NUOTARE SOLO CON TE
-
-
“Ascolta
sempre il tuo cuore, perché
ha sempre ragione” (Nicholas Sparks)
Sveva
guardò l’autobus allontanarsi e sospirò
girandosi verso
il cancello in ferro battuto del campeggio. Sembrava una prigione.
Sbirciò attraverso
le sbarre e notò che quel posto era rimasto come lo
ricordava.
Spinse il
cancello, entrò nella proprietà e si
incamminò
sicura verso la reception, mentre osservava le novità.
Un’altalena, un gioco
per arrampicarsi per i piccoli, un videogioco da bar e un tavolo da
pingpong
vicino alla pista da bocce. Modernissimo.
Sveva storse la bocca in una smorfia. Ora si ricordava perfettamente
perché non
metteva piede in quel posto fuori dal mondo da cinque anni.
Quando
entrò nella piccola costruzione che fungeva da
accoglienza, la signora oltre il bancone le sorrise e
abbassò gli occhiali per
guardarla meglio. “Buongiorno” le disse. Sveva
capì di essere sotto
osservazione.
“Buongiorno
signora Karina, sono Sveva Bricchi, la nipote
di…” La signora Karina sorrise e la interruppe:
“La nipote di Carlo?” Sveva
cercò di non fare troppo rumore mentre sospirava ancora e
annuì. Sì, i suoi
nonni erano fra le persone che frequentavano il Campeggio del Sole da
più
tempo. Li conoscevano tutti. La signora Karina scrisse qualcosa su un
piccolo
blocnotes e le disse che poteva salire verso la piazzola.
Fuori dal
piccolo ufficio, Sveva guardò sconsolata la lunga e
tortuosa strana che saliva verso la collina e gli altri bungalow. Ce la
poteva
fare. Ce la doveva fare.
Mentre saliva
continuò a guardarsi intorno. Alcune roulotte
avevano quelle casette di legno al posto delle vecchie verande e altre
invece
erano uguali a cinque anni prima ma tutto, agli occhi di Sveva,
sembrava
vecchio. Incontrò qualche bambino che correva su e
giù per la strada. Qualcuno
era in costume e qualcuno era bagnato fradicio. Si ricordò
di aver sentito dire
che l’anno prima il campeggio aveva fatto costruire una
piscina. Secondo loro
era una grande novità e avrebbe portato turismo e
gioventù, ma qualcosa non
doveva aver funzionato nel modo giusto, pensò Sveva mettendo
un piede davanti
all’altro.
Quando
arrivò alla piana dove i suoi nonni avevano la
roulotte, si fermò a riprendere fiato. Dannata salita. Le
piazzole erano in
fila, una dietro l’altra e prima di arrivare a quella dei
nonni, Sveva avrebbe
dovuto passarne quattro o cinque.
Il Campeggio del
Sole era uno di quei campeggi che viveva
grazie alle piazzole affittate tutto l’anno a persone come i
nonni di Sveva
che, da quando erano in pensione, ci passavano tutta
l’estate. Erano tanti,
sempre gli stessi e loro si conoscevano tutti. Come un piccolo paese, o
un
condominio molto grande. E la piana era un pianerottolo a porte aperte
di quel
condominio immaginario, dove ognuno era libero di passare da casa tua,
mentre
mangi, cucini o mentre fai dell’altro e salutarti o chiederti
in prestito
qualcosa. Il via vai di gente era impressionante e fastidioso. Sveva se
lo
ricordava bene. Anche se erano cinque anni che non tornava.
Quando
arrivò alla piazzola dei nonni, incolume da
riconoscimenti vari, fu contenta di vedere la nonna Gilda che puliva i
fagiolini al tavolo, mentre chiacchierava con la Tilda, che abitava tre piazzole più in
là, ridendo
di chissà che cosa.
“Ciao,
nonna.”
La nonna si
alzò sorridendo, pulendosi le mani sul grembiule
e abbracciando Sveva stretta. “Tesoro! Sei arrivata,
finalmente!” Sveva si
sforzò di sorridere. Finalmente.
Probabilmente in quel posto non succedeva mai niente di interessante e
dovevano
contare sulle visite esterne per delle novità. Poi la nonna
si girò verso
l’amica e le disse: “Tilda, ti ricordi Sveva? Hai
visto che bella ragazza?”
Sveva sentì l’orgoglio nella voce di nonna Gilda e
si sentì un po’ imbarazzata.
“Certo
che mi ricordo di Sveva. Come ti sei fatta grande,
tesoro, fatti abbracciare”, la ragazza venne stritolata anche
dalla vicina e
questa continuò a ciarlare sui suoi nipoti e sugli altri
della piana.
“Come
mai sei qui a passare l’estate? Non c’è
mai nessuno
della tua età” le chiese Tilda. Sveva
lanciò un’occhiata alla nonna, ma questa
alzò le spalle e tornò a pulire i fagiolini.
Poteva rispondere quello che
voleva. Allora scelse di dire la verità: “Ho avuto
due debiti a scuola. I miei
hanno pensato di mandarmi qui in punizione, per studiare”.
L’anziana sbatté gli
occhi ma non disse niente. Annuì lentamente e il suo sorriso
si rimpicciolì.
Sveva
sospirò mentre entrava nella casetta. Doveva resistere
solo tre mesi. Solo tre. Si sedette sul letto e si prese il viso fra le
mani.
Non ce l’avrebbe mai fatta.
Sveva cercava di
studiare, ma il viavai di gente sulla piana
le impediva di concentrarsi. Sbuffò mentre chiudeva il libro
rumorosamente.
“Potresti
andare in piscina, a studiare.”
La nonna stava
preparando il pranzo, nonostante fossero
appena le otto del mattino, quando pensò di darle quel
suggerimento. “In
piscina?” chiese. Sveva non aveva nessuna intenzione di
andarci.
“Sì,
la piscina è chiusa adesso, apre alle dieci, ma ci puoi
andare. Non c’è nessuno.”
Sveva dubitava
che potesse essere vero. Sembrava che i
proprietari noleggiassero qualsiasi spazio in cui si potesse piantare
una tenda
e quindi il campeggio era affollatissimo. Non lo avrebbe mai detto, ma
effettivamente doveva essere diventato parecchio famoso.
Si
incamminò verso la piscina e quando si trovò
davanti al
cancelletto chiuso guardò dentro. Non era male: era moderna,
bella, con le
lampade e i giochi d’acqua lungo il bordo. Guardò
l’acqua e rabbrividì. Non le
piaceva per niente. Quando un gruppo di ragazzini corse lungo la strada
facendo
gavettoni, si convinse e scavalcò il cancelletto. Sembrava
non ci fosse nessuno
e c’era la giusta tranquillità per concentrarsi.
Si guardò intorno e si diresse
verso uno dei lettini.
“La
piscina è chiusa, apre alle dieci!” Una voce alle
spalle
di Sveva la fece sobbalzare, si girò di scatto, come se
volesse sgridare
qualcuno per aver distrutto quel momento di tranquillità. Ma
non disse niente,
osservò senza fiatare il ragazzo che camminava velocemente
verso di lei e
aspettò che la raggiungesse.
“So
che è chiusa, ma devo studiare e non
c’è un angolo
tranquillo in questo cavolo di campeggio, per favore, non
darò fastidio…” Lui
inclinò la testa e sorrise. Era dannatamente carino. Aveva i
capelli castani
tagliati corti con molte ciocche bionde, come se fossero state
schiarite dal
sole e i suoi occhi erano di un azzurro così intenso da far
concorrenza al
cielo in quel momento. Chi era? Doveva avere una ventina
d’anni. Il ragazzo
annuì e allargò un braccio per indicare il posto
intorno a loro.
“Ok.
Se prometti di non fare confusione, ti lascerò stare qui
con me.”
Poi
ammiccò nella sua direzione e si girò verso la
vasca,
usando un retino per pulire l’acqua.
Sveva si sedette
su una sdraio, infilò le cuffiette e si
concentrò sul suo libro. Ogni tanto alzava lo sguardo e
osservava il ragazzo
che, dopo aver pulito l’acqua della piscina dalle foglie,
aveva spazzato nella
zona vicino alla doccia e al bar, aveva sistemato alcune sdraio e fatto
altri
lavoretti. A un certo punto lo vide allontanarsi e, nel posto
più lontano da
lei, lui si tolse i pantaloni al ginocchio e la maglietta. Sveva rimase
a bocca
aperta. Era bello. Anche senza maglietta. Quasi ci rimase male quando
ne infilò
un’altra con scritto ‘salvataggio’ e
coprì tutto quel ben di dio. Cavolo, il
bagnino. Quel gran figo era il bagnino. Sorrise imbarazzata da quel
pensiero e
tornò al suo libro.
Sveva
guardò l’orologio e notò che mancavano
dieci minuti
all’apertura della piscina. Doveva andarsene e cercare un
altro posto. Quando
si alzò e sistemò il parasole del lettino, una
voce accanto a lei la fece
sobbalzare. “Non avrai intenzione di andartene proprio
adesso, vero?” Sveva si
voltò sorridendo.
“Eh,
sì, invece. Ora devo cercare un posto tranquillo dove
posso continuare a studiare”. Gli indicò il libro
e lui lo guardò. “Studi molto,
eh?” chiese.
Sveva
alzò una spalla. “Non abbastanza. Ho due materie
da
recuperare ad agosto…” Lui annuì, come
se sapesse di cosa stesse parlando.
“Potresti
metterti il costume e farmi compagnia, dai. Ti sarà
utile una pausa”. Sveva rise un po’ nervosamente.
Da un lato le fece piacere la
sua proposta e dall’altro la mise in imbarazzo
perché non sapeva come
comportarsi. “Sarà difficile, non ho portato il
costume”. Lo sguardo di lui fu
così intenso mentre scivolò giù lungo
la sua maglietta e i pantaloncini, che
Sveva sentì le guance andare a fuoco.
“No?
Peccato!” Oh. Mamma. Mia. “In fondo alla salita,
sulla
destra, c’è un sentiero di terra battuta. In fondo
c’è uno spiazzo. Lì
c’è
tranquillità. E quello prende un po’ di
più” disse ancora, indicando il suo
cellulare, che teneva in mano. Davvero? Il telefono lassù
prendeva?
“Davvero?”
chiese speranzosa. Lui rise della sua espressione
e annuì divertito. “Te lo giuro”. Sveva
non vedeva l’ora di avviarsi. Non
riusciva né a telefonare né a collegarsi ai dati,
ci aveva provato in ogni
angolo del campeggio. “Grazie mille, allora. Ah, io sono
Sveva”. Allungò la
mano verso di lui e lui la strinse. “Ciao Sveva, io sono
Adam”.
Sveva aveva
appena saputo che i suoi amici sarebbero partiti
per la Croazia il mese successivo. La Croazia. Doveva andare anche lei
in
Croazia. Voleva andarci. Avevano organizzato quella vacanza tempo prima
e ora,
i suoi amici, sarebbero andati senza di lei. Daniela diceva che ci
sarebbe
stato anche Alessio.
Alessio era il
ragazzo più bello della compagnia. Piaceva a
tutte. Sveva ci moriva dietro da tantissimo tempo. Daniela, al
telefono, le
aveva proposto di scappare dal campeggio e di partire con loro. Le
aveva detto
che sarebbe stato facile imbrogliare i nonni e godersi quella vacanza.
Anche
perché altrimenti, Alessio avrebbe potuto mettersi con
un’altra. Aveva detto
che sarebbero passati comunque dal Campeggio del Sole per andare a
prendere il
traghetto. Sveva aveva tentennato e Daniela, per convincerla, le aveva
detto
che Alessio aveva chiesto di lei.
Diede un calcio
a un sasso sbuffando. Dannazione. Cosa
avrebbe dovuto fare? Guardò la strada mentre tornava verso
la roulotte. In quel
campeggio c’era gente sotto i tredici anni e sopra i
sessanta. Non voleva stare
lì. Aveva diciotto anni, cavolo! Doveva andare in Croazia!
Però imbrogliare i
nonni…
“Qualcuno
ha ricevuto brutte notizie, mi sa”. Sveva alzò lo
sguardo su Adam che camminava verso di lei. “Sì. I
miei amici vanno in vacanza
in Croazia e io…” allargò le braccia
per indicare tutto intorno a loro e lui
annuì. “Non è una tua scelta,
eh?”
“Sono
in punizione per non essere stata promossa. Passerò qui
tutta l’estate” disse, sconsolata. Adam sorrise.
“Dai, non sarà così male.
C’è
rimedio a tutto”. Sì, pensò Sveva, a
tutto tranne che alla Croazia. E se
Alessio avesse trovato un’altra ragazza? Non poteva lasciarsi
sfuggire
l’occasione.
“Perché
oggi pomeriggio non vieni in piscina? C’è un
po’ di
animazione per i bambini”. Sveva alzò le spalle.
“Guarda che davvero non ho il
costume!”
Adam
l’affiancò mentre riprese a camminare.
“E come mai?”
Sveva si imbarazzò un attimo, ma per paura che lui
insistesse, gli disse la
verità: “Non so nuotare e odio le
piscine”. Adam si bloccò di colpo e lei si
fermò per assecondarlo.
“No?”
Lei scosse la testa. Se l’avesse presa in giro, gli
avrebbe dato un pugno. Invece Adam le disse: “Posso
insegnarti io, se vuoi”.
Sveva sbarrò gli occhi, non se lo sarebbe mai aspettato, ma
riprese ancora a
camminare. “Grazie, ma no. Non voglio farmi vedere
da… tutti”.
Lui la raggiunse
e le disse sottovoce: “Di sera la piscina è
chiusa.
Non c’è nessuno”. Sveva lo
guardò. Lui le sorrise e le continuò:
“Pensaci. Ti
aspetto alle nove”.
Sveva
riuscì a contattare Daniela e a pianificare la sua
‘evasione’. Non stava più nella pelle,
finché non pensò al fatto che sarebbero
di sicuro andati al mare. Sveva pensò ad Alessio.
L’avrebbe presa in giro
perché non sapeva nuotare? Probabile. Però Adam
non l’aveva fatto, pensò
sorridendo.
“Qualcuno
qui è innamorato” cantilenò la nonna
sorridendo
dolcemente, vedendola. Sveva sentì le guance andare a fuoco,
probabilmente per
la vergogna dell’imbroglio. “Ma cosa dici, nonna?
Non è vero” sbottò, forse
troppo rigidamente, ma la nonna sorrise guardandola.
“Sono
stata giovane anch’io. So com’è. Quando
si è innamorati
ci sono scelte difficili. Ma se qualcosa ti preoccupa, tu segui sempre
il tuo
cuore.”
Sveva si
riscosse e chiese: “Come, nonna?” Lei
iniziò a
trafficare nel cucinotto e disse ad alta voce: “Fai
ciò che ti dice il tuo
cuore e non sbaglierai”. Oh.
Quindi
avrebbe dovuto imparare a nuotare per Alessio? Annuì e non
disse più niente,
ancora angosciata per l’inganno.
“Sei
venuta. Brava.”
Sveva
annuì nel chiarore della sera. Avrebbe fatto presto buio.
“Però andiamo piano”. Adam sorrise e le
prese la mano. Sveva sentì una calda
sensazione avvolgerla e ricambiò il sorriso. Poi lui si
tolse la maglietta e
l’aiutò a entrare nella vasca. Sveva indossava una
maglietta e dei
pantaloncini, ma le sembrò troppo poco quando si
trovò nell’acqua così vicino a
lui.
“E
ora?” chiese imbarazzata. “Ti insegno a
galleggiare”.
Sveva alzò un sopracciglio e lui dovette vederla nelle luci
del bordo vasca,
perché rise. Anche Sveva aveva voglia di ridere, tutta
l’ansia improvvisamente
sparita.
Adam la fece
stendere e la tenne a galla mentre le parlava.
“Rilassati e stai tranquilla. Non parlare” disse,
quando notò che lei voleva
interromperlo. Così Sveva chiuse gli occhi.
“Brava. Ascolta l’acqua. Ascolta il
tuo corpo”. Sveva non capiva, cosa doveva ascoltare?
“Non
sento niente.”
Lui si fece
più vicino e Sveva sentì la sua voce vicinissimo
all’orecchio. “Ascolta il tuo respiro, rilassati.
Ascolta il tuo cuore. Lo
senti il cuore? Lo senti battere? Segui il ritmo del tuo cuore e
resterai a
galla”.
Sveva
sentì la pelle d’oca sulle braccia e un brivido
attraversarle il petto quando il suo respiro le accarezzò il
collo. Fece quello
che diceva lui: ascoltò silenziosamente e sentì
il suo cuore battere. Si tirò
su, meravigliata dalla cosa, per dirglielo, quando notò che
lui era un po’ più
distante e non la stava più tenendo. Stava galleggiando!
Quando toccò il fondo
con il piede scivolò e cadde sott’acqua.
Due mani forti
la tirarono su subito. “Ho galleggiato!” disse
contenta, abbracciandolo. Adam rise ancora. Che bel suono.
“Sì. Sei stata brava”.
Sveva si rese
conto di stargli troppo vicino e che i loro
corpi si stavano toccando, e si tirò velocemente indietro.
“Scusami” disse lui,
trascinandola poi verso il bordo e facendole cenno di uscire. Le
indicò una
sdraio e le diede un asciugamano per coprirsi, poi si infilò
la maglietta e
aprì un thermos.
Rimasero a
osservare il cielo, bere tè caldo e chiacchierare
fino a quando non riuscirono più a tenere gli occhi aperti.
Sveva pensò che
fosse la serata più bella della sua vita.
Il mese
successivo volò come la prima sera: lezioni di nuoto,
chiacchierate, tante risate e tante confidenze. Sveva non vedeva
l’ora che
arrivasse la sera per poter avere Adam tutto per sé. Parlare
con lui era divertente
e lui riusciva sempre a farla stare bene…
Si
scoprì a pensare sempre meno ad Alessio.
“Ci
vediamo stasera?” chiese ridendo Adam spruzzando il
pavimento con la canna e bagnandole le gambe ormai abbronzate.
“No, stasera no”
disse Sveva. Lui tirò su la testa e smise di sorridere.
“Croazia?”
Gli aveva
raccontato del piano. Cavolo, la prima sera gli
aveva raccontato anche di Alessio. Annuì.
Il ragazzo si
passò una mano fra i capelli e non disse niente
per qualche minuto. “Buon viaggio, allora. Spero che Alessio
sappia quanto è
fortunato”. E senza neanche salutarla si girò e
camminò velocemente per
allontanarsi.
Sveva pensava di
stare male. La faccia di Adam la
perseguitava. Lei non gli aveva promesso niente. Lui le aveva insegnato
a
nuotare per non farsi prendere in giro da Alessio e sapeva come stavano
le
cose. Lo sapeva anche Sveva. Però ora, aveva dei dubbi. Adam
o Alessio? Il
campeggio o la Croazia? Se fosse andata in Croazia, avrebbe potuto
conquistare
Alessio e tenerlo lontano dalle grinfie delle altre, mentre invece se
fosse
rimasta lui avrebbe potuto mettersi con chiunque. Ma se fosse uscita
dal
campeggio non avrebbe più rivisto Adam. Dannazione!
Sbatté violentemente un
libro sul tavolo e la nonna si avvicinò per vedere cosa
fosse successo. “Problemi,
tesoro?”
Sveva
alzò gli occhi sulla nonna e sospirò.
“No, nonna. Cose
da giovani”. La nonna si sedette vicino a lei.
“Ragazzi?” Sveva decise di non
dire troppo. “Una cosa così…”
Nonna Gilda sorrise e le posò una mano sulla
spalla.
“Se
hai dubbi, ascolta il tuo cuore, non…”
Sveva si
arrabbiò. “Smettila con questa storia di ascoltare
il cuore! È una stupidaggine!” Si alzò
e corse via senza guardarsi indietro.
Sveva
guardò ancora il messaggio di Daniela. L’avrebbero
aspettata fuori dal cancello. Aveva nascosto la borsa quella mattina e
doveva
solo prenderla quando fosse arrivata la macchina di Alessio. Alessio.
Desiderava
vederlo. Ma subito il pensiero corse ad Adam. Si girò verso
la strada che
saliva verso la piscina. Adam.
Dannazione.
Chiuse gli occhi. Non ci pensare. Non ci
pensare. Alessio. Non Adam. Ma poi le
vennero in mente gli occhi di Adam e non quelli di Alessio. Desiderava
passare
le mani fra i capelli di Adam e non quelli di Alessio. No. No. Doveva
toglierselo dalla mente. Doveva andare in Croazia. Quando vide i fari
dell’auto
che si avvicinavano si alzò, ormai decisa.
Adam nuotava
svogliatamente. “Ciao, Adam”. Si voltò
di
scatto, alla vista della ragazza che un mese prima aveva iniziato a
fargli
battere il cuore. “Sveva! E la Croazia?” non ebbe
il coraggio di chiederle di
Alessio. Ma lei dovette capirlo perché rispose:
“L’ho lasciata là”.
Il suo sguardo
si fece furbetto e iniziò a spogliarsi. “Come
mai?” Sveva si sedette sul bordo e si spinse
nell’acqua.
“Voglio
nuotare solo con te”. Adam coprì la loro distanza
e
le si fermò davanti.
Lei aveva solo
la biancheria e un sorriso dolcissimo. Sveva
si avvicinò e alzò le mani per posargliele sul
viso. “Cosa fai?” le chiese
ancora. Lei rise. Un suono meraviglioso.
“Ascolto
il mio cuore”. E lo baciò.