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Autore: AleDic    03/01/2020    4 recensioni
[AU ⎸Hachi!Centric ⎸Hachi/Nana + hints Hachi/Shoji + hints Nana/Ren ⎸1.817 parole]
Ripensandoci ora, lo avevo capito fin dal primo momento: in questo mondo sei tu la mia anima gemella; e mi piace pensare che, in un’altra vita, io sarei stata la tua.
{Storia scritta per l’event “12 Days of Christmas” indetto dal gruppo facebook We are out of prompt}
{Quinta classificata a parimerito a “Il contest degli haiku” indetto da Juriaka sul forum di Efp}
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale
Avvertimenti: AU
Rating: Verde

Note dell’autrice: le frasi staccate in corsivo sono citazioni tratte direttamente dall'anime - tranne l'ultima - e non inserite nel conteggio delle parole. 

 

 

 

 

 

 

E se ne fossi in grado ti direi

 

 

~ quanto amore tu mi abbia messo nel cuore ~

 

 

{ 1.817 parole }







 

 

 

 

Nana… ti ricordi il giorno in cui ci siamo incontrate? Dato che io sono un tipo che crede fermamente nel destino… penso che sia stato proprio il fato.

 

Le temperature si erano abbassate di colpo, portando con loro una nevicata abbondonante e ghiaccio laddove non veniva rimossa per tempo. Il treno per Tokyo impiegò ben tre ore in più per arrivare a destinazione. Le carrozze erano stracolme di gente che si spostava per la regione per le feste, e il mio posto era stato dato per errore a un altro passeggero – un’anziana signora della prefettura di Ibaraki che andava in città per passare il Natale con suo figlio e i suoi nipoti.

Era il mio primo viaggio lontano da casa e le condizioni avrebbero dovuto lasciarlo impresso come il peggiore. Eppure, ogni volta che ritorno con la mente a quel sedile stretto, nell’ultima carrozza della notte più fredda dell’anno, il mio cuore si riempie di calore. Ricordo la gentilezza con la quale mi aiutasti a rialzarmi dopo che l’ennesima frenata improvvisa del treno mi fece cadere sulle tue ginocchia, mentre cercavo di chiederti se il posto accanto al tuo fosse libero; ricordo la placida pazienza con cui rimanesti ad ascoltarmi ciangolare per ore e ore senza mai apparire annoiata o irritata; ricordo la tua risata riempirmi le orecchie e gli occhi mentre il treno, le persone, la notte, svanivano lontani.

Ripensandoci ora, lo avevo capito fin dal primo momento: in questo mondo sei tu la mia anima gemella; e mi piace pensare che, in un’altra vita, io sarei stata la tua.

 

**

 

Nana… ti ricordi? Sedavamo in riva al fiume l’una accanto all’altra e guardavamo la luce tingere la superfice dell’acqua. Fammi ascoltare ancora una volta… la melodia che canticchiavi a bocca chiusa in quei momenti.

 

Il tempo che abbiamo trascorso in quell’appartamento è il tesoro più prezioso che possiedo. Quando sono arrivata a Tokyo e ti ho persa nella notte, mi sono detta che forse era stato solo frutto della mia immaginazione. Che tu e il tuo sorriso e il tuo calore, siate stati solo il sogno che mi ha accompagnata per il viaggio verso il più grande cambiamento della mia vita. Così sono andata avanti, ho raggiunto Shoji, mi sono buttata tra le sue braccia e ho finto che non fosse mai accaduto. Mi sono aggrappata a lui, immersa in una relazione che sapevo, in fondo al cuore, non avrebbe potuto avere alcun futuro. E quando tutto è crollato e sono stata sul punto di crollare anch’io, cercando di ricominciare, tu eri di nuovo davanti a me. Quando ho stretto la tua mano quel giorno, mi è quasi venuto da piangere: era così calda che il tuo tepore mi ha attraversato fino al petto. Forse è sbagliato ed egoista, ma non riesco a pensare a quell’appartamento come nient’altro se non casa nostra. La casa che ho costruito con te.

Alla fine avevo ragione: sei stata il sogno che mi ha accompagnato nel viaggio verso il cambiamento più grande della mia vita. È solo che fino ad allora non avevo capito che quel cambiamento eri tu.

 

**

 

Nana, tu sei un po’ come un gatto randagio: vivi come ti pare, libera e orgogliosa… ma in realtà nascondi una ferita che sanguina ancora, vero?

 

Tu e Ren avete sempre amato il vostro lavoro come non avevo mai visto fare a nessuno. Era come se la musica vi scorresse nelle vene, vi chiamasse dal profondo dell’anima. L’amavate con la stessa passione con cui vi amate l’un l’altra.

Io non avevo mai avuto nulla di simile nella mia vita. Non avevo mai avuto un’aspirazione personale, non avevo mai voluto fare nulla di particolare. Mi ero trasferita a Tokyo inseguendo un amore giovane e immaturo, aggrappandomi completamente all’idea di una favola che non avrebbe mai potuto diventare reale. In questo Shoji aveva ragione, su di me: ero una persona che non era in grado di sopravvivere a se stessa. E quando ci siamo lasciati, mi sono resa conto di non essere in grado di fare nulla della mia vita. Incontrarti, quando ho cercato di ricominciare, è stato ciò che mi ha salvata. Invidiavo la tua indipendenza, ma più di tutto la ammiravo. Sei stata tu a ispirarmi, a darmi la forza di cominciare a cambiare. O, almeno, provarci.

 

Quando abbiamo iniziato a vivere insieme mi hai raccontato che tu e Ren avevate deciso di non lasciare che il vostro matrimonio interferisse con il modo in cui avevate scelto di vivere, per questo non riuscivate a vedervi molto spesso. I tour della sua band portavano Ren a essere fuori città, Paese e perfino continente, per la maggior parte dell’anno; e anche tu andavi avanti e indietro per tutto il Giappone.

 

Lo dicesti come se si trattasse di una cosa da niente, qualcosa di semplice e logico e adulto. Ma il tempo che passavate insieme era così esimio e misero da procurare a entrambi un dolore atroce.

 

Allora non avevo capito quanto la mancanza di Ren ti facesse soffrire, né quanto tu stessa fossi per metà l’artefice di quella sofferenza. Se l’avessi compreso, mi piace pensare che avrei fatto di tutto per aiutarti, anche se avesse significato rinunciare a te per sempre. Se l’avessi fatto, fosse Ren non sarebbe morto.

 

**

 

Mentre lottavo con questa dura realtà, Nana mi ha fatto conoscere un sentimento dolcissimo. Era come un primo amore. Pieno di felicità.

 

Molte volte, dopo la scomparsa di Ren, ho pensato di voler essere in grado di poter condividere i miei ricordi con te. Volevo poterti mostrare quanto tu significassi per me. Volevo farti sentire quanta gioia tu avessi portato nella mia vita. Volevo poterti far capire, con una tale intensità da rasentare la disperazione, che non eri sola.

 

**

 

Anche se volessi, non potrei mai dimenticarmi quella serata. Nana cantava quella canzone senza testo, inventandosi le parole in un inglese inesistente. Era come se stesse recitando un incantesimo… e io sono diventata prigioniera della sua voce.

 

Quella notte cantavi come non ti avevo mai vista fare. Salisti sul tavolo della sala da pranzo e usando il cellulare come microfono lasciasti esplodere… tutto. Ricordo la tua sagoma contro la grande finestra dietro di te; i raggi di luna, unica luce della stanza, filtravano attraverso te come se anche loro non potessero resistere al richiamo della tua voce. Ti guardavo rapita, immobile, in silenzio, incapace di liberarmi dall’incantesimo che stavi lanciando. Ricordo di averti presa quando, esausta, ti lasciasti cadere in avanti. Ricordo le tue mani aggrappate alla mia maglietta, i singhiozzi che ti sconquassavano il corpo, incontrollabili.

Avevamo vissuto insieme per anni, eppure era la prima volta che ti vedevo piangere.

Avrei voluto essere più forte per te. Avrei voluto essere in grado di spazzare via il tuo dolore, urlargli di andare via. Ma l’unica cosa che fui in grado di fare fu stringerti a me e lasciare che le lacrime mi bagnassero il viso.

 

Ho perso il conto di quante volte io mi sia sentita un fallimento: come figlia, come donna, come amica, come amante, come persona. Io non ero in grado di prendermi nemmeno cura di me stessa e mi appoggiavo agli altri per ogni minima cosa. Quella notte, tuttavia, quel sentimento di impotenza, di delusione e rabbia non aveva neanche l’ombra della condiscendenza che ero solita concedere a me stessa. Per la prima volta in tutta la mia vita, provai vero disgusto verso me stessa.

  

(Mentre ti tenevo tra le braccia, mi sembrasti così piccola e fragile da darmi l’impressione che se ti avessi stretta troppo forte, saresti andata in pezzi.)

 

**

 

Anche se ormai è maggio, la notte soffia un vento gelido. Non c’è molta differenza con le montagne in cui sono nata. Pensavo che Tokyo fosse un luogo più caldo e accogliente.

 

Nonostante l’aria fresca, tu te ne stai sulle rive del fiume con solo una canotta e pantaloncini. Ti dicevo spesso che se avessi continuato in quel modo, uno di quei giorni ti saresti presa un brutto raffreddore, ma tu mi rispondevi che nella città in cui eri cresciuta le temperature erano molto più basse. Ti raggiungo e mi siedo accanto a te. È qualcosa che abbiamo fatto molte volte negli anni, eppure, per qualche ragione, mi sento agitata. La luna riflessa sullo specchio d’acqua innesta giochi di luce che fanno risplendere d’argento il fiume. All’improvviso muovi un braccio e prendi la mia mano nella tua. Mi volto a guardarti. Tu tieni gli occhi fissi sul fiume, ma la tua presa su di me è salda e presente.
«Perché sei ancora qui con me, Hachiko?»
Sussulto lievemente e spero che tu non te ne accorga. So dal tono della tua voce che questa conversazione cambierà tutto per sempre. So che forse da domani non mi sarà più permesso di starti accanto. Stringo più forte la tua mano.
Nel corso degli anni ho immaginato più volte come avrei espresso i miei sentimenti per te se ne avessi avuta l’occasione: lo scenario, le luci, le posizioni, gli sguardi, le parole. Ero sempre in grado di fare discorsi in grado di far sciogliere anche il più gelido cuore, impavida e audace.
Ma erano nient’altro che questo: fantasie. Nella realtà quel coraggio non sembra voler arrivare.
La verità fa paura, ma dirla ora è l’unica cosa che posso fare. Per te. Per entrambe.
«Perché ti amo.»
Niente grandi discorsi, alla fine. Solo una piccola, terrificante, magnifica frase. Non posso fare a meno di notare quanto sia bello il suono di queste parole dette ad alta voce. Avrei volute dirle per sempre.
«Perché vivere con te mi rende felice. So che io sono una buona a nulla e che creo più guai di quanti ne riesca a gestire. E so che tu non hai bisogno di me. Perciò…»
La voce si affievolisce fino a diventare nient’altro che respiro. La gola si secca. Deglutisco e raccolgo tutto il coraggio di una vita – tutto quello che riesco a carpire da ogni anfratto del mio animo – per pronunciare quelle parole.
«… se vuoi che me ne vada… lo farò.»
Il silenzio che segue mi scava dentro, sento il petto bruciare e le lacrime minacciare di venir fuori. Mi mordo le labbra per sopprimere un singhiozzo. Mi preparo a lasciare la tua mano e alzarmi per andarmene, ma tu ti volti verso di me – finalmente – e il tuo sguardo mi inchioda al mio posto.
«Vivere con te rende felice anche me.»
Sento il cuore perdere un battito nel petto.
«Davvero?» chiedo, incredula.
Tu sorridi. Sorridi. Per la prima volta da quando Ren è morto, sorridi. Per davvero. A me.
(Oh, non ho parole per descrivere quanto io ami quel sorriso.)
«Pensi che ti tenessi in casa solo perché sei un bravo cucciolo?» mi prendi in giro, proprio come quando mi hai dato quel ridicolo soprannome. Proprio come prima, come sempre.
«Non ti avrei mai permesso di restare con me fino a ora, se non ti avessi amata.»
Ormai non cerco più di trattenere le lacrime. Non cerco più di trattenere nulla. Le dichiarazioni d’amore dovrebbero essere piene di felicità, romantiche, dolci. Dovremmo sorriderci e baciarci e ridere senza un vero motivo per farlo. Dovrei essere io a rassicurarti, a stringerti, ad assicurarmi che questa volta tu sia felice. Sono una frana anche in questo a quanto pare, perché l’unica cosa che riesco a fare, seduta davanti all’amore della mia vita che mi dice che mi ama anche lei, è singhiozzare e piangere come se non dovessi smettere mai.
Tu mi prendi tra le braccia e mi lasci fare.
«Sei proprio senza speranza, non è vero mia Hachiko?»

 
Sai, Nana… non so cosa ci aspetta in futuro, se il destino ci farà innamorare di altre persone, se alla fine ognuna prenderà la propria strada. Mi piace pensare che passeremo il resto dei nostri giorni insieme, in questa casa, circondate dalle persone che amiamo. Ma anche se così non fosse, voglio che tu sappia che c’è una cosa che non cambierà mai: tu sarai sempre l’unico eroe della mia vita.

   
 
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