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Autore: killer_joe    04/01/2020    3 recensioni
In una città in cui le formalità valgono più dei sentimenti, cinque ragazzi, amici da sempre, prenderanno strade diverse lasciandosi alle spalle i precedenti legami e, per qualcuno, l'amore.
Pochi anni dopo, una notizia lascerà le loro coscienze in subbuglio, invadendoli di dubbi. "La Fazione prima del sangue" è quello che è stato loro insegnato. Ma può essere una Fazione più importante della loro amicizia?
-..-..-..-
La storia è un cross-over tra One Piece e Divergent, ma si sviluppa in modo completamente diverso da entrambe le opere. Per chi non avesse letto Divergent non c'è pericolo, basta l'introduzione inizale per capire la storia.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Franky/Nico Robin, Nami/Zoro
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

 

Anno 14015 - Fazione intrepidi

“Okay, test terminato. Per i risultati dovrai aspettare che tutti i tuoi compagni abbiano sostenuto i loro test, e successivam... oh”.

Zoro si interruppe subito, vedendo che il ragazzino seduto sulla poltrona per le simulazioni era più confuso che cosciente. Zoro poteva comprenderlo, davvero, anche lui aveva fatto fatica a superare le sue paure. Il test mentale era anche peggiore delle prove fisiche, e ti lasciava sempre con una sensazione di panico che durava per almeno il resto della giornata.
Per fortuna Sanji, che stava attendendo fuori dalla porta nella sala d'aspetto, entrò subito dopo per occuparsi dell'iniziato. Zoro fece un gesto di ringraziamento verso il biondo, che gli rispose con un ghigno sfrontato.

“Indovina chi sta per entrare...” ridacchiò, indicando la porta. Zoro alzò lo sguardo e fece un sorriso a trentadue denti.

“Hey Rufy! Pronto per il test?”
Il ragazzino moro entrò con baldanza, quasi saltellando. Se c'era una persona capace di non provare il minimo terrore davanti alla prova mentale più temuta dell'intera Fazione, quello era Rufy.
“Ciao Zoro! Durerà tanto? Io ho già fame...”
Zoro si limitò ad alzare gli occhi al cielo, già abituato al buco nero che Rufy aveva al posto dello stomaco. Il moretto si sedette sulla poltrona, e Zoro gli mise in testa il casco per le simulazioni, collegando tutti gli elettrodi al loro posto.
“Circa mezz'ora, ma dipende da quante paure dovrai affrontare. Con te... prevedo dieci minuti al massimo” sogghignò, mentre Rufy mollò una grassa risata. Sì, Rufy aveva paura di pochissime cose al mondo. Era una caratteristica molto apprezzata per la Fazione degli Intrepidi, ma rischiava anche di metterlo nei guai più spesso che no. Zoro poteva giurare che aveva già dei capelli bianchi a causa delle prove di coraggio che Rufy aveva affrontato durante l'addestramento fisco. Nessuno avrebbe dovuto avere il diritto di essere così incosciente, parola di intrepido.
“Ora ti inietto una soluzione che ti porterà nella realtà virtuale” spiegò Zoro. Rufy aveva lo sguardo assente e un dito nel naso. Zoro sbuffò, ma continuò la tirata per seguire il regolamento.
“All'interno del test affronterai quelle che sono le tue paure più profonde, che nemmeno tu conosci. Dovrai affrontarle per passare alla paura successiva. Come le affronterai dimostrerà la tua attitudine ad essere un intrepido. Tutto chiaro?” chiese, per proforma. Rufy annuì distrattamente.
“E poi potrò mangiare?”. Zoro sentì, suo malgrado, le labbra stirarsi in un sorriso.
“Sì, poi potrai mangiare” rassicurò il ragazzino. Tanto Zoro non aveva dubbi, il test per Rufy sarebbe stato una passeggiata.

Zoro iniettò il liquido sul braccio di Rufy, e si rassicurò che il moro crollasse in una trance. Poi si avvicinò al monitor e si mise comodo, ad osservare.

La prima paura di Rufy gli fece scappare da ridere. Il ragazzino era nel mezzo di un salone gigantesco, con tavolate e tavolate piene di carne fumante. Tuttavia Rufy non poteva accedervi perché alcune figure, senza volto, proiettavano un certo campo di forza attorno alle tavolate. Rufy, da vero intrepido, cominciò a tirare cazzotti a destra e a manca alle figure, ma i suoi pugni le trapassavano. Era una fantasia ben congegnata, nell'opinione di Zoro. E, ovviamente, la prima paura di Rufy era quella di rimanere senza carne.
Rufy provò per qualche minuto a prendere a botte le figure, senza prendere in considerazione il fatto che erano immateriali. Per Zoro, avrebbe dovuto prendere un arma – ce n'erano molte appese alle pareti del salone – e provare a distruggere così i campi di forza. Tuttavia, quello che fece Rufy lo lasciò basito.
Il ragazzino si interruppe di colpo, la sua attenzione non più sulle figure ma sul campo di forza più vicino a lui. Lo osservò per qualche minuto, assorto. Poi, si avvicinò e ci poso una mano sopra.
Zoro sentì le parole di Rufy come se fossero nella sua stessa mente. “Non è reale”. Il campo di forza si dissolse subito dopo, e Rufy fece per agguantare un pezzo di carne. La scena cambiò immediatamente, un'altra fantasia, un'altra paura. Zoro, però, rimase fissò a guardare lo schermo senza vederlo veramente.

'Non... non è possibile. No...'

Doveva essersi sbagliato. Sì, aveva certamente capito male, e le parole di Rufy si riferivano solamente alla fantasia. Non poteva essere sul serio...
Zoro si sforzò di riportare la concentrazione sul monitor, dove Rufy stava combattendo la sua seconda paura.
Zoro si stupì un po' del fatto di esserne parte, ad essere sinceri. Nella fantasia di Rufy c'erano lui, Sanji, Nami ed Usopp. Tutti e cinque stavano combattendo contro un nemico comune, nuovamente senza un faccia. Ma Nami era a terra, svenuta. Usopp stava perdendo sangue e non riusciva a rialzarsi. Sanji era chiuso contro il muro, le mani di uno dei loro nemici strette attorno al collo, e Zoro stesso era in serie difficoltà, la spada di uno dei loro nemici infilzata nel costato. Zoro, quello in carne ed ossa, ebbe un brivido di malessere alla visione del suo corpo in una tale condizione. Rufy stava combattendo, anima e corpo, contro il nemico immaginario, ma era sempre più spaventato. Zoro si sentì commuovere al fatto che una delle peggiori paure di Rufy fosse quella di perdere i suoi amici più cari. L'intrepido decise che l'avrebbe rassicurato, appena fosse terminato il test.
Nonostante Rufy stesse combattendo come una furia, non c'era scampo alla paura. Tutti loro, uno dopo l'altro, caddero a terra, morti o in fin di vita. I livelli di stress di Rufy stavano incrementando ad un ritmo incalzante, e Zoro guardò preoccupato verso il ragazzino. Non avrebbe voluto farlo, ma forse era il caso di sospendere il test... Ad un tratto, come nella fantasia precedente, Rufy si fermò in mezzo alla stanza e si guardò attorno.
“Non è reale”.
Di nuovo quella frase, che fece gelare il sangue nelle vene di Zoro. La fantasia si dissolse una seconda volta, lasciando Rufy ad affrontare al sua terza paura. Zoro, invece, era sempre più terrorizzato e non aveva alcun modo di scappare dalla paura che lo attanagliava. La prima volta poteva essere stato un errore di valutazione da parte sua, ma due su due...
Rufy era in una stanza, solo. Si guardò intorno, ma non c'era nessuno. Cominciò a camminare attorno allo spazio, studiando le pareti per capire come uscirne, quando all'improvviso comparve una porta e qualcuno entrò nella stanza con lui.
Il respiro di Zoro si bloccò nella gola. Quello era Ace. Ace in pieno assetto da battaglia, le braccia coperte dalla sua armatura in pelle e, negli occhi, uno sguardo gelido senza sentimenti. Rufy gli si avvicinò con un sorriso, pronto ad abbracciarlo come era solito fare, ma non fece in tempo. Senza una parola, senza una spiegazione, Ace attaccò.
Rufy si difese, senza rispondere agli attacchi per non fare del male a suo fratello, ma Ace non trattenne nessun colpo. Sembrava un automa, pronto a distruggere senza nemmeno fare domande. Non sembrava consapevole che quello davanti a sé era Rufy, il suo fratellino che aveva giurato di proteggere. Zoro trattenne il respiro, vedendo Rufy soccombere sotto i colpi impietosi di Ace. Il maggiore mise a segno un pugno in faccia a Rufy, e il ragazzino cadde indietro e non si rialzò. I livelli di stress erano alle stelle, e Zoro aveva già una mano sul bottone per interrompere la simulazione, quando...

“Non è reale”.

La scena si dissolse, e Rufy lentamente aprì gli occhi. Zoro, dal canto suo, non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo amico, dal ragazzino con cui aveva vissuto per un anno intero, con cui aveva condiviso ogni momento, buono o cattivo, della sua infanzia. Rufy rivolse i suoi enormi occhioni neri verso di lui, e Zoro non riuscì a trattenersi. Le parole sgorgarono fuori senza controllo.


“Rufy... sei un Divergente?”

*

 


Fazione Eruditi


“E poi mi ha detto 'ricorda qual è la tua posizione, figlia mia. Hai delle responsabilità'. Delle responsabilità, capisci? Come se questa non fosse la mia, di vita!”

Nami annuì distrattamente, mentre Bibi continuava con le sue recriminazioni. Di solito era sempre molto attenta quando la sua amica le raccontava i suoi scontri con il padre. O meglio, quando la ragazza dai capelli azzurri si sfogava con lei davanti ai continui ed inesorabili rifiuti del padre riguardo la decisione di Bibi di cambiare fazione. Tuttavia, da qualche giorno si sentiva... strana. Come fosse sotto ad un microscopio che, costantemente, teneva sotto controllo ogni suo movimento. Come se qualcuno si stesse prodigando a catalogare ogni minima sfaccettatura delle sue giornate.
In sintesi, si sentiva osservata.

“E poi, quando mi sono rivolta ad Igaram per avere supporto, ha detto 'lascia stare Igaram, questa è una discussione di famiglia'. Igaram! L'uomo che mi ha cresciuta da quando è morta mamma! Dimmi tu se questa è coerenza! Come può... Nami? Ti senti bene?”

La rossa si accorse che si stava perdendo dentro la sua stessa testa, e si sforzò di ritornare al presente.

“Sì, tutto bene. E hai ragione, tuo padre ha torto” rispose, offrendo a Bibi un sorriso forzato. La sua amica la guardò dubbiosa.
“Sicura? Sei... strana, ultimamente. Sei preoccupata per qualcosa?” chiese, e Nami fu veloce a tranquillizzarla. Non voleva sembrare paranoica se tutta questa storia si fosse risolta in un nulla di fatto. Forse tutto questo sospetto derivava esclusivamente dal fatto che Nami aveva, un segreto. I suoi incontri notturni con Zoro facevano parte della peggior categoria di crimini che si potessero commettere, e il senso di ansia che ne derivava era più che normale. Nami doveva pensare razionalmente. Non c'era alcuna ragione per nessuno di monitorarla, era stata attentissima. Nessuno sapeva nulla, e nessuno sospettava.
Eppure...

“Beh, sono un po' preoccupata per i test d'attitudine. Ma credo sia normale” rise Nami, rivolgendo a Bibi un sorriso. Sì, brava Nami, dirotta tutto verso una direzione sicura. Bibi rise con lei, e Nami fu sicura di averla convinta. Questo era un vantaggio, quando si aveva a che fare con i Candidi – o futuri Candidi, come in questo caso: erano convinti che tutti fossero come loro, incapaci di mentire. Nami, invece, era molto brava a dire bugie.
“Andiamo, Nami, stai scherzando? Tu sei il prototipo dell'Erudita! Se non passi i test tu...” la tranquillizzò Bibi, prendendole una mano in segno di sostegno. Nami la strinse tra le sue, felice di avere una persona che tifava per lei. Anche se Nami stessa non faceva altro che raccontarle un sacco di balle, ad ogni occasione. Beh, la rossa avrebbe anche potuto sentirsi in colpa per le sue menzogne, ma erano l'unico modo per mantenere sia la sua amicizia con Bibi che la sua relazione con Zoro. Il fine giustifica i mezzi, giusto?
“Grazie Bibi, avevo bisogno di sentirlo dire ad alta voce. E riguardo la tua scelta... il test attitudinale è in meno di un mese. Nemmeno tuo padre può falsificare il risultato del test” commentò, ricordandolo all'amica. In fondo, per quanto Nefertari Cobra potesse sacramentare, la scelta della Fazione era di Bibi e di Bibi soltanto. Nami era l'esempio perfetto del fatto che le volontà dei padri non potevano influenzare le decisioni dei figli.
“Già, il test attitudinale, ecco un altro problema aperto. Mio padre non vuole che lo faccia. Ma ti sembra possibile? Ha già contattato i vertici della Fazione per permettermi di non partecipare...” Bibi sbuffò sconsolata, lasciando cadere la fronte sulla superficie del tavolo. Le sopracciglia di Nami raggiunsero l'attaccatura dei capelli.
“Escluderti dalla partecipazione? Ma il test è obbligatorio per tutti...” mormorò, a mo' di domanda. Se Genzo avesse saputo che quella di escludere Nami era una possibilità, forse la rossa non avrebbe mai scoperto che il suo posto era tra gli Eruditi.
“Sta preparando i certificati medici per uno strano 'problema di salute' di cui, per inciso, non soffro. Sono sana come un pesce, io” borbottò Bibi, facendo ridere Nami. Beh, almeno la sua amica aveva ben chiaro a quale Fazione volesse appartenere. Anche se Cobra fosse stato in grado di farle saltare il test attitudinale, la scelta della Fazione era un obbligo a cui nessuno poteva sottrarsi, nemmeno la privilegiata famiglia Nefertari.
“In ogni caso, il giorno della Scelta io andrò tra i Candidi. Test attitudinale o meno” dichiarò infatti Bibi, con una decisione che rese Nami orgogliosa di lei. Certo, il suo istinto le diceva che c'era qualcosa di strano nell'ossessione di Cobra di tenere Bibi tra le fila degli Eruditi. Non era normale, e Cobra non aveva nessuna ragione se non quella di mantenere le sue ricchezze all'interno della Fazione – in fondo Bibi era la sua unica erede. Tuttavia non aveva tempo né energie per investigare le peculiarità delle ricche famiglie di Chicago, le sue attenzioni erano tutte focalizzate nel passare i test d'attitudine... e a mantenere la sua relazione con Zoro segreta. Aveva già abbastanza a cui pensare così, grazie tante.

Quando Bibi si voltò per ordinare un altro caffé per entrambe, Nami sentì di nuovo quella strana sensazione. Come se ci fossero tanti piccoli aghi che le pizzicavano la pelle, su tutta la schiena. C'era qualcuno che la stava osservando.
Si girò leggermente sulla sedia, fingendo di cambiare posizione, e accavallò le gambe di lato. Appoggiò il gomito sul tavolo e, con discrezione, voltò la testa in modo da prendere nel suo campo visivo l'intera sala.
E lo vide.
Il ragazzo moro era seduto ad almeno dieci tavoli dal suo, elegantemente appoggiato allo schienale della sua sedia. Sedeva a gambe aperte, segnale internazionale di sicurezza di sé, con le mani adagiate sul tavolo e una tazza di caffè fumante davanti a lui.
La stava fissando.
Il moro stava aspettando che Nami si accorgesse di lui, perché nel momento in cui i loro occhi si incontrarono il ragazzo sogghignò.
“Nami, che succede?”
La rossa fece un gesto verso la sua amica, senza interrompere il contatto visivo con il moro.
“Bibi, sai chi è quel tipo?”
La ragazza si avvicinò a Nami per poter vedere meglio, e fece un suono sorpreso.
“Nami! Hai attratto l'attenzione di Trafalgar Law?” squittì entusiasta, unendo le mani al petto e saltellando due volte sulla sedia. Nami alzò un sopracciglio, per nulla impressionata.
“Law è il ragazzo più ambito dell'intera Fazione! È intelligentissimo, un vero genio soprattutto in ambito medico, silenzioso ed introverso, concede la sua amicizia a pochissime persone e non è mai, mai, stato fidanzato prima d'ora! Inoltre... è bellissimo!” esclamò Bibi, con aria sognante. Nami non riuscì a trattenere una risata derisoria.
“Quindi mi stai dicendo che è un belloccio arrogante che usa la sua intelligenza per guardare gli altri dall'alto al basso?” sintetizzò Nami, con tono piatto. Bibi interruppe i suoi gridolini per osservarla come se le fosse cresciuto un terzo occhio.
“Ma... NAMI!” sputò la ragazza, incredula, per poi scoppiare in una fragorosa risata. Nami lanciò uno sguardo di sufficienza al ragazzo alle sue spalle, che voleva passare il semplice messaggio 'non sono interessata ma grazie comunque'. Law, per tutta risposta, le fece l'occhiolino. Nami scosse la testa e gli diede la schiena. Quel tipo non valeva il suo tempo, lei aveva già un uomo che le popolava i pensieri.
E se la sensazione di essere sotto scrutinio era colpa del moro poteva stare tranquilla. Il suo segreto era al sicuro.

 

*


Fazione Intrepidi

 

“Sei un cazzo di Divergente? Rufy, rispondi!”

Zoro stava andando in panico, e non andava bene. Rufy era ancora silenzioso, ma i suoi occhioni lustri e il fatto che si stesse martoriando il labbro inferiore non lasciavano alcun dubbio. Il suo migliore amico, il ragazzino a cui aveva dato la sua devozione, e la sua lealtà... era un divergente. Una minaccia per la società. E Zoro avrebbe dovuto consegnarlo alle autorità della Fazione perché venisse giustiziato.
Che merda di situazione.

“Rufy?” chiese ancora Zoro, sperando che il ragazzino potesse dirgli qualcosa, qualunque cosa, per cancellare quella orribile possibilità. Gli sarebbe bastato un nonnulla, un appiglio anche minuscolo, per potersi giustificare, per chiudere entrambi gli occhi e lasciarlo andare. Qualunque cosa...

“Sì”.

Rufy era chiaramente spaventato, ma la sua voce era uscita forte e chiara. Era sia un segno di forza, del fatto che il moretto non si vergognava di quello che era, sia una dimostrazione dell'amicizia, della fiducia che Rufy riponeva in Zoro.

E che Zoro fosse dannato, non l'avrebbe deluso. Mai e poi mai. Vaffanculo la Fazione, e vaffanculo le regole sui divergenti. Quello era Rufy, e Zoro non l'avrebbe condotto al patibolo con le sue stesse mani.

“Okay... okay. Beh, no, non c'è nulla di okay in tutto questo ma...” Zoro si interruppe nel momento in cui vide Rufy tremare. Era solo una mano, quella ancora appoggiata al bracciolo della poltrona. Rufy non sembrava nemmeno essersene accorto, impegnato com'era nel mantenere l'apparenza di compostezza. Zoro si sentì stringere il cuore. Con due lunghi passi raggiunse Rufy, si inginocchiò davanti a lui per essere alla sua stessa altezza, e gli posò le mani sulle spalle.
“Risolveremo tutto, Rufy, te lo prometto. Io non lascerò che lo sappiano, hai capito? Nessuno ti farà del male, nessuno” disse, guardando il ragazzino negli occhi. Vide le sopracciglia di Rufy alzarsi leggermente; poi l'intero corpo del ragazzino si rilassò, e le sue labbra si stirarono in un sorriso a trentadue denti.
“Lo sapevo che potevo contare su di te, Zoro! Noi siamo amici, e lo saremo per sempre” rispose Rufy, buttandosi di peso su Zoro e stringendolo in un abbraccio spezza-ossa. Zoro sentì la cassa toracica stritolarsi, ma per una volta non disse nulla limitandosi a restituire l'abbraccio. A Rufy servivano certezze, e Zoro gliene avrebbe date. Tutte quelle che sarebbero servite.

“Quanto cazzo ci state mettend... Oi che succede qui?”

Zoro, allarmato, girò su se stesso . Era stato talmente preso dalla necessità di rassicurare Rufy che non aveva sentito la porta aprirsi. Ed ora la testa di Sanji faceva capolino dalla porta d'ingresso, e l'espressione scioccata negli occhi cobalto non faceva presagire nulla di buono.

Ora, Zoro aveva due possibilità: poteva raccontare una balla – l'ennesima – e dire a Sanji che Rufy si era sentito male durante il test, oppure che la macchina aveva fatto cilecca e il test era stato cancellato; oppure, poteva dare fiducia a Sanji e raccontargli la verità. Un alleato avrebbe fatto loro comodo.
Zoro guardò Rufy, che si era irrigidito sulla sedia alla presenza di Sanji. Probabilmente non sapeva se poteva fidarsi anche di lui... con Zoro aveva fatto un azzardo, ma aveva vinto. Valeva la pena scommettere di nuovo? Zoro non lo sapeva, ma avrebbe lasciato la decisione a Rufy. Scambiò uno sguardo d'intesa con il moro e fece un passo laterale, mettendosi da parte.
“Ragazzi... cominciate a spaventarmi” commentò Sanji, cercando di alleggerire la tensione della stanza. Rufy guardò il biondo negli occhi per un interminabile secondo. Poi, occhi su Zoro, annuì una volta.

“Sanji, vieni dentro e chiudi la porta”.


Grazie a chi sta ancora seguendo questa storia, e grazie ai nuovi lettori! Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, è sempre bello leggere i vostri commenti! 
Auguri di Buon Anno (in ritardo) e un abbraccio a tutti!
KJ

 

   
 
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