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Autore: dreamlikeview    04/01/2020    3 recensioni
Draco Malfoy è un giovane ricco, viziato e dal cuore di pietra, o così sembra, troppe delusioni d'amore l'hanno portato alla conclusione che l'amore non esista. Harry Potter sogna il vero amore ed è disposto a tutto pur di trovarlo. Quando si imbatte in Draco, crede di averlo trovato, ma quest'ultimo gli spezza il cuore. Tuttavia, tre visite particolari durante la notte della vigilia di Natale, faranno capire a Draco che ha bisogno di cambiare vita, altrimenti potrebbe giungere a tragiche conseguenze.
[Drarry, Christmas Edition, AU, liberamente ispirata a "A Christmas Carol" di C. Dickens]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, la storia è scritta senza fini di lucro, ma per mero divertimento personale e con essa non intendo offendere nessuno, giurin giurello. I personaggi tendono ad essere OOC. È ispirata al celebre racconto di C. Dickens, “A Christmas Carol”.

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Last Christmas. 



Draco Malfoy era un mago purosangue, discendente dalle due famiglie più ricche e nobili della comunità magica inglese, i Black da parte di madre, i Malfoy da parte di padre. Fin da quando, dieci anni prima, aveva perso i suoi genitori, la sua vita era cambiata. A soli diciassette anni, si era ritrovato da solo in una casa enorme, a gestire uno smisurato patrimonio. Per i primi tempi aveva sofferto senza i suoi genitori e quell’enorme dimora era diventata sempre più vuota, sempre più grande e opprimente. Vittima della solitudine, Draco aveva cercato disperatamente qualcuno con cui condividere la sua vita, la sua eredità, il suo cuore, ma presto aveva scoperto che le persone che gli si avvicinavano lo facevano solo per la sua posizione economica e sociale. Per un periodo, fino ai vent’anni, Draco aveva creduto di essere amato da quattro ragazzi, tutti si erano divertiti con lui e, dopo avergli spillato ingenti somme di denaro o qualche ruolo importante nella società, erano spariti nel nulla. Draco aveva sofferto ogni volta, ma dopo l’ultima volta, capì come funzionavano le cose e si fortificò. Decise che non si sarebbe fatto più ingannare da nessuno. Pian piano, col passare del tempo, delle nottate occasionali passate con sconosciuti, delusione dopo delusione, il cuore di Draco si indurì così tanto che smise di provare qualunque tipo di sentimento. Nessuno meritava il suo interesse, neanche un ragazzo occasionale.
Si rinchiuse nel suo Manor, circondato dai suoi fedeli elfi, chiudendo il suo cuore a chiunque. Acquistava tutto ciò che voleva: statue, quadri, gioielli, organizzava feste sfarzose, ma a parte membri della società alta, non aveva nessun altro con cui condividere la vita. Aveva anche organizzato delle aste per vendere alcune cianfrusaglie che sembravano prive di valore e aveva guadagnato il doppio del loro prezzo. Spendere e acquistare era diventato uno dei suoi passatempi preferiti, amava andare alla ricerca di pezzi unici da comprare e rivenderli al miglior offerente. Acquistava sempre tutto in piena legalità, non era uno sprovveduto, ogni volta si faceva rilasciare i certificati.
Gli amici lo avevano abbandonato dopo la morte dei suoi genitori, i suoi parenti in vita erano più freddi del marmo delle sue statue e lui divenne come loro. Insensibile ai sentimenti, privo di qualunque bontà, menefreghista dei sentimenti altrui.
Dieci anni passarono in fretta, tra feste, aste e vita sregolata, Draco era convinto che la sua vita fosse perfetta così, di non aver bisogno di nessun altro se non della sua magia, dei suoi elfi e del suo conto bancario, che, grazie alle aste, non si esauriva mai. Era convinto di poter continuare a vivere per sempre in quel modo, privo di amici e di affetto.
Non sapeva ancora che presto tutto quello sarebbe finito, perché arrivò il giorno in cui conobbe Harry Potter.
 
Harry era un mago mezzosangue, figlio di un padre purosangue, James Potter e una madre nata babbana, Lily Evans, entrambi Auror. Viveva con loro, avevano un ottimo rapporto e amava entrambi con tutto il suo cuore. Non era nobile, non era ricchissimo, ma aveva lavorato duramente per studiare e per diventare un guaritore. Lavorava al San Mungo, l’ospedale dei maghi e a ventisette anni da poco compiuti era in lizza per diventare caporeparto. Non amava gli eventi pacchiani, lui preferiva trascorrere le sue serate libere con i suoi migliori amici, Ron Weasley ed Hermione Granger e con la sua adorata nipotina/figlioccia Rose, la figlia dei suoi migliori amici, che erano convolati a nozze qualche anno dopo la fine della scuola. Si erano conosciuti a Hogwarts e non si erano più lasciati. Harry non aveva mai avuto un buon rapporto con l’amore, anche se vi credeva fermamente, era sempre stato abbastanza timido e imbranato sia con le ragazze che con i ragazzi, aveva avuto qualche storia seria, ma che era finita a causa di incomprensioni o perché uno dei due non era realmente coinvolto. Una di queste era stata con la sorella minore di Ron, Ginny. Lei era da sempre stata invaghita di lui, era una ragazza piacevole, così Harry provò ad instaurare una relazione con lei; erano stati insieme un anno e mezzo, ma poi si erano accorti che né lei né lui erano davvero innamorati, ruppero senza troppe lacrime o tragedie, restando buoni amici e tutti presero la cosa abbastanza bene, soprattutto quando Ginny trovò il vero amore.
Aveva avuto una storia con Cedric Diggory, un ragazzo più grande di lui di tre anni, ma neanche con lui aveva funzionato, non avevano niente in comune e di certo non poteva uscire con una persona solo perché era di bell’aspetto. Harry aveva un’idea romantica di amore che difficilmente era possibile da riscontrare nella realtà, ma che vedeva costantemente nei suoi genitori, voleva essere amato nello stesso modo in cui suo padre amava sua madre; non gli dispiaceva neanche il modo in cui Sirius, il suo padrino, amava il suo compagno, Remus. Lui voleva quel tipo d’amore che era capace di togliere il fiato, di lasciare a bocca aperta, di far battere il cuore all’impazzata. Voleva una persona con cui scherzare e ridere, con cui parlare di cose stupide e pomiciare come due ragazzini innamorati. Voleva quello che nelle favole era chiamato vero amore, ma che era un’utopia da trovare nella realtà. Sebbene tutti gli dicessero che trovare una persona così fosse pressocché impossibile, lui credeva fermamente nelle sue idee e nessuno avrebbe potuto togliergliele.
La conferma che il vero amore esisteva, la trovò quando, per puro caso, incontrò Draco Malfoy e fu amore a prima vista, ma quello, si sarebbe reso conto presto, era quel tipo d’amore capace di far male al cuore e all’anima, era un amore per il quale doveva essere pronto a soffrire e a lottare, perché Draco Malfoy non era una persona facile né da conquistare né da tenere nella propria vita. Ma Harry era convinto che l’amore potesse superare ogni cosa.
 
§§§
 
Era un giorno come un altro al Malfoy Manor, Draco era impegnato nello studio di un importante manufatto che gli sarebbe valso decine di migliaia di galeoni ed era felice di avere quell’oggetto tra le mani. Stava eseguendo un complicato incantesimo di diagnostica, i capelli biondi leggermente lunghi, gli cadevano morbidi davanti al viso e ogni tanto doveva scacciarli con un braccio per vedere meglio, quando Dobby, uno dei suoi elfi, andò a chiamarlo, annunciando che ci fosse qualcuno sulla porta di casa, che chiedeva di lui. Il biondo alzò gli occhi al cielo e lasciò il lavoro, per andare a scacciare in malo modo il disturbatore. Si tolse i guanti bianchi e salì le scale dal sotterraneo al piano di sopra lentamente e raggiunse la porta. Lì c’era un bell’esemplare di ragazzo: spalle larghe, statura media, non troppo alto, occhi verdi circondati da occhiali e capelli neri arruffati. Beh, la faccenda iniziava a farsi interessante.
«Buongiorno» lo salutò cordialmente il ragazzo, aveva anche la voce profonda, bene «Lei è il signor Malfoy?»
«Sì» fece il biondo «Con chi ho il piacere di parlare?»
«Mi chiamo Harry Potter» disse il giovane porgendogli la mano, Draco la afferrò per pura educazione «Lavoro al San Mungo, stiamo organizzando una festa di beneficenza per raccogliere i fondi per finanziare una nuova ala dell’ospedale, per accogliere i bambini orfani» disse facendosi avanti «Sono qui perché…»
«No» rispose il padrone di casa interrompendolo «Non ho tempo per queste cose, signor Potter» disse sprezzante «Se ne vada».
«Ascolti, la prego, ci pensi almeno» disse porgendogli una cartolina «Per favore, siamo vicini a Natale».
«Che baggianate» fece il biondo scuotendo la testa «Senta, veda di lasciarmi in pace, ho molto lavoro da portare avanti».
«Ma certo, mi scusi per il disturbo».
Draco, senza neanche salutarlo, voltò le spalle e ritornò nel sotterraneo, Harry guardò l’elfo che stava per chiudere la porta e gli allungò la cartolina.
«Se il tuo padrone cambia idea, sa dove trovarci» affermò, prima di andare via. L’elfo guardò la cartolina e sorrise, il suo padrone trascorreva troppo tempo in quella casa da solo, aveva bisogno di uscire e di incontrare altre persone, oltre ai clienti e alle sue insulse conquiste. Lo avrebbe convinto a partecipare a quella serata, perché Harry Potter gli sembrava la persona adatta al padrone.
 
 
Alla fine, Dobby era riuscito nel suo intento: lo aveva davvero convinto ad andare a quella festa di beneficenza. Draco si disse che doveva rivedere il suo rapporto con gli elfi, suo padre aveva sempre avuto ragione, non avrebbe mai dovuto dare troppa confidenza a quelli che avrebbero dovuto essere degli schiavi. Nonostante il suo caratteraccio, non era riuscito a fare come suo padre voleva e quando lui era morto, li aveva liberati, ma aveva permesso di restare a coloro che lo desideravano, tra essi c’era Dobby e tra tutti gli elfi era quello che cercava sempre di aiutarlo, anche quando lui non voleva. Il padrone potrebbe incontrare Harry Potter, a Dobby Harry Potter è sembrato un bravo ragazzo, al padrone potrebbe piacere Harry Potter! – e lo aveva convinto, la possibilità di incontrare quel bel bocconcino era stata un valido incentivo, ma lui non c’era. Maledetto elfo.
Così Draco aveva passato la maggior parte della serata con il broncio, grugnendo infastidito per la maggior parte del tempo, ingurgitando drink e tartine, senza neanche pensare a fare una donazione. Non era da lui sprecare denaro per la beneficenza, cos’era una banca per poveri? Era andato solo perché il suo elfo domestico gli aveva estorto la promessa di andarci, per frequentare persone nuove. Alla fine, però le cose erano cambiate: ad un certo punto, Harry Potter era comparso, con occhio critico, Draco aveva constatato che lo smoking gli stava bene e valeva davvero la pena stare lì. Il moro gli aveva sorriso e gli aveva offerto un drink e lo aveva invitato a ballare con lui, il biondo aveva accettato riluttante l’idea. Anche se non l’avrebbe mai ammesso con l’altro ragazzo, Draco si era divertito come mai in vita sua, non ricordava di potersi divertire così con qualcuno. Eppure quell’Harry aveva qualcosa di particolare, qualcosa che lo attirava verso un abisso apparentemente oscuro e impenetrabile, ma era così affascinante e carismatico che non si accorse di ciò che stava accadendo. Il moro riuscì a convincerlo anche a fare una piccola donazione per l’ospedale, con la promessa, però che sarebbe andato a casa sua a una delle sue aste. Così era stato: una settimana dopo Harry era andato ad assistere all’asta organizzata da Draco, durante la quale aveva venduto un prezioso artefatto magico, appartenente a un’epoca antichissima e avevano trascorso un’altra meravigliosa serata insieme. Il giovane rampollo dei Malfoy avrebbe voluto concludere tutto quella sera con una sana scopata, ma Harry lo aveva invitato ad uscire e lui, come un idiota, aveva ceduto davanti a quegli occhi verdi, ma si ripromise che lo avrebbe mollato subito, dopo la prima scopata. Fu un primo appuntamento galante e romantico, cenarono in un locale modesto a lume di candela, fecero una passeggiata per le strade della città e Harry baciò Draco prima di farlo rientrare in casa. Draco avrebbe voluto invitarlo ad entrare e farlo restare per la notte, ma l’altro non entrò neanche in casa, ma dopo il terzo appuntamento, accadde: fecero l’amore nell’immensa camera di Draco e fu perfetto e meraviglioso, così tanto che il biondino si spaventò a morte, quando il giorno dopo si svegliò con il moro ancora accanto a sé. Dobby portò loro la colazione a letto e obbligò Harry a restare, contrariamente al volere di Draco: lui non permetteva a nessuno di restare, doveva essere stato troppo stanco per mandarlo via; per una sola volta non sarebbe cambiato nulla, si disse.
Invece tutto cambiò.
Si rese presto conto che Harry gli piacesse un po’ troppo, allora gli inviti a casa sua aumentarono, così come aumentarono le sue donazioni al suo orfanotrofio, perché pensava che così facendo, avrebbe tenuto il ragazzo vincolato a sé, per tutto il tempo che avrebbe voluto, così non sarebbe andato via come tutti gli altri (dopotutto, Harry era davvero diverso da tutti gli altri ragazzi che aveva conosciuto fino a quel momento). E, di fatto, così accadde.
Passò quasi un anno, durante il quale il moro era diventato un regolare frequentatore di casa Malfoy e si era innamorato di Draco, così almeno aveva detto una volta, gelando il sangue nelle vene del biondo, che aveva fatto cadere l’argomento, senza rispondere. Dal suo punto di vita, Harry non capiva cosa fosse accaduto tra di loro, ma era felice dal giorno in cui Draco Malfoy era entrato nella sua vita e glielo ripeteva ogni volta che poteva.
Avevano trascorso un’altra piacevole serata insieme e si era trattenuto a casa sua, come faceva spesso ultimamente, l’aria di dicembre era gelida e lui adorava rannicchiarsi sotto le coperte con il suo ragazzo, stringerlo e coccolarlo, soprattutto quando il biondo sembrava avere incubi, amava prendersi cura delle persone a cui teneva.
Quando si svegliò accanto al biondo, strusciò il naso contro il suo collo, respirando il suo profumo.
Draco era il suo quasi ragazzo, non erano propriamente ufficiali, ma nessuno dei due vedeva altre persone e Harry passava più notti nel letto del biondo che nel suo. Si era innamorato di lui senza neanche accorgersene, Draco poteva apparire viziato, insensibile e senza cuore, ma a lui aveva mostrato la sua parte migliore, donava spesso in beneficenza alla sua associazione, era premuroso quando facevano l’amore e Harry sapeva che soffrisse per la morte dei suoi genitori e per qualche altra cosa di cui non aveva mai parlato, eppure lui sapeva che dentro celasse il suo dolore. Era bravo a farlo, questo era fuor dubbio, ma Harry era fiducioso, prima o poi ne avrebbero parlato, stavano insieme dopotutto, no?
«Buongiorno» soffiò nel suo orecchio, Draco si rigirò tra le sue braccia e premette le labbra sulle sue e Harry non riuscì ad evitarsi di sorridere. Dobby, come tutte le mattine, si materializzò con il vassoio della colazione tra le sue piccole mani. Harry amava quella quotidianità, amava passare il tempo con Draco, amava anche guardarlo mentre lavorava all’organizzazione delle sue aste, gli piaceva passare il tempo con lui; se solo Draco gliel’avesse permesso, avrebbe potuto donargli tutto ciò che desiderava, anche se sembrava avere già tutto.
«Padron Draco, Harry Potter! Dobby ha portato la colazione» esclamò facendo volare il vassoio verso il comodino.
«Grazie mille, Dobby» disse Harry sorridendo. L’elfo esultò e fece un inchino, poi sparì, lasciandoli di nuovo soli.
Il moro afferrò il vassoio e lo mise fra di loro, guardando il biondo con uno sguardo innamorato da far venire i brividi, ma Draco non vi badò, aveva la mente altrove. Mentre facevano colazione, Harry alzò lo sguardo verso il biondo e sorrise dolcemente, l’altro faceva sempre una strana smorfia quando beveva il tè ed era troppo caldo.
«Vorrei chiederti una cosa» disse mentre teneva tra le dita tremanti una fetta di pane imburrato.
«Okay».
«Natale è tra due giorni, io… mi chiedevo se ti andava di venire a casa mia, sai… per presentarti ai miei. Non fanno che chiedermi dove passi tutte le notti e…»
«No» rispose Draco interrompendolo bruscamente «Harry, ne abbiamo già parlato».
«Ma stiamo insieme da un anno… Draco, ti prego».
«Non faccio queste cose» affermò «Non chiedermi di farle».
«Con queste cose, intendi passare il Natale con il tuo ragazzo?»
«Non sei il mio ragazzo» rispose il biondo, scuotendo la testa; Harry sentì il cuore incrinarsi, credeva che avessero superato da un pezzo quella fase «Harry, già te l’ho detto. Abbiamo messo in chiaro questa cosa centinaia di volte. Noi ci divertiamo. Cosa c’è? La tua campagna di beneficenza ha bisogno di altri soldi?» chiese con freddezza.
Il moro si gelò e rimase per un attimo paralizzato. «Io… cosa?» sbatté le palpebre incredulo «Cosa c’entra?»
«Niente, lascia perdere. Comunque ho detto no».
«No, spiegamelo» ribatté Harry «Che significa? Cosa c’entra la campagna di beneficenza? Tu…» deglutì «Lo fai solo perché ci… frequentiamo?»
«No, perché scopiamo» fece il biondo alzandosi e accendendosi una sigaretta, mentre si avvicinava alla finestra «Andiamo, non fare il melodrammatico adesso, sai come la penso». Non capiva le sue parole, di cosa diavolo stava parlando? Perché ad un tratto si sentiva a disagio, spezzato e triste? Perché si sentiva sporco?
«Draco…» la voce di Harry si spezzò «I-io ti amo» fece con la voce così piccola e tremante che per un secondo, anche il biondo, nella sua freddezza, rabbrividì «Perché mi tratti così? C-Cosa ti ho fatto?»
«Sei appiccicoso» rispose l’altro aspirando «Davvero, Harry, io non sono il tuo ragazzo, non ti ho mai illuso su questo, ci frequentiamo, scopiamo e ti ringrazio per le belle serate donando soldi in beneficenza… sbaglio o non sei più andato via?» gli chiese.
Una lacrima scivolò lenta sul viso del moro, ma Draco non vi fece caso, Harry era distrutto, non credeva di essere stato tanto sciocco da non capire. Aveva sempre creduto che lo facesse perché in fondo sentiva che donare ai bisognosi fosse un’opera di bene, invece… lo faceva solo perché scopavano, perché secondo lui restava solo per quello.
«Ah» fece atono il moro. Si alzò dal letto e si voltò, iniziando a raccogliere le sue cose, improvvisamente era a disagio davanti a Draco, soprattutto mezzo nudo «Mi fai così superficiale? C-Credi davvero che… che io faccia sesso con te solo per la campagna?»
«Perché altro dovresti farlo?» domandò il biondo voltandosi verso di lui e guardandolo «Non sei venuto tu qui ad invitarmi alla tua stupida festa di beneficenza?» gli chiese con crudeltà «Non sei rimasto perché ti pago?»
«Ma… io» Harry deglutì mordendosi le labbra «Draco, io ti amo…» ripeté, i suoi occhi erano pieni di lacrime, si sentiva alla stregua di una prostituta, non si era mai sentito tanto umiliato e a disagio, mentre i suoi sentimenti venivano schiacciati come piccole formiche.
Draco alzò gli occhi al cielo «Smettila, l’amore è per i deboli» dichiarò con freddezza «Suvvia, non offenderti, alla fine io ottengo del gran bel sesso e tu ottieni i fondi che ti servono per i tuoi orfanelli».
Il cuore di Harry, dopo quelle parole, si crepò in mille pezzi. Aveva creduto davvero che ci fosse del buono in Draco, credeva davvero che potesse amarlo in qualche modo. Si era innamorato di una sua idea, di un ideale di quel ragazzo, che non rappresentava la realtà. Aveva l’aspetto di un angelo, ma in realtà non lo era affatto.
«V-Vado» disse piano, dopo essersi rivestito «Io…» alzò lo sguardo su di lui, si sentiva ferito, deluso, amareggiato «Quindi non…?» tentò un’ultima volta, giusto per potersi ricredere, poter correre da lui e baciarlo. Ma il biondo frantumò ogni sua speranza, ogni suo sogno con la sua risposta cinica e priva di qualunque sentimento.
«Non ti amo, no» rispose «Ma facciamo del gran bel sesso, mi piacerebbe che la nostra abitudine rimanesse».
«Non sono la tua puttana» disse il moro a denti stretti «C-Credevo che stessimo costruendo qualcosa qui, invece… mi sono solo illuso» realizzò piano, deglutendo.
«Non ti ho mai dato false speranze. Non ti ho mai detto che ti amo. Tu lo dici fin troppo spesso, ma ho cercato di essere delicato e di non farti male».
«Ma mi hai trattato come una puttana» scosse la testa, trattenendo le lacrime; avrebbe pianto a casa sua, al sicuro, dove nessuno avrebbe potuto vederlo così devastato «Pensavo- niente, lascia perdere» disse piano «Addio, Draco».
Si smaterializzò in un secondo e Draco rimase a fissare il vuoto davanti a sé. Fece una scrollata di spalle e gettò via la sua sigaretta ormai finita, poi raggiunse il suo sotterraneo e vi rimase fino a notte fonda, per lavorare a dei progetti. Non pensò a Harry per tutto il giorno, non gli importava di lui, lui non era uno che si innamorava, lui faceva sesso e basta. Durante la sera, provò una strana sorta di fastidio, quando non vide Harry arrivare come al solito, ma decise di andare a letto e di smettere di pensare al moro. L’amore non era per lui.
 
§§§
 
Draco aprì gli occhi e si stupì di non essere a casa sua, nel suo letto. Era nel giardino di casa Zabini.
Blaise Zabini era stato il suo migliore amico, lo aveva conosciuto durante la formazione pre-scolastica, quando entrambi frequentavano le lezioni private di Severus Piton, prima di andare a Durmstrang. Blaise era una specie di fratello per Draco, passavano insieme la maggior parte del tempo, a scuola erano compagni di dormitorio, andavano in vacanza insieme ogni estate e l’amico fu il primo a scoprire l’omosessualità del biondo. Tuttavia, Blaise venne a mancare un anno dopo l’ultimo anno di scuola. Stette male per alcuni giorni durante l’estate e quando andarono al San Mungo, gli dissero che fosse vittima di una rara maledizione del sangue, forse di trasmissione genetica, ma non seppero dire altro. Blaise morì l’anno successivo, dopo aver sofferto le pene dell’inferno. Draco era rimasto accanto a lui per tutto il tempo, lo aveva aiutato a fare qualunque cosa, non lo aveva mai lasciato da solo e aveva sempre cercato di tirargli su il morale.
Il giorno della sua morte fu devastante per il biondo. Blaise era tutto quello che Draco non riusciva ad essere: simpatico, carismatico, sarcastico, ma anche incredibilmente buono e gentile.
Quello doveva essere un sogno, altrimenti non si spiegava la cosa; gli Zabini avevano venduto la loro villa dopo la morte di Blaise e si erano trasferiti in Francia. Non aveva senso. Perché era lì? Perché il suo subconscio doveva riportare alle mente cose così dolorose? Draco aveva provato a seppellire quel dolore dentro di sé, sotto montagne di cattiveria e di insensibilità. Sembrava essere riuscito nell’intento, ma bastava un sogno abbastanza realistico a riportare alla mente tutto.
«Ti ricordi quando giocavamo qui?» chiese una voce alle sue spalle.
Sentendo quella voce, Draco sobbalzò, si voltò verso il punto da cui essa proveniva e spalancò gli occhi: non poteva essere vero. Quello non poteva essere… «Blaise?»
«Come va, Malfoy?» chiese il moro, sorridendo «Ehi, che faccia, sembra che tu abbia visto un fantasma!»
«Ma che diavolo sta succedendo?» chiese il biondo, guardandosi intorno «Dove siamo?»
«Nella tua testa, ovviamente» scherzò il fantasma «Io sono stato mandato solo per avvisarti, Dray».
«Avvisarmi? Di cosa?»
«Ti stai rovinando con le tue mani, amico mio» disse lo spirito dell’amico «Non puoi privarti delle cose belle solo perché hai paura di soffrire ancora».
«Di cosa… stai parlando?»
«Del bel moretto che ti scopi» Blaise si sedette teatralmente sull’altalena che c’era nel giardino e vi fluttuò sopra «Sai, non va bene come lo hai trattato, tu non sei così» fece il moro «Dov’è il ragazzo che si entusiasmava e amava la vita?»
«Quel ragazzino non c’è più, è cresciuto» rispose con tono sprezzante «E tutto questo non è reale».
«No, è solo frutto della tua immaginazione» rispose Blaise, smettendo di fluttuare e avvicinandosi a lui, acquisendo un’aria più seria «Ma ascoltami, verranno da te tre spiriti a te familiari e ti mostreranno il tuo passato, il tuo presente e il tuo futuro» lo avvertì il fantasma «Cerca di comprendere cosa stai sbagliando e cerca di porvi rimedio. Siamo vicini a Natale, è tutto possibile».
«Tu amavi il Natale» ricordò Draco, sentendo un po’ di dolore nel cuore «Mi manchi, Blay» confessò il ragazzo, provò ad abbracciarlo, ma gli passò solo attraverso e sentì una strana fitta dentro di sé. Aveva sempre avuto bisogno di Blaise, lui era sempre stato la sua roccia e da quando non c’era più, Draco si era sentito terribilmente solo e senza speranza. Neanche nel suo sogno riusciva ad abbracciarlo ed era tremendamente ingiusto.
«Anche tu, Dray».
«Non voglio perdere nessun altro, ha fatto male con te, ha fatto male con i miei, fa sempre male quando le persone se ne vanno…» nei sogni poteva ammettere ciò che lo faceva soffrire, giusto? Con Blaise poteva ammetterlo.
«Draco, smettila di farti del male e di far del male agli altri, non sei destinato a restare solo».
«Fa meno male così, nessuno può ferirmi».
«Ti ferisci da solo e credimi, quando te ne renderai conto, sarà troppo tardi. Adesso non è tardi, Draco, puoi uscire da questo tunnel che ti sei scavato da solo, abbatti i tuoi muri e permetti alla gente di conoscerti e di amarti».
«Blaise…»
«Lo sai anche tu, sei una persona splendida, devi solo ricordarlo anche tu» disse il fantasma «Hai sempre ascoltato i miei consigli, non smettere adesso».
Draco aprì la bocca per rispondere, ma poi la richiuse e restò in silenzio, cercando di metabolizzare ogni cosa, era assurdo, era surreale ed era impossibile; certo, in un mondo di maghi e di streghe tutto era possibile, ma che uno spirito visitasse i suoi sogni, era completamente privo di qualsiasi senso. Come era possibile che il suo defunto amico fosse andato a trovarlo nei suoi sogni e sapesse ogni cosa? Doveva essere per forza il suo inconscio che gli giocava qualche brutto scherzo.
«No, passo. Non starò qui ad ascoltare le fandonie di un fantasma frutto della mia immaginazione» disse il biondo «Troppe ore di lavoro mi hanno fatto male, oppure Dobby ha messo qualcosa di troppo nella mia cena».
«Non hai cenato e spero per te che mi ascolterai» disse lo spirito guardandolo «Io ho fatto il mio dovere, Draco, sta’ attento» lo mise in guardia. Draco alzò gli occhi al cielo e smise di ascoltare. Voleva solo svegliarsi e tornare alla sua vita normale, come poteva svegliarsi dal sogno? Si massaggiò le tempie e prese un profondo respiro.
«Come faccio a svegliarmi?» chiese voltandosi verso lo spirito, tuttavia quando si girò non vide più Blaise. La cosa più strana fu vedere l’armadio della sua camera, esattamente dove il fantasma, poco prima, stava fluttuando. Un leggero brivido di terrore attraversò la sua schiena, ma lo ignorò. Si adagiò sul letto e inavvertitamente sfiorò il cuscino su cui aveva dormito Harry, cercò di scacciare il pensiero del moro dalla sua mente, ma non ci riuscì. Chiuse gli occhi e provò a dormire, forse quell’assurdo sogno sarebbe finito prima o poi. Pochi minuti dopo si lasciò andare completamente al sonno e decise di smettere di pensare a tutte quelle assurdità, non gli faceva bene.
 
L’orologio a pendolo nell’immensa sala da pranzo – era un pezzo d’antiquariato pregiatissimo, lo aveva ereditato da un antenato, valeva molto e Draco aspettava solo di piazzarlo a un buon offerente – rintoccò la mezzanotte. Il giovane si rigirava nel letto, cercando calore in quel posto che quasi per un anno era stato occupato. Non riusciva a dormire bene, con Harry era più facile, perché quando era agitato, quel maledetto ragazzo riusciva a tranquillizzarlo con quelle sue assurde carezze.
No, non gli mancava Harry, ma con lui era più semplice dormire, ecco tutto. Si rigirò ancora e l’orologio rintoccò ancora la mezzanotte. Draco aprì gli occhi stizzito, afferrò la sua bacchetta e si alzò dal letto per raggiungere il piano di sotto e bloccare con un incantesimo quel dannatissimo orologio. Doveva aggiustarlo, non aveva mai fatto tutto quel rumore, ricordava che suo padre lo avesse incantato in modo che non facesse rumore durante la notte; gli aveva raccontato una volta, a causa di quell’infernale orologio, quando era un bambino, durante la notte si svegliava piangendo quando rintoccava l’ora e poi i suoi genitori erano costretti a portarlo in mezzo a loro per tranquillizzarlo.
L’orologio suonò ancora per la terza volta e appena Draco lo raggiunse, puntò la bacchetta verso di esso. Non fece in tempo a pronunciare l’incantesimo che la finestra si spalancò e un vento gelido lo raggiunse, facendolo rabbrividire.
«Ma che diavolo…?» si chiese guardandosi intorno «Dobby! Hai lasciato la finestra aperta, stupido elfo!» sbraitò, puntando la bacchetta contro la finestra per richiuderla. Non appena essa fu richiusa, sentì un applauso alle sue spalle.
«Non sei mai stato un ragazzo facile, ma penso che il tempo abbia contribuito a tirare fuori il peggio di te» disse una voce terribilmente familiare alle sue spalle. Draco si immobilizzò e rabbrividì, conosceva quella voce. «Ah sì, hai sempre detestato quest’orologio, mi chiedevo quando avessi intenzione di venderlo».
Lentamente, il giovane si voltò verso quella voce e quasi svenne di fronte alla scena che gli si presentò davanti: suo padre – o almeno il suo spirito – era seduto sulla sua poltrona, teneva in una mano la sua pipa e un bicchiere di whisky incendiario. Cosa diavolo stava succedendo nella sua vita? Prima la visione di Blaise, adesso suo padre. Stava impazzendo, vivere da solo in quell’enorme Manor lo stava facendo impazzire, non c’era altra spiegazione.
«P-Padre» esalò.
«Ciao Draco» fece Lucius Malfoy, sorridendo al figlio «Mi sei mancato» gli disse. Draco ebbe l’impulso di corrergli incontro e abbracciarlo, ma non lo fece per due motivi: a) era un Malfoy, i Malfoy non si lasciavano trasportare dalle emozioni; b) suo padre era morto, quindi quello era un fantasma, non poteva abbracciarlo, anche con Blaise non aveva funzionato. Ma che razza di sogno era quello?
«Anche tu… ma cosa…?»
«Non abbiamo tempo, ragazzo mio» fece Lucius alzandosi e facendo sparire ciò che aveva in mano «Sei stato avvertito da Blaise, vero?»
«Sì, ma non capisco, cosa devo fare?»
«Seguimi» disse suo padre, porgendogli la mano; Draco esitò giusto per qualche istante, prima di dirsi che quello fosse solo un sogno e che quindi tutto poteva essere possibile. Lucius gli afferrò la mano e lo strappo della smaterializzazione lo prese alla sprovvista come sempre, non credeva che anche nei sogni potesse essere così strano smaterializzarsi – lui preferiva spostarsi via camino o usare la scopa, non ci teneva a soffrire in quel modo. Quando riaprì gli occhi, Draco fu sorpreso di trovarsi di nuovo nel Manor, ma qualcosa era diverso: un enorme albero di Natale colorato lampeggiava al centro dell’enorme salone, c’erano decorazioni magiche che illuminavano la stanza e un bambino che svolazzava sulla sua scopa, cercando di afferrare le fatine che illuminavano l’albero.
«Sono io…?» chiese al padre. Lucius annuì. Il piccolo Draco gli passò di nuovo accanto, ridendo, mentre la sua balia lo inseguiva per portarlo al piano di sopra.
«Voglio afferrare tutte le fatine!» urlò se stesso piccolino, che continuava a volare. Passò davanti a sua madre, che gli sorrise in modo dolce e suo padre gli rivolse un’occhiata un po’ severa, ma ugualmente gioiosa.
«Me lo ricordo» sussurrò Draco adulto «Mi piaceva volare per il salone e cercare di afferrare le fatine» disse, sfiorando con le dita l’albero, ma non riuscì a riconoscere la familiare sensazione di calore e di felicità attraversare il suo cuore. Non era più un bambino felice, era un adulto che si accontentava della vita che aveva.
«Cosa ti è successo, figliolo? Perché non ti diverti più come quando eri piccolo?»
«Perché sono cresciuto» tagliò corto. Lucius scosse la testa e schioccò le dita. Un altro ricordo si manifestò: Draco, ormai quindicenne, era in piedi sulla scala del Manor, sorrideva felice e si sedette sul corrimano della scala per poi scivolare elegantemente verso il piano di sotto.
«Quante volte ti ho detto che non devi farlo? Draco, potresti cadere!» Draco adulto sorrise davanti a sua madre, era bella come la ricordava, fiera e austera, ma anche molto dolce e premurosa. La donna mise le mani sulle spalle del Draco quindicenne e gli tolse un po’ di polvere dal completo.
«Non preoccuparti, madre, lo faccio fin da quando ero piccolo, non mi succederà niente».
«Ah, voi Malfoy, sempre così sicuri di voi stessi» disse la donna sorridendo «Beh, raggiungi tuo padre, gli ospiti saranno qui a momenti. Sarà una bella festa».
«Lo sarà senz’altro!» esclamò il se stesso quindicenne, abbracciando la donna e dandole un bacio sulla guancia. Poi si staccò da lei e corse da suo padre nel salone, che gli rivolse un sorriso soddisfatto e gli raddrizzò il cravattino, lui aveva sempre l’abitudine di metterlo leggermente storto solo per innervosire l’uomo. Il Draco adulto non poté fare altro se non guardare tutta la scena: gli invitati che arrivavano, lui che sorrideva ad ognuno, che stringeva le mani ed era allegro, perché era Natale. Si vide ballare con alcune ragazze, alle quali non era interessato e si vide ballare con la sua prima cotta.  Era un ragazzo più grande di lui di un paio di anni, figlio di una famiglia di purosangue, amica della sua. Lui lo invitò a ballare e gli regalò il suo primo bacio sotto al vischio. Il se stesso quindicenne era stupidamente felice, con le gote rosse e un sorriso enorme stampato in faccia, quello adulto era triste e senza speranza.
«Ti prego, andiamo via» disse a Lucius, che annuì e gli mise una mano sulla spalla, stringendola leggermente, Draco desiderò abbracciare suo padre e piangere tutte le sue lacrime, ma non lo fece. La smaterializzazione lo colse di nuovo e si ritrovò nella sua stanza, non c’erano più festoni, decorazioni e alberi di Natale, solo un enorme e freddo Manor.
«E con questo che cosa hai voluto dimostrare?» chiese voltandosi verso suo padre. Ma non lo vide, era andato via di nuovo «Potevi almeno salutare!» urlò alla stanza vuota «Al diavolo» imprecò a bassa voce; risalì sul letto e sospirò pesantemente. Si sdraiò e provò a dormire di nuovo con scarsi risultati; era agitato e provato da ciò che aveva ricordato.
Improvvisamente, sentì una dolce carezza tra i capelli e una voce canticchiargli la sua ninna nanna preferita; spalancò gli occhi solo per incontrare quelli di sua madre, che dolcemente lo guardava e lo coccolava, trasmettendogli un amore che Draco non provava ormai da anni. Narcissa era solita metterlo a letto, dopo che la balia lo aveva lavato e preparato per la notte, rimboccargli le coperte e cantargli quella canzone. A Draco piaceva da morire quell’abitudine, ricordava che la sera correva sempre velocemente nell’immenso bagno di casa e iniziava a cambiarsi da solo, cosicché potesse trascorrere più tempo ad ascoltare sua madre cantare, prima di addormentarsi.
Stavolta Draco non si trattenne, si mise seduto e si gettò tra le braccia della madre, stringendola con forza. Non le passò attraverso, era davvero lì, allora? Non era evanescente, era reale… era lei? Cosa…?
«Bambino mio» sussurrò lei con dolcezza, accarezzandogli ancora i capelli «Hai sofferto tanto in questi anni» gli disse «Mi dispiace averti lasciato solo nel momento in cui avrei dovuto starti più vicino» continuò «Lascia che ti aiuti».
«Madre…»
«Fidati di me, figliolo, ti aiuterò, tu meriti di essere felice, me ne sono andata troppo presto» disse lei, accarezzandogli una guancia «Lasciami rimediare almeno in parte, lascia che ti aiuti» disse con una dolcezza materna che fece sciogliere Draco, gli mancava sua madre, gli mancava fin dal giorno in cui era morta, ma aveva represso così tanto dentro di sé quel dolore, che l’aveva quasi dimenticato.
«Cosa mi mostrerai?» chiese quasi timoroso; suo padre gli aveva mostrato il suo passato… sua madre gli avrebbe svelato il futuro o mostrato altre cose passate?
«Le conseguenze delle tue azioni».
«Va bene…» acconsentì il ragazzo, reprimendo un singhiozzo nel fondo della gola, sperava solo che non c’entrasse niente con Harry; non voleva ritornare sui suoi passi, lui non era innamorato di lui, gli piaceva solo passare del tempo in sua compagnia e intrattenersi con lui, punto. Non era un problema suo se l’altro si era innamorato di lui. La donna gli mise una mano sulla spalla e si smaterializzò con lui. Ormai si era abituato e aveva capito che per quella notte doveva solo lasciare che gli eventi continuassero. Un po’ era spaventato dal presente, c’erano molte persone che apprezzavano il suo lavoro, ma non conosceva la loro opinione su di lui; c’era Harry, ovviamente, che probabilmente adesso lo odiava e c’erano tutti i suoi vecchi ex amanti che avevano cose negative da dire su di lui.
Si materializzarono in una casa, Draco non l’aveva mai vista, un albero di Natale era al centro del modesto salotto e sul camino acceso c’erano delle foto magiche, raffiguravano alcune persone: tra essere riconobbe Harry. Il suo cuore ebbe una piccola contrazione, sorrideva in quella foto, forse aveva qualche anno in meno, ma era sempre affascinante.
Sua madre lo fece salire fino al piano di sopra, in una stanza c’era proprio il moro e, accanto a lui, una ragazza dai capelli ricci che lo abbracciava.
«Madre? Che diavolo sta succedendo?» chiese il ragazzo.
«Osserva, Draco» disse lei.
Draco riportò l’attenzione su Harry, era triste, spento, non sorrideva. Non aveva quel bel sorriso che gli aveva sempre visto sul volto e che lo aveva attratto fin dalla prima volta in cui i suoi occhi si erano posati sul bel moretto.
«Harry, non puoi continuare così» disse la ragazza, accarezzandogli la schiena «Non ti meritava, se ti ha trattato così».
«Ma Hermione, io lo amo» mormorò il moro «Fa male, okay? Ci stavo insieme da un anno, mi ha mollato ieri, dicendomi che per lui ero solo un passatempo» disse, la sua voce era cupa e triste «Posso avere un po’ di tempo per riprendermi? Non ho il cuore di pietra, io».
«Devi reagire».
«Lasciami un po’ di tempo, ti prego» disse lui supplichevole «Ne uscirò, devo solo… avere un po’ di tempo».
«Okay, riposati» mormorò lei dandogli un bacio tra i capelli «Vado a casa. Se hai bisogno, chiamami» disse la ragazza «Ma oggi è la vigilia di Natale, non dovresti passarla da solo, a casa, a piangere a causa di uno stronzo» aggiunse lei, Harry annuì senza prestare davvero attenzione «Io, Ron e Rose ti aspettiamo lo stesso. Terremo un posto a tavola per te, nel caso cambiassi idea» affermò infine, prima di andare via. Harry rimase sul letto e si rannicchiò su se stesso sul letto; Draco non capiva perché si sentisse in colpa a vederlo così: non era colpa sua, lui era sempre stato molto chiaro con lui.
Esitante, si avvicinò a lui e sospirò, sfiorandogli i capelli. Non lo toccò davvero, ma sentì un piccolo brivido attraversarlo, non gli piaceva vedere Harry sofferente, non lo meritava; era una persona splendida, con un cuore enorme ed estremamente altruista. «Mi dispiace» sussurrò Draco.
Non capiva i suoi sentimenti, non capiva perché provasse così tanto dolore nel vederlo soffrire; non capiva neppure perché sentisse la sua mancanza, ma era così, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Harry era l’unico, dei tanti, a cui aveva permesso di restare dopo la prima scopata.
«Perché sta così male?» chiese Draco alla madre.
«Non riesci a capirlo da solo?» chiese la donna, il ragazzo abbassò la testa e si morse le labbra, sentendosi colpevole; certo, l’aveva capito, ma sperava di sbagliarsi «Gli hai detto, praticamente, che per ringraziarlo delle nottate insieme, donavi soldi alla sua campagna, riesci ad immaginare come si sia sentito?»
«Non credevo che…» fece lui «… non credevo la prendesse così male. Insomma, era solo divertimento, giusto?»
«A quanto pare no, figliolo, per lui non era così. E immagino che non lo fosse neanche per te».
«Ti sbagli, io…» la sua frase si bloccò a metà, perché mentre stava parlando con sua madre, Harry fu chiamato urgentemente dalla voce di una donna, che gli diceva che un elfo aveva chiesto di lui. Harry corse come una furia fuori dalla stanza e sua madre pensò bene di smaterializzarlo via da lì, per riportarlo a casa, sempre in camera sua.
«Credo di aver capito, madre» disse lui convinto delle sue parole «Devo andare da Harry e chiedergli scusa per quello che è successo, vero? Devo solo andare da lui e chiedere scusa, così lui smetterà di soffrire» realizzò «Anche se tra di noi non ha funzionato, delle scuse possono essere…» mentre parlava si voltò nella direzione in cui avrebbe dovuto esserci la donna, ma lei era sparita, così come era arrivata. «Oh certo! Fatemi impazzire pure così, sparite senza neanche avvisare o salutare! Siete identici, tu e tuo marito!» sbraitò. Senza la forza di muoversi, Draco si lasciò cadere sul letto, quel sogno sarebbe finito presto, ne era certo. Doveva solo svegliarsi e dimenticare quell’orribile incubo, ecco. Era stato solo un brutto sogno in cui aveva rivisto le persone più importanti per lui, che gli avevano dato dei consigli; sicuramente avrebbe chiesto scusa a Harry e avrebbe cercato di cambiare un po’ atteggiamento con gli altri, ecco. Aveva capito la lezione.
«Ehi, fatemi svegliare, ho capito quello che devo fare!»
L’orribile pendolo rintoccò ancora una volta, quella notte sembrava infinita per Draco. Al terzo rintocco, si guardò intorno, sperando di rivedere sua madre, suo padre o Blaise. In camera sua non c’era nessuno, raggiunse il salotto e davanti al camino acceso – quando era stato acceso? – nella penombra c’era Severus Piton, il suo maestro e mentore. Non lo vedeva da anni, non sapeva neanche che fosse morto in realtà. Ricordava quando lui e Blaise prendevano lezioni da lui e imparavano i primi incantesimi e le prime pozioni; erano così piccoli e innocenti, non sapevano cosa fossero il dolore e la sofferenza. Draco avrebbe voluto tornare a quei tempi, ma ormai non poteva. E il fantasma di Piton era lì e lui ancora non capiva in quale misura fosse positivo o negativo questo.
«Oh no» mormorò guardandolo «Anche lei? Immagino che lei sia qui per mostrarmi il futuro». Piton annuì e indicò con lo sguardo il camino. Il fatto che non gli parlasse, era inquietante, ma anche rassicurante in qualche modo. Almeno non gli stava dicendo che avesse sbagliato tutto nella sua vita, come avevano fatto tutti gli altri fino a quel momento.
«Immagino che dovrò seguirla» disse il ragazzo, il suo vecchio mentore annuì di nuovo. Rassegnato dagli eventi di quella folle notte (o di quel folle sogno?) Draco si avvicinò all’uomo, il quale lo spinse malamente nel camino e lo seguì subito dopo, si materializzarono in una casa che il biondo non riconobbe, c’erano delle foto sparse in giro, ma non ebbe il tempo di guardarle, Piton lo portò fuori dalla casa e, in silenzio, raggiunsero un enorme parco, Draco si guardò intorno confuso, senza capire né dove si trovasse, né perché; quel luogo non gli era familiare e non capiva perché lo spirito di Piton lo avesse portato lì.
«Che diavolo significa?» chiese, ma quello non rispose e indicò un punto davanti a sé. Draco guardò nella direzione indicatagli, c’era un bambino che correva verso un uomo. Il giovane Malfoy mosse qualche passo in avanti, seguito dallo spirito guida del futuro e si avvicinò. C’era Harry, più vecchio di qualche anno, che sorrideva a un altro uomo.
«Papà!» urlò il bambino gettandosi tra le sue braccia; il moro rise e lo prese tra le braccia: quel marmocchio era identico a Harry, aveva gli stessi capelli scuri e perennemente spettinati, gli stessi occhi verdi, gli mancavano solo gli occhiali, poi era la sua copia perfetta.
«Draco!» esclamò Harry adulto, stringendolo forte «Hai finito di giocare?»
«No, si è rotta la scopa… scusa, papà!» disse il bambino mortificato. Draco osservò la scena, incredulo. Harry era con un altro uomo e avevano un figlio… ma questo bambino aveva il suo nome. Perché diavolo Harry aveva dovuto fare una cosa del genere?
«Fammi vedere, te la aggiusto con un incantesimo» lo rassicurò il padre, sorridendogli. L’altro uomo si avvicinò a Harry e gli avvolse le braccia attorno ai fianchi e appoggiò la testa sulla sua spalla.
«Tranquillo, tesoro, tuo padre è bravissimo con gli incantesimi di riparazione, sapessi quante volte ha aggiustato le cose a casa!» Harry ridacchiò e annuì «Peccato che non sappia fare lo stesso con il suo cuore». Draco storse il naso, cos’era quella complicità con quell’uomo? Harry non doveva essere complice con quel tizio. Lo vide voltare la testa verso lo sconosciuto e dargli un leggero bacio a stampo, mentre il bambino scoppiava a ridere, coprendosi gli occhi. A quel punto Draco distolse lo sguardo e si morse le labbra. Harry lo aveva dimenticato, alla fine anche lui lo aveva dimenticato, tutti lo dimenticavano dopo un po’. Aveva fatto bene a lasciarlo, allora.
«Voglio andare via…» mormorò, perché gli faceva male il cuore? Lo spirito scosse la testa e gli mise la mano sulla spalla; la scena cambiò in pochi istanti davanti ai suoi occhi: adesso Harry era in una casa addobbata a festa – la stessa casa in cui erano arrivati nello scenario precedente – era circondato da affetto e da familiari, ma se ne stava su un divano e stringeva tra le dita di una mano un bicchiere di qualche liquido ambrato, forse whisky e nell’altra una foto incorniciata.
«A Natale diventi sempre più pensieroso» disse quello che era l’uomo che Draco stava iniziando ad odiare, il marito «Lo so che per te è difficile, Harry».
«Non sono riuscito a salvarlo» disse rammaricato il moro, afferrando una cornice con una foto e accarezzandone una metà «Lui resterà sempre il mio più grande rimpianto».
«Lo so, tesoro» sussurrò l’uomo, dandogli un bacio sulla guancia «Ho imparato ad amarti anche se il tuo cuore appartiene un po’ anche a lui» gli disse con dolcezza, massaggiandogli le spalle «Ti aspettiamo di là, prenditi il tempo che ti occorre».
«Grazie» rispose Harry «Ti amo».
«Lo so, ti amo anch’io» ricambiò l’altro, Draco sentì una fitta allo stomaco, il “marito” diede un bacio sulle labbra del suo Harry e poi lo lasciò da solo, a quel punto il biondo si avvicinò a lui, sicuro che non lo avrebbe visto e guardò la foto che il moro stava fissando insistentemente con un’espressione triste e vuota.
«Se solo fossi stato con te, ti avrei salvato, Draco» disse triste, stringendo la foto. Draco la guardò e sospirò. Ricordava quando l’avevano scattata, si era sentito stupidamente felice mentre Harry gli baciava la guancia e quel fotografo scattava la foto per loro. Si vedevano da sei mesi e Harry già gli aveva detto per la prima volta che lo amava «Mi dispiace così tanto non essere arrivato in tempo…» singhiozzò «Se solo fossi arrivato prima… tu saresti ancora qui», lasciò andare un pesante sospiro, accarezzò la foto e la rimise sul camino, al suo posto. Si alzò dal divano e sparì oltre la porta, ritornando dai suoi familiari e prendendo tra le braccia il figlio; tornò a sorridere e baciò il marito. Poi la porta si chiuse, lasciando Draco da solo con lo spirito, che lo guardava senza dire una parola.
«Ancora qui?» chiese voltandosi verso lo spirito «Che diavolo significa? Sono morto?»
Lo spettro annuì e Draco spalancò gli occhi, scioccato «No, non può essere… non è possibile» mormorò afflitto «Non è troppo tardi, vero? Posso ancora salvarmi, lui può… Harry può farlo, vero?»
Lo spettro scosse la testa e lo scenario davanti a lui cambiò di nuovo; erano in un cimitero, davanti a una lapide. Draco non voleva guardare, non voleva scoprire di essere morto per davvero. Era assurdo, lui aveva solo ventisette anni… Piton indicò la lapide e lui non riuscì ad evitare di guardarla. “Draco Lucius Malfoy. 05.06.1980 – 24.12.2007
«No, non può essere vero…» disse il ragazzo, sentendo il respiro spezzarsi e il panico invaderlo, era morto da solo? Aveva sofferto? Non ricordava nemmeno cosa fosse accaduto… cosa diavolo stava accadendo? «Ci deve essere un modo per evitarlo, un modo per…»
«No. Non c’è, morirai da solo e senza amore, perché è ciò che spetta alle persone crudeli come te» disse la voce dello spirito del futuro, facendolo rabbrividire. Poi sparì, lasciando Draco da solo davanti alla sua lapide. Il ragazzo, in preda al panico, chiuse gli occhi e urlò a pieni polmoni, sperando di risvegliarsi da quel terribile incubo, ma quando riaprì gli occhi, era ancora lì. Si lasciò cadere sulle ginocchia e piangendo, si rannicchiò su se stesso, sperando che tutto finisse.
 
§§§
 
Un fastidioso suono intermittente feriva le sue orecchie, i suoi sensi erano ovattati, ma quando aprì gli occhi, si rese conto che quella di certo non era la sua stanza. Draco sbatté le palpebre per qualche momento, prima di rendersi conto di trovarsi in una stanza ospedaliera. Cercò di mettersi seduto, ma era bloccato da qualcosa, una benda ricopriva la sua testa e la sua gamba era pesantissima. Cosa era successo? Ricordava il sogno assurdo che aveva fatto, ma prima di esso aveva i ricordi annebbiati, di sicuro stava lavorando e poi aveva deciso di andare a letto. E poi cos’era successo? Non lo ricordava.
Si guardò intorno e si rese conto di essere da solo, mise a fuoco la stanza e quasi si sentì male, era così bianca da sembrare opprimente, tuttavia non stava più sognando, non c’era più il pendolo malefico che suonava o uno dei fantasmi del suo passato. Voleva solo capire cosa fosse accaduto, sperava che un medico entrasse e gli dicesse ogni cosa. Fu in quel momento che la porta della stanza si aprì e Draco si voltò immediatamente verso la persona che era entrata. Strabuzzò gli occhi quando riconobbe Harry, i suoi capelli arruffati, gli occhi verdi, gli occhiali e il camice bianco, teneva tra le mani una cartella medica. Anche vestito da medico era affascinante, esattamente perché lo aveva lasciato?
Il moro guardò nella sua direzione e un piccolo sorriso sollevato si dipinse sulle sue labbra, quando notò che fosse sveglio.
«Draco…» mormorò il moro vedendolo «Finalmente ti sei svegliato». Il sollievo nella sua voce era palese.
«Harry…» sussurrò con la voce un po’ roca «Che… che cosa è successo?»
Il guaritore gli si avvicinò e lo aiutò a mettersi dritto, porgendogli un bicchiere d’acqua «Sei caduto dalle scale a casa tua ed è un miracolo che tu sia vivo. Dobby mi ha chiamato e sono corso a vedere. Se fossi arrivato solo cinque minuti dopo…» Harry si interruppe e deglutì «Ma stai bene. La gamba è immobilizzata, era parzialmente fratturata, ma è quasi guarita» gli disse, involontariamente gli accarezzò i capelli «Il problema serio era il trauma cranico. Ma sembra che siamo intervenuti in tempo e tu non abbia riportato altri danni» spiegò «Sono felice di vedere che ti sei svegliato».
«Che giorno è?»
«Oggi? Il 25 dicembre» rispose «È stata una vigilia molto movimentata» disse cercando di scherzare per smorzare la tensione «Dovresti stare più attento, sai…» disse, la sua voce tentava invano di celare una notevole preoccupazione «Dobby ha detto che sei caduto così all’improvviso che non è riuscito a fermare la tua caduta in tempo» spiegò «Si è sentito mortalmente in colpa, non sono riuscito ad impedirgli di punirsi da solo» sospirò, portò lo sguardo sulla cartellina che teneva tra le mani, per non guardarlo, anche il disagio era dipinto sul viso «Ti ho portato di corsa qui» deglutì «Eri messo male, ma per fortuna siamo intervenuti in tempo».
«Dovevo essere davvero stanco morto» mormorò, sentendosi in imbarazzo «Parlerò con Dobby, di certo non è colpa sua» sospirò guardando il moro che esitava e non lo guardava, insistendo con il leggere la cartelletta che teneva tra le mani. Harry gli aveva salvato la vita. «Harry…»
«Senti, sono solo il tuo guaritore, non… non voglio che pensi che ti abbia aiutato per farti cambiare idea. Appena sarai guarito, entro stasera al massimo, ti dimetterò e potrai tornare a fare qualunque cosa tu voglia…»
«Ascoltami» disse interrompendolo «Io… sono mortalmente dispiaciuto per quanto è accaduto tra di noi».
«Non è colpa tua, in fondo, me l’avevi detto, non… dovevo farmi illusioni».
«Harry…»
«Cerca di riposare, passerò a vedere più tardi come stai» disse in fretta tagliando il discorso, voltandosi. Aveva le spalle curve, Draco comprese che dovesse stare male. Lentamente allungò una mano verso di lui e gli afferrò il gomito.
«Ti prego… io…» disse a disagio «Mi dispiace davvero, non volevo ferirti».
«Non è niente, lasciami, devo vedere altri pazienti» disse esitante, se avesse voluto, avrebbe potuto sottrarsi alla sua presa, ma non lo fece. Così Draco pensò di avere una possibilità di scusarsi davvero.
«Harry, mi dispiace. Non avrei dovuto dirti quelle cose. Non avrei dovuto trattarti nel modo in cui ti ho trattato, non lo meritavi, io…» deglutì «Senti, possiamo parlarne quando mi riprendo? Ti prego…»
Harry respirò pesantemente e deglutì, poi lentamente si voltò verso di lui, incrociando i suoi occhi; Draco sentì le gambe divenire di gelatina incrociando quegli occhi, per fortuna era ancora disteso sul letto «V-Va bene, ne parleremo quando starai meglio, adesso riposa e cerca di riprenderti» la nota di dolcezza nella voce del moro fece rilassare il biondo, che si distese sul lettino e guardò il soffitto, sospirando. Harry gli sistemò la coperta addosso e gli rivolse un tenero sorriso, poi gli promise che una volta finito il giro di visite del suo reparto, sarebbe tornato da lui. Gli accarezzò gentilmente i capelli, con la scusa di sistemargli la benda e poi uscì dalla stanza, lasciandosi dietro un Draco confuso e combattuto con i suoi sentimenti. Se il sogno non aveva mentito, quella era un’altra occasione che gli era stata concessa, non poteva sprecarla, avrebbe fatto di tutto per cambiare e tenersi stretto Harry (non lo avrebbe mai ammesso, ma vederlo con un altro uomo, lo aveva fatto sentire geloso).
Come aveva promesso, mezz’ora dopo, il moro tornò da lui, aveva tra le mani un piccolo vassoio con del cibo e un’espressione mista tra il disagio e l’aspettativa. Draco poteva capirlo, doveva essere confuso anche lui dal suo atteggiamento, era solo che non voleva sprecare l’occasione che gli spiriti gli avevano concesso.
«Ehi» mormorò Harry «Come ti senti?»
«Come se fossi stato travolto da mille ippogrifi arrabbiati» disse il biondo, socchiudendo gli occhi, le pozioni che gli erano state somministrate, stavano facendo effetto, ma lo facevano sentire abbastanza stanco «E ho sonno, è normale che abbia così tanto sonno?» chiese.
«Direi di sì, sei debole, il tuo organismo ha bisogno di riposo per guarire» disse il moro «Ti ho portato da mangiare, mangia qualcosa, poi riposerai».
«Il guaritore che porta il pranzo ai pazienti, lo fai con tutti o devo pensare che il tuo sia un atteggiamento di favoritismo?»
Harry arrossì e appoggiò il vassoio sul comodino accanto al letto, si morse le labbra imbarazzato e «Beccato» disse con una voce piccola e addolorata «Non lo faccio con tutti, solo con quelli carini».
«Mi trovi carino, allora?»
«Cretino» borbottò il moro. Draco sorrise e si fece aiutare a mettersi seduto, poi guardò il vassoio e spalancò gli occhi. Non poteva crederci, Harry non solo gli aveva portato il pranzo, ma tra le cose c’erano solo le sue preferite… lui ignorava persino quale fosse il dolce preferito del moro. Senza dire niente, il guaritore riprese il vassoio e lo fece levitare davanti al paziente.
«Ma questi sono…» Draco deglutì, nel momento in cui Harry con una scrollata di spalle gli confermò che, sì, conosceva ciò che preferiva mangiare, perché lo aveva osservato nel periodo in cui erano stati insieme. Draco si rese conto in quel momento della fortuna che aveva avuto e che aveva avuto il coraggio di rifiutare. Bisognava solo essere folli per rifiutare un meraviglioso ragazzo come Harry: un ragazzo premuroso che non lo aveva lasciato da solo quando aveva avuto bisogno di lui, che lo conosceva così bene da sapere tutti i suoi gusti, che teneva a lui in maniera dolce, premurosa e completamente disinteressata, che metteva avanti lui invece che se stesso; un ragazzo che di sicuro non gli avrebbe spezzato il cuore.
«Harry…» sussurrò Draco, le parole intrappolate nel fondo della gola, il sentimento di inappropriatezza, non meritava quel ragazzo, non meritava quelle premure «Io…»
«Lo so, lo so» lo interruppe il moro «Non eravamo davvero una coppia, per te ero solo un divertimento» disse e nelle sue parole Draco lesse un profondo dolore «Tu non mi ami, lo so, Draco, ma io non posso fare a meno di prendermi cura di te» confessò «Non posso smettere di preoccuparmi delle persone che amo, non posso evitare di preoccuparmi per te».
«Sei il mio guaritore, dopotutto» ribatté il biondo, abbassando la testa.
«Davvero? Mi conosci davvero così poco da pensare che io sia qui solo perché sono il tuo guaritore?» chiese «Sai almeno in che reparto lavoro?» il biondo alzò lo sguardo su di lui, leggermente confuso; Harry non era nel reparto di sua competenza? Era lì per lui?
«Io… ecco…» balbettò «Sei… sei qui per me?»
«No, per mio cugino» ribatté sarcasticamente il moro scuotendo la testa, Draco accusò il colpo e sospirò «Ovvio che sono qui per te, idiota. Per chi altri dovrei essere qui? I miei pazienti sono tutti bambini».
«I… i bambini, vero» balbettò Draco, tenendo lo sguardo basso «La… la tua campagna di beneficenza per costruire l’ala dell’ospedale per i bambini, avrei dovuto immaginarlo».
«Già» mormorò il moro, assumendo un’espressione cupa e triste.
«Che succede?» chiese il biondo, riconoscendo quello sguardo triste, che aveva visto anche nel suo stranissimo e realistico sogno. Non voleva vedere quell’espressione sul viso di Harry.
Il moro sospirò «Niente di cui tu debba preoccuparti, ora pensa a guarire» gli disse. Draco annuì e fece come gli aveva detto Harry, mangiò qualcosa e poi cercò di riposare, si sentiva incredibilmente stanco, per questo si addormentò in pochi minuti. Al suo risveglio, Harry non c’era, ma tornò la sera per consegnargli il foglio delle dimissioni e dirgli che sarebbe potuto andare via il giorno dopo, quando le pozioni avrebbero finito di fare effetto. Dopodiché non lo vide più.
La mattina dopo, Draco firmò il foglio sospirando e si diresse alla reception per consegnarlo.
«Scusi, posso farle una domanda?» chiese il biondo.
«Certo, mi dica pure».
«Sa… insomma, sapevo di un progetto per una struttura per i bambini orfani e…»
«Oh, mi dispiace, lei è uno dei donatori? Mi dispiace dirle che il progetto non sarà portato a termine prima del prossimo anno. Pochi fondi».
«Questo è assurdo» disse il ragazzo «Posso parlare con un responsabile?» la receptionist sbatté le palpebre e chiamò il primario del reparto. Draco parlò con l’uomo, il quale gli spiegò che non avessero trovato uno spazio per ospitare i bambini. Il ragazzo ci pensò su. Aveva abbastanza denaro da poterlo fare, inoltre aveva un’altra villetta nel centro babbano di Londra, si sarebbe fatto andare bene quella. In fondo, vivere in quel Manor enorme da solo l’aveva stancato.
«Deve essere per forza qui questo spazio?» chiese, il medico scosse la testa «Io… io ho una proprietà. Posso metterla a disposizione dell’ospedale, entro capodanno al massimo, non dovrete pagare nulla».
Bastò un sorriso dell’anziano medico per far capire a Draco che la sua risposta fosse affermativa.
Tornò a casa e parlò con Dobby, il quale si illuminò all’idea di fare qualcosa per aiutare il suo amico Harry Potter e mobilitò tutti gli elfi della casa per metterla a posto, in giusto due giorni, Draco organizzò un’asta durante la quale vendette la maggior parte dei mobili antichi della sua famiglia a prezzi stracciati – compreso l’orribile orologio a pendolo – e mise su una squadra di maghi specializzati in costruzioni, che furono pagati il doppio per sistemare la casa nel minor tempo possibile. In meno di quattro giorni la sua casa era pronta, mancavano solo le attrezzature, che sarebbero arrivate presto. Investire i suoi soldi per fare del bene, era qualcosa che faceva sentire Draco incredibilmente fiero e felice. Il primario dell’ospedale andò a controllare i lavori e fu sorpreso di vedere a quale velocità procedessero. Il pensiero di fare qualcosa di positivo per altri e non per se stesso, lo rasserenava: si accorse presto di non farlo solo in nome dell’amore che provava per Harry, ma per il fatto stesso che fare del bene, lo faceva stare bene, soprattutto si sentiva lontano dall’orribile persona che era diventato – forse quello strambo sogno aveva davvero cambiato una parte di lui, gli aveva permesso di aprire gli occhi e di rendersi conto di chi era diventato, giusto in tempo per cambiare e migliorarsi; gli piaceva pensare che fosse stato un regalo di Natale da parte dei suoi genitori dall’aldilà.
Era il 31 dicembre, quando mandò un gufo a Harry, chiedendogli di raggiungerlo al Manor per un’emergenza. Era tutto pronto per l’inaugurazione dell’orfanotrofio, mancavano solo i dovuti controlli dalle autorità, ma la parte più grossa del lavoro era stata fatta. L’enorme ingresso era una perfetta reception, ai piani superiori c’erano le stanze che avrebbero ospitato i bambini, fuori, all’ingresso sarebbe stato affisso il nome – che avrebbe scelto Harry – della struttura e c’era tutto il necessario affinché un team di esperti, si occupasse dei bambini orfani che non potevano permettersi le adeguate cure. Draco aveva letto approfonditamente il progetto di Harry, sperava solo che fosse all’altezza del suo sogno.
«Draco! Che succede?» chiese il moro trafelato, arrivando via camino, poi si guardò intorno stupito «Ma che…?»
«Buon Natale in ritardo, Harry» disse Draco sorridendo.
«Ma questo…» chiese il moro, con la voce spezzata. Non capiva, ma era meraviglioso.
«Sì, è il mio Manor ristrutturato. È il tuo orfanotrofio. Le carte sono tutte a nome tuo e un po’ mio. Sono il garante finanziario di questa cosa» disse «Devi mettere giusto qualche firma qua e là, ma ce ne occuperemo dopo».
«Ma…»
«Non dire niente. Volevo farlo, non voglio niente in cambio» disse sorridendo imbarazzato, rivolse al moro uno sguardo dolce e lo vide arrossire. Esitando, gli mise una mano sulla spalla e gliela strinse «Era solo per… per dimostrarti che non sono completamente senza cuore e che…» Harry non gli permise di finire la frase, si sporse verso di lui e premette le sue labbra contro quelle del biondo, che restò immobile. Si fece coraggio e si avvicinò di più a lui e gli tenne il viso tra le mani con delicatezza, cercando di approfondire il bacio; voleva solo ringraziarlo per bene e fargli capire che, nonostante tutto, i suoi sentimenti non erano cambiati. Poi, però, realizzò ciò che gli era stato detto appena una settimana prima e fece un passo indietro, imbarazzato, con le gote rosse e gli occhi lucidi.
«Scu-Scusa» balbettò «Mi sono lasciato travolgere dall’entusiasmo».
«Harry…»
«Lo so, lo so, hai messo in chiaro la cosa, scusa» disse «Ma… insomma, è meraviglioso ciò che hai fatto e…» fu Draco, stavolta, a non fargli finire la frase. Lo afferrò per i fianchi e lo trascinò verso di sé, baciandolo con trasporto e passione, stringendolo contro il proprio corpo. Dopo un istante di panico, Harry si sciolse tra le braccia di Draco e rispose al bacio con la stessa foga dell’altro, perdendosi anch’egli nelle sensazioni dolci che il bacio gli stava trasmettendo.
«Sono innamorato di te» sussurrò Draco «Perdonami se l’ho capito tardi» disse piano, accarezzandogli delicatamente le guance con i polpastrelli «Io non… non pensavo quelle cose orribili che ti ho detto. So che… ti ho ferito, Harry, ma vorrei una seconda chance, vorrei poterti raccontare il perché fossi così chiuso verso i sentimenti» disse piano «Mi piacerebbe… sai, accettare quell’invito, anche se… beh, è Capodanno e…»
Harry sorrise e lo guardò negli occhi, aveva gli occhi un po’ lucidi, le gote rosse e l’espressione sconvolta: Draco non aveva mai visto qualcosa di più bello in tutta la sua vita.
«Sai» iniziò piano «Non abbiamo propriamente festeggiato, perché, beh, qualcuno ha avuto la brillante idea di cadere dalle scale e farmi fare un turno extra in ospedale il giorno di Natale» il biondo rise alle sue parole «Quindi, ecco, i miei stavano organizzando una festa per l’Epifania».
«Verrò con te» promise.
«E…potrò dire che sei il mio ragazzo o…?»
«Mi sembra ovvio, Harry» disse il biondo appoggiando la fronte contro la sua «Non ti condividerei con nessun altro» il marito doveva restare solo nei suoi incubi, nessuno gli avrebbe portato via Harry.
Il moro sorrise e gli diede un leggero bacio a stampo, prima di afferrargli la mano e iniziare a girare con lui per il Manor, guardando ammirato com’era cambiato, sentendosi stupidamente felice accanto a lui. Draco, dal suo punto di vista, si sentiva stupidamente allegro.
Quando a mezzanotte l’anno nuovo entrò, Harry e Draco lo accolsero nel miglior modo possibile: scambiandosi un lungo bacio dolce, mentre, fuori dalla finestra aperta, alcuni fuochi artificiali babbani iniziavano a scoppiare e ad illuminare il cielo.

 




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Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
 
Hola people!
Come promesso nella mia long, ecco una one-shot a tema Natalizio su questi due bimbi adorabili. Sono riuscita a pubblicarla prima della fine delle feste di Natale :D
È un AU, anche se sono maghi, Voldemort non esiste e i Potter sono una famiglia felice. Come al solito, sono molto prolissa. 
Come anche per l’altra storia che sto pubblicando, tendo a far essere i personaggi OOC, è un mio difetto, non sono capace di lasciarli IC, ma l’ho messo negli avvisi, spero che la cosa non infastidisca nessuno. Chiedo umilmente venia per eventuali errori di distrazione/battitura, pur rileggendo la storia diverse volte, tendono a sfuggirmi.
Ringrazio in anticipo chiunque abbia speso un click per leggerla, se ne avete voglia ditemi cosa ne pensate :3
Per chi segue Twist of Fate, ci si becca domenica sera, cioè domani, con il nuovo capitolo!
Buone feste in ritardo, people!
Bye bye, vi abbraccio calorosamente <3
 
Fatto il misfatto.



 

   
 
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