conoscenza, signor Stark.»
E, almeno inizialmente, Tony era rimasto un po’ sulle sue, piuttosto si era limitato ad osservare. Peter veniva spesso a casa loro, almeno due volte a settimana, ed insieme a Pepper lavoravano sulla tecnica di disegno, sui colori, sulle forme, tutte cose che conosceva a malapena a causa del lavoro della moglie. In tutta sincerità, arrivato ad un certo punto, la cosa aveva anche iniziato ad infastidirlo, quasi insospettirlo: e se quel ragazzino avesse avuto un debole per Pepper? Succedeva sempre, lo studente che si innamorava della propria insegnante, era fattibile, considerando la giovane età e la bellezza della donna. Ma quando Tony aveva fatto presente ciò a sua moglie, quest’ultima era scoppiata a ridere.
«Tony, non pensavo fossi così paranoico! Peter, innamorato di me? Io sono solo la sua fidata insegnante.»
«Voglio soltanto metterti in guardia. A quell’età non ragionano di certo col cervello» aveva risposto diffidente.
«Peter è un bravissimo ragazzo. Secondo me potreste fare amicizia. Sai, lui non ha i genitori, potresti diventare la cosa più simile ad una figura paterna. Almeno prova ad essere gentile, anziché guardarlo sempre male.»
Si disse che avrebbe provato ad essere gentile, se Pepper proprio insisteva.
Cominciarono a parlare in maniera vera e propria dopo due mesi che il ragazzo frequentava casa sua: Peter aveva appena finito le sue ore di lezione e si stava apprestando a sistemare i disegni nella cartella. Era stato lì che Tony, spinto sempre da sua moglie, era sbucato in soggiorno.
«Vai già via?» domandò. Era stata la prima domanda che gli era venuta in mente. Peter sollevò lo sguardo, con le guance leggermente arrossate.
«Beh, sì… è buio.»
Tony si era sentito stupido, ma a quel punto aveva dovuto continuare la conversazione.
«Giusto. Allora forse è meglio se ti accompagno, la città a quest’ora non è molto sicura.»
«Oh, no! Non voglio essere di disturbo e…»
«Insisto. Pepper non mi perdonerebbe mai se lasciassi andare così uno dei suoi studenti.»
A quel punto Peter era rimasto senza poter dire una parola: Tony Stark lo metteva un pochino in soggezione, ma sembrava una persona con cui poter parlare di tutto.
Nonostante ciò, quando si ritrovò in auto con lui, non aveva saputo cosa dire. Si era trovato ingiustificatamente a disagio e stessa cosa Tony.
Perché si era messo in testa di fare amicizia con un ragazzino?
L’uomo si schirì mentre si trovava al volante.
«Allora… Mia moglie dice che sei uno dei suoi migliori studenti.»
«D-davvero lo pensa? Io non penso di essere così bravo. Cioè sì, sono bravo, ma c’è di meglio… però mi fa piacere saperlo!»
Tony aggrottò la fronte. Ancora non si era liberato dell’idea che Peter potesse avere uno strano interesse per Pepper, così glielo domandò, giusto per metterlo a proprio agio.
«Dimmi una cosa, ragazzo: Ti piace mia moglie?»
«E-eh? In che senso, scusi?»
«Beh, mi pare abbastanza ovvio il senso.»
Tony vide, con la coda dell’occhio, Peter arrossire. Quel ragazzo era davvero timido, oltre che molto insicuro.
«N-n-no! Assolutamente no. La signorina Potts è una mia stimata insegnante, ma non mi piace in quel senso e-e-e…»
«D’accordo ragazzo, respira, non ti sto certo condannando a morte, volevo solo sapere», lo rassicurò.
Più tranquillo, Peter si accasciò sul sedile.
«Lei è stata la prima a vedere del talento in me, ancor prima di.. beh, me. Mi sta dando una mano e di questo gliene sono grato», confidò.
«Capisco… dovresti credere un po’ più in te stesso. Ho visto i tuoi disegni, sebbene non ne capisca molto d’arte… hai davvero talento.»
Peter gli rivolse un sorriso luminoso.
«Sono davvero felice di saperlo, signor Stark. Comunque siamo arrivati, io abito in quella casa lì.»
Tony accostò vicino al marciapiede. Non era andata affatto male come temeva. In seguito il ragazzo lo ringraziò per il passaggio, probabilmente quella non sarebbe stata la loro ultima chiacchierata.

-
 
Si era perso nei ricordi come un ragazzino idiota. Chiamare Peter era fuori discussione, non si poteva parlare di certe cose senza guardarsi in faccia. Che cosa gli prendeva? Che pretendeva? Che Peter gli dicesse tutto? Non stavano insieme, erano solo amanti, così lui aveva scelto. Non poteva di certo impedirgli di realizzare i propri sogni, di rimanere lì con lui, con quale diritto, poi?
Nonostante ciò, doveva parlargli. Per dirgli cosa, esattamente, non lo sapeva ancora, ma doveva farlo.
 
Le pareti della camera di Peter erano tappezzate dai suoi disegni. La scrivania invece era piena di libri di storia dell’arte, pennelli, matite, pennarelli, perfino una tavoletta grafica. Gli piaceva sperimentare, ma gli acquarelli rimanevano ancora i suoi preferiti.
Con molta concentrazione, osservava la tela. Gli serviva la giusta ispirazione, ma in verità era troppo bloccato dal pensiero di star nascondendo qualcosa a Tony. Non è che gliela stesse proprio nascondendo, più che altro la stava omettendo. Aveva paura. Andare via avrebbe sicuramente segnato la fine della loro storia clandestina, ma d’altro canto non voleva rinunciare ai suoi sogni.
Era terribilmente combattuto e addolorato. Quella relazione era sbagliata, la signorina Potts era la sua insegnante che tanto lo aveva aiutato e lui l’aveva ripagata in questo modo orribile.
«Accidenti, non riesco a concentrarmi», si lamentò, tenendo il pennello in mano. Dopodiché recuperò il cellulare che aveva abbandonato sul letto, aveva appena ricevuto un messaggio da parte di Tony: “Apri la porta”.
Sgranò gli occhi. Aprire la porta? Perché mai Tony si era presentato lì senza neanche avvisarlo? Era successo qualcosa?
Subito si precipitò al piano di sotto, aprendo la porta e ritrovandosi davanti un Tony piuttosto agitato.
«Sei solo in casa?»
«Zia May è uscita, ma non credo starà via per molto, ma che è successo?»
L’uomo entrò, voltandosi poi a guardarlo. Bene, adesso non aveva più scuse.
«Perché non mi hai detto che sei stato preso all’Imperial College?» domandò, esprimendo con il solo tono il suo disagio, forse paura. Gli era tornato alla mente il sogno della notte scorsa, forse era davvero stato premonitore, a quel punto non poteva non pensarlo. Peter si immobilizzò, sorpreso.
«Come… chi te l’ha detto?» domandò stupidamente. La risposta era ovvio.
Tony infatti si avvicinò a grandi falcate.
«Pepper. Quando pensavi di dirmelo?»
Il ragazzo quasi sentì il respiro mancargli. Tony non assumeva mai quel tono severo, non con lui almeno.
Cercò di respirare.
«Te lo avrei detto, chiaramente. In realtà volevo dirtelo oggi, ma… non ci sono riuscito.»
«Andiamo, ma di cosa avevi paura? Dovevi dirmelo, io sono il tuo…»
Il suo che cosa? Tony non riuscì a completare la frase.
Erano amanti. Alla base amici forse, ma non era nessuno per poter pretendere di sapere, decidere, dare un’opinione. Lo aveva sempre saputo e in quel momento, come non mai, sembrava stargli pesando. Peter aveva serrato le labbra ed era arrossito, ma in un impeto di coraggio decise di rispondere.
«Il mio che cosa, Tony? Io sono il tuo amante, niente di più. Ed è così perché non hai mai dimostrato di volere di più. Cosa vorresti, che io non andassi?»
«Non ho mai detto questo.»
Anche perché non ho alcun diritto.
Peter lo osservò. Sapeva bene che Tony non lo avrebbe mai tenuto forzatamente lì, né lo avrebbe pregato. Era un altro il problema che si poneva.
«E se fossi io a chiederti di venire con me?»
Con quella domanda si era giocato tutto, una possibile rottura o un nuovo inizio. Sapeva che Tony non avrebbe mai lasciato tutto per lui, sarebbe stato azzardato. Ma voleva sperare, almeno un minimo, che volessero le stesse cose.
Forse Tony stesso aveva aspettato e tanto temuto quella domanda. Peter non aveva mai preteso nulla, in un certo senso si era sempre accontentato di essere un amante e nulla più. Ma adesso leggeva nei suoi occhi qualcosa di diverso, il bisogno di sapere, di essere qualcosa di preciso.
Per la prima volta, Tony Stark si ritrovò senza nulla da dire.
«Peter… questo è… come potrei? Io qui ho una vita, lo sai vero?»
Era esattamente la risposta che si era aspettato. Comprendeva Tony, ma allo stesso tempo provava rabbia: gli sarebbe piaciuto essere la sua prima scelta. Sentì gli occhi divenire lucidi. Anche se si era ripromesso di non fare scenate ed essere forte, ora gli risultava tremendamente difficile.
«Me lo aspettavo, quindi non so perché ci sono rimasto così male. Io sono solo un amante, il tuo passatempo temporaneo, è chiaro…»
«No, non puoi parlare così», rispose l’uomo severo, afferrandogli le spalle. «Sai bene anche tu quanto ti sia legato, quanto io ti…»
«Quanto tu mi ami, Tony?» domandò addolorato. «Me lo ripeti sempre e voglio crederti, ma penso anche che forse non mi ami abbastanza da prendere una scelta. Non ti odio perché hai deciso di rimanere, odio me stesso per aver avuto la speranza che tu scegliessi qualcosa di diverso. Mi dispiace, ma io andrò. Mi hai sempre detto che sono destinato a grandi cose, che la mia arte merita di essere conosciuta. Bene, voglio che si avveri.»
Le parole di quel ragazzo erano dolci e dolorose. Gli si staccò di dosso, accarezzandogli delicatamente il petto. Tony si rese conto finalmente chi fosse il più coraggioso dei due, forse anche il più maturo. E di nuovo gli sovvenne il sogno della notte precedente, in un certo qual modo gli parve di riviverlo: Peter che si allontanava, i colori che sbiadivano e lui che allungava una mano senza voler prendere una decisione.
«Finisce così, allora?» domandò, con mal trattenuta rabbia.
«Non posso fare l’amante per sempre. Anche se fosse, sarebbe impossibile. Questa è una cosa che avremmo già dovuto decidere da tempo. Chissà, forse non eri sei tu l’uomo giusto per me.»
Poté capire dal suo trono tremulo quanto quelle parole facessero male.
Sarebbe stato così facile, eppure era anche così difficile. Scegliere.
Che cosa? Come? Qualcuno doveva soffrire, era inevitabile.
«Quand’è che parti?»
«Fra una settimana… cioè, comincio i primi di settembre, ma vado prima, il tempo di sistemarmi nel nuovo appartamento e… il resto…» sussurrò, sentendosi in colpa. Avrebbe potuto anche parlare prima, invece si era trattenuto fino all’ultimo. Nonostante tutto esisteva in lui ancora un piccolissimo barlume di speranza.
Tony lo guardò.
«Io adesso devo andare.»
Peter fece un passo in avanti.
«Almeno verrai a salutarmi in aeroporto?» domandò quasi istintivamente. Aveva sempre odiato gli addii, ma ancora la speranza gli sussurrava che magari Tony sarebbe effettivamente venuto solo per dirgli che infine aveva scelto lui.
Dopotutto era sempre uno stupido sognatore, un artista che ci credeva troppo nell’amore e in tutte quelle cose lì.
Davvero si stavano lasciando andare così?
 
Tony poté giurare di non essersi mai sentito così nervoso, turbato e confuso. Mentre guidava verso casa, si rendeva conto che si era solo illuso: aveva sempre saputo che non sarebbe potuta durare per sempre. Eppure perché adesso stava così male all’idea di dover prendere una decisione?
Non aveva tenuto conto di innamorarsi.
No, bugia. In realtà aveva capito sin da subito che Peter aveva qualcosa di diverso e che mai si sarebbe sognato di avvicinarlo a sé solo per usarlo. Sapeva essere una persona orribile alle volte, ma non fino a quel punto.
Lui, l’aveva iniziata lui, quando era stato inesorabilmente attratto dall’animo meraviglioso di quel ragazzo.
 
«Signor Stark, davvero, non deve disturbarsi e accompagnarmi ogni volta.»
Si poteva dire che oramai lui e Peter fossero amici. Era stato facile, il ragazzo non aveva i genitori e vedeva in lui una sorta di figura paterna. O almeno di ciò Tony si era convinto. Peter  era in gamba, sensibile, aveva un’anima bellissima, lo stava scoprendo pian piano che approfondivano la loro conoscenza.
«Per me non è un problema, te l’ho ripetuto cento volte. Anzi, ricordati di me quando diventerai famoso.»
Peter sorrise, bloccato sul sedile dell’auto. Immediatamente dopo, però, quel sorriso era sparito, lasciando posto ad un’espressione malinconica.
«Ho… detto qualcosa che non va?» domandò. Il ragazzo scosse il capo.
«No…  è solo che è bello. Essere sostenuti, intendo. Lei lo fa, così come la signorina Potts, non è scontato. Quelli come me… cioè, quelli che vogliono fare arte, sono un po’ presi in giro. Nessuno li prende sul serio, capisce quello che intende?»
Capiva.
Gli sarebbe venuto facile sostenerlo in qualsiasi caso, in qualsiasi situazione. Peter poteva fare davvero qualsiasi cosa.
«Se nessuno crede in te, allora fagli vedere. Puoi fare ogni cosa.»
Peter si ritrovò ad arrossire. Tony non lo metteva più in soggezione, oramai, ma a volte diceva delle cose e lo guardava in un modo che lo facevano morire.
«Io… ecco… grazie… questo… s-significa molto per me.»
Tony in quel momento credette di essere pazzo. Guardando i suoi occhi lucidi, la sua gote arrossata e il modo in cui adorabilmente cercava di evitare di guardarlo, provò una pulsione che non avrebbe dovuto provare. Non solo a livello fisico. Era sempre stato un uomo ragionevole, ma in quel momento tutto andò i frantumi. Non poteva sapere che la follia di un secondo lo avrebbe legato a lui inesorabilmente, nel momento in cui avrebbe poggiato le labbra sulle sue.

 
-
 
 
Era lui la causa del suo male. Questo Tony si ritrovò a pensarlo nei giorni seguenti, in cui sentiva di non essere più se stesso. Anche quando si trovava in casa era assente, ciò Pepper l’aveva notato. Quella donna lo osservava, senza però proferire parola e più di una volta Tony si chiese se qualcosa avesse captato.
Peter non lo aveva cercato. E nemmeno lui. Cosa avrebbe dovuto dirgli, in fondo? Si erano appena lasciati andare perché lui non aveva il coraggio di scegliere. Perché, anche se poteva non sembrare, lui di fatto una decisione non l’aveva ancora presa. Era stato il suo tormento. Pepper non meritava di vivere un matrimonio fatto di bugie e tradimenti, Peter non meritava di essere scaricato come uno squallido amante. E lui?
Esisteva forse un modo per evitare il dolore a tutti?
Sette giorni dopo, ancora il nulla più totale. Il volo di Peter per Londra era alle quindici, adesso erano le due. Il ragazzo gli aveva chiesto di venire fino in aeroporto, ma Tony sentiva che l’andare avrebbe significato che in fondo aveva scelto lui.
Non era Peter che si stava allontanando, era lui che non era in grado di afferrarlo.
«Tony, tu hai qualcosa che non va.»
Le parole di sua moglie erano arrivate all’improvviso. Seduta al tavolo e con gli occhiali ancora poggiati sul naso, Pepper lo aveva sorpreso, al che Tony era rimasto un attimo interdetto.
«Strano…? Sono solo stanco.»
Una bugia non era, non del tutto almeno. Non ci aveva dormito intere notti e soprattutto era stato assente, riuscendo solo a pensare che quel maledetto incubo si stesse realizzando per la sua codardia, non per altro.
«Oggi Peter parte per Londra, vorrei andare a salutarlo, ma non so se farei in tempo», pensò Pepper, osservando l’orologio. «Vorresti venire?»
Tony sollevò lo sguardo: oh, come gli sarebbe piaciuto. Solo, cosa sarebbe successo a quel punto? La paura di agire lo bloccava, facendolo sentire stupido.
Dannazione a te, Stark. Sei un ragazzino, non un uomo.
«Io… non so se è opportuno», riuscì soltanto a dire. Pepper lo guardò attentamente: con quegli occhi chiari sembrava vedergli fino in fondo all’anima, a tal punto da farlo sentire esposto.
Tony sentì sua moglie tirare un profondo sospiro.
«Stai soffrendo per lui, non è vero?» domandò ancora, stavolta mesta, calma. Tony rimase a fissarla sconvolto in un primo momento, quella domanda lo aveva spiazzato totalmente.
«Io… cosa… questo è… no!» si sentì in difficoltà e stava ora cercando un modo di trovare un'inutile giustificazione, ma Pepper lo fermò immediatamente.
«Sai, pensavo che le cose si sarebbero aggiustate col tempo, ma forse mi sono solo illusa. Forse non avrei dovuto fingere di non vedere la luce nei vostri occhi.»
Un altro colpo destabilizzante. Pepper non sembrava arrabbiata, solo molto addolorata, rassegnata, ma dolce.
«Io… io non capisco… tu… tu sai?» sussurrò con un filo di voce
Sua moglie fece un leggero cenno del capo, lasciandogli intendere che sapeva e che era stata abile ad ignorare.
«Se ti stai chiedendo da quanto lo so, la risposta è da tre mesi. Vedevo quanto tu e Peter foste uniti, ma la cosa non mi aveva creato alcun problema. Poi però avete entrambi iniziato ad essere assenti. Forse sei stato tu il più abile a nasconderlo, ma Peter… vedevo il modo in cui ti guardava, ti sorrideva, il modo in cui arrossiva. E ho visto il suo attimo di indecisione quando gli ho detto che avrebbe avuto la possibilità di andare in Inghilterra. Osservare te mi ha solo dato una conferma.»
Ancora una volta, Pepper parlava calma, senza scomporsi minimamente. Man mano che l’ascoltava, Tony rimaneva incredulo. In un certo senso avrebbe dovuto immaginarsi che Peter avrebbe lasciato trasparire qualcosa. Leggere la sua anima era incredibilmente facile, cristallino come uno specchio d’acqua.
E si vergognò anche di se stesso, in quel momento come non mai.
«Mi dispiace… ti ho tradita e ho ferito sia te che lui, questa è una delle cose che non potrò mai perdonarmi. Se vuoi cacciarmi di casa, non hai torto, ma comunque sappi che… tra noi è finita, l’ho lasciato andare. Lui ha lasciato andare me», sussurrò, portandosi una mano tra i capelli. Prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con i suoi sbagli, ed anche se ora da un lato si vergognava, dall’altro si sentiva quasi sollevato.
«Mi hai ferito profondamente e ammetto che l’idea di tirarti qualcosa addosso è forte, ma temo non servirà a niente», sospirò Pepper, chiudendo gli occhi per poi riaprirli. «Ho sentito Peter stamattina ed era a pezzi, chiaramente non mi ha detto il perché, ma non ce n’è stato bisogno. Mi sono illusa che fosse solo una cosa passeggera, me vedendo lui e vedendo te adesso, capisco che probabilmente non cambierà. Ci ho riflettuto a lungo ed è stata una decisione sofferta, me sono arrivata alla conclusione che forse non sono io la persona giusta per te.»
«…Mi stai lasciando?» domandò Tony, stupidamente sorpreso. Quello era il minimo, allora perché stupirsi?
«È la cosa più giusta. Ora, per l’amor di Dio, Tony: smettila di stare qui a deprimerti e a piangerti addosso e va da lui.  Se non lo raggiungi, non avrai scelto definitivamente. Abbi un po’ di coraggio.»
Le parole di Pepper erano solo una conferma a ciò che già Tony pensava: era stato un bastardo a tradire una donna così intelligente e sensibile, che aveva avuto più coraggio di lui nel prendere una decisione. Si alzò, stringendo i pugni. In verità adesso non stava più pensando, aveva volontariamente spento la mente.
«Mi dispiace averti fatto soffrire. Potrai insultarmi e provare ad uccidermi. Ma intanto devo anche ringraziarti. Io…» si guardò l’orologio al polso. «Cazzo! Quel dannato aereo partirà a breve. Tu…?»
«Credo che sia meglio che io rimanga qui. Sarebbe… inopportuno e strano, no?» Pepper gli rivolse un sorriso malinconico. Stava soffrendo, ma non era pentita. Era la scelta giusta, quella.
 
 
L’ultima chiamata per il suo volo. Peter aveva aspettato nella speranza che lui infine arrivasse. Davvero si era illuso che potesse scegliere in lui, infine?
Sospirò malinconico, osservando il sole morente che filtrava le grandi vetrate dell’aeroporto. Certo, Londra non era mica la Luna, ma era comunque tanto distante. Si tirò dietro il trolley, non smettendo un attimo di guardarsi indietro. A salutarlo erano venuti Zia May, che lo aveva accompagnato, e i suoi amici Mary Jane e Ned. Nella loro direzione, Peter sollevò una mano in segno di saluto, sorridendo. Non poteva e non voleva piangere.
Era stato un bellissimo sogno, quello tra lui e Tony, ma adesso era arrivato il momento di svegliarsi.
Niente più che un amante, ma andava bene così. Avrebbe usato quell’esperienza per crescere, personalmente e artisticamente.
«Peter!»
Anche se faceva male il pensiero che si fossero lasciati andare così.
«Peter, accidenti, fermati!»
Immerso nella sua malinconia, ecco dove si trovava. Non c’era nessuna mano ad afferrarlo. Tony lo aveva lasciato andare.
Solo per un lungo, lunghissimo istante.
«Peter! Fermo!»
La sua voce gli arrivò, vicina. A pochi centimetri dal suo collo. Parlava affaticato Tony, come se avesse corso. Quando Peter si voltò, incredulo e ad occhi sgranati, capì che forse non aveva sbagliato nel suo pensiero. Lui era lì, stanco, affaticato e gli stringeva una spalla con forza.
«Tony…?» mormorò. «Tu… sei venuto?»
L’uomo ignorò, quasi non sentì neanche Ned domandare a gran voce: “Quello è Tony Stark delle Stark Industries?!”, né si soffermò agli sguardi sorpresi su di sé. Era andato contro l’incubo, afferrando Peter.
«Sì, ragazzo. Sono venuto per vederti. Forse non ci voleva un genio per capire che quel sogno qualcosa voleva dirmi…»
Peter arrossì. Ci aveva sperato, eppure adesso si trovava completamente impreparato.
«I-io non capisco… perché sei qui? Pensavo… insomma… che la tua scelta l’avessi fatta.»
Tremava e gli veniva da piangere. Se avesse potuto si sarebbe sciolto, per il caldo e il sollievo. Tony respirò profondamente, poggiando la fronte sulla sua.
«No, Peter. Io non avevo scelto proprio nulla. Non l’ho fatto per tutto questo tempo e mi dispiace. Non sono venuto qui per seguirti, non subito almeno. Ma avevo bisogno che tu mi vedessi, che capissi che… devi essere tu la mia scelta giusta.»
Il ragazzo lo guardò, sconvolto. Tony lo aveva raggiunto.
Ci aveva impiegato un po’ e aveva dovuto per forza aspettare l’ultimo minuto, era proprio da lui. Sentì le lacrime pungergli gli occhi.
«Tony, tu hai… aspetta un attimo! Non sei qui per seguirmi?» domandò confuso, al che l’altro non poté che sorridere.
« Sono un adulto, ho delle responsabilità, ma ti raggiungerò a breve. Pensavi che sarei saltato subito con te su quell’aereo? Credo che tu abbia visto troppi film.»
E sorrise. Lo fece per davvero, sinceramente, senza nascondere nulla. Peter sentì quella lacrima finalmente rigargli il viso.
«E come faccio a sapere che mi raggiungerai davvero?» domandò, un po’ polemico, ma per nulla deluso. Fu allora che Tony decise che tutti dovevano sapere. Poco importava se per il mondo fosse stato inopportuno, addirittura sbagliato.
«Temo che dovrai scegliere di fidarti di me», con un sussurro e con le mani sul suo viso, lo baciò. Non più come un amante, ma come la sua scelta.
 
Due mesi dopo…
 
«Oh, Tony. Londra è bellissima, non c’ero mai stato. Ci sono un sacco di posti in cui voglio portarti…»
A Peter non sembrava importare né del fuso orario, né del fatto che Tony si trovasse in un monolocale senza aria condizionata. L’estate era passata, ma non il caldo. Alzò gli occhi al cielo, sotto di lui i vari disegni che il ragazzo gli aveva affidato. E che avrebbe potuto usare per decorare le pareti della sua casa temporanea.
«Peter, ti ricordo che ci sono già stato», gli fece presente.
«Oh, giusto», sussurrò. «D’accordo, ti vedrò tra qualche giorno, ma quand'è che ti trasferirai qui definitivamente?»
«Quando io e Pepper avremmo concluso le pratiche del divorzio. Non preoccuparti, ho un buon avvocato, non ci impiegherò una vita», lo rassicurò. Nonostante la stranezza della situazione, Tony aveva mantenuto un buon rapporto con la sua ex moglie. E anche Peter, dopotutto era grazie a Miss. Potts se adesso poteva realizzare il suo sogno. Era davvero imbarazzante e Tony non faceva altro che ripetergli che un giorno ci avrebbero riso su.
O almeno così sperava…
«E va bene» , sbuffò. «Sei sicuro che vieni? Non è che mi scarichi all’ultimo minuto?»
Tony sorrise, sedendosi sul divano.
«Sai che non torno indietro sulle mie scelte. E poi ho speso un sacco per il biglietto aereo. Piuttosto, vedi di non tradirmi con qualche ragazzo inglese, lo sai che gli artisti hanno il loro fascino.»
Peter non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
«Piuttosto ironico da parte tua, signor Stark! Ma non preoccuparti, non lo sai che ogni artista ha la sua musa ispiratrice?»
«Ah, quindi io per te sarei questo?» domandò Tony, ringraziando che fossero troppo lontani affinché il ragazzo potesse vedere il rossore sulle sue guance.
«Sì, anche, oltre che il mio… fidanzato? Ragazzo? È così bello dirlo. Adesso scusa, ma devo andare a lezione di disegno, ci sentiamo dopo.»
«A dopo, ragazzino», mollò il telefono sul divano, sospirando.
Aveva scelto di cambiare la sua vita, lo avevano fatto entrambi. Non avevano idea del come sarebbe andata, se bene o male. Ma, in entrambi i casi, avrebbero potuto dire di aver scelto sempre, fino alla fine.


Nota dell'autrice
Torno con una Starker che partecipa a questo bellissimo contest. Uno dei punti da sviluppare del pacchetto che ho scelto è "amore complicato/impossibile" e chissà perché mi sono venuti in mente proprio Tony e Peter, eh. Poi, non so perché, avevo tanta voglia di scrivere un'AU con Peter che ha la passione per il disegno. Semplicemente la trama si è creata nella mia testa da sola. Altri elementi che dovevo usare erano: descrizione di un sogno/incubo, luogo mezzo di trasporto/stazione/aeroporto/ecc e una stagione, appunto, estate. Spero di aver sviluppato tutti i punti al meglio. Ad ogni modo è stato bello crogiolarmi nell'angst e nell'introspezione di questa luuunga OS (o almeno è lunga per i miei standard). Spero vivamente che questa storia vi sia piaciuta :)
 
 
 
   
 
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