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Autore: Mia    03/08/2009    0 recensioni
"Una sottile nebbia avvolgeva completamente il santuario del Supremo; nebbia che si era sviluppata, invisibile, dal modellino del Drago, propagandosi tutta attorno fino ad avvolgere interamente il palazzo.
Sul tondo tavolino decorato, il piccolo Drago Shenron cominciò a fremere leggermente. Quando si fermò dalla sua bocca sgorgò un liquido rosso e denso, dal quale si materializzò una persona dall’aspetto umano.
"
La ff è quasi completa: aggiornerò perciò ogni settimana salvo imprevisti. Per l'ultimo capitolo forse ci vorrà un po', ma vedrò di fare del mio meglio. Ringrazio Gan_HOPE326 per avermi fatto da beta e aiutato durante i miei blocchi dello scrittore.
Genere: Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goku, Nuovo personaggio, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo VI
Chilometri e chilometri di nuda terra color argilla si estendevano a perdita d’occhio in linea retta per poi innalzarsi improvvisamente fino a formare un’alta catena montuosa arida e rocciosa.
Qui Masato decise di fermarsi.
Atterrò dolcemente sulla secca superficie, sollevando parecchi nuvoli di polvere grigia e soffocante. Il corpo privo di sensi di Pan atterrò poco distante, sollevando altre nubi polverose all’impatto col suolo.
Dopo essersi guardato attorno per parecchi secondi, Masato ghignò soddisfatto. Avvicinatosi a Pan la osservò a lungo e, una volta distolto da lei lo sguardo, lo rivolse al cielo.
Dopo averlo osservato per alcuni istanti, levò in alto le braccia e liberò un’immensa forza spirituale, sollevando un’autentica tempesta di polvere che fece alzare anche numerosi sassi: voleva che la percepissero, voleva essere trovato.

***
La porta della camera da letto si aprì di scatto, facendo sobbalzare Videl, ed entrò Gohan, serio in volto. La donna finì di vestirsi in fretta per poi domandare: -L’hai trovata?-
-No.-
Videl si lasciò cadere sul letto, pallida e preoccupata, i lunghi capelli neri scomposti. Dopo aver nascosto il viso fra le mani per alcuni secondi, si rivolse con aria minacciosa al marito, gli occhi lucidi di pianto: -Come puoi essere così calmo?! Nostra figlia è sparita e tu non dici niente; non fai niente!-
-Farsi prendere dal panico non risolve nulla.- ribatté lui, dandole le spalle.
Lo fissò incredula, con la bocca spalancata, per parecchi secondi: come faceva, in ogni situazione, ad essere sempre così maledettamente razionale?!
-E’ tua figlia, Gohan! – lo apostrofò quando si fu ripresa – Qualche anno fa avresti fatto pazzie per lei e adesso che è scomparsa tu non fai niente!- le lacrime cominciarono a sgorgare dagli occhi cerulei di Videl, che faticava ogni giorno di più a riconoscere nell’uomo freddo e cinico con cui viveva il ragazzo che aveva amato e l’uomo che aveva sposato.
-E cosa dovrei fare, secondo te?!- la aggredì lui, visibilmente irritato.
-Beh, magari mostrarti un po’ più dispiaciuto, o quanto meno fingere di esserlo! – gli urlò contro la moglie, sempre più incredula ed arrabbiata – E’ colpa tua se tua figlia se ne è andata, quindi ora devi essere tu a cercarla e a farla ritornare a casa e le dovrai anche chiedere scusa per il modo orribile in cui l’hai trattata ultimamente!-
A questa frase Gohan si voltò di scatto, visibilmente adirato, tanto che Videl si spaventò di fronte a tanta ira che gli trasfigurava il volto, così simile a quella rabbia che era stata la rovina dei nemici del saiyan. Stava per rispondere alla moglie ma si fermò, folgorato dall’aura che aveva percepito.
Era un’aura strana, diversa da tutte quelle che aveva sentito fino ad ora: le sue vibrazioni erano potenti e si capiva che probabilmente provenivano da un luogo molto lontano.
Inoltre, la sensazione che questa aura suscitava era molto simile a quella che si doveva provare in una fornace o in mezzo a fiamme ardenti: non era un’aura benigna. Gohan si precipitò fuori dalla stanza, chiamando a gran voce suo fratello.
Sentimenti contrastanti si erano risvegliati nel suo cuore: da una parte lo attanagliava il timore, dall’altra la necessità.
Era scosso da questo possibile nuovo pericolo, poiché è facile abituarsi alla pace, ma quando giunge il momento di allontanarsi da essa, il distacco non è semplice. E questo stupore recava in sé una parte di timore.
Non era un timore vile, ma un timore razionale, dettato soprattutto da due fattori: l’età e la responsabilità. Ormai erano lontani i tempi della sua giovinezza, quando il desiderio di combattere, sebbene a volte non fosse strettamente necessario, lo animava: non era più il ragazzino che, con l’ardore della rabbia, aveva sconfitto Cell, né il ragazzo che aveva lottato contro Majin-Bu. Ora era un uomo di quarant’anni, con una moglie, una figlia, una madre… l’avventura ed il pericolo, se messi davanti a tutti questi affetti, avevano un sapore molto diverso, più amaro. Nulla, in altre circostanze, lo avrebbe invogliato a combattere, ma in questa particolare situazione c’era in palio qualcosa di troppo importante per essere ignorato… Goten comparve subito davanti a lui, scuro in volto.
-L’hai sentita anche tu?- domandò il maggiore con tono greve; l’altro annuì in silenzio, mentre Chichi e Michiyo arrivavano di corsa.
-L’avete trovata?- domandò Chichi, pallida in volto e vestita solo a metà.
-No, - rispose Gohan, sempre più serio – ma purtroppo credo di sapere dove sia…-
-Intendi dire – intervenne il fratello – che, chiunque sia colui che sprigiona questa energia, ha incontrato Pan?- -O forse è stata lei a cercarlo… – completò Gohan, poi, con un sorriso amaro, aggiunse – Degna nipote di suo nonno.-
-Gohan…- la voce di Videl ruppe il silenzio che si era creato. Era sottile, flebile, incerta, impaurita, tanto che Gohan fu costretto a girarsi verso la moglie, che guardò con estrema freddezza per via dello screzio di poco prima.
-Gohan, cosa succede?- la voce le era uscita ferma al momento di porre quella domanda, ma angosciata dal timore della risposta.
Gohan, dopo aver fissato a lungo la moglie negli occhi, distolse i suoi da quello sguardo azzurro e rispose, in modo piuttosto freddo: -Ho avvertito un’aura di straordinaria potenza provenire da un luogo molto lontano: Pan potrebbe trovarsi lì…-
Il volto di Videl sbiancò e Chichi quasi svenne fra le braccia di Michiyo, atterrita dall’idea che un nuovo nemico fosse venuto a porre termine a quella pace che durava ormai da più di ventiquattro anni. Ma la cosa che la spaventava di più era l’idea che, come più volte queste battaglie avevano allontanato da lei suo marito, questa le portasse via i suoi figli, lasciandola di nuovo, ma questa volta definitivamente, sola.
Anche Videl temeva per la vita di suo marito e fu per questo che, quando Gohan fece per allontanarsi insieme al fratello, gli posò una mano sul braccio dicendo: -Vengo con te.-
Questa affermazione stupì tutti, in particolar modo Gohan che, per la prima volta da quando avevano litigato, guardò la moglie con preoccupazione e non con lo sguardo freddo e distante precedentemente adottato.
-No, potrebbe essere troppo pericoloso. L’aura sprigionata da costui, chiunque o qualunque cosa sia, è molto potente e non voglio che tu corra inutili rischi: resta qui, è meglio.-
-Se nostra figlia è davvero dove tu credi che sia, è in pericolo ed io voglio andare a salvarla.- la determinazione con cui pronunciò questa frase era tale che neppure Chichi, le cui labbra si erano già schiuse per parlare, riuscì a trovare un argomento da opporle, rimase perciò muta.
Guardando la moglie negli occhi, Gohan vi scorse un ardore ed una convinzione degni di quella Videl che lo aveva ricattato affinché le insegnasse a volare, di quella Videl che, nonostante i duri colpi inflittile da Spopovich, non si era arresa, rischiando quasi di morire pur di vincere, di quella Videl della quale lui si era innamorato.
Quasi intenerito, Gohan le sorrise: sapeva che, qualunque cosa avesse detto, non sarebbe servita per distoglierla dai suoi propositi, perciò prese le mani della moglie fra le sue e, continuando a sorriderle, le disse che, se proprio ci teneva, poteva venire anche lei.
Un sorriso illuminò il volto della donna, che si preparò poi per seguire il marito e il cognato, legandosi i lunghi capelli neri che, durante il volo, sapeva, le avrebbero dato fastidio.
Dopo aver assistito a tutta questa scena in silenzio, Michiyo fece un passo verso Goten e lo guardò negli occhi. Uno sguardo intenso, penetrante quello di quegli occhi castani, più eloquente di qualsiasi parola.
Mai prima di allora Michiyo si era trovata nel bel mezzo del pericolo, ma aveva sentito così tante volte i racconti delle imprese eroiche compiute dai componenti di quella straordinaria famiglia della quale era entrata a far parte che ora, sebbene la paura le avesse accelerato i battiti del cuore, le sembrava quasi di aver già vissuto quel momento, quella tensione, quello sgomento.
Goten prese le mani della sua donna nelle sue, senza però dire nulla; forse perché non trovava nulla da dire.
Lei avrebbe voluto trattenerlo, impedirgli di andare, ma le sembrava troppo egoistico, perciò pensò a qualcos’altro da dire. Era difficile trovare le parole giuste in una situazione del genere, poiché è nei momenti di massima tensione che le parole acquistano un peso maggiore di quello che normalmente hanno. Ogni parola potrebbe essere l’ultima, perciò era importante non dare adito a fraintendimenti.
-Torna da me.- fu tutto ciò che le uscì dalle labbra; non avrebbe saputo cos’altro dire, poiché quello era il suo unico desiderio.
Goten annuì: -Te lo prometto.- le disse, prima di posarle un leggero bacio sulle labbra ed allontanarsi.
Gohan, Goten e Videl salutarono Chichi prima di uscire e spiccare il volo verso occidente.
-Dove va Goten, mamma?- la voce assonnata di Emi raggiunse le orecchie di Michiyo, che cercò di nascondere le lacrime che avevano cominciato a sgorgarle, copiose, dagli occhi, prima di voltarsi verso la figlia e dirle: -Tornerà presto, tesoro: non ti preoccupare.- ma in cuor suo qualcosa le diceva che avrebbe potuto anche non essere così.
Il pianto del piccolo Matsuo giunse fino a lei dalla stanza accanto, portando con sé pensieri funesti: Goten avrebbe lasciato un orfano, facendo subire a suo figlio lo stesso destino terribile che aveva patito lui; più volte avevano parlato della morte di suo padre durante la battaglia contro Cell e tutte le volte Michiyo aveva notato con dolore quanta tristezza ci fosse nelle parole del suo uomo, quanto rimpianto per suo padre, che aveva avuto modo di conoscere così poco…
Le lacrime ripresero a scorrere sulle sue guance e, prendendo Emi per mano, si mosse verso la stanza di Matsuo, dove, poco dopo, la raggiunse anche Chichi.
-Cosa stai facendo?- domandò a Michiyo, vedendola con in braccio il piccolo ed in mano il telefono.
-Chiamo una baby-sitter.- fu la semplice risposta. Ora una strana determinazione ardeva nei suoi occhi castani al posto delle lacrime, tanto che Chichi ne fu spaventata e le chiese il perché di quella decisione.
-Voglio raggiungere Goten: voglio essere con lui.-
-Io non ho bisogno della baby-sitter, mamma: sono grande ormai!- si lagnò Emi, tirando la maglia della madre in segno di protesta.
-Baderà a tuo fratello.- tagliò corto lei, mentre aspettava che qualcuno rispondesse alla sua telefonata. -Posso badare io a Matsuo.- propose con orgoglio la piccola, ma la madre non le diede questa soddisfazione. Dopo aver spiegato alla ragazza che aveva accettato l’incarico il complicato percorso per giungere alla casa, mise giù e si voltò verso Chichi, che la guardava ancora incredula, ma che non osava parlare in presenza della bambina.
-Emi, tesoro, perché non vai in cucina a fare colazione?- propose in un gentile tentativo per allontanarla dalla stanza in modo da poter parlare liberamente con Michiyo.
-Va bene.- rispose lei, ancora stizzita per via della poca considerazione della madre, e si allontanò strascinando i piedi.
-Ma sei impazzita? E’ molto pericoloso!- disse alla giovane donna dopo che Emi se ne fu andata.
-Può darsi, ma io voglio andare lo stesso! … Lei non è preoccupata?- le domandò poi con tono molto serio. Ancora faticava a capire certi atteggiamenti di quella famiglia così strana e poteva anche darsi che Chichi, dopo tanti anni passati in mezzo a quegli individui straordinari che erano i saiyan, si fosse abituata a situazioni di quel genere e non si preoccupasse più tanto.
-Certo che lo sono, ma…-
-E non ha come la sensazione che, se Gohan, Videl e Goten dovessero… - la parola le morì sulle labbra, poiché non trovò la forza né il coraggio per pronunciarla, quindi abbassò lo sguardo e ci rinunciò, riponendo fiducia nell’interpretazione della sua interlocutrice - …insomma… non avrebbe come il rimpianto di non aver detto loro tutto ciò che avrebbe voluto?- non sapeva in che altro modo spiegare questa pesantezza che le attanagliava lo stomaco e sperava vivamente che Chichi fosse riuscita ad comprendere fino in fondo questo suo punto di vista.
Michiyo, se Goten fosse morto in questa impresa, sarebbe impazzita per il dolore non solo per la mancanza dell’uomo che amava, ma anche per via del rimpianto di non aver potuto trascorrere la vita con lui. Infatti già adesso, dentro di lei, cominciavano a pungere come spilli e a pesare come massi dettagli che, fino al giorno prima non avrebbe faticato a definire insignificanti. Ogni litigio, ogni parola non detta, ogni parola di troppo le risultava odiosa e, se avesse potuto tornare indietro, era sicura, avrebbe cambiato le cose.
La sera prima, quando si erano coricati, non aveva voluto fare l’amore con lui perché, si ricordava bene quelle parole, “era stanca”; in quel momento, perfino un inezia del genere le pesava sulla coscienza e sperava che Chichi, in qualità di moglie e madre di tre saiyan costantemente in pericolo di vita, riuscisse a capire questo suo stato d’animo. Posò perciò gli occhi su di lei, in attesa di una risposta, che le arrivò, prima ancora che per mezzo delle parole, attraverso lo sguardo della sua interlocutrice: da esso si capiva che anche lei, almeno una volta nella vita, aveva provato quella sua stessa sensazione e che perciò la capiva, e le parole che pronunciò poco dopo lo confermarono: -Sì, avrei questo rimpianto come l’ho avuto in passato.- fece una pausa, durante la quale si fermò a riflettere.
Alla fine sollevò lo sguardo su Michiyo, che poté scorgervi una grandissima determinazione, e disse, con uno strano sorriso sulle labbra: -Andiamo.-

***
Le due donne, con un sorriso di intesa, non appena fu arrivata la baby-sitter, uscirono dalla casa, presero la macchina volante con la quale erano arrivati Michiyo, Goten e i figli e decollarono, dirigendosi verso occidente.

  
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