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Autore: lisi_beth99    02/01/2020    0 recensioni
Una bomba esplode davanti ad un centro per veterani e l'Intelligence si ritroverà in una lotta contro il tempo per impedire che altri innocenti possano morire. Questo caso potrebbe segnare una svolta anche nella vita di Alex Morel.
AVVERTIMENTO! Questa storia è il seguito di "Nothing will drag you down - Turiste per caso"
Buona lettura
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jay Halstead, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Quando si svegliò quella mattina, Alex si sentì bene. Si stropicciò sotto alle coperte prima di girarsi ed appoggiarsi sul petto di Jay che ancora sembrava dormire. Quella notte avevano parlato fino quasi alle due. Si erano chiariti su alcune cose ed avevano condiviso alcune cose delle loro vite, quelle che non erano quasi più dolorose. Lei aveva trovato le forze per raccontare di suo padre, di come avesse faticato per portare via la madre dalle grinfie di O’ Brian. Lui, per quanto facesse molta più fatica di lei, aveva raccontato qualcosa del periodo in cui era stato nell’esercito, delle missioni in Afghanistan e di come avesse faticato per tornare alla sua vita una volta rimpatriato.

-Hey! – salutò Jay ancora con la voce impastata – Ciao! – rispose lei col sorriso – Strano che tu sia sveglia prima di me. Devo preoccuparmi? O posso sperare che tu abbia già preparato la colazione? – domandò ridendo l’uomo. Alex si spostò la massa di capelli castani da un lato – Non è affatto carino che mi prendiate in giro! Sono nata estremamente pigra io. E la colazione potete anche sognarvela! – scherzò prima di lasciarsi scivolare sulle labbra di lui.

Jay la fece girare così da trovarsi sopra di lei e, sempre col sorriso sulle labbra, scese lungo il collo fino ad arrivare all’ombelico lasciando una lunga scia di baci. Quell’idillio fu interrotto da dei colpi ripetuti alla porta d’ingresso.

Come un fulmine, Halstead scese dal letto e si affrettò ad infilarsi una maglietta a mezze maniche sgualcita sopra ai pantaloni del pigiama con cui aveva dormito mentre andava a vedere chi fosse. La giovane si sarebbe lasciata cullare dal tepore delle lenzuola e dal profumo che permeava ma fu costretta ad alzarsi dalla voce di Dawson che salutava il collega per poi entrare nell’appartamento.

Alex apparve in soggiorno con il pigiama che aveva lasciato a casa del detective qualche settimana prima. Fingendo che quella cosa non la infastidisse, passò davanti ai due uomini e si spostò nella cucina per preparare la colazione. Antonio la guardò con gli occhi spalancati – Ciao Alex… - la salutò mentre lei spariva in cucina – Ciao! – rispose lei senza interrompere quello che stava facendo.

-Come mai sei qui Antonio? – chiese Jay divertito dalla scena. L’altro si riscosse dal momento di imbarazzo – Sono venuto per vedere se eri ancora vivo e per portarti al lavoro. – spiegò. Il proprietario dell’appartamento raggiunse Alex in cucina e ne riuscì un attimo dopo con una tazza in mano – Ho un’auto, lo ricordi? – anche la giovane comparve nuovamente in soggiorno e si sedette al tavolo come se nulla fosse. – Sapendo che saresti venuto comunque, preferivamo che ti sforzassi il meno possibile… - disse Dawson senza distogliere lo sguardo da Alex che si era messa a guardare il cellulare con nonchalance. – Se vai con Antonio, mi potresti prestare l’auto? Ci sarebbero alcune offerte di lavoro ma non sono proprio qui accanto… - si intromise lei senza distogliere lo sguardo dallo schermo. Anche senza vedere la sua faccia, Alex si immaginò che l’uomo fosse sbiancato per un attimo – Sai guidare? – domandò infatti preoccupato Halstead. Senza rispondere, lei si alzò e prese a frugare nella sua borsa che aveva lasciato sul tavolino all’entrata. Ne tirò fuori la patente e la mostrò ad entrambi – Il fatto che io non abbia un’auto non implica che non sappia guidare. Di solito mi faccio prestare quella di Mady… Ma è via per cercare non so cosa per il matrimonio! – spiegò tornano a sedersi al suo posto e riprendendo a bere il suo caffè.

I due uomini si lanciarono uno sguardo – Le chiavi sono all’entrata. L’auto è parcheggiata di fronte al portone. Se ci sono problemi: chiama! È del dipartimento, non distruggerla per favore… - a quella supplica lei rispose con un verso di scherno – Voi uomini e la vostra convinzione che tutte le donne guidino male… - commentò prima di avviarsi verso la camera da letto.

Ne riuscì dopo solo cinque minuti, vestita e pettinata. Prese la borsa e si avvicinò ai due che stavano parlando seduti al tavolo del soggiorno. Mentre era chiusa in camera aveva captato qualcosa della loro conversazione, qualcosa che aveva a che fare con uno dei sospettati. – Bene io vado. Non morire e cerca di stare il più lontano possibile dalle bombe. – disse scherzosa prima di lasciare un bacio veloce sulla guancia di Jay – Buona giornata Antonio! – salutò l’altro mentre prendeva le chiavi del SUV di Halstead – Se ci sono problemi: chiama! – lo imitò un attimo prima di richiudersi la porta d’entrata alle spalle.

Rimasti soli Dawson sorrise all’amico - Sembrerebbe andare tutto bene fra voi. – l’altro rimase a fissare la porta d’ingresso – Abbiamo parlato tutta la notte. Le ho detto di Erin, fra le altre cose. – disse senza enfasi. – Come l’ha presa Alex? – chiese Antonio ancora più curioso –Bene, a quanto pare. – anche se non sembrava del tutto convinto – Mi è sembrata molto più rilassata rispetto all’ultima volta che l’ho vista. – Jay analizzò rapidamente le parole dell’amico – Ne ha passate tante… - rispose. Antonio gli mise una mano sulla spalla – è proprio quello che intendo! Chiunque sarebbe ancora in fase di recupero se fosse nella sua situazione ma lei no! Jay, Alex sembra che abbia già superato se non tutto, almeno una buona parte, di quello che le è capitato. E credo che sia anche merito tuo! – concluse l’uomo. L’altro gli rifilò uno sguardo sorpreso – Io non ho fatto nulla, è lei ad essere estremamente forte. –

-*-

Kevin schioccò le dita in un impeto di euforia – Abbiamo un riscontro per il primo uomo! – attese che la stampante finisse di produrre la foto del sospettato e la attaccò con un pezzo di nastro adesivo alla lavagna al centro della stanza. Il resto della squadra smise di fare qualunque cosa e si focalizzò sulla foto. Burgess si avvicinò, anche lei trionfante – Lui è Joe Finch! – cominciò a spiegare indicando il sospettato – Ha partecipato a tre missioni in Afghanistan, una come capitano di una squadra tattica. È stato congedato con onore dopo che sono caduti in un’imboscata e i suoi uomini sono morti quasi tutti. È stato rimpatriato con gravi ferite e curato all’ospedale militare. – Jay si passò una mano sul mento, le immagini di tempo prima che gli riapparivano alla mente. – Ma non è finita qui! – esclamò Kevin incitando la collega a continuare a parlare – Sì infatti. A quanto pare è stato visto spesso alle iniziative organizzate, indovinate da chi? Dai Chicago Veterans! – lanciò la bomba la giovane agente.

Tutti rimasero spiazzati dalla notizia – Per quale motivo un soldato decorato lascerebbe una bomba proprio davanti all’unico posto che l‘ha aiutato? – domandò Adam. Voight scosse il capo pensieroso – Sarà proprio quello che gli chiederemo appena lo portiamo in centrale. – disse senza distogliere lo sguardo dalla foto del sospettato – Andate a prenderlo! – ordinò prima di avviarsi verso il suo ufficio. Si fermò sulla soglia – Halstead tu no. Vieni da me un attimo. –

Jay si richiuse la porta alle spalle – Che c’è capo? – chiese anche se già conosceva il tema della conversazione. Hank si sedette sulla sua sedia e rimase a guardare il suo uomo per alcuni istanti – Te la senti di seguire il caso? L’ultima volta non è andata propriamente bene… - Jay si sedette a sua volta – Certo che me la sento! E non ho idea a cosa tu ti stia riferendo. Io ricordo che abbiamo chiuso quel caso senza grandi problemi! – incrociò le braccia come protezione. Il sergente appoggiò le braccia sulla scrivania – A quanto mi risulta, hai frequentato per un po’ i Veterans. Sicuro non ci siano problemi? – per quanto sapesse che Halstead non avrebbe fatto notare nulla del suo stato emotivo, Hank aveva imparato a conoscerlo bene in quegli anni. – Certo. – rispose fermamente il sottoposto – Ora posso andare? – domandò sarcastico. Voight fece un cenno di assenso e lo lasciò uscire. Si ripromise di tenerlo d’occhio più del solito ed, al primo segno di cedimento, l’avrebbe sollevato dal caso.

-*-

Fecero irruzione nella villetta di Finch poco dopo l’ora di pranzo. Perquisirono tutta l’abitazione trovando solamente la moglie del sospettato ed il loro bambino di appena cinque mesi.

-Portateli in centrale. – diede il comando Voight dal suo ufficio quando Antonio lo chiamò per ragguagliarlo.

Melinda Finch era rimasta terrorizzata dall’entrata della squadra e faticava a formare delle frasi senza tremare e balbettare – Stia tranquilla Signora Finch, non le faremo nulla. Né a lei né al suo bambino. – provò a rassicurarla Hailey mentre raggiungevano il 21esimo distretto. Fecero sistemare la donna nella sala interrogatori e la lasciarono lì per un po’ mentre loro decidevano come agire.

-Se Finch non era a casa potrebbe significare che stanno progettando un altro attentato. – disse Kim – Avete già informato la moglie delle accuse al marito? – chiese Voigh - Non ancora capo. Non sa perché l’abbiamo portata qui. – rispose Ruzek – Ottimo! – lo sguardo del sergente rese chiara la sua intenzione – Upton con me! – ordinò mentre si toglieva la pistola ancora nella fondina e la chiudeva in una cassaforte a muro.

Entrarono nella sala interrogatori con il fascicolo dell’esplosione. – Ha idea del perché si trovi qui? – domandò Hank sedendosi di fronte alla donna. Questa scosse la testa continuando a cullare il figlio – Suo marito Joe ha messo una bomba davanti ad un centro per veterani. – spiegò atono. Melinda sbiancò e cominciò a piangere – Non è possibile! Joe non lo farebbe mai! – quasi urlò causando l’agitazione nel bimbo che cominciò a piangere.

Con un gesto, Voight fece capire ad Hailey di prendere il bambino e portarlo fuori. – Dove lo portate? – urlò ancora la donna. Hank si alzò e andò accanto a Melinda – Suo figlio starà bene. È meglio se non percepisce la madre agitata come è adesso. Non crede? – non aveva nessuna intenzione di nuocere a quella povera creatura. Gli ricordava moltissimo suo figlio Justin: anche lui appena nato risentiva delle emozioni dei genitori…

Hailey uscì con il fagotto fra le braccia e, senza sapere realmente cosa fare, se lo portò nella sala principale per sapere come stesse procedendo la ricerca del secondo uomo.

Come se fosse scattato qualcosa, tutti i telefoni cominciarono a squillare insistentemente – Ma che diavolo?! – esclamò Dawson alzando poi la cornetta. Lo seguirono anche gli altri presenti scoprendo che, all’altro capo, si trovavano diversi cittadini che chiamavano per dare informazioni riguardanti il secondo sospettato di cui avevano solo un identikit molto vago.

Kim riuscì a farsi spiegare dalla donna con cui parlava la causa di quel trambusto. Appena chiuse la telefonata, andò ad accendere il televisore che tenevano in un angolo – Ragazzi! – chiamò il resto della squadra. La rete locale stava trasmettendo un discorso del sovrintendente della polizia; l’uomo prometteva una somma cospicua a chiunque avesse fornito delle indicazioni su dove trovare il sospettato o qualunque altra cosa utile. – Non ci posso credere! – esclamò schifato Jay – Quel cretino sta solo scatenando il caos… -

-*-

Alex montò per la millesima volta sull’auto di Jay. Anche quell’annuncio non aveva portato da nessuna parte. Il colloquio che aveva avuto con il vice direttore di una azienda produttrice di cosmetici l’aveva squadrata come se lei fosse un rifiuto.

Sospirò poggiando le mani sul volante. Quella giornata era stata un totale fallimento! Estrasse il cellulare e scrisse a Halstead “Dove sei?”. La sua risposta arrivò pochi minuti dopo, minuti durante i quali lei era rimasta a fissare la strada illuminata solo dai lampioni accesi da poco; “Ancora al distretto. Perché?”. “Ti riporto l’auto” digitò prima di mettere in moto. “Non serve. Vengo a prenderla domani.” Fu l’ultimo messaggio del detective. Alex non gli rispose: era determinata a riportargli l’auto, non tanto per non tenere quella cosa in sospeso ma perché sentiva il bisogno di vedere l’uomo, solo lui sembrava in grado di rendere meno insopportabile quella sensazione di inadeguatezza che i vari colloqui le avevano messo addosso.

Spense il motore circa mezz’ora dopo e si affrettò ad entrare al 21esimo distretto. Salutò con un sorriso (seppure non si sentisse in vena di sorridere) il sergente Platt. La donna la guardò incuriosita: nessuno l’aveva avvisata del passaggio della giovane – Dovrei restituire una cosa a Halstead. – tagliò corto sperando che il sergente non volesse indagare troppo. Fortunatamente non sembrò dell’umore di fare domande e le permise di salire nell’ufficio dell’Intelligence.

Già dal fondo delle scale, Alex si accorse che al piano di sopra l’atmosfera era febbricitante. Forse avrebbe fatto meglio a ridare le chiavi il giorno seguente ma ormai era lì…

Una volta nell’ufficio salutò con la mano Jay mentre notava che tutti i componenti della squadra erano attaccati al telefono, Hailey teneva un neonato in braccio mentre cercava di scriversi un appunto e tenere la cornetta attaccata all’orecchio senza farla cadere.
Si appoggiò alla scrivania di Halstead – Che succede? – domandò appena l’uomo riattaccò la cornetta – Lascia stare! Sono dieci minuti che i telefoni impazziscono, da quando quel genio di Kelton ha promesso soldi a chi dà informazioni sul tizio che ha piazzato la seconda bomba. – riassunse in pochi istanti. – Ah – disse solo lei – E perché Hailey ha un bambino? – Jay seguì il dito di Alex puntato verso la bionda – Quello è il figlio del primo sospettato. Abbiamo in custodia la moglie. La mia auto? – domandò poi, ricordandosi del motivo per cui Alex era lì – La portiera del passeggero è rigata, un fanalino posteriore è rotto e ho bucato una gomma! – scherzò lei. Estrasse le chiavi dalla tasca della borsa – Sta benone. Di certo meglio di me… - lui fece una smorfia mentre prendeva le chiavi dalla mano minuta di Alex – Non è andata bene la ricerca? – lei scosse la testa – A quanto pare sono un rischio troppo alto! – esclamò esasperata – Sembrerebbe che assumere una donna di 24 anni sia una specie di follia! Hai idea di quanti mi abbiano chiesto se ho intenzione di avere figli e se ho una relazione stabile?! – non lasciò però il tempo a Jay di rispondere – Troppi! – si diede una leggera spinta per sedersi sulla scrivania. Lui rimase per un istante immobile – E tu che hai risposto? – domandò troppo curioso per trattenersi. – Che?! – fece lei di rimando proprio nel momento in cui riprendeva a squillare il telefono accanto alla sua gamba.

Il detective fece per rispondere ma Alex fu più rapida ad alzare la cornetta – Intelligence di Chicago, buonasera! – disse distogliendo lo sguardo dall’uomo. Attese che il suo interlocutore terminasse di dire cose senza senso – No signore. Non stiamo cercando la sua vicina. – alzò gli occhi al cielo mentre l’uomo sbraitava insulti contro quella donna – Mi dispiace che le rubi sempre la biancheria stesa. Le consiglio di sporgere denuncia al distretto più vicino a casa sua. – non attese la replica del tizio e riagganciò.

-Allora! – in quel momento Voight ricomparve dalla sala interrogatori. Appena vide la giovane seduta sulla scrivania del suo detective le rifilò uno sguardo duro – Cosa ci fai qui? – chiese brusco. Alex non si lasciò intimorire nemmeno quella volta – Ero di passaggio. – saltò giù dalla scrivania e fece per andarsene. Hank la fermò – Alex. – la giovane si voltò – Puoi dare una mano. – disse solo. Sul volto di Alex comparve un leggero sorriso di soddisfazione.


 
   
 
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