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Autore: ONLYKORINE    03/01/2020    6 recensioni
Sveva deve trascorre le vacanze in campeggio con i nonni, dove ci sono solo persone anziane e bambini piccoli. Non ci riuscirà, ne è certa. Ma non c'è proprio nessuno della sua età? Forse... Ma quello chi è? Oh, ve, il bagnino...
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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NUOTARE SOLO CON TE

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“Ascolta sempre il tuo cuore, perché ha sempre ragione” (Nicholas Sparks)

 

Sveva guardò l’autobus allontanarsi e sospirò girandosi verso il cancello in ferro battuto del campeggio. Sembrava una prigione. Sbirciò attraverso le sbarre e notò che quel posto era rimasto come lo ricordava.

Spinse il cancello, entrò nella proprietà e si incamminò sicura verso la reception, mentre osservava le novità. Un’altalena, un gioco per arrampicarsi per i piccoli, un videogioco da bar e un tavolo da pingpong vicino alla pista da bocce. Modernissimo. Sveva storse la bocca in una smorfia. Ora si ricordava perfettamente perché non metteva piede in quel posto fuori dal mondo da cinque anni.

Quando entrò nella piccola costruzione che fungeva da accoglienza, la signora oltre il bancone le sorrise e abbassò gli occhiali per guardarla meglio. “Buongiorno” le disse. Sveva capì di essere sotto osservazione.

“Buongiorno signora Karina, sono Sveva Bricchi, la nipote di…” La signora Karina sorrise e la interruppe: “La nipote di Carlo?” Sveva cercò di non fare troppo rumore mentre sospirava ancora e annuì. Sì, i suoi nonni erano fra le persone che frequentavano il Campeggio del Sole da più tempo. Li conoscevano tutti. La signora Karina scrisse qualcosa su un piccolo blocnotes e le disse che poteva salire verso la piazzola.

Fuori dal piccolo ufficio, Sveva guardò sconsolata la lunga e tortuosa strana che saliva verso la collina e gli altri bungalow. Ce la poteva fare. Ce la doveva fare.

Mentre saliva continuò a guardarsi intorno. Alcune roulotte avevano quelle casette di legno al posto delle vecchie verande e altre invece erano uguali a cinque anni prima ma tutto, agli occhi di Sveva, sembrava vecchio. Incontrò qualche bambino che correva su e giù per la strada. Qualcuno era in costume e qualcuno era bagnato fradicio. Si ricordò di aver sentito dire che l’anno prima il campeggio aveva fatto costruire una piscina. Secondo loro era una grande novità e avrebbe portato turismo e gioventù, ma qualcosa non doveva aver funzionato nel modo giusto, pensò Sveva mettendo un piede davanti all’altro.

Quando arrivò alla piana dove i suoi nonni avevano la roulotte, si fermò a riprendere fiato. Dannata salita. Le piazzole erano in fila, una dietro l’altra e prima di arrivare a quella dei nonni, Sveva avrebbe dovuto passarne quattro o cinque.

Il Campeggio del Sole era uno di quei campeggi che viveva grazie alle piazzole affittate tutto l’anno a persone come i nonni di Sveva che, da quando erano in pensione, ci passavano tutta l’estate. Erano tanti, sempre gli stessi e loro si conoscevano tutti. Come un piccolo paese, o un condominio molto grande. E la piana era un pianerottolo a porte aperte di quel condominio immaginario, dove ognuno era libero di passare da casa tua, mentre mangi, cucini o mentre fai dell’altro e salutarti o chiederti in prestito qualcosa. Il via vai di gente era impressionante e fastidioso. Sveva se lo ricordava bene. Anche se erano cinque anni che non tornava.

Quando arrivò alla piazzola dei nonni, incolume da riconoscimenti vari, fu contenta di vedere la nonna Gilda che puliva i fagiolini al tavolo, mentre chiacchierava con la Tilda, che abitava tre piazzole più in là, ridendo di chissà che cosa.

“Ciao, nonna.”

La nonna si alzò sorridendo, pulendosi le mani sul grembiule e abbracciando Sveva stretta. “Tesoro! Sei arrivata, finalmente!” Sveva si sforzò di sorridere. Finalmente. Probabilmente in quel posto non succedeva mai niente di interessante e dovevano contare sulle visite esterne per delle novità. Poi la nonna si girò verso l’amica e le disse: “Tilda, ti ricordi Sveva? Hai visto che bella ragazza?” Sveva sentì l’orgoglio nella voce di nonna Gilda e si sentì un po’ imbarazzata.

“Certo che mi ricordo di Sveva. Come ti sei fatta grande, tesoro, fatti abbracciare”, la ragazza venne stritolata anche dalla vicina e questa continuò a ciarlare sui suoi nipoti e sugli altri della piana.

“Come mai sei qui a passare l’estate? Non c’è mai nessuno della tua età” le chiese Tilda. Sveva lanciò un’occhiata alla nonna, ma questa alzò le spalle e tornò a pulire i fagiolini. Poteva rispondere quello che voleva. Allora scelse di dire la verità: “Ho avuto due debiti a scuola. I miei hanno pensato di mandarmi qui in punizione, per studiare”. L’anziana sbatté gli occhi ma non disse niente. Annuì lentamente e il suo sorriso si rimpicciolì.

Sveva sospirò mentre entrava nella casetta. Doveva resistere solo tre mesi. Solo tre. Si sedette sul letto e si prese il viso fra le mani. Non ce l’avrebbe mai fatta.

                                                      

***

 

Sveva cercava di studiare, ma il viavai di gente sulla piana le impediva di concentrarsi. Sbuffò mentre chiudeva il libro rumorosamente.

“Potresti andare in piscina, a studiare.”

La nonna stava preparando il pranzo, nonostante fossero appena le otto del mattino, quando pensò di darle quel suggerimento. “In piscina?” chiese. Sveva non aveva nessuna intenzione di andarci.

“Sì, la piscina è chiusa adesso, apre alle dieci, ma ci puoi andare. Non c’è nessuno.”

Sveva dubitava che potesse essere vero. Sembrava che i proprietari noleggiassero qualsiasi spazio in cui si potesse piantare una tenda e quindi il campeggio era affollatissimo. Non lo avrebbe mai detto, ma effettivamente doveva essere diventato parecchio famoso.

Si incamminò verso la piscina e quando si trovò davanti al cancelletto chiuso guardò dentro. Non era male: era moderna, bella, con le lampade e i giochi d’acqua lungo il bordo. Guardò l’acqua e rabbrividì. Non le piaceva per niente. Quando un gruppo di ragazzini corse lungo la strada facendo gavettoni, si convinse e scavalcò il cancelletto. Sembrava non ci fosse nessuno e c’era la giusta tranquillità per concentrarsi. Si guardò intorno e si diresse verso uno dei lettini.

“La piscina è chiusa, apre alle dieci!” Una voce alle spalle di Sveva la fece sobbalzare, si girò di scatto, come se volesse sgridare qualcuno per aver distrutto quel momento di tranquillità. Ma non disse niente, osservò senza fiatare il ragazzo che camminava velocemente verso di lei e aspettò che la raggiungesse.

“So che è chiusa, ma devo studiare e non c’è un angolo tranquillo in questo cavolo di campeggio, per favore, non darò fastidio…” Lui inclinò la testa e sorrise. Era dannatamente carino. Aveva i capelli castani tagliati corti con molte ciocche bionde, come se fossero state schiarite dal sole e i suoi occhi erano di un azzurro così intenso da far concorrenza al cielo in quel momento. Chi era? Doveva avere una ventina d’anni. Il ragazzo annuì e allargò un braccio per indicare il posto intorno a loro.

“Ok. Se prometti di non fare confusione, ti lascerò stare qui con me.”

Poi ammiccò nella sua direzione e si girò verso la vasca, usando un retino per pulire l’acqua.

Sveva si sedette su una sdraio, infilò le cuffiette e si concentrò sul suo libro. Ogni tanto alzava lo sguardo e osservava il ragazzo che, dopo aver pulito l’acqua della piscina dalle foglie, aveva spazzato nella zona vicino alla doccia e al bar, aveva sistemato alcune sdraio e fatto altri lavoretti. A un certo punto lo vide allontanarsi e, nel posto più lontano da lei, lui si tolse i pantaloni al ginocchio e la maglietta. Sveva rimase a bocca aperta. Era bello. Anche senza maglietta. Quasi ci rimase male quando ne infilò un’altra con scritto ‘salvataggio’ e coprì tutto quel ben di dio. Cavolo, il bagnino. Quel gran figo era il bagnino. Sorrise imbarazzata da quel pensiero e tornò al suo libro.

 

***

 

Sveva guardò l’orologio e notò che mancavano dieci minuti all’apertura della piscina. Doveva andarsene e cercare un altro posto. Quando si alzò e sistemò il parasole del lettino, una voce accanto a lei la fece sobbalzare. “Non avrai intenzione di andartene proprio adesso, vero?” Sveva si voltò sorridendo.

“Eh, sì, invece. Ora devo cercare un posto tranquillo dove posso continuare a studiare”. Gli indicò il libro e lui lo guardò. “Studi molto, eh?” chiese.

Sveva alzò una spalla. “Non abbastanza. Ho due materie da recuperare ad agosto…” Lui annuì, come se sapesse di cosa stesse parlando.

“Potresti metterti il costume e farmi compagnia, dai. Ti sarà utile una pausa”. Sveva rise un po’ nervosamente. Da un lato le fece piacere la sua proposta e dall’altro la mise in imbarazzo perché non sapeva come comportarsi. “Sarà difficile, non ho portato il costume”. Lo sguardo di lui fu così intenso mentre scivolò giù lungo la sua maglietta e i pantaloncini, che Sveva sentì le guance andare a fuoco.

“No? Peccato!” Oh. Mamma. Mia. “In fondo alla salita, sulla destra, c’è un sentiero di terra battuta. In fondo c’è uno spiazzo. Lì c’è tranquillità. E quello prende un po’ di più” disse ancora, indicando il suo cellulare, che teneva in mano. Davvero? Il telefono lassù prendeva?

“Davvero?” chiese speranzosa. Lui rise della sua espressione e annuì divertito. “Te lo giuro”. Sveva non vedeva l’ora di avviarsi. Non riusciva né a telefonare né a collegarsi ai dati, ci aveva provato in ogni angolo del campeggio. “Grazie mille, allora. Ah, io sono Sveva”. Allungò la mano verso di lui e lui la strinse. “Ciao Sveva, io sono Adam”.

 

***

 

Sveva aveva appena saputo che i suoi amici sarebbero partiti per la Croazia il mese successivo. La Croazia. Doveva andare anche lei in Croazia. Voleva andarci. Avevano organizzato quella vacanza tempo prima e ora, i suoi amici, sarebbero andati senza di lei. Daniela diceva che ci sarebbe stato anche Alessio.

Alessio era il ragazzo più bello della compagnia. Piaceva a tutte. Sveva ci moriva dietro da tantissimo tempo. Daniela, al telefono, le aveva proposto di scappare dal campeggio e di partire con loro. Le aveva detto che sarebbe stato facile imbrogliare i nonni e godersi quella vacanza. Anche perché altrimenti, Alessio avrebbe potuto mettersi con un’altra. Aveva detto che sarebbero passati comunque dal Campeggio del Sole per andare a prendere il traghetto. Sveva aveva tentennato e Daniela, per convincerla, le aveva detto che Alessio aveva chiesto di lei.

Diede un calcio a un sasso sbuffando. Dannazione. Cosa avrebbe dovuto fare? Guardò la strada mentre tornava verso la roulotte. In quel campeggio c’era gente sotto i tredici anni e sopra i sessanta. Non voleva stare lì. Aveva diciotto anni, cavolo! Doveva andare in Croazia! Però imbrogliare i nonni…

“Qualcuno ha ricevuto brutte notizie, mi sa”. Sveva alzò lo sguardo su Adam che camminava verso di lei. “Sì. I miei amici vanno in vacanza in Croazia e io…” allargò le braccia per indicare tutto intorno a loro e lui annuì. “Non è una tua scelta, eh?”

“Sono in punizione per non essere stata promossa. Passerò qui tutta l’estate” disse, sconsolata. Adam sorrise. “Dai, non sarà così male. C’è rimedio a tutto”. Sì, pensò Sveva, a tutto tranne che alla Croazia. E se Alessio avesse trovato un’altra ragazza? Non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione.

“Perché oggi pomeriggio non vieni in piscina? C’è un po’ di animazione per i bambini”. Sveva alzò le spalle. “Guarda che davvero non ho il costume!”

Adam l’affiancò mentre riprese a camminare. “E come mai?” Sveva si imbarazzò un attimo, ma per paura che lui insistesse, gli disse la verità: “Non so nuotare e odio le piscine”. Adam si bloccò di colpo e lei si fermò per assecondarlo.

“No?” Lei scosse la testa. Se l’avesse presa in giro, gli avrebbe dato un pugno. Invece Adam le disse: “Posso insegnarti io, se vuoi”. Sveva sbarrò gli occhi, non se lo sarebbe mai aspettato, ma riprese ancora a camminare. “Grazie, ma no. Non voglio farmi vedere da… tutti”.

Lui la raggiunse e le disse sottovoce: “Di sera la piscina è chiusa. Non c’è nessuno”. Sveva lo guardò. Lui le sorrise e le continuò: “Pensaci. Ti aspetto alle nove”.

Sveva riuscì a contattare Daniela e a pianificare la sua ‘evasione’. Non stava più nella pelle, finché non pensò al fatto che sarebbero di sicuro andati al mare. Sveva pensò ad Alessio. L’avrebbe presa in giro perché non sapeva nuotare? Probabile. Però Adam non l’aveva fatto, pensò sorridendo.

“Qualcuno qui è innamorato” cantilenò la nonna sorridendo dolcemente, vedendola. Sveva sentì le guance andare a fuoco, probabilmente per la vergogna dell’imbroglio. “Ma cosa dici, nonna? Non è vero” sbottò, forse troppo rigidamente, ma la nonna sorrise guardandola.

“Sono stata giovane anch’io. So com’è. Quando si è innamorati ci sono scelte difficili. Ma se qualcosa ti preoccupa, tu segui sempre il tuo cuore.”

Sveva si riscosse e chiese: “Come, nonna?” Lei iniziò a trafficare nel cucinotto e disse ad alta voce: “Fai ciò che ti dice il tuo cuore e non sbaglierai”. Oh.  Quindi avrebbe dovuto imparare a nuotare per Alessio? Annuì e non disse più niente, ancora angosciata per l’inganno.

 

***

 

“Sei venuta. Brava.”

Sveva annuì nel chiarore della sera. Avrebbe fatto presto buio. “Però andiamo piano”. Adam sorrise e le prese la mano. Sveva sentì una calda sensazione avvolgerla e ricambiò il sorriso. Poi lui si tolse la maglietta e l’aiutò a entrare nella vasca. Sveva indossava una maglietta e dei pantaloncini, ma le sembrò troppo poco quando si trovò nell’acqua così vicino a lui.

“E ora?” chiese imbarazzata. “Ti insegno a galleggiare”. Sveva alzò un sopracciglio e lui dovette vederla nelle luci del bordo vasca, perché rise. Anche Sveva aveva voglia di ridere, tutta l’ansia improvvisamente sparita.

Adam la fece stendere e la tenne a galla mentre le parlava. “Rilassati e stai tranquilla. Non parlare” disse, quando notò che lei voleva interromperlo. Così Sveva chiuse gli occhi. “Brava. Ascolta l’acqua. Ascolta il tuo corpo”. Sveva non capiva, cosa doveva ascoltare?

“Non sento niente.”

Lui si fece più vicino e Sveva sentì la sua voce vicinissimo all’orecchio. “Ascolta il tuo respiro, rilassati. Ascolta il tuo cuore. Lo senti il cuore? Lo senti battere? Segui il ritmo del tuo cuore e resterai a galla”.

Sveva sentì la pelle d’oca sulle braccia e un brivido attraversarle il petto quando il suo respiro le accarezzò il collo. Fece quello che diceva lui: ascoltò silenziosamente e sentì il suo cuore battere. Si tirò su, meravigliata dalla cosa, per dirglielo, quando notò che lui era un po’ più distante e non la stava più tenendo. Stava galleggiando! Quando toccò il fondo con il piede scivolò e cadde sott’acqua.

Due mani forti la tirarono su subito. “Ho galleggiato!” disse contenta, abbracciandolo. Adam rise ancora. Che bel suono. “Sì. Sei stata brava”.

Sveva si rese conto di stargli troppo vicino e che i loro corpi si stavano toccando, e si tirò velocemente indietro. “Scusami” disse lui, trascinandola poi verso il bordo e facendole cenno di uscire. Le indicò una sdraio e le diede un asciugamano per coprirsi, poi si infilò la maglietta e aprì un thermos.

Rimasero a osservare il cielo, bere tè caldo e chiacchierare fino a quando non riuscirono più a tenere gli occhi aperti. Sveva pensò che fosse la serata più bella della sua vita.

Il mese successivo volò come la prima sera: lezioni di nuoto, chiacchierate, tante risate e tante confidenze. Sveva non vedeva l’ora che arrivasse la sera per poter avere Adam tutto per sé. Parlare con lui era divertente e lui riusciva sempre a farla stare bene…

Si scoprì a pensare sempre meno ad Alessio.

 

***

 

“Ci vediamo stasera?” chiese ridendo Adam spruzzando il pavimento con la canna e bagnandole le gambe ormai abbronzate. “No, stasera no” disse Sveva. Lui tirò su la testa e smise di sorridere. “Croazia?”

Gli aveva raccontato del piano. Cavolo, la prima sera gli aveva raccontato anche di Alessio. Annuì.

Il ragazzo si passò una mano fra i capelli e non disse niente per qualche minuto. “Buon viaggio, allora. Spero che Alessio sappia quanto è fortunato”. E senza neanche salutarla si girò e camminò velocemente per allontanarsi.

Sveva pensava di stare male. La faccia di Adam la perseguitava. Lei non gli aveva promesso niente. Lui le aveva insegnato a nuotare per non farsi prendere in giro da Alessio e sapeva come stavano le cose. Lo sapeva anche Sveva. Però ora, aveva dei dubbi. Adam o Alessio? Il campeggio o la Croazia? Se fosse andata in Croazia, avrebbe potuto conquistare Alessio e tenerlo lontano dalle grinfie delle altre, mentre invece se fosse rimasta lui avrebbe potuto mettersi con chiunque. Ma se fosse uscita dal campeggio non avrebbe più rivisto Adam. Dannazione! Sbatté violentemente un libro sul tavolo e la nonna si avvicinò per vedere cosa fosse successo. “Problemi, tesoro?”

Sveva alzò gli occhi sulla nonna e sospirò. “No, nonna. Cose da giovani”. La nonna si sedette vicino a lei. “Ragazzi?” Sveva decise di non dire troppo. “Una cosa così…” Nonna Gilda sorrise e le posò una mano sulla spalla.

“Se hai dubbi, ascolta il tuo cuore, non…”

Sveva si arrabbiò. “Smettila con questa storia di ascoltare il cuore! È una stupidaggine!” Si alzò e corse via senza guardarsi indietro.

 

***

 

Sveva guardò ancora il messaggio di Daniela. L’avrebbero aspettata fuori dal cancello. Aveva nascosto la borsa quella mattina e doveva solo prenderla quando fosse arrivata la macchina di Alessio. Alessio. Desiderava vederlo. Ma subito il pensiero corse ad Adam. Si girò verso la strada che saliva verso la piscina. Adam.

Dannazione. Chiuse gli occhi. Non ci pensare. Non ci pensare. Alessio. Non Adam. Ma poi le vennero in mente gli occhi di Adam e non quelli di Alessio. Desiderava passare le mani fra i capelli di Adam e non quelli di Alessio. No. No. Doveva toglierselo dalla mente. Doveva andare in Croazia. Quando vide i fari dell’auto che si avvicinavano si alzò, ormai decisa.

 

***

 

Adam nuotava svogliatamente. “Ciao, Adam”. Si voltò di scatto, alla vista della ragazza che un mese prima aveva iniziato a fargli battere il cuore. “Sveva! E la Croazia?” non ebbe il coraggio di chiederle di Alessio. Ma lei dovette capirlo perché rispose: “L’ho lasciata là”.

Il suo sguardo si fece furbetto e iniziò a spogliarsi. “Come mai?” Sveva si sedette sul bordo e si spinse nell’acqua.

“Voglio nuotare solo con te”. Adam coprì la loro distanza e le si fermò davanti.

Lei aveva solo la biancheria e un sorriso dolcissimo. Sveva si avvicinò e alzò le mani per posargliele sul viso. “Cosa fai?” le chiese ancora. Lei rise. Un suono meraviglioso.  

“Ascolto il mio cuore”. E lo baciò.

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***Eccomi! Non è una storia nuova, ma l'ho revisionata, così ho pensato di ripubblicarla.

   
 
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