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Autore: DhakiraHijikatasouji    04/01/2020    1 recensioni
"Da quando ti ho visto ho capito che la mia vita ha un senso. Penso che tu sia la persona più originale del mondo, più intelligente e più bella. Non ti conosco molto, ma se mi permetti è ciò che vorrei fare. Io sento di non poter più nascondere ciò che sento, e volevo solo farti sapere che mi piaci da anni, che potrei dire di amarti, anche se so poche cose di te. So tutto ciò che sanno anche gli altri, ma penso che gli altri non riescano a leggerti dentro per comprenderti e capire che persona sei: sei quella che mi ha cambiato la vita". Bill finì di leggere quelle righe. Sul suo volto si era formato un sorriso. Tom non era un grande scrittore, ma era stato dolce a modo suo. - Tom, ma io sono già felicemente fidanzato- Ci tenne a sottolineare felicemente, come se Tom fosse una fastidiosa spina nel fianco o un particolare in un quadro che non c'entrava assolutamente nulla con l'opera stessa.
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INCEST NOT RELATED!!
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
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Era una bellissima sera di primavera in una delle scuole di giurisprudenza più rinomate di Berlino, la Humboldt-universität. Solo studenti con un particolare quoziente intellettivo erano in grado di accedere ai corsi. A quella università era anche consentito frequentare quelli serali, e Tom preferiva fare così. Tom, uno dei ragazzi meno brillanti della Humboldt, rasta biondo cenere sulla testa a mo' di salice piangente raccolti in una coda e occhi dorati, era solito darsi da fare con un lavoretto part-time il giorno per potersi pagare gli studi e andare la sera a scuola. Però quella di sera, era molto importante perché aveva deciso che finalmente avrebbe affrontato l'esame più difficile di tutti. Non era un esame universitario, molto peggio. Aveva deciso di dire alla persona che gli piaceva da ben l'inizio delle superiori i suoi sentimenti. Esso si chiamava Bill Kaulitz, ed era uno dei migliori della Humboldt, come lo era stato alle superiori. Sempre un fuori classe. Tutti lo consideravano un emo mancato per il suo aspetto, capelli neri e lisci con menches bianche sparati in tutte le direzioni e occhi color nocciola. Tom però no. Tom sapeva che Bill non era un emo, era solo un angelo demoniaco che aveva catturato il suo sguardo dalla prima volta che aveva messo piede nella sua classe in prima superiore, e il suo cuoricino cominciò a battere. Bill era...beh, Bill. Non c'erano tanti aggettivi per descriverlo. Il viso bianco latte dava un'idea di freddezza e purezza allo stesso tempo, gli occhi truccati di nero davano un che di sovrannaturale e quelle labbra carnose erano le più sensuali che Tom avesse mai visto. Era giusto che Bill sapesse quelle cose, era giusto che Tom finalmente si facesse avanti. C'era solo una pecca: Bill aveva già il ragazzo. Uno carino e bravo quanto lui, capelli ramati e occhi verdi. Entrambi sempre vestiti di pelle e di nero, con l'unica differenza che il suo ragazzo non si truccava come Bill. Teneva solo un piercing al labbro, ma quello lo aveva anche Tom! Ma il fatto che il moro fosse già impegnato non lo fermò da confessare i suoi pensieri. Lo vide che stava per uscire dall'università e decise quindi che fosse il momento giusto per fare la sua mossa. Corse sotto i porticati dove Bill stava camminando con lo zaino in spalla.

- Ehi, scusa!- Bill sentendolo si voltò per vedere chi fosse e si bloccò giusto per sentire la richiesta di quello strano ragazzo che ricordava si chiamasse Thomas..sì, Thomas.

- Sì, Thomas?-

- Puoi chiamarmi Tom- Ma quando il rasta alzò gli occhi nei suoi non fece altro che arrossire. Bill lo guardava chiedendogli di spicciarsi in silenzio. Poi si schiarì la voce spazientito.

- Tom, ti dispiacerebbe muoverti? Ho il mio ragazzo che mi aspetta, sai com'è..-

- Sì, ehm..io volevo solo chiederti se tu fossi sicuro che..Dominik possa essere il tuo ragazzo, cioè..- Bill roteò gli occhi. Che stava blaterando quello là? - Io non ti vedo tanto felice, anche se in effetti non sei proprio il tipo che sprizza gioia da tutti i pori..- Stava assolutamente straparlando e Bill stava cominciando a guardarsi l'orologio da polso e a battere il piedino sull'asfalto super antico e consumato di quella scuola datata.

- Tom, puoi parlare chiaro?- Gli chiese ad un certo punto fermando la sua parlantina. Il rasta arrossì ancora di più. Non era quello che voleva dire, era fuori controllo, ma quello era l'effetto che gli faceva Bill tutte le volte che doveva parlare con lui. Sapeva che sarebbe successo. Tirò fuori un bigliettino che aveva fatto per lui. Con quello non avrebbe combinato alcun danno, o almeno credeva. Sorrise e glielo porse. Bill aveva la faccia di uno con la puzza sotto il naso, ma lo prese comunque ed iniziò a leggerlo: "Da quando ti ho visto ho capito che la mia vita ha un senso. Penso che tu sia la persona più originale del mondo, più intelligente e più bella. Non ti conosco molto, ma se mi permetti è ciò che vorrei fare. Io sento di non poter più nascondere ciò che sento, e volevo solo farti sapere che mi piaci da anni, che potrei dire di amarti, anche se so poche cose di te. So tutto ciò che sanno anche gli altri, ma penso che gli altri non riescano a leggerti dentro per comprenderti e capire che persona sei: sei quella che mi ha cambiato la vita". Bill finì di leggere quelle righe. Sul suo volto si era formato un sorriso. Tom non era un grande scrittore, ma era stato dolce a modo suo. - Tom, ma io sono già felicemente fidanzato- Ci tenne a sottolineare felicemente, come se Tom fosse una fastidiosa spina nel fianco o un particolare in un quadro che non c'entrava assolutamente nulla con l'opera stessa. - E non credo proprio che quattro righe scritte su un foglietto strappato da un quadernino per gli appunti mi facciano cambiare idea- Il cuore di Tom se ne andò in mille pezzi in quell'istante. Il tono di Bill era diventato insensibile, eppure lui si era impegnato tantissimo anche con la calligrafia, siccome la sua non era delle migliori rispetto a quella di Bill che era precisa, elegante e tondeggiante. Egli gli ridiede il bigliettino. - Scusa ma devo andare ora, grazie lo stesso- Il rasta rimase di sasso e riprese il foglietto in maniera automatica. Bill si allontanò e corse verso una macchina nera aprendo la portiera. Tom poté chiaramente vedere il bacio languido che si scambiarono i due fidanzatini prima di partire. Dominik, che Bill chiamava affettuosamente Domi, o almeno così gli aveva sentito dire ogni tanto, era il ragazzo che tutti volevano, quello perfetto, e le ragazze spesso guardavano male Bill perché Dominik prima del suo arrivo era il più etero sulla faccia della terra. A Bill invece era piaciuto da subito Dominik e lo aveva provocato con tutto. Sguardi, tocchi "involontari", inviti alle feste così da essere libero di poterglisi strusciare addosso mentre rideva e scherzava con battutine provocanti. Beh, quello era un ballo sensuale che inscenava il moro, ma anche quando era solo in pista...dio, la faceva illuminare! Tom era rimasto sempre nel suo angolino ad osservarlo, la bibita a mezz'aria e la bocca mezza aperta. Era seriamente bravo, eppure sapeva che non aveva preso nessuna lezione di ballo. L'arma segreta di Bill era la sua spontaneità nel fare pressoché tutto: studiare, ballare, cantare anche. Tom lo aveva sentito canticchiare per i corridoi della scuola, e quando Bill lo sorprendeva a guardarlo, smetteva, girava i tacchi e se ne andava come imbarazzato. Bill era strano e anche misterioso, ma Tom lo amava proprio per questo...e per un altro milione di ragioni. Non gli aveva scritto quelle nel bigliettino perché era sicuro che si sarebbe addormentato, e poi era sempre di fretta. Sempre con quei libri sotto braccio, i quaderni anche, e camminava senza guardare nessuno, senza dovere un buongiorno o un arrivederci. Non per maleducazione, ma perché lui era nel suo mondo e non lo voleva ammettere. Era terribilmente affascinante.
E mentre guardava quella macchina nera allontanarsi, non poté fare a meno di sospirare, di guardare quell'insulso bigliettino e di strapparlo sotto i suoi occhi lasciando cadere i frantumi di quel piccolo cuore tra quelle pietre. Poi si diresse da Georg, che stava seduto a fumare una sigaretta.

- Andata male?- Chiese passandogliene una e Tom la prese accendendosela. - Te lo devi scordare-

- Ha un sorriso così bello..-

- Come non detto-

- Quanto vorrei che riuscisse a sorridere in quel modo anche guardando me- Tirò una boccata ripensando a Bill che rideva perché Dominik lo aveva fatto ridere con qualche battuta delle sue o semplicemente con il proprio sarcasmo. Anche lui era un tipo divertente! Che aveva Dominik in più di lui? Era più grande? E beh? Era più altro che se voleva lo avrebbe pestato male? E beh? Che problemi c'erano? Lo avrebbe pestato anche lui se poi Bill non gli avesse tirato borsate piene di odio eterno all'infinito. Tom sapeva che Bill per il suo amore avrebbe fatto di tutto. E in quel momento non era lui il suo amore. Lui era quello che non c'entrava nulla. Un innamorato fallito in partenza. Un pazzo che non doveva innamorarsi di un altro pazzo. Perché Bill aveva una vena di follia a modo suo. Tom gliela leggeva negli occhi.

- Va bene, la macchina è uscita dal cancello, la smetti di sbavare ora?- Georg gli diede una pacca.

- E te torna al tuo computer a fare l'hacker. E per la cronaca non starei sbavando-

- Nono, due gocce- Tom lo spinse amichevolmente e lo salutò tornando a casa.

***

- No, ma era un deficiente- Rispose Bill con una risata. Ormai aveva completamente rimosso ciò che era successo con Tom prima. Soprattutto dopo ciò che era accaduto alla stazione di servizio. Si erano fermati per fare benzina lui e Dominik. Bill era appoggiato alla macchina con le braccia conserte mentre Dominik faceva ciò che doveva fare. Si guardò attorno e scorse uno con la sigaretta. - Ehi, Domi-

- Sì?-

- Quello tiene la sigaretta. Deve essere proprio disperato se non riesce a metterla via anche nel posto più vietato del mondo per le sigarette- Bill fece solo una semplice constatazione, in fondo non gliene fregava davvero nulla. Dominik si voltò e lo vide. Era un uomo più grande, sulla trentacinquina d'anni. Il benzinaio non c'era dato che erano in sul self service e quindi non poteva dirgli di non farlo. Bill non seppe perché lo fece, non doveva dimostrargli niente, ma Dominik ritenne opportuno essere lui quella persona che gli avrebbe detto di piantarla. - Ehi, Domi, no..che fai?- Il ragazzo era partito nella sua direzione con Bill dietro interrogativo.

- Ehi, tu. Sì, dico a te. Ti sembra la cosa giusta da fare?- L'uomo si voltò squadrandolo da capo a piedi.

- Fatti i cazzi tuoi, ragazzino-

- No, visto che con quella sigaretta potresti far saltare in aria questo posto con noi e te compresi-

- E' solo una sigaretta, non capisco perché devi rompere tanto le palle- Gli rispose quello gettandogliela ancora accesa sulla scarpa in malo modo. Dominik la spense schiacciandola.

- Vedo che comunque ci siamo capiti- Lo canzonò il giovane prendendo per mano Bill che non era tanto sicuro di ciò. L'uomo si fermò a guardare il faccino leggermente intimorito di Bill, che cercava però di nascondersi. Poi, quando Dominik lo portò via con sé, il suo sguardo si abbassò a guardargli il sedere fasciato nei pantaloni di pelle. Dominik però se ne accorse, e fu questa la sua rovina. - Ehi, cosa guardi!?- Bill, si era girato e fece appena in tempo a vedere Domi spingere quell'altro con rabbia.

- Domi, non è necessario, smettila!- Bill lo prese per un braccio e lo fece indietreggiare dall'uomo che lo guardava beffardo.

- Sì, faresti bene ad ascoltare questa bambolina- Dominik mise Bill dietro di sé e sferrò un'altra spinta al trentenne che lo fulminò e rispose con un pugno. Iniziò una vera e propria lotta tra i due. Bill tentò anche di mettersi in mezzo, ma Dominik continuava a spingerlo via e a dirgli di rimanere fermo. Per Bill non era semplice perché non voleva che Dominik si facesse male. Per fortuna un altro uomo più grande di loro tre riuscì con l'aiuto di un altro a separarli. - Non finisce qui!- Gridò il trentenne toccandosi il naso sanguinante. Dominik lo ignorò e prese Bill portandolo dentro per pagare la benzina fatta come se niente fosse successo. Era buio ormai quando uscirono e risalirono in macchina. Ci avevano messo anche tanto perché erano passati in bagno per pulire il labbro spaccato di Dominik. E ora erano in macchina a parlarne e a scherzarci su. Bill finì di ridere e cadde un silenzio in cui si percepivano solo i motori della macchina. Domi stava accelerando troppo per i gusti di Bill, eppure strano, l'indicatore di velocità era ancora su 55 quando il limite era a 60. Quindi era in regola, ma Bill non poteva fare a meno di stringere i sedili e di sentire oppressione al petto.

- Domi, potresti rallentare un po'? Siamo anche in una strada poco illuminata e..-

- Che c'è, piccolo? Ti preoccupi che non ti riporti a casa sano e salvo?- La sua mano giunse sulla coscia di Bill e gliela accarezzò amorevolmente. Bill amava quel gesto. Cercò quindi di calmarsi.

- No, è che mi sembrava corressi un po' troppo, ma mi fido di te- Il tempo di dirlo, che un paio di fari apparvero troppo vicini e sempre più luminescenti. Domi cercò di schivare l'auto, ma non riuscì a frenare! Fu un attimo, e l'impatto sembrò avvenire a rallenting. La macchina dei ragazzi venne sbalzata e fatta sbattere contro il garreil della strada che stavano percorrendo. Divenne tutto nero per un istante che parve breve ma che durò minuti buoni.
Poi Bill aprì gli occhi. Gli faceva male la testa, pezzi di vetro del veicolo erano sparsi su di lui, e le sue narici stavano buttando sangue a non finire a causa di un colpo alla testa. Si riprese tutto di un tratto appena il suo pensiero andò a Dominik. Si voltò e lo vide grondante di sangue dalla testa ai piedi, la testa china in avanti e gli occhi ancora chiusi, la pelle che stava perdendo colore.
Urlò. Urlò così forte che non bastò il respiro convulsivo seguente per riprendere aria. Scosse Dominik.

- Amore..Domi..ti prego, svegliati- Ma nulla, il corpo del ragazzo cadde ancora più mollemente in avanti sorretto dalla cintura. - Do-Domi..? Ho paura, ho tanta paura, non puoi lasciarmi solo..Domi?- Gli prese il polso per sentire se i suoi timori erano veri o no. Il cuore era assente, completamente. Bill buttò la testa all'indietro battendola sul seggiolino ripetutamente cominciando a piangere e a urlare. Inutili i medici che li soccorsero: per Dominik non c'era stato nulla da fare. Era morto. Ed era incredibile. Un attimo prima stavano ridendo e scherzando e un attimo dopo il suo Domi non c'era più. Inutili le ore in ospedale per medicarlo quando i suoi occhi sembravano più morti che vivi. Inutile andare al funerale quando credeva che ancora potesse parlargli. Inutile sognare le sue mani, le sue labbra e le sue parole quando in un certo senso sapeva che non ci sarebbero più state. Però doveva ammettere che una cosa giusta l'aveva fatta. Giorni dopo il lutto, ebbe modo di pensare lucidamente all'episodio avvenuto e qualcosa non gli quadrava. Non c'era verso che la macchina andasse a 55, sennò l'incidente non sarebbe stato così disastroso, almeno che la macchina che veniva in giù non avesse avuto una velocità spropositata. Ma Bill ricordò che la vide che stava entrando nella loro strada e quindi curvando, e in curva nessuna macchina prende velocità assurde, sennò sarebbe a suo rischio e pericolo. Era la loro macchina che andava troppo veloce. Tanto è che anche chi era nell'altra vettura, un papà con un bambino, aveva riportato ferite gravi, ma non erano morti fortunatamente e Bill aveva saputo che si erano ripresi bene dalla cosa. 
E sotto la pioggia, davanti a quella lapide, a Bill venne l'illuminazione. Qualcuno aveva manomesso la macchina di Dominik. - So chi può essere stato. Facciamo così. Io te lo mando all'Inferno e tu resusciti?- Chiese ironicamente ma anche tristemente. - Consideralo già fatto, amore mio- Sussurrò nella pioggia. E quando un lampo illuminò quegli occhi persi, essi fecero davvero tanta paura. Bill non era più un angelo nero. Forse si era improvvisamente trasformato in un Lucifero senza nome, ma una cosa era certa: da qualche paradiso doveva essere caduto per forza.

*** 

Aveva preparato tutto. Quella notte sarebbe successo finalmente, avrebbe avuto la sua vendetta. Aveva tirato fuori un completo di pelle che si era fatto da solo per l'occasione. Aveva preso vestiti che solitamente indossava con Dominik e li aveva stracciati per poi ricucirli in modo tale che servissero più a coprire certe parti che tutto il suo corpo. Lo avrebbe trovato e lo avrebbe ucciso. Questi erano i suoi pensieri mentre indossava quegli shorts troppo short per i gusti di chiunque. Sopra un top e un giacchetto dato il freddo, anche quello di pelle nera. Il solito trucco con un'aggiunta di lucidalabbra alla ciliegia. Si era poi piastrato i capelli e aveva indossato stivali lunghi fin sotto il ginocchio. Ora era pronto. Prese una borsetta, un lecca lecca all'arancia per ingannare l'attesa, e una piccola daga ottenuta da un negozio di antiquariato. Con quella avrebbe posto fine alla vita di quell'uomo. Era stato giorni e giorni a cercare sue notizie, a seguire i suoi movimenti con la macchina, senza mai farsi vedere e pianificando nei minimi dettagli quell'omicidio. 
Si fece trovare al pub alle 21:00 in punto, l'ora in cui solitamente quello arrivava a bere con i suoi amici. Andò dal barista, ordinò qualcosa e tanto che già c'era si mise anche a ballare un po' aspettando di vederlo spuntare da quella dannata porta, che molto probabilmente sarebbe stata l'ultima entrata principale che avrebbe varcato.
Ed ecco lì, sempre spavaldo, sempre un grandissimo figlio di puttana. Aspettò che anche lui si sbronzasse un po' e poi sfoderò le sue uniche armi vincenti in quel momento: il suo corpo mozzafiato, la sua voce a gattina smarrita, e i suoi occhioni dolci. Se ne fregò dei commenti delle persone e dei suoi amici che gli dicevano quanto fosse troia. Beh, avevano ammazzato il suo ragazzo, era una troia incazzata. Si fece desiderare in qualsiasi modo possibile nonostante quell'uomo gli facesse assai schifo. Aveva manomesso la macchina del suo ragazzo per una futile discussione e un'azzuffata rischiando di uccidere anche lui. Questo poi cedette alle avances di Bill, che voleva solo condurlo in un posto dove sarebbero potuti stare da soli. Lo portò in bagno e si chiusero in uno di questi. Il trentenne prese a baciarlo con possessione, e Bill lo lasciò fare. Anche quando cercava di sbottonargli quei pantaloncini non disse una parola. Avrebbe scoperto il modo in cui sarebbe morto. Infatti Bill sotto quegli shorts teneva un cinturino. Non perse tempo e fu questione di un istante. Quando quello vide il piccolo pugnale sollevò lo sguardo sconcertato e Bill sorrise malizioso afferrando l'arma e conficcandola nel collo di quel bastardo. E mentre quello si ricopriva di sangue e agonizzava, Bill non mancò di mettere ancora più pressione sul manico della daga e di abbassarsi al suo orecchio sussurrandogli: "Piaciuta la vendetta della bambolina? Brucia all'Inferno!" Lo spinse via ormai esanime.

- Quanto sangue stai spargendo..- Fece con tono fintamente dispiaciuto. - Ma forse se..- Lo prese e gli mise la testa dentro il cesso in modo tale che andasse tutto lì. - Esulterebbero tutte le persone che hai sicuramente bullizzato a scuola se mi vedessero fare questo. Sogni d'oro, bastardo- Uscì da quel bagno e si lavò velocemente le mani dal sangue. Uno schizzo gli era anche andato sul viso. Lavò il coltello e lo ripose nel cinturino. Si allacciò nuovamente i pantaloncini, si diede una rapida sistemata ai capelli e uscì. Fece in fretta a scappare perché una persona avrebbe potuto accorgersi da un momento all'altro dell'omicidio. Purtroppo questa volta la fortuna non fu dalla sua parte, e venne catturato da un agente che lo aveva inseguito per ben mezza Berlino quando Bill per scappare gli aveva tirato un calcio in mezzo alle palle. Poi questo, una volta preso il moro che si dimenava come un pazzo, gli portò un fazzoletto con del cloroformio alla bocca e gli fece perdere i sensi così di essere libero di compiere il suo dovere e di arrestarlo. Purtroppo Bill non era stato attento ad una cosa: le telecamere che c'erano nel bagno e puntavano ai lavandini. Avevano visto tutto, ma ormai a Bill cosa importava?

***

- E ora fai la brava!- Quello stesso agente lo spinse dietro le sbarre con poca grazia. Bill non aveva rivelato la propria identità per quante volte gliel'avessero chiesta. Nessuno sapeva niente e quindi non avevano il diritto di giudicare. Bill si era gettato a sedere su quello che d'ora in poi sarebbe stato il suo letto. Ci fece due balzi sopra e constatò che poteva anche abituarcisi volendo. Aveva ancora gli stessi vestiti addosso e un'alba era ormai prossima. Aveva ottenuto ciò che voleva, poteva ottenere anche l'ergastolo. Una vita senza Dominik era impensabile, tanto valeva viverla chiuso in una prigione, anche se molto probabilmente Domi non avrebbe voluto questo per lui. Avrebbe voluto che si innamorasse una seconda volta, che vivesse con il sorriso sulle labbra, ma ciò nel cuore di Bill non era possibile. Poi sentì il cigolio della cella che si apriva e sollevò istintivamente lo sguardo. Un uomo vestito bene e sulla cinquantina lo guardava con un mezzo sorriso, ma non sembrava avere cattive intenzioni. Aveva preso una sedia messa lì e si era seduto davanti a lui.

- Sono il commissario Schiller, piacere- Bill esitò ma gli diede lo stesso la mano alla fine. - E tu?- Bill non rispose. - Tu sei quella persona che si è cacciata in un grosso pasticcio. Tuttavia non hai l'aria da criminale...mi vuoi dire il tuo nome?- Aveva occhi gentili ma decisi, degni di un capo, degni del commissario che era. Bill sentì di potersi fidare di lui in un certo senso.

- Bill Kaulitz..-

- Ohibò!- Fece quello sorpreso dal fatto che la persona davanti a lui non fosse una ragazza. Magari indossando un abbigliamento maschile non si sarebbe impressionato così tanto. Bill abbozzò una risatina.

- Sì, succede a molti-

- Beh...mi vuoi dire cosa è successo? Hai ucciso tu Mark Frickman?- Bill annuì senza paura. Non aveva senso scappare o non ammettere le proprie colpe. - Perché?-

- Per vendetta- Rispose Bill in un sussurro fiero, tagliente. - Lui mi ha distrutto la vita, me l'ha come portata via. L'unica cosa che mi rimaneva dentro era un sentimento di vendetta. Ora sono come una scatola vuota..-

- Che ti ha fatto di preciso?-

- Ricordare fa male, ma farò questo sforzo per lei- Si mise composto accavallando signorilmente le gambe. - Io sono uno studente dell'università di giurisprudenza. Una sera, dopo che Dominik, il mio ragazzo, mi era venuto a prendere dalle serali, ci siamo fermati ad una stazione di servizio per fare benzina abbiamo notato Mark tenere una sigaretta. Il mio ragazzo gli ha semplicemente detto che era scorretto perché poteva mettere in pericolo l'incolumità di ogni persona nella stazione di servizio. Lui, dopo aver reagito in maniera abbastanza scorbutica, l'ha spenta ma subito dopo ha buttato gli occhi sulla mia persona in modo provocatorio. Dominik si è inviperito e lo ha spinto. Quello ha risposto con un pugno e poi è cominciata una lotta che due uomini hanno fermato fortunatamente. Ma mentre eravamo nella stazione di servizio a pagare, Mark ha manomesso la macchina. Non so come, ma tornando verso casa la macchina aveva preso una velocità smisurata. Lo avevo notato perché non mi sembrava che quella fosse la stessa velocità indicata sul contatore che segnava una velocità regolare- Il commissario lo ascoltava attentamente e annuiva ogni tanto. - E abbiamo fatto un incidente. Lui è morto sul colpo. Ho giurato vendetta perché non potevo accettare che il mio ragazzo fosse morto per un motivo così futile. Ho ucciso un assassino, e so che il numero degli assassini nel mondo rimane sempre lo stesso, ma mi creda, di persone come quello il mondo non ne ha bisogno...ho finito- Aggiunse dopo qualche secondo di silenzio. Il commissario sospirò e si mise meglio composto sulla sedia. - Ma perché è venuto qui?-

- Perché non sei certo un tipo che passa inosservato, e sono venuto a sapere che non avevi rivelato né identità né i particolari del fattaccio commesso. E ho deciso di venire a chiedertelo di persona-

- E...quindi? Che pensa di me? Devo essere condannato?- Il commissario sospirò per poi scuotere la testa.

- No...hai detto che fai giurisprudenza- Bill annuì. - Inoltre dal tuo racconto mi sembra di capire che hai un'occhio ferrato. Quando mi hai parlato del contatore di velocità...non era un particolare semplice da notare, ecco. Io credo di poterti dare una possibilità-

- Che intende?- Domandò Bill interrogativo.

- Che se ti metti vestiti decenti e una capigliatura più normale, posso prendere in considerazione l'idea di farti entrare nella squadra di investigatori di Berlino- Bill non poté credere alle proprie orecchie. Perché proprio a lui un simile onore?

- D-davvero? Io non so se sarò in grado di..-

- Ragazzo, non dubitare di te stesso. In te vedo delle ottime capacità- Il moro abbassò lo sguardo. Dominik gli avrebbe detto di accettare perché credeva in Bill. Sorrise e annuì. Lo faceva per lui.

- Va bene. Accetto- Il commissario ne fu molto felice. Inutile dire che quando Bill si presentò il giorno dopo aveva sì vestiti decenti, ma sempre con il suo stile: jeans nero, maglietta del medesimo colore e giacchetto di pelle. Occhiali da sole per coprire gli occhi pieni di trucco e dei capelli tutt'altro che normali: una cresta punk faceva la sua bella figura.

- Non ti avevo detto di...?- Il commissario non finì la frase sconvolto da tale presenza. Bill si tolse gli occhiali e li appese al giacchetto.

- Creda nelle mie capacità, nel mio aspetto ci penso io- A quel punto l'uomo stette zitto e gli porse il distintivo dandogli il benvenuto. Una nuova vita poteva cominciare finalmente. 

***

Finalmente una nuova vita poteva cominciare!- Così pensò Tom una volta che era uscito da quella università e una volta che aveva ottenuto il lavoro dei suoi sogni: un posto nella squadra investigativa di Berlino. Ci era voluto duro lavoro e tanto impegno: tante flessioni, prove di logica e di resistenza, ma alla fine ce l'aveva fatta. Aveva dovuto sostituire i dreadlocks con i cornrows che venivano considerati più accettabili e normali.
Entrò dentro la centrale e venne accolto da un agente che gli diede il benvenuto e gli indicò l'ufficio del commissario Schiller. Bussò alla porta e l'uomo gli disse di entrare.

- Buongiorno-

- Buongiorno a lei. Oooh ma lei è Tom Trümper! Sono felice di assumerla- Gli strinse la mano.

- Altrettanto di essere stato assunto, mi creda- Ridacchiarono per poi tornare seri.

- Devi conoscere i tuoi colleghi, sarei ben felice di farti fare un giro, ma purtroppo sono occupato. Johachim!- L'agente entrò nella stanza. Sembrava che fosse stato appostato lì per tutto il tempo. - Accompagna Trümper a conoscere meglio il posto dato che d'ora in poi lavorerà qui come agente- Il ragazzo annuì e Tom se ne andò con lui.

- Allora qui c'è la stanza dove vengono analizzati i proiettili...qua invece è la sala del medico legale, per le autopsie...- Tom si stava guardando intorno sperando di non perdersi in un posto così enorme. Salutarono molta gente che passava indaffarata per i corrodoi con cartelle e provette. Sembrava di essere in un laboratorio di chimica più che in una centrale di polizia, ma lui aveva studiato anche chimica nella sua scuola fortunatamente e poteva capirci qualcosa. - E siamo quasi alla fine- Continuò Johachim. - Manca solo la parte fondamentale, il tuo partner-

- Il mio che?-

- Sì. I nuovi solitamente non cominciano da soli ed è bene che abbiano un compagno di indagini- Tom fece spallucce. Credeva di non averne bisogno, ma se quelle erano le procedure..- Ehi, Bill!- Bill..? Chissà perché ma quel nome non gli era per niente nuovo. Il ragazzo che aveva chiamato Johachim stava chinato al lato della scrivania raccogliendo fogli che molto probabilmente gli erano caduti per terra.

- Joha, quante volte ti ho detto di bussare prima di entrare?-

- E lui è Bill. Sarà il tuo compagno di indagini. E' molto devoto a questo lavoro-

Seducentemente devoto..- Pensò Tom vedendo che il moro era ancora ostinato a rimanere a novanta davanti ai suoi occhi. Questo però, notando Tom, si era successivamente alzato.

- Non so quanto possa essere un piacere, ma comunque io sono Bill Kaulitz, ragazzino- Gli strinse la mano e Tom era ancora rimasto ipnotizzato da quegli occhi. Gli mancò il respiro. Lui lo conosceva. Era Bill, quello al quale aveva fatto la dichiarazione e che gli aveva dato un due di picche.

- Bill, non trattarlo troppo duramente, mi raccomando- Ridacchiò Johachim.

- Sparisci tu. Non avevi un interrogatorio in programma?- Johachim annuì sempre con il sorriso sul volto. Ormai conosceva Bill e il suo carattere ermetico e freddo. Se ne andò lasciandoli soli. - E anche io avrei da esaminare delle carte. Quindi, caro Tom, se non ti dispiace, gradirei del silenzio- Si mise a sedere alla scrivania e Tom deglutì. Dio, non avrebbe mai pensato che Bill sarebbe diventato così distaccato. Ma che cosa era successo? Non si ricordava più di lui? - Che cosa ne hai fatto di quel bigliettino?- Improvvisamente la sua voce, e Tom non se l'aspettava. Allora sapeva chi era.

- L'ho stracciato- Rispose semplicemente Tom. Era la verità, non aveva senso mentire.

- Capisco- Disse il moro non staccando gli occhi dai fogli. Aveva un aspetto così professionale e così stanco allo stesso tempo. Si notava perché sospirava spesso, come se non avesse più voglia e cercasse un po' di azione, ma ancora non arrivavano notizie o nuovi indizi.

- Come sta Dominik?- Bill sussultò a quel nome. Era la domanda più sbagliata che gli potesse fare, ma Tom non lo sapeva. Bill puntò gli occhi nei suoi e il ragazzo con i cornrows non ne aveva mai visti di più spenti. - Ehm..-

- Bill!- Johachim spuntò nuovamente nella stanza senza bussare come suo solito. - C'è stato un omicidio. Il commissario ha chiesto di te e Tom- Il moro sospirò e si alzò dalla sedia.

- A quanto pare sarà un primo giorno di lavoro un po' movimentato. Pronto a vedere il sangue?- Domandò Bill ponendosi il giubbotto addosso.

- Certo che sono pronto!- Ribatté Tom. Odiava che lo trattasse come un bambino. Ma chi si credeva di essere!? Anche Tom era cambiato in quel tempo e mica si faceva più abbindolare da quegli occhioni dolci! Occhi che però adesso di dolce avevano poco e niente. Erano strani, enigmatici, e freddi come il ghiaccio. Parevano nascondere qualcosa. Salirono nella macchina della polizia e partirono a tutta sirena in modo tale da arrivare prima quando le prove erano meno incontaminate. Si fermarono davanti ad una casa. Persone curiose si erano radunate ma erano costrette a stare dietro il nastro giallo e nero. Bill, Tom e il commissario mostrarono i loro distintivi e fu dato loro il permesso di passare ed entrare. Appena all'ingresso videro una coppia stesa a terra, uno vicino all'altro, in una pozza di sangue ormai asciutto, con i vestiti mezzi strappati.

- Mmh..- Bill si mise i guanti in lattice in modo da non contaminare niente con le sue impronte digitali. Tom invece afferrò la macchina fotografica che gli porse il commissario e fece varie foto alla scena del crimine. Anche da quelle era possibile ricavare qualcosa. Bill trovò un capello e lo mise dentro ad una bustina trasparente. Guardando con attenzione poté constatare che le ferite erano state fatte con una lama molto grossa e poco fine, come quella di un coltello da cucina. Ma perché? Perché uccidere una coppia? E come mai quelle posizioni strane? Bill poi notò che il tappeto su cui erano aveva i ricami tutti stirati su un lato ben preciso. - Sono stati spostati. Non sono morti qui-

- E come mai avrebbe dovuto spostarli?- Chiese Tom.

- Di certo non per una foto di coppia. Non so quale fosse la sua intenzione, se quella di depistarci o di fare esattamente il contrario: mettere i corpi in bella vista, come se volesse che ciò venga concluso in fretta. Le ipotesi sono due: o abbiamo a che fare con un pazzo, che è la più probabile, o abbiamo a che fare con una persona che si è pentita di ciò che ha fatto e vuole rimediare facendosi scovare in fretta- Tom rimase di sasso. Aveva una mente portentosa. Si voltò verso un agente. - Che voi sappiate ci possono essere testimoni oculari?-

- Siamo appena arrivati, abbiamo cominciato ad interrogare i vicini e loro dicono di non aver visto niente. Se ci dovessero essere delle novità vi faremo sapere- Bill annuì e lo congedò con lo sguardo.

- Darò questo a Karl che lo analizzerà in laboratorio- Disse riferendosi al capello raccolto nella bustina. Tom invece avrebbe pensato ad analizzare quelle foto perché c'era qualcosa che non gli tornava, ma al momento non sapeva che cosa di preciso.

***

Tom era da più di un'ora che si stava scervellando su quelle immagini che aveva scattato. Faceva scorrere avanti e indietro a ripetizione le foto e stava analizzando qualsiasi cosa ma c'era quel particolare che gli sfuggiva. Bill gli aveva detto che sarebbe andato da Karl per analizzare le prove e scoprirne poi i risultati, ma ce ne stava mettendo di tempo! Poi Tom pensò di controllare i vestiti mezzi strappati dalla lama che aveva cercato di colpirli. Vide i segni di lotta perché sicuramente i due coniugi avevano provato a difendersi dall'aggressore. Gli sembrava strano che però in due non avessero messo fuori uso uno. Almeno che uno di loro non fosse morto prima dell'altro che essendo rimasto solo aveva meno possibilità di sopravvivere. Tom aveva analizzato meglio i vestiti e alla fine ci arrivò. Balzò sulla sedia e si ricordò di quando Bill aveva chiesto all'agente del testimone oculare. La donna teneva la camicetta strappata sul ventre a causa di un fendente ben assestato ma non andato a segno. Sulla sua pelle Tom dovette fare zoom e scoprì, quando i pixel si erano messi a fuoco, che teneva una cicatrice su un punto molto singolare della pancia. Tirò la sua ipotesi: quella coppia aveva avuto un bambino e la donna aveva subito un parto cesareo. Ma la domanda era un'altra ora: dove era questo bambino? Tuttavia era già qualcosa e pensò bene di andare da Bill a dirglielo e a sbattergli in faccia che anche lui era un ottimo detective e di smetterla di fare il superiore. Spense la luce e si incamminò spedito per il corridoio verso il laboratorio di Karl. Bussò alla porta. Aspetto anche dieci secondi buoni ma non vi fu risposta. Bussò ancora, ma nulla. Così aprì. Il laboratorio era vuoto e silenzioso. Non c'era assolutamente un'anima. Schermi accesi che elaboravano dati forse erano l'unica forma di vita all'interno di quella stanza. Scoprì ben presto però che aveva fatto male i suoi conti. Alle sue orecchie arrivò chiaro e tondo un gemito seguito da un bisbiglio che aveva il chiaro obiettivo di ammonire quel verso. Tom assottigliò gli occhi interrogativo e si incamminò lentamente verso quella direzione, dove c'era un'altra piccola stanza. La porta era accostata ed ebbe modo di affacciarsi guardando nello spiraglio all'interno. Sgranò gli occhi e rimase immobile allo spettacolo che gli si presentò davanti. Bill era chinato con il petto su di un tavolo e con le mani stringeva il bordo ogni volta che il suo corpo veniva scosso da fremiti. Gemeva, mugolava, si lamentava. A Tom si strinse il cuore. Karl stava spingendo dentro di lui sempre con più decisione e l'espressione di Bill era di pura sofferenza, di pura punizione. Indietreggiò. Non poteva essere vero. Perché? Dove era Dominik? Ora capiva lo sguardo di Bill prima, ma cosa era successo? Negli occhi di Bill vide che ciò non era reale nel suo cuore. Bill non voleva questo, ma forse la sua psiche, forse qualcosa più grande di lui, gli imponeva certi gesti. E per un istante Tom riuscì ad incrociare il suo sguardo. Era inevitabile che accadesse. Bill strinse i denti e ansimava come se stesse per morire, ma non azzardò a interrompere niente nonostante sapeva che Tom lo stesse guardando. Forse in lui la cosa lo fece eccitare in qualche modo dato che si venne vergognosamente addosso. Così vergognosamente che dovette appoggiare la fronte sul legno freddo del tavolo per non guardare gli occhi di Tom ancora. 
Poi li rialzò ma Tom non c'era più.

***

Tom tornò nell'ufficio sconvolto da ciò che aveva appena visto. Aprì la porta e la richiuse alle sue spalle cercando di recuperare il fiato. Era allibito. Ma perché? Si domandava sempre perché, ma alla fine in fondo non erano affari suoi. Tuttavia provava un fastidio allo stomaco e un'innata irritazione. Che era successo in quel tempo che lui non aveva fatto parte della vita di Bill? E perché desiderava tanto saperlo!? Forse era un pazzo maniaco. Era meglio che si rimettesse a lavorare sulle immagini dell'omicidio. Bill tornò qualche minuto dopo, e Tom si promise che avrebbe fatto come se niente fosse successo. Anche Bill a quanto pare se lo era promesso, anche perché non aveva detto niente.

- Hai scoperto qualcosa?- Poi fu proprio lui a rompere il silenzio.

- Sì. Vedi questa foto?- Bill si avvicinò e si mise accanto a lui con la testa alla stessa altezza della sua. Per Tom anche solo immaginare che Bill ora aveva addosso l'odore di un altro uomo gli faceva provare ribrezzo. - Ecco, se zummo qui..- Ingrandì l'immagine. - E' una chiara cicatrice da parto cesareo, almeno che non abbia subito un intervento all'utero, ma sarebbe un'opzione che escluderei- Bill osservò meglio l'immagine.

- Non capisco perché la dovresti escludere. Io escluderei il bambino, invece! Perché se fosse vero mi dovresti poi spiegare dove è ora!- Giustamente il discorso di Bill non faceva una piega. Ma perché era sempre così alterato con lui?

- Lo sai, farti scopare in quella maniera non deve essere servito a molto se poi devi essere continuamente così nervoso- Gli dispiaceva, ma non era riuscito a trattenersi. Bill aveva bisogno di uno che gli spiattellasse in faccia che quel comportamento non era per niente giusto nei confronti di sé stesso e di Tom. Bill rimase interdetto per un istante, sfarfallò le ciglia e arrossì un po'.

- E tu sei un guardone! Che bisogno c'era di venirmi a cercare!? Sarei tornato e...-

- Dopo quasi due ore che non ti facevi vivo un po' di domandine me le sono fatte, a cominciare da una: Dominik- A quel punto Bill indietreggiò un po' con occhi torbidi mentre Tom lo guardava torvo dalla scrivania. Adesso dovevano smetterla con quella commedia. Bill non doveva prendersi gioco di Tom, non ora che aveva ottenuto un posto di lavoro serio e rispettabile. - Dove è lui?-

- Non capisco perché ti interessi...-

- Perché era lui a farti sorridere, a farti brillare..- Disse tutto ciò con amarezza e un pizzico di invidia. - E adesso sparisci per ore a vendere il tuo corpo ad un tuo collega di lavoro. Che c'è? Lui non lo sa oppure...non state più insieme?- Gli occhi di Bill divennero lucidi e le sue labbra ripresero a tremare. Flash dell'incidente comparvero davanti ai suoi occhi e sentiva che fra poco sarebbe impazzito. Era un trauma che Tom stava riportando alla luce senza rendersi conto.

- E' morto- Sussurrò così piano che Tom dovette leggere il labiale per poi sgranare gli occhi. Non se l'aspettava. Lui non odiava Dominik, era un bravo ragazzo e un tipo a posto! Anzi, lo ammirava e avrebbe dato di tutto per essere come lui e per essere quindi degno di Bill.

- Mi dispiace..-

- Ah, ti dispiace?- Bill aveva il viso rosso dallo sforzo di trattenere le lacrime in un nodo doloroso alla gola. - Mi hai appena accusato di tradirlo e adesso mi dici che ti dispiace!?- Tom aveva fatto una mossa avventata, ma voleva solo scoprire cosa c'era dietro. 
Lo aveva fatto nel modo sbagliato.

- Bill, io volevo bene a Dominik, sul serio-

- No, tu volevi me! Eri in fissa con ME! E lui per te era solo un ostacolo. TU SEI FELICE CHE SIA MORTO!-

- ADESSO SEI TU CHE MI STAI METTENDO IN BOCCA COSE CHE NON HO DETTO E CHE NON SONO VERE!- Anche Tom cominciò ad alzare la voce. Bill non rispose subito, la sua mente era in confusione tra l'incidente e ciò che Tom stava cercando di dirgli. - Sei solo sconvolto, hai paura, e lo posso capire. Ma non devi dirmi certe cose, mi stai accusando di provare contentezza per la morte di una persona...che è peggio che accusare di tradimento-

- Tu credi?- Tom annuì fermamente.

- Bill, mi devi credere se ti dico che mi dispiace, e proprio perché ho provato dei sentimenti per te, e quindi non riesco a vederti triste- Il moro si asciugò le lacrime riprendendo fiato. Questa era una bella confessione, doveva riconoscere che Trümper era diventato più bravo con le parole.

- Hai provato? Ora non li provi più?- Tom esitò un istante, ma non poteva rovinare tutto ora.

- No..no. Ora sono disposto ad avere un sentimento di amicizia nei tuoi confronti. Puoi piangere davanti a me, puoi parlare, ma non andare con altri uomini che neanche provano un briciolo di affetto nei tuoi confronti, che vogliono solo metterti le mani addosso- Bill sospirò. Non aveva mai provato un tale senso di vergogna. Si faceva schifo, ma non voleva darlo a vedere a Tom.

- Va bene, torniamo seri adesso. Vado a chiedere a Johachim se la coppia aveva un figlio..- Stette per aprire la porta ma Tom gli afferrò l'altro polso.

- Tu aspetta qui, vado io- Il suo tono di voce era duro e severo.

- Ma mica me la faccio anche con lui! Non sono una troia!- Tom lo tirò indietro staccandolo dalla porta.

- Ho detto che vado io, e non si discute- Tom uscì dalla stanza e Bill rimase con un senso di smarrimento, mischiato a rabbia e offesa: Tom non gli credeva? Beh, aveva ragione. Chi avrebbe creduto ad una puttana come lui?
E sì, poteva darsi della puttana quanto voleva ma l'unica verità in quella situazione è che Tom ne era fottutamente geloso.

***

L'alba del giorno dopo fu dura. Bill aveva delle occhiaie pesanti a causa del mancato sonno, ma era riuscito a coprirle con del trucco. Quel giorno sarebbero andati dagli assistenti sociali. Ebbene sì. Tom aveva scoperto con l'aiuto di Karl e di Johachim, che quel capello analizzato apparteneva ad una bambina, la quale era riuscita a scappare di casa subito dopo l'omicidio ed era stata trovata dalla polizia che l'aveva poi consegnata agli assistenti sociali. Andando a lavoro Bill non aveva la ben che minima voglia di incontrare Tom. Perché? Perché non lo capiva e non lo sopportava. Tom era sempre così...così felice della vita, e Bill di questo ne era invidioso, semplicemente perché lui ogni notte era sopraffatto da incubi provenienti dal suo passato e che non era ancora riuscito a cacciare. Era successo quando aveva ancora 24 anni, ora ne aveva 27. Erano passati ben tre anni da tutto ciò, ed erano stati tre anni di Inferno. Lo erano tutt'ora. La gente, perfino i suoi colleghi, gli ripeteva che doveva staccarsi da quei ricordi, ma dirlo non era come farlo. Bill sentiva che quei ricordi erano l'unica cosa che gli rimanevano. Senza quelli si sarebbe sentito vuoto e senza senso. E Tom era sempre così solare, con quel sorriso che a Bill dava sui nervi.

- Ehi, buongiorno, Bill- Anche stamane si presentò così, come se non vedesse l'ora di analizzare il caso. Bill non lo salutò nemmeno preso dalla stanchezza e dallo sbadiglio che lo colse. - Non hai dormito?- Chiese Tom un po' preoccupato.

- Non molto, ma sto bene-

- Sicuro?- Bill annuì. - Allora andiamo- Tom si avviò alla macchina con quasi euforia. - Non ho mai guidato auto della polizia!-

- Wuu che emozione..- Lo schernì Bill con tono molto trascinato. - Ci mancava solo un patito delle auto- Pensò roteando gli occhi e salendo al posto del passeggero. Non parlarono per tutto il viaggio, non avevano niente da dirsi. Ma ci fu un momento che lasciò Bill con il fiato sospeso, quando Tom stava tenendo la mano sul cambio e l'aveva spostata per posarla sulla sua gamba ad accarezzarlo. Quel gesto... - Che stai facendo?-

- Ti sto coccolando-

- Non ho bisogno di essere coccolato da te!- Bill gli scacciò la mano e arrossì moltissimo, tanto che fu costretto a girarsi verso il vetro del finestrino a braccia conserte.

- Come siamo musoni, il mio era solo un gesto di affetto ma a quanto pare non sei più abituato a riceverlo- Era così, aveva assolutamente ragione. Bill abbassò lo sguardo senza staccarlo dalla strada. Non aveva bisogno di Tom, voleva solo essere lasciato in pace. E quella sensazione del respiro che gli mancò quando Tom aveva posato la mano su di lui, era solo un caso, solo una fantasia.
Tom frenò improvvisamente risvegliandolo da quei pensieri confusi. - Eccoci, siamo arrivati agli studi legali- Bill scese dalla macchina con il suo solito sguardo da uno che aveva la puzza sotto il naso. Detestava i marmocchi, e l'idea di dover ragionare con uno di loro non lo entusiasmava affatto. Non che gli avessero fatto qualcosa o che, anzi, quando passeggiava con Dominik al parco e li vedeva giocare gli diceva sempre che ne avrebbe voluto uno, ma ora...ora era diverso. Ora non voleva niente.
Entrarono con calma aspettando di venire accolti da qualcuno.

- Buongiorno, sono Sophie. Avete bisogno di qualcosa?- Si presentò una donna con occhi più chiari che avessero mai visto e capelli più scuri che avessero mai visto. Sembrava uno spirito, e la cosa li fece gelare entrambi per un attimo. Bill tirò fuori il distintivo.

- Siamo agenti, e siamo qui perché dobbiamo parlare con un testimone oculare che sappiamo si trova qui- Tutto freddo e professionale, esattamente come era lui.

- Sapete il nome?-

- Il cognome, a dire la verità. Weber-

- Weber..Weber...Julia Weber?- Realizzò lei pensandoci su. I due annuirono e la donna li portò nella stanza dove la piccola stava giocando da sola con le costruzioni. - E' una bambina che al momento è stata affidata a noi. Con l'aiuto degli psicologi abbiamo provato a farla parlare, ma non spiccica parola-

- Perfetto..- Sussurrò Bill, invece Tom non poteva fare a meno di guardare il visino triste di quella bambina che stava lì da sola, senza nessuno.

- Ha sette anni e..che dire, buona fortuna- Li accompagnò dentro e Julia alzò gli occhi su di loro. Bill che la guardava a braccia conserte e occhi di ghiaccio mentre Tom con le braccia lungo i fianchi e un sorriso rassicurante. Il Sole e la Luna proprio. L'assistente sociale chiuse la porta alle loro spalle e ci fu un momento di silenzio.

- Ehi ciao- Iniziò Tom. - Noi siamo Bill e Tom, siamo tuoi amici..-

- Sì, va bene, Tom, risparmiami la sceneggiata da puffo- Lo interruppe Bill, e Tom si sentì molto irritato. Era una bambina e stava cercando di familiarizzare! - Allora, ti chiami Julia, giusto?- La bambina annuì. - Perfetto, ci capiamo. Noi siamo Bill e Tom, due agenti e vorremmo sapere qualcosa riguardo l'omicidio dei tuoi genitori e...-

- Sappi che ci dispiace molto..- Bill lo fulminò. - Vedi che dà fastidio essere interrotti!?- Lo canzonò Tom, e il moro sbuffò per poi tornare a dare attenzione alla bambina.

- Ti va di dirci qualcosa? Noi possiamo aiutarti- Julia lo squadrò un po', poi riabbassò lo sguardo sulle costruzioni mettendo il mattoncino arancione su quello rosa, quello verde su quello azzurro e così via. Bill sospirò. - Niente da fare, provaci tu- Tom si fece avanti e si chinò all'altezza della bambina.

- Julia, se tu ci dicessi qualcosa, chi ha ucciso i tuoi genitori verrà messo in prigione. So che il dolore che stai provando non è direttamente proporzionale alla punizione che verrà data a quell'assassino, ma..se questo può bastare a farti un minimo felice devi cercare di dirci qualcosa- Bill rimase ipnotizzato da Tom in quel momento, il modo in cui stava parlando a quella bambina, con quella dolcezza, con quella..paternità. Bill non poté evitare di sciogliersi un secondo e di pensare a quanto fosse bello...
COME!? Lo aveva seriamente detto!? Tom..bello!? Per LUI!? Nooo, era sicuramente la mancanza di sonno, aveva bisogno di dormire. Julia comunque non parlò, era proprio intenzionata a stare in silenzio. - Nulla da fare, io direi di provare un altro giorno o di chiedere altre informazioni all'assistente sociale. Torno subito- Uscì dalla stanza e Bill stette per andargli dietro, ma un qualcosa lo bloccò: una piccola manina che stava cercando di tenergli il polso.

- Ehi, che c'è?- Chiese senza sorridere a quel viso pallido e con le guance rosse. Julia pareva intenzionata a non lasciarlo andare e con quegli occhi azzurri sembrava implorare aiuto. - Perché non parli?- Julia non rispose, solo lo tirò da una parte della stanza, lasciò la sua mano e si sedette con le spalle al muro. - Vuoi che mi segga lì con te?- Julia annuì.

- Incredibile..- Sussurrò l'assistente sociale da dietro il vetro oscurato. - Non aveva mai annuito prima, neanche una volta- Tom, accanto a lei, si ritrovò ad osservarli entrambi.

- Bill ha subito un trauma ed io credo che Julia lo abbia capito..- La donna si voltò verso di lui che rimaneva fisso in quella direzione osservando il moro. - E' una bambina silenziosa, ma ha un'empatia fuori dal comune- Continuò il ragazzo con i cornrows mentre la donna lo guardava rapita da questo discorso.

- Ehi, ehi, che fai?- Julia si era messa a cavalcioni sulle sue ginocchia. - Non ho tempo di giocare con te, devo lavorare- Ma la bambina sembrava non voler sentire alcuna ragione. Si accoccolò con la testa sulla sua spalla e lo cinse con le piccole braccia in un abbraccio caldo. Bill rimase di sasso. Quella bambina..che accidenti voleva fare? Che gli stava facendo? - Tu non sai cosa ho fatto..- Le sussurrò. - Non merito questo..- Continuò con la voce tremante. La mano della bambina giunse dietro il suo collo accarezzandogli piano i capelli. - Sei affettuosa, e mi fai tenerezza, ma tu sei una bambina, è normale che fai tenerezza. Come posso io far tenerezza a te?- Pensò alla fine, ma grazie a quelle piccola manine le sue palpebre divennero pesanti e i suoi occhi si chiusero da soli.
Tom sorrise da dietro il vetro, e l'assistente sociale capì.

- Lo sa, agente Trumper, anche io sono una persona molto empatica..- Si allontanò con fare saccente mentre Tom la guardava. - Abbi cura di lui- Gli disse la donna prima di scomparire dietro l'angolo.

- Ehi..Bill..- Il moro aprì gli occhi trovando come prima cosa il sorriso di Tom. Julia dormiva ancora tranquilla tra le sue braccia.

- Tom..mi sono addormentato?- Tom annuì accarezzandogli il viso e Bill era così confuso che non ebbe il coraggio di scacciarlo via. Era un gesto di affetto che gli era piaciuto.

- Ma adesso dobbiamo andare. Tenteremo un altro giorno- Bill acconsentì e si alzò con in braccio Julia.

- Datela pure a me- La donna spuntò e la prese dalle braccia di Bill che la lasciò un po' a malincuore. - Mi dispiace se non avete trovato risposte-

- Ritenteremo. Arrivederci- Tom prese Bill per mano che era ancora un po' assonnato, ma gli aveva fatto bene tutto ciò. Bill però si era accorto di quella mano intrecciata alla sua. - Eri così adorabile-

- Cosa?-

- Tu..e Julia-

- E' solo una mocciosa muta di sette anni- Tom roteò gli occhi con un sorriso sul volto.

- Sì sì..- Disse senza crederci davvero e mise in moto.

***

Cosa...cosa era quell'incubo? Perché era dovuto succedere proprio a lui? Che cosa aveva fatto di male per meritarsi una cosa simile!? Era un ottimo scolaro, una persona che sapeva ciò che voleva e che amava un ragazzo da impazzire. Potevano portargli via scuola e obiettivi, ma avevano scelto Dominik. E con lui gli avevano portato via sia scuola che obiettivi. Ed in quell'auto ancora fumante per lo schianto, lo ricordò tra le sue braccia grondante di sangue e senza vita, lui che piangeva mischiando le lacrime a quel liquido rosso. "Amore.." diceva "Ti prego, non lasciarmi solo" e gli stringeva il giacchetto facendo imbiancare le notte e reprimendo i singhiozzi violenti che gli mozzano in fiato. "Ho paura...senza te ho paura.."
Ho paura...

Bill si svegliò di soprassalto in quel letto troppo grande per una persona sola. Era sudato e il suo respiro era ansimante. Si guardò attorno realizzando il presente e vide di calmarsi. Si ributtò sul cuscino. L'ennesimo incubo nel quale diceva di avere paura. Da un po' di tempo però sentiva quella paura star crescendo in maniera smisurata. Prima gli bastava rimanere chiuso ed ermetico, ora sentiva necessario difendersi con le unghie e con i denti non abbassando la guardia. Da quando Tom era arrivato alla centrale, la sua vita era diventata più complessa, la sua mente più confusionaria. Che cosa gli aveva fatto quel ragazzo? Perché proprio lui? Non era nessuno, eppure gli stava creando così tanti di quei problemi!
Si girò su un fianco. Prese uno dei due cuscini e lo avvolse con braccia e gambe chiudendo gli occhi. Ma per la prima volta non riusciva a sognarci il suo Dominik. Era semplicemente un cuscino vuoto.

***

Era così stanco di tutto questo. Non ne poteva davvero più di questi incubi, di questi tormenti. Tuttavia non aveva tempo da perdere per sé stesso ma doveva andare avanti con il caso. Entrò nella centrale. Quel giorno sarebbe stato tutto un fare supposizioni, un rintracciare un assassino senza sapere da dove partire. Quella bambina non diceva niente, gli assistenti sociali avevano comunicato che nonostante la psicoterapia non stava parlando. Tom invece era lì e nonostante questo pareva non arrendersi mai, aveva una vitalità che Bill reputava assurda e per certi versi infantile. Come faceva? Si chiedeva. Come faceva a non avere problemi o a lasciarseli scivolare addosso?

- Bill io credo che...se questa bambina non parla e i vicini non hanno visto niente...-

- Il caso non possa essere risolto?-

- No. Penso che per ora abbiamo bisogno di una pausa. Non perché io non ho voglia di continuare ma perché scervellarsi sulle solite cose non aiuta. Ho imparato che le migliori intuizioni si hanno con la mente rilassata- Bill per una volta gli concedette di aver detto qualcosa di intelligente.

- E che proponi?- Disse mentre sistemava le cartelle nell'archivio.

- Un appuntamento...con te- Bill aveva sussultato e si era girato di scatto. Tom lo guardava fisso e deciso. Un brivido gli percorse la spina dorsale.

- Cosa? Nooo, Tom...non mi va- Bill sperò che quello bastasse, ma non fu così. Tom non demorse facilmente.

- Bill, non puoi non uscire mai-

- E tu che ne sai? Che vuoi da me!?-

- Mi piaci, Bill- Il moro con quelle parole aveva calmato il suo respiro ma non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. - E lo so, avevo detto che non mi sarei innamorato di te, avevo detto che per te avrei nutrito solo amicizia...ma non ce la faccio e vorrei tentare...con te- Tom si aspettava di tutto, una sfuriata, un pianto, un silenzio forse, ma non che gli scoppiasse a ridere in faccia.

- Tu ed io insieme!?- Se la rideva come se avesse detto la più divertente barzelletta del mondo. - Scusa Tom, ma non credo proprio che possa funzionare-

- Non lo puoi sapere...finché non ci provi- Aggiunse con voce più sottomessa. Bill lo stava come umiliando con quel carattere e lo odiava. Eppure...eppure non poteva fare a meno di provare qualcosa per quel matto da legare.

- Perché dovrei provarci?-

- Perché una seconda opportunità non capita a tutti. Sono disposto a farti ricominciare la tua vita...e se poi non va, nulla sarà mai successo- Bill rimase in silenzio, pareva rifletterci. - Non voglio obbligarti. È solo che tengo così tanto a te che vederti affondare così mi spezza il cuore-

- Non si direbbe!- Bill sbatté lo sportello dell'armadio d'acciaio e Tom sussultò. Il moro si voltò e aveva occhi gelidi e arrabbiati. - Tu con quell'aria sempre contenta, e sempre felice...sembri perfetto! Sei dannatamente perfetto e...ed io non lo sono! Non lo sono mai stato!- Bill si lasciò cadere su una sedia con la testa tra le mani. In quel momento Tom pensò che Bill fosse la cosa più bella che avesse mai visto, con quel viso bianco, il trucco leggermente sbavato e quella compostezza che cadeva a pezzi giorno dopo giorno. Tom si avvicinò e lo abbracciò. Bill non si mosse, ma cercò di non far vedere le sue lacrime.

- Io voglio solo provare a condividere la mia felicità con te...non sono perfetto, Bill. E a me piaci per le tue imperfezioni, e chissà, forse un giorno tu potrai apprezzare le mie invece che deriderle o...-

- La tua unica imperfezione che proprio non sopporto è come tu possa amarmi! Mi spieghi che cosa ti si è acceso in quella testa quando mi hai guardato a scuola e hai pensato: "Quello è l'uomo per me! Quella è la persona della mia vita!" Come mai ne eri così convinto!? Come può esistere una cosa del genere!?- Bella domanda, ma Bill si stava facendo domande su cose che lui stesso aveva già vissuto, e perciò Tom si ritrovò un sorriso triste stampato sul volto.

- Come mai tu eri così convinto di Dominik?- Bill evitò ancora una volta il suo sguardo.

- Dominik è morto...-

- Esattamente, e...-

- Non voglio che anche tu possa morire un giorno- Tom arrossì...non si aspettava quelle parole dette da Bill in un modo così spontaneo. - La mia paura è rimanere nuovamente solo, perciò se io accettassi di uscire con te sarebbe di nuovo come firmare un contratto del quale non conosco le condizioni. Chi mi garantisce che non mi lascerai, che non ti stancherai di me o...?-

- Semplice...perché in tutto questo tempo che è passato io non mi sono mai stancato di pensare a te-

- Pensarmi facendosi le seghe non è come vivermi, te lo posso assicurare-

- Viverti sarà senz'altro più bello, non mi limiterei solo alle seghe- Bill nonostante tutto sbuffò divertito e ridacchiò tra le lacrime.

- Non ti facevo così pervertito-

- Ed io non ti facevo così testardo- Bill smise di ridere e riprese fiato.

- Eh va bene, Tom Trümper, uscirò con te. Ma sia chiaro, esigo puntualità. Vienimi a prendere stasera alle otto- Poi si alzò e si diresse verso la porta. Tom non riusciva a staccare gli occhi da quel piccolo fondoschiena tenero e perfetto. E no, non si era mai segato su Bill. Anche perché non aveva senso, perché era sicuro di sé stesso e non importava fare fantasie erotiche quando se lo sarebbe sicuramente portato a letto. Tom però non puntava solo a quello, e non sapeva se lo avesse inteso. - Se continui a guardare il mio culetto così, mi consumo, Tom- Una piccola risatina che squittiva lo accompagnò anche quando il moro chiuse la porta.
No, non lo aveva capito.

***

Tom suonò il campanello di casa Kaulitz. Indossava una felpa bordeaux aperta sul davanti, con sotto una maglietta blu, il suo cappello di lana grigio scuro,  i suoi jeans larghissimi e le sue scarpe bianche. Beh, non era il massimo dell'abbinamento né il massimo dello sforzo per un appuntamento ma era convinto che Bill non avesse fatto un così grande sforzo per lui, quindi...

Infatti pochi istanti dopo la porta si aprì e Tom rimase senza parole. Bill era...struccato. Completamente struccato. E non aveva neanche quella cresta per certi versi ingombrante, ma essa era a riposo, i capelli rasati ai lati della testa. Si guardarono per qualche secondo in silenzio. Nessuno dei due sapeva che dire, Bill stava fissando Tom con il suo solito sguardo gelido forse aspettando che fosse lui a dare inizio alla serata anche con le parole. Sospirò quando capì che era inutile sperare.

- Allora? Vogliamo andare?-

- Oh..mio..Dio- Tom ormai era in trans. Bill così era davvero ciò che di più bello poteva esistere al mondo per lui, più di quando era truccato e più di quando aveva quei capelli strani. Così, al naturale, Bill era stupendo.

- Ti senti bene?-

-...-

- Vabbé, senti, io prendo il cappotto e andiamo- Bill si sporse un secondo dentro casa mettendosi un cappotto grigio chiaro. Faceva piuttosto freddino quella sera, e si stupiva del fatto che Tom avesse messo quell'insulsa felpa. - Che gusto della moda sopraffino..- Pensò roteando gli occhi mentre stavano camminando l'uno di fianco all'altro senza neanche guardarsi. Tom teneva gli occhi bassi, Bill altrove. Wow, avevano iniziato proprio bene! Tom lo aveva invitato, perciò Tom aveva l'incarico di decidere anche dove andare. Bene...proprio bello...non si era preparato manco uno straccio di piano! Pregò quindi che qualcosa, una luce divina forse, venisse in suo aiuto perché non voleva che Bill pensasse male di lui più di quanto già non lo facesse. E fu un'illuminazione non appena apparì l'insegna di un Doner Kebab. Se quello era l'aiuto...

- Ti va un kebab?-

- Eh? E cosa sarebbe?- Quella domanda fatta con quell'espressione confusa gli fece cadere le braccia letteralmente.

- NON SAI COSA SIA!?-

- Non essere così scorbutico, non lo trovo mica un crimine!-  Rispose Bill stizzito dall'atteggiamento di Tom, così istintivo e poco educato. Il ragazzo con i cornrows aveva deciso che Bill doveva assolutamente provarlo e perciò lo prese delicatamente per mano. Il tempo di realizzare, che Bill si vide trascinato davanti ad un pakistano. - Tom, ehi, aspetta io..-

- Due panini, grazie- Ordinò Tom senza lasciargli finire di parlare. Il moro, questa volta realmente irritato, si staccò dalla presa di Tom.

- Ma ti sembra il modo!? Non lo voglio questo...questo coso! E questo posto non mi piace nemmeno! Mi spieghi perché..?!-

- Lo prendo solo per me e cerchiamo poi qualcosa per te?- Lo interruppe Tom per mettere fine a quel siparietto che stava facendo anche divertire il pakistano che aveva ancora il panino vuoto in mano e ridacchiava di una coppia così bizzarra. Bill sospirò.

- Prendimi solo delle patatine fritte- E se ne andò fuori. Tom alzò gli occhi al cielo e modificò l'ordine. Pensava a quanto Bill fosse inaccontentabile, e ottuso, e stronzo! Dio, lo detestava! Se era venuto per fargli fare figure di merda, Tom si era anche già pentito di averlo invitato ad uscire!

- Ecco- Poggiò davanti a Bill le sue patatine e lui si sedette con il proprio panino. Mangiarono in silenzio, cercando il più possibile di evitare di scontrare gli sguardi. Non volevano neanche parlarsi! Bill era irritato dall'atteggiamento di Tom, Tom era irritato dall'atteggiamento di Bill. Uno di loro avrebbe dovuto fare un passo indietro in modo da fare un passo avanti nella serata. Bill finì prima ovviamente, ma quelle patatine non gli erano bastate. - Lo vuoi assaggiare?- Propose Tom, ma Bill sventolò la mano come dirgli che non importava, di finire ciò che stava mangiando. Tom fece spallucce, ma prima di dare un altro morso si soffermò sull'espressione di Bill. Pareva annoiato, o peggio ancora, triste. Perché aveva quell'espressione così malinconica? Che stesse pensando...a Dominik? Tom abbassò lo sguardo per pensare a qualcosa, poi lo rialzò su di lui. - Ehi- Bill lo guardò istintivamente e Tom gli sorrise. - Mi dispiace, non sono magari il tipo che ti aspettavi-

- No, sei esattamente il tipo che mi aspettavo- Bill lo disse con un tono quasi accusatorio, e Tom credette fosse meglio non aggiungere altro. - Me ne fai assaggiare un pezzettino?- Anche Bill fece il suo passo indietro, ebbe questo coraggio. Tom annuì e glielo porse. Bill lo masticò per poi fare spallucce. - Mh..nulla di che, non capisco perché ti piaccia così tanto- Tom ridacchiò. Era proprio da Bill reagire così, con quelle maniere altezzose e da dama depressa. - Finiscilo tu-

- Ma se sento brontolare il tuo stomaco da qui! Tieni- Bill lo afferrò. Era ancora caldo, e Bill era anche stupito perché il suo stomaco non poteva aver brontolato. Aveva mangiato le patatine.

- E..e tu?-

- Io sono a posto, tranquillo- Non era vero, ma voleva che Bill mangiasse per distrarsi e il suo era stato solo un gesto di tenerezza. Bill non fece più domande e mangiò in silenzio. Quel coso chiamato kebab gli piaceva. Non credeva che quel cibo potesse essere il suo genere. Infatti non lo era! Era quello di Tom, ma aveva apprezzato quel piccolo gesto che aveva fatto per lui. - Finito?- Bill annuì e si alzarono riprendendo a camminare per quella strada.

- Come è stata la tua storia, Tom?-

- Che intendi?-

- Da quando non mi hai più visto- Tom sorrise distrattamente perso nei suoi ricordi.

- E' stata dura. Dopo l'università ho dovuto fare prove fisiche. Non potevo essere arruolato senza quelle. Per te è stato più facile forse..-

- No- Tom si bloccò rendendosi conto che aveva appena detto la cazzata. - Non era neanche ciò che volevo fare. Giurisprudenza l'ha scelta mia madre e mi ha obbligato a frequentarla. In più io non sarei entrato a far parte di quella squadra se Dominik non fosse morto quindi no, non è stato affatto facile per me!- Tom abbassò lo sguardo colpevole. Bill sospirò. - Stilista-

- Cosa?-

- Volevo fare lo stilista, ma i miei mi dissero di non farmi neanche più vedere se avessi scelto quella direzione perché...sono gay, insomma- Tom annuì. Ci avrebbe visto Bill come stilista, una specie di Karl Lagerfeld. Bill il nuovo Karl Lagerfeld. - E così feci giurisprudenza che era la mia seconda opzione, ma non avevo un piano in testa riguardante il mio futuro. Poi ho incontrato Dominik e l'unica cosa che volevo era scappare. Mi sono aggrappato a lui totalmente, e quando è morto ho sentito come se la mia libertà fosse scomparsa improvvisamente- Prese una sigaretta e se l'accese aspirando un bel po' di fumo. - Forse il mio destino era questo, ed io mi sono illuso troppo di una vita felice tutta mia, con l'uomo che amavo- Buttava fuori il fumo mentre parlava e guardava le stelle.

- Bill, io non voglio essere la tua via di fuga, se è ciò che pensi- Gli occhi gelidi del moro si puntarono su di lui, ma poi lasciò trasparire un sorriso per certi versi troppo rilassato e inquietante.

- No, non lo penso- Rispose semplicemente buttando via la sigaretta e schiacciandola con la suola dello stivale nero. - Possiamo tornare a casa? Qui sta facendo decisamente troppo freddo- Tom annuì in silenzio. Era rimasto stranito da quel discorso, nonostante sapesse che tutto ciò era vero, che quello era ciò che Bill aveva provato prima di incontrarlo. E perché era così strano? A volte pareva un pazzo isterico, altre volte un pazzo sotto calmante...un completo pazzo, e questo a Tom faceva leggermente paura, ma lo attirava anche. Bill aveva un trauma nel suo cervello, nella sua storia e nei suoi ricordi. Tom poteva far qualcosa, come salvare forse la mente della persona che amava. Doveva assecondarlo e porgli dei limiti allo stesso tempo. Arrivarono davanti alla porta di casa di Bill, e Tom rimase immobile un po' titubante. - Vuoi entrare?- Chiese Bill con il primo sorriso e con il primo tono dolce che gli stava rivolgendo nella serata. Tom non se ne curò molto ed entrò prima di Bill. - Puoi toglierti la felpa se vuoi, ho il riscaldamento acceso- Si tolse il cappotto e lo riappese all'ingresso. Tom eseguì e Bill poté vedere le sue braccia scoperte. Non erano muscolose fino a scoppiare, esattamente come piacevano a Bill. E il fisico di Tom stretto in quella maglietta blu Bill poteva solo immaginarlo.

- Dove la..?-

- Lascia, faccio io- A Tom parve come se quelle parole gli furono state sussurrate all'orecchio, ma quando si era voltato Bill era all'attaccapanni, quindi lontano da lui. Poi abbassò lo sguardo. Dio, che culo da urlo che aveva. Non era grande, anzi, era piccolo e lo immaginava anche sodo. Ma che pensieri erano!? Bill voltandosi gli sorrise quasi timidamente. Non sembrava più lui, come se l'entrare in casa lo avesse cambiato o costretto a togliersi quella maschera di freddezza. Oppure era il riscaldamento. - Sai, pensavo che...mi dovevo scusare, ecco- Ah, doveva ottenere perdono, ecco perché sorrideva.

- Di cosa?-

- Per il mio comportamento. Io tendo a respingere, e forse non è ciò che voglio fare con te- Prese dello spumante dal frigo e due bicchieri adatti.

- E cosa vorresti fare con me?- Bill passò il bicchiere a Tom e fecero chin chin, bevve un lungo sorso prima di parlare. Tom non sapeva perché aveva fatto quella domanda, gli era venuto istintivo, come in una sala interrogatori dove Bill era il criminale. Il moro ridacchiò, di una risatina quasi ubriaca.

- Non si dice- Finì di bere e lasciò il bicchiere sul tavolino. Prese quello di Tom e, nonostante fosse ancora mezzo pieno, lo mise accanto al suo. Circondò il suo collo con le braccia e lo guardò intensamente negli occhi. Tom rimase in trans. Quanto erano vicini...e Tom poteva sentire il suo odore. Bill era così buono e così seducente. Forse doveva davvero assecondarlo. Chiuse gli occhi e avvicinò la sua bocca a quella di Bill, però egli si spostò rapidamente. - Eh no...no, Tomi, qui è ancora off limits- Tom non si era mosso e lo aveva lasciato fare. Bill aveva preso a scendere sempre più giù mentre gli baciava il petto. - Ma non ti fa caldo con questa maglietta?- Tom vedeva tutto molto assurdo nonostante avesse ormai capito che Bill faceva sesso con gli uomini per bisogno.

- No, me la tengo- Bill non protestò e scese sempre di più fino ad arrivare al cavallo dei suoi pantaloni che massaggiò con una mano. Tom trattenne un gemito.

- C'è sostanza qui..- Bill si morse il labbro inferiore. - Ti dispiace se..ops!- Sorrise compiaciuto. - Ti eccito così tanto, Tom?-

Da morire- Pensò ma non rispose perché le sue guance stavano andando a fuoco. Era chiaro che Bill stava facendo la puttanella. Tom lo voleva e non c'era altro da fare che lasciarlo agire e parlare. Bill gli abbassò la zip dei jeans e li abbassò insieme ai boxer.

- Non mi sbagliavo, Madre Natura è stata molto generosa con te a quanto vedo- Tom gemette quando sentì la mano Bill prenderglielo in mano con il pollice poggiato sulla punta. Bill a quel punto non disse più nulla. Aprì la bocca per zittirsi e basta. Prese a succhiare e a leccare. Si sentiva libero quando faceva quello, si sentiva meglio e poi sapeva che per Tom non c'erano problemi. Il ragazzo con i cornrows sentì le mani di Bill sui suoi glutei a stringerli con possessione come a volerci infilare le unghie e ciò lo fece eccitare maggiormente. Questa sua possessione. - Di' la verità, dal primo momento che mi hai visto hai pensato subito a scoparmi- Perché gli stava dicendo quelle cose? La mente di Tom era in subbuglio. - E ora che mi hai qui? Che dici, eh Tom?- Il moro riprese a leccare e a succhiare con più ritmo e Tom non poté fare a meno di artirgliargli i capelli neri gemendo forte. Stava per venire, quelle parole gli stavano risuonando per la testa. E ora che Bill era lì, che doveva dire? Venne nella bocca del moro che non ebbe problemi a ingoiare tutto. Tanto ormai un liquido seminale valeva l'altro. Tom abbassò lo sguardo e Bill lo alzò. Incrociarono gli occhi. Tom ansimava, Bill no. Quegli occhi...erano matti, dio se erano matti! Ma Tom ci si perdeva come in un Paese delle Meraviglie dove ogni singola cellula era matta. - Cosa mi farai adesso?- Sussurrò Bill, ma con sguardo serio...come perso in qualcosa che non sapeva neanche lui cosa. I battiti del suo cuore erano a mille. Tom si alzò la zip richiudendosi l'intimità. Prese Bill e lo spinse sul divano con la schiena appoggiata allo schienale. Bill emise un urletto di sorpresa. Tom lo privò dei pantaloni in fretta e anche dell'intimo. Sembrava un animale impazzito, anche mentre gli divaricò le gambe con una certa irruenza. Alzò la maglia di Bill fino a scoprirgli i capezzoli piccoli e rosei. Cominciò dall'alto, baciandogli il collo da cigno mentre con le dita sfiorava i suoi fianchi magri. Bill ansimava. Tom poi scese più giù e le dita della sua mano giunsero a stuzzicargli un capezzolo e la lingua e i denti con quell'altro. Bill gemette. - Tom..-

- Zitto- Bill gemette ancora. Tom proseguì baciando vicino all'ombelico fino ad arrivare a quei piccoli ricciolini d'oro che erano i peli pubici di Bill. Poi Bill si dovette trattenere dal gemere troppo forte quando Tom prese la sua intimità tra le labbra. Si inarcò.

- Tom!- Gemette. Il ragazzo con i cornrows gli leccò anche i testicoli e gli stuzzicò l'inguine solo per farlo patire per l'attesa. Bill in quei momenti si lamentava più che gemeva. Si inarcò ancora. - Dio, sì!- Tom portò un dito alla sua apertura e lo immise. Bill urlò. Lo stava facendo letteralmente impazzire. - Tom, portami in camera da letto, ti prego!- Il ragazzo si mise in piedi e lo prese senza fare storie portandolo sopra il materasso, con la schiena poggiata alla testiera. Tom si abbassò tra le sue gambe come prima e Bill portò una mano dietro a stringere il legno della testiera, e l'altra ad accarezzare i cornrows di Tom. - Sei fantastico!- Gemette ancora.

Lo so, e tu sei una gran puttana quando vuoi, lo sai?- Pensò Tom mentre si preparò il colpo di grazia. Cominciò a massaggiare il perineo sapendo bene di incontrare la prostata dal moro così. Bill non se l'aspettava e urlò ancora.

- Tom...sei...AH!- Bill poi venne sul suo ventre e si lasciò cadere sul cuscino sfinito e ansimante. Non si baciarono, e non si toccarono nemmeno, ma ebbero almeno la decenza di addormentarsi nello stesso letto insieme.

***

Tom aprì gli occhi quando il primo raggio di sole delle 6:30 del mattino sfiorò le sue palpebre. E vide Bill, il quale stava a sedere sul materasso, il lenzuolo bianco che lo copriva fino all'altezza della pancia. Guardava altrove e teneva le mani sul lembo del lenzuolo giocandoci fosse un antistress. Bill si sentiva in colpa. Era successo di nuovo, perfino con Tom. Quel suo comportamento strano che lo spingeva a voler solo del sesso animale doveva smetterla. Adesso che era successo anche con Tom non sapeva come spiegarsi, non sapeva cosa pensava di lui e la cosa stranamente lo faceva stare in pensiero. Tom invece non pensava male di Bill. Aveva capito che ciò era solo una cosa della sua testa, ma non voleva nemmeno essere il suo giocattolo, così non avevano fatto del sesso vero o proprio. Era un farsi stare bene a vicenda. Bill aveva cominciato e Tom aveva finito molto semplicemente. Poi gli occhi del moro, sentendosi osservato, si spostarono lentamente sulla figura di Tom. Non disse nulla, neanche un buongiorno, era troppo imbarazzato e vergognato da sé stesso. Era pazzo, e lo sapeva, aveva una rotella in testa che da quando era morto Dominik non girava più nel verso giusto. Avrebbe potuto ferire Tom così. Sarebbe stato meglio tagliare i rapporti, ma Tom era il suo collega di lavoro ora. Era tutto così difficile...

- Buongiorno- Ci aveva pensato Tom a dire quella parola per iniziare una conversazione che fosse non sarebbe avvenuta. - Che hai?- Si sbagliava, come al solito. Su Tom non ne pensava mai una giusta.

- Nulla-

- Ok, so che quando ti rispondono così c'è sempre qualcosa. Senti, io mi vado a fare una doccia- Si alzò dal letto. - Ti va se quando torno ne parliamo?- Bill lo guardò alzarsi. Era completamente nudo e Bill non si ricordava nemmeno quando avesse avuto il tempo di togliersi i vestiti. E come faceva a trattarlo come una persona normale? Come faceva ad alzarsi da quel letto come se loro fossero una regolare coppia gay che aveva fatto sesso la sera prima? Loro non erano innamorati, non stavano insieme! Ci stavano solo provando, e Bill aveva paura di aver mandato all'aria tutto, e invece Tom era sempre capace di sorprederlo. Tom si chiuse in quel bagno. Bill decise di alzarsi e di spogliare il letto dalle coperte e dalle federe. Sicuramente avevano bisogno di una lavata. Si mise l'intimo e andò a far partire la lavatrice. Tornando di là vide Tom che si stava vestendo. - Allora? Sei proprio la perfetta donna di casa-

- Sono solito tenere tutto in ordine- Bill incrociò le braccia al petto guardandolo gelido come al solito. - E riguardo a ciò che è successo stanotte, volevo dirti che..-

- Che cosa è questo?- Tom era andato verso il comodino per prendere il proprio orologio da polso, ma quando lo aveva poggiato la notte prima non aveva notato una lama che sporgeva dal piccolo cassetto sottostante. Lo aprì. Era un pugnale, una daga forse. Guardò Bill confuso prendendo l'oggetto in mano.

- Antiquariato- Rispose prontamente Bill. In effetti sembrava un oggetto piuttosto antico.

- Antiquariato...e che ci faceva qui?- Bill sospirò avvicindandosi a lui.

- Siamo nella sala interrogatori ed io sono il sospettato? Vuoi mettermi in manette, agente Trumper?- Gli porse i polsi, che Tom gli prese e gli abbassò con cipiglio sospetto.

- No, anche perché forse è quello che vuoi, ma non è ciò che voglio io- Bill sussultò e i suoi occhi divennero lucidi per un istante. Come poteva Tom esserci arrivato così in fretta!? Bill rimase in silenzio e immobile. - Adesso vestiti, dobbiamo andare da Julia- Glielo disse con una tale serietà che Bill non ce la fece neanche a muovere un passo. Tom sospirò. - Non è che non hai capito ciò che ho detto, vero?- Bill alzò gli occhi su di lui. - La tua mente in questo momento sta giocando con i tuoi pensieri, ma sei forte e puoi riprenderti- Tom gli prese il viso tra le mani e Bill arrossì violentemente mentre il suo cuore stava battendo sempre più forte. Tom gli baciò la fronte.

- Non smetterai mai di amarmi, eh?- Chiese con un fil di voce. Tom sorrise intenerito.

- Questo non ti dà il diritto di impazzire-

- Io non voglio impazzire per ciò che ormai è successo-

- Meglio così-

- Voglio impazzire per te- Pensò Bill con la mano di Tom ancora appoggiata sul suo viso. Il ragazzo con i cornrows si risvegliò improvvisamente sbattendo le palpebre.

- Adesso che abbiamo chiarito, vai a vestirti che sennò facciamo tardi alla centrale- Bill si chiuse in bagno e Tom cadde a sedere sul letto. Quel pugnale aveva qualcosa che non andava, una storia che Bill non gli voleva raccontare. Prima o poi avrebbe dovuto farlo.

***

- Buongiorno ragazzi. Ho saputo che con Julia non ci sono stati risultati- Tom si sedette sulla sedia e anche Bill qualche secondo dopo accorgendosi che non poteva rimanere come l'unico scemo in piedi. - Ed è meglio che vi dica questo- Si fece serio e sospirò. - Se quella bambina non parla entro le prossime due sedute dovremo procedere con un'altra pista-

- Ce la faremo, quella bambina parlerà- Disse secco Tom. A Bill non stava bene questo.

- Può anche non parlare- Lo sguardo di Tom e del commissario vennero puntati su di lui. - Chi siamo noi per costringerla?- Si alzò dalla sedia fregandosene se era l'unico in piedi.

- Due persone che la stanno aiutando-

- Non è un buon motivo. Lei può benissimo fare come la prima volta. Ha solo sette anni, lo capite? E' piccola! Ha subito il trauma di vedere morire i suoi genitori! Non possiamo pretendere di estrapolarle tutte le informazioni e tutti i dettagli. Stiamo poggiando tutto il nostro lavoro su una bambina! Ma siamo noi gli adulti o lei!?- I due rimasero in silenzio per qualche secondo sbigottiti da questa sfuriata da parte di Bill.

- E che proponi?- Ebbe il coraggio di sussurrare Tom.

- Di avere pazienza! E di essere più gentili con lei-

- Parla lui che mi aveva accusato di essere un puffo quando ci ho provato-

- Sì, perché la stavi spaventando idiota!- Bill gli tirò uno scappellotto bello forte e Tom si reclinò in avanti. - Julia è una bambina traumatizzata, e noi non siamo psicologi. Solo uno come lei potrebbe capirla- Tom alzò lo sguardo su Bill e sgranò gli occhi realizzando quella frase. - Ha bisogno solo di amore- Il commissario deglutì. Quando Bill faceva così gli faceva venire voglia di lasciare quella poltrona, di modificare l'ufficio, e di mettere la targhetta con il nome di Bill Kaulitz. Avrebbe messo in riga tutti.

- Tornate là, e cercate di comportarvi..come i genitori amorevoli della situazione, non so se mi spiego-

- Ho capito, mamma e papà- Realizzò Tom. - Bill fa la mamma- Il moro si sentì preso sul vivo.

- Cosa!? Oh, no caro! Io sono quello che dirige qui e per questo devo fare il papà!-

- Ma dico, ti sei visto!? La virilità non è proprio il tuo forte-

- Ragazzi..-

- E questo che c'entra!? Conta il carattere!-

- No, conta l'aspetto-

- Ragazzi...-

- Carattere!-

- Aspetto!-

- Ehi...ragazzi!-

- Tu mamma!- Bill puntò gli occhi in quelli di Tom.

- Tu mamma, e non si discute!-

- RAGAZZI!!!!- Bill e Tom si zittirono puntando lo sguardo sul commissario che era rosso in viso e le mani nei capelli bianchi. - GIOCATE DOPO ALLA COPPIA GAY! ADESSO VOGLIO CHE ANDIATE DA QUELLA BAMBINA E CHE CERCHIATE DI FARVI DIRE PIU' COSE POSSIBILI!!- In un attimo i due si dissolsero in una nuvola di fumo. Il commissario sospirò. - Gesù! Abbiamo capito tutti che stanno insieme, ma se ci sono ancora questi conflitti...non avrei dovuto assumerli insieme-

***

- MA SOLO L'IDEA E' ASSURDA! IO E TE...GENITORI?! IO NON TI SPOSEREI NEMMENO! FIGURIAMOCI AVERE DEI FIGLI!!- Si lamentò Bill durante tutto il viaggio e Tom avrebbe tanto voluto avere il telecomando di "Cambia la tua vita con un click" per abbassare il volume di Bill a zero. Scesero dalla macchina una volta tornati agli studi legali.

- Adesso puoi tacere per un istante!?- Sbottò Tom e Bill incrociò le braccia al petto offeso. - DIO! Sei una rottura di palle a volte! Lo sai cosa c'è!? A te rode il fatto che nessuno ti si filerebbe e che io sia l'unico che lo fa!! Già, ho una compassione grande!- Il moro sussultò.

- Lo stai facendo..per compassione?- Chiese Bill con voce tremante.

- A volte anche per pena- Sussurrò acido Tom. Bill non sopportava più che Bill lo trattasse come uno stupido. Aveva cercato in tutti i modi di non trattarlo come un malato mentale, ma Bill era questo! - Adesso mi lasci lavorare!?- Bill fece spallucce cercando di trattenere le lacrime. Entrarono dentro e vennero accolti dall'assistente sociale che li portò da Julia lasciandoli soli. Bill si mise in disparte, e Tom si avvicinò alla piccola. - Ciao, Julia, tutto a posto?- La bambina guardò prima lui, poi Bill, poi prese la sua bambola e gliela diede. - E' molto bella, davvero. E' la tua preferita?- Julia annuì. - Julia, oggi giocheremo un po'. Non ti faremo nessuna domanda perché abbiamo capito che la cosa non ti piace- Tom si sedette con lei al tavolino. - Vuoi disegnare?- Prese dei fogli e dei pennarelli. - Tieni. Disegna quello che vuoi, io disegnerò con te- Julia indicò Bill e Tom lo guardò. - Se vuole può disegnare anche lui. Vuoi?-

- No- Il moro uscì sbattendo la porta.

- Non ti preoccupare. Piccole divergenze di copp-ehm...di colleghi di lavoro- Julia guardò il foglio e prese il colore nero. Tom osservò bene. Era un brutto segno. Perché aveva preso il nero? Poi afferrò il rosso. Tom decise di non infastidirla, aspettò paziente mentre intanto lui disegnava sé stesso con una bellissima Gibson rossa, un pubblico indefinito, e un'altra persona che spiccava tra quella gente. Aveva i capelli neri, gli occhi color nocciola, e un sorriso da far perdere il fiato. L'aveva spento in un gesto quel sorriso. Julia gli porse il suo disegno. - Finito? Fammi vedere- Julia glielo porse. Era lei nascosta sotto le scale, e un tizio tutto nero aveva un coltello in mano. C'erano altre due salme nere a terra ed intorno a loro una pozza rossa di sangue. Tom deglutì. - Julia, tesoro- La piccola lo guardò triste. - Siamo qui per aiutarti, ok? Tu puoi dirci tutto quando vuoi- Julia prese il suo disegno senza dirgli nulla e lo osservò bene, poi guardò in direzione della porta. - Sì, beh...una Gibson è il mio sogno più grande- Julia assottigliò lo sguardo. - Una Gibson..e Bill- La bambina sorrise diventando di un tenero rosso pesca. - Ma non posso andare da lui, io devo lavorar..argh!- Julia gli tirò un pizzicotto e scrisse una frase su un figlio.

"L'amore viene prima"

Tom annuì sempre più sorpreso da quella bambina. Si alzò e la salutò con un bacio sulla guancia che Julia gradì. Uscì e chiuse la porta andando a cercare Bill. Lo trovò fuori che stava fumando una sigaretta appoggiato alla macchina con la schiena e gli occhi rossi dalle lacrime.

- Finito?- Gli chiese buttando la sigaretta ai suoi piedi e schiacciandola con lo stivale.

- Sì, e non ha detto niente come al solito. Però con il suo silenzio mi ha fatto capire una cosa- Tom lo prese per i fianchi e Bill voltò lo sguardo offeso. - Che sono un completo idiota-

- Certo che lo sei, e adesso lasciami!- Bill cercò di divincolarsi ma Tom era più forte di lui.

- Possiamo ricominciare da capo? Ti prego, non posso perderti-

- Pensi di no? Tom, se io solo lo volessi tu finiresti sotto un ponte!- Bill aprì la portiera della macchina e vi salì dentro. Tom corse al posto di guida e sbatté la portiera.

- Ho fatto una cazzata, è vero, ma non punirmi per questo. In fondo è stato un mio momento di debolezza tra i tuoi ventimila!- Bill abbassò lo sguardo riflettendoci. - Ti prego, Bill, perdonami-

- Ci rifletterò. Adesso portami in un ristorante cinese, ho fame-

- Ma..!-

- Dio, quanto mi fai incazza..!!-

- Okok, ravioli e noodles arriviamo!- Bill sorrise soddisfatto e Tom premette sull'acceleratore guidando verso il migliore ristorante cinese che conosceva a Berlino. Tom aveva capito che doveva andarci piano in queste cose. Bill era come un delicato vaso cinese che bastava una caduta e si frantumava in mille e più pezzi. Gli mise una mano sulla gamba e Bill arrossì. Ma questa volta non gli disse nulla. Sorrise a quel tocco e chiuse gli occhi rilassato.

***

- E quindi ti dicevo...-

- Ma non è che muoio?- Chiese Tom interrompendolo mentre con la bacchetta stava cercando di infilzare un raviolo di carne. Bill sbuffò. Come al solito non lo stava ascoltando, ma che si aspettava? Così erano gli uomini.

- No. Anche perché se questo cibo uccidesse io non sarei qui a mangiarlo, ti pare?- Sibilò gelido.

- Mah, eri così eccitato di venire a mangiare qui che non mi stupirei se volessi morire per questo cibo- Bill sbuffò divertito tenendo lo sguardo sui propri noodles che poi spostò al pollo con le verdure.

- Allora te la metto così: secondo te, se fosse cibo che uccide, lo farei mangiare a te?-

-...non credo-

- Allora puoi andare tranquillo- Bill riprese a mangiare tranquillamente mentre Tom aveva preso a guardarlo ammirato e a brillare come un personaggio anime al sol pensiero che Bill avesse pensato a lui in una maniera lontana dal sesso e non egoistica. Dopo un paio di volte che Bill gli chiese se andasse tutto bene, i due finirono di mangiare e Tom pagò gentilmente il conto ad entrambi. - Guarda, che non è che con queste maniere tu mi farai cadere ai tuoi piedi-

- Non era mica mia intenzione- Fecero passeggiando.

- Tanto per chiarire- Poi adocchiarono un luna park nelle vicinanze e Bill notò che Tom lo stava guardando come un bambino. - Non dirmi che vuoi andarci-

- Ho solo bisogno di...- Non completò la frase e prese Bill per mano nonostante le sue domande e proteste. Lo condusse davanti alla ruota panoramica e pagò un giro riuscendo a ficcare Bill dietro quella cabina.

- Tom ma sei impazzito!? Che accidenti ti è preso?!- Tom si mise seduto davanti a lui tranquillamente e sospirò.

- Mi devi parlare Bill, qui e ora. Dimmi che cosa ti è successo perché so che non mi stai dicendo la verità, o che comunque c'è qualcosa che manca-

- Che intendi?- Chiese con voce tremante. Tom non rispose alzando un sopracciglio come dire: "lo sai". Bill si guardò le mani e intrecciò le dita mordicchiandosi le labbra.

- Bill, perché hai quella voglia sessuale?-

- Io...è successo molto tempo fa-

- Stai parlando di Dominik, vero? Ma c'è dell'altro, non è così?- Bill grugnì abbassando lo sguardo. Tom lo stava istigando e non lo trovava giusto. Il ragazzo gli prese le mani. - Bill se vuoi che la nostra relazione vada avanti devi dirmi cosa nascondi-

- Perché non puoi semplicemente andare avanti e prendermi per come sono?-

- Perché non voglio risvegliarmi la mattina con il tormento che tu mi abbia tradito con un altro per colpa di un cazzo di trauma!-

- Ah, solo per questo!?- Bill iniziò ad alterarsi e pensò che Tom era soltanto un fottuto egoista.

- E anche perché è molto pericoloso ciò che stai facendo! Con il tuo comportamento nuoci per la maggior parte a te stesso! Bill, se beccassi l'AIDS, mi spieghi come avrai intenzione di uscirne?- Bill non rispose sentendosi colpevole per aver pensato che fosse egoista. - Ma forse è quello che vuoi, non è così?- Il moro alzò lo sguardo. - La morte di Dominik ti ha reciso a tal punto che tu desideri farti del male per dimenticare di star soffrendo per lui- Bill non disse nulla, Tom ci stava arrivando da solo ormai. - Beh, sappi che questo non mi sta bene. Ora hai me, ora ci sono io nella tua vita, e non comprendo il motivo per il quale per te è tanto difficile capirlo!-

- Io lo capisco..- Sussurrò Bill e Tom si bloccò. - E' solo che ho paura di star di nuovo male-

- Bill, non puoi evitare di soffrire. La vita è questa. Magari non ricapiterà un incidente stradale, ma può succedere qualcos'altro- Tom gli prese nuovamente le mani sorridendo.- Quello che sto cercando di dirti è che la vita è un susseguirsi di eventi, belli e buoni, e solo il 30% dipende da te, lo capisci questo?- Bill annuì. - E vorrei che tu ti sentissi libero di parlare con me di tutto, di qualsiasi cosa. So che c'è qualcosa che tu mi stai nascondendo. Vorrei che lo dicessi, non ti giudicherò- Bill sospirò. Era vero tutto quello che aveva detto, ed era anche vero che quando Tom gli aveva preso le mani aveva avvertito un batticuore sfrenato. Tom era una persona sincera, limpida, e non ingannava. Tom non lo avrebbe davvero giudicato ma lo avrebbe preso per ciò che era: una persona ferita, traumatizzata, e che si sente sola anche quando sa di non esserlo.

- Io dopo quell'incidente ho fatto qualcosa di terribile- Tom si mise in ascolto, avrebbe avuto le risposte che cercava e Bill forse sarebbe stato meglio. - Io ho...-

- Corsa finita, dovete scendere- L'uomo che prima li aveva fatti entrare aprì improvvisamente la portiera della cabina. In Bill quel guscio che si stava schiudendo si richiuse e uscì prima di Tom camminando via a grandi falcate. Tom lo seguì passando tra la gente e lo raggiunse.

- Bill, che cosa stavi per dire?-

- Nulla, non ha più importanza ormai- Tom lo fermò per un braccio e lo fece voltare con una certa irritazione nel cuore. Bill non doveva permettersi più di fuggire, non adesso. - Tom, lasciami in pace! Io non sono quello che tu vuoi!-

- Ma che stai dicendo..?-

- Non voglio essere quella persona che tu desideri che sia!...Va bene?- Disse tutto di un fiato. Tom lo guardava fisso incapace di parlare. - Tu vuoi che sia quella persona che sorride sempre, che ti ama alla follia, con la quale fai l'amore e ti risvegli la mattina in cerca di un calore...di un abbraccio..- Nella mente di Tom quelle immagini passarono nitide, ma c'era una malinconia celata in ognuna di esse, come se non fosse giusto così. - Ma non lo sono. Io amo il sesso...-

- Credi di essere così...-

- No, Tom, io SONO così...ok!? Non sarò mai la tua mogliettina, non mi sottoporrò mai a quella specie di giochino della coppietta gay per far parlare una bambina che a quanto pare ha deciso di stare zitta! E cosa ancora più importante: abbiamo fatto sesso UNA volta, e ciò non determina nulla tra me e te! Non puoi pretendere di voler sapere tutto di me quando per me non sei ancora NESSUNO! Ora vattene!- Tom rimase di sasso, tanto che la sua mano era incapace di trattenere ancora Bill che scivolò via da lui e scomparve tra la folla lasciandolo lì con tante domande senza risposta.

***

Tom quella sera, dopo aver riportato ancora una volta al commissario che quella bambina non aveva parlato ma aveva fatto un disegno piuttosto inquietante, si era seduto sul divano a casa sua e aveva stappato una birra intento a sopravvivere di quella e basta per il resto della serata, o per il resto della vita forse, chi lo sa? Ripensava ancora alle parole di Bill, a quanto cercasse di sfuggirgli nonostante era ormai tra le sue braccia. Stava male, e lo capiva, ma lui voleva solo aiutarlo. Forse però non era il caso di aiutare qualcuno che non voleva e che cercava di opporsi con tutto sé stesso. Tom buttò la testa all'indietro sullo schienale deglutendo l'ultimo sorso, quando improvvisamente il suo cellulare vibrò. Era Bill.

"Vieni a casa mia, per favore. Voglio perdonarti"

Tipico di lui scrivere messaggi simili. Tom per come era stato trattato avrebbe dovuto declinare, ma cazzo, amava troppo la persona che stava al di là di quello schermo, così prese il giubbotto di pelle e si diresse a casa sua più veloce che poteva con la sua moto. Era buio ed era anche tardi. Perché non dormiva invece di venire a scassare? Bill gli aprì con un sorriso, quello che adottava una volta tra le mura di casa, una volta nel suo nido dove era al sicuro e dove non doveva confrontarsi con nessuno. Ora c'era Tom, c'era un confronto, e questa volta Tom si sarebbe preso la sua vendetta.

- Entra, non rimanere lì sulla porta- Rideva come se Tom fosse un suo amichetto di infanzia. Tom entrò senza problemi. Bill lo condusse nel salotto e Tom si tolse il giubbotto di pelle gettandolo sul divano come se fosse casa sua. Bill vide quel gesto un po' strano ma non fece alcuna domanda data l'ospitalità. Tom si sedette e Bill accanto a lui. Prese lo spumante dell'altra volta. - Vuoi da bere?- Tom annuì. Doveva assecondarlo in tutto ma questa volta voleva arrivare al limite. Bill beveva sempre in modo sensuale, allungando lentamente il collo, accarezzando il bordo del bicchiere con le labbra e guardandosi a giro. Tom osservò ogni suo minimo movimento. Bill posando il bicchiere rise. Era andato. Tom notò che era già ubriaco. Aveva bevuto prima, forse dai sensi di colpa. - Beh, Tom...volevo dirti che mi dispiace tantissimo, ahahahaha!!- Tom prese Bill per le braccia ma questo non accennava a smettere di ridere. - Sei la persona più importante per me adesso ma non riesco ad ammetterlo, buffo, no? Aahah!- Tom alzò gli occhi al cielo, e lo portò in camera da letto. Era meglio buttarlo giù e farlo dormire. Bill gli toccò un cornrow. - Andiamo a scopare? Oh sì che andiamo a scopare..- Rideva perso nelle sue visioni.

- Vuoi scopare?-

-Oh sì...tutte le volte che ti vedo lo vorrei, ma...- Ridacchiò. Tom decise che era ora di farlo smettere di ridere. Lo spinse all'indietro e lo buttò sul letto. Bill emise un urletto toccando la superficie morbida con la schiena e rimbalzando. Tom si gettò sopra di lui strappandogli quella dannata camicia facendogli saltare qualche bottone. - Come siamo rudi..- Tom si avventò sul suo collo e Bill liberò un gemito sorpreso.  In poco tempo Tom lo privò anche dei pantaloni e dell'intimo. Bill aveva le guance rosse, il respiro ansimante e la cosa più bella è che era tutto per lui. Tom si spogliò a sua volta e si buttò sul Bill ancora. - Tom...- Si lamentò Bill di tutta questa foga, ma il ragazzo con i cornrows non voleva sentire ragioni. Gli prese le mani portandogliele sopra la testa, poi gli allargò le gambe e senza preavviso lo penetrò fortissimo. Bill urlò.

- Devi tornare alla realtà, Bill- Sussurrò Tom al suo orecchio mentre il moro ansimava sul punto di piangere. - Questo non ti fa bene se è senza amore, lo...capisci!?- Diede una spinta e Bill urlò di nuovo.

- B-basta, fa male, fa tanto male- Tom gli prese il viso tra le mani e lo guardò negli occhi ormai rossi di lacrime. Soffriva a fargli quello ma per superare un grande trauma ci volevano le cose forti. - Perché fai così? Pensavo mi amassi!- Fece Bill con rabbia. Tom voleva quello. Bill doveva incazzarsi. Tom non rispose dando un'altra spinta e Bill digrignò di denti cercando di trattenere un gemito, e gli scese una lacrima. - Tom, mi dispiace per ciò che ho detto, ma ti prego, non farmi questo...io...-

- Bill..- Il moro si interruppe. Le sue labbra tremavano. Era super adorabile. - Io non voglio essere una vita di fuga, capito!? Io sono un uomo che ti ama e che ti ha lasciato andare nelle braccia di un principe azzurro perché credeva che fosse meglio per te!- Tom gli accarezzò il viso asciugandogli le lacrime. - Io ti amo, Bill, e l'unica cosa che voglio è che tu stia bene. Odio farti questo, ma a volte è necessario il dolore per guarire- Bill annuì capendo quelle parole, e per la prima volta stava ascoltando Tom davvero. - Io posso farlo anche piano...se tu vuoi, sennò me ne andrò e ti lascerò in pace- Bill voltò la testa di lato abbassando gli occhi pensandoci.

- Voglio che tu rimanga qui con me...ancora un po'- Tom sorrise. - A patto che tu prenda il lubrificante- Risero entrambi, e Tom acconsentì uscendo da lui e prendendo ciò che Bill aveva chiesto per lambire la propria erezione. Poi tornò lentamente in lui e Bill, nonostante la smorfia di dolore, vide di abituarsi presto. - Mostrami quanto mi ami, Tomi- Tom lo baciò e Bill rimase spiazzato. Le guance si imporporarono e chiuse gli occhi. Se quello era amore, poteva anche morire adesso. Era un sentimento così forte, così potente...
Tom iniziò a spingersi in lui piano, lentamente, e Bill lo teneva abbracciato a sé mentre si baciavano con le lingue che si accarezzavano timidamente per poi scontrarsi. Il gemiti di Bill erano più calmi e rilassati, e anche quelli di Tom erano meno affannosi. - Stiamo facendo l'amore?-

- Così sembra- Commentò Tom sorridendo con le labbra che sfioravano le sue. Bill lo baciò ancora e con un colpo ribaltò le posizioni.

- E' davvero bello, ma anche io voglio stare sopra mister Trumper- Gli occhi magnetici di Bill impedivano ogni protesta. Si abbassò su Tom nonostante fosse ancora penetrato da lui e lambì la sua pelle con la propria lingua. Il suo collo, il suo petto e le sue labbra stesse. Poi Tom lo afferrò per i fianchi e Bill cominciò a fare su e giù sulla sua virilità gemendo sempre più forte e con più trasporto. Tom buttò la testa all'indietro quando Tom si artigliò sulle sue cosce per muovere il bacino in modo rotatorio. Tom strinse le coperte e Bill cominciò a gemere al cielo con l'orgasmo imminente che lo stava facendo rabbrividire. Poi vennero insieme e Bill si lasciò cadere su Tom nel durante, con il viso nell'incavo del suo collo. Erano ansimanti entrambi e sporchi. Girava loro la testa per le troppe emozioni che si combattevano tra loro nei loro cuori e nelle menti. Bill poi si addormentò per la troppa stanchezza e ubriachezza. Tom lo tenne stretto a sé.

- Ti amo...-

***

Quell'uomo...quell'uomo che lo implorava di rimanere in vita, ma no, aveva commesso un errore troppo grande per non morire. Quel sangue che colava su quel dannato pugnale ad imbrattare i suoi vestiti, quella fuga, quella prigione, quelle parole...erano morte, lui era circondato dalla morte. Bill era la morte...

- AH!- Bill si destò improvvisamente urlando e afferrò la daga puntandola addosso a Tom che si svegliò di soprassalto. Entrambi divennero ansimanti. Tom aveva la punta di quel pugnale ad un centimetro dal petto e Bill lo fissava con occhi vuoti. Lui era spaventato. Molto. Con mani tremanti prese in viso di Bill e lo avvicinò a sé baciandolo. Avvolse il suo corpo nudo con le braccia e sospirò innamorato sapendo che Bill non gli avrebbe mai fatto del male. Il moro, sentendo che il suo cuore stava battendo, e che quindi era presente, chiuse gli occhi, le sue mani si indebolirono e il pugnale cadde riproducendo un rumore sordo al suolo. Bill si lasciò portare sotto Tom, il quale si staccò e gli accarezzò il viso scostandogli i capelli. - Scusa, io..non so che mi è preso-

- Bill, è tutto ok. Io sto bene e non me ne andrò via. Ho promesso di non giudicarti- Bill si calmò e lo baciò velocemente prima di parlare.

- Io..devo confessarti ciò che non ti ho detto oggi-

- Sono qui, lo sai- Bill sorrise, ma tornò serio subito. Sospirò.

- Io...ho ucciso un uomo, Tom- Il ragazzo non si scompose, era preparato al peggio del peggio. - E' stato il responsabile della morte di Dominik, aveva manomesso i motori della sua macchina per un'insulsa discussione, ed io una notte l'ho ucciso con quel pugnale. E' per questo che sono stato arrestato. Poi il commissario mi ha permesso di riscattarmi, ma ciò non è bastato a farmi stare bene- Tom prese quelle mani e fece qualcosa che Bill non si aspettava minimanente: le baciò. Stava baciando le mani di un assassino, e Bill rimase senza fiato. - Ora ho capito...mi servivi tu. Solo tu puoi farmi stare bene- Tom si avvicinò di più al suo viso. - Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto, per le cose brutte che ho detto, e per aver cercato di usarti. Devo accettare la realtà...Dominik non tornerà più-

- Dominik per te sarà insostituibile, e posso accettarlo se...-

- No- Tom sussultò sorpreso. - Dominik appartiene al mio passato e ogni momento nel tempo viene continuamente sostituito da un altro momento. Tu ora sei il mio momento, Tom- Il ragazzo lo guardò negli occhi intensamente e si baciarono avendo capito finalmente che amarsi non era un errore, o un incidente di percorso. Amarsi è un momento che può durare per sempre o per poco tempo, ma non è mai sbagliato.

***

Julia questa volta pareva aspettarli. Stava lì sulla porta, con la schiena appoggiata e lo sguardo vigile in loro attesa. Appena li vide balzò felice verso di loro che non se lo aspettavano proprio. Bill si abbassò alla sua altezza.

- Perché tutta questa felicità?- Chiese, ma Julia ovviamente non rispose. Lo abbracciava stretto e basta. - Ti siamo mancati? Ma se siamo venuti ieri!- Julia lo prese per mano e lo portò dentro la loro stanza tutta affannosa, come se avesse qualcosa loro da mostrare. Una volta dentro afferrò un foglietto dal tavolino e lo fece vedere ai due. Era un altro disegno e una scritta abbinata. Il disegno era sempre fatto in nero e rosso. Sempre lo stesso, ma si distingueva in particolare una persona, quella con il coltello in mano. E la scritta era: "So chi è l'assassino". Bill guardò Julia che annuì. Lasciò perdere il foglio e prese le sue piccole braccia guardandola negli occhi. - Per l'amor del cielo, diccelo. Diccelo, tesoro- Julia guardò Tom che annuì assolutamente d'accordo con il fatto che Julia dovesse parlare adesso. Se lo sapeva doveva dirlo. - Non avere paura di parlare, non ti accadrà assolutamente nulla. Faremo di tutto per proteggerti- Continuò Bill rassicurandola. Julia forse aspettava questo.

- E' stato un uomo- Disse. Bill e Tom si guardarono con un sorriso incredulo. Stava parlando!

- E che aspetto aveva?- Chiese Tom.

- Non è molto alto, ma ha un fisico grande- Tom appuntò.

- Capisco, e il colore della pelle?-

- Era buio, non potevo distinguere bene, ma penso chiara- Bill si fece avanti.

- E sai perché potrebbe averli uccisi?- Julia scosse la testa senza argomentare. - E i capelli?-

- Scuri, pure quelli. Gli occhi non sono riuscita a vederli, ma aveva una cicatrice sul braccio, o forse una scottatura- Erano molto confuse le idee ma quello che stava dicendo Julia era un segno identificativo molto importante.

- E hai altro da dirci?- Julia scosse la testa, poi i suoi occhi divennero lucidi e il labbro inferiore prese a tremare formando un piccolo broncio. Bill la abbracciò e lasciò che piangesse sulla sua spalla. Chissà da quanto era che non piangeva. Le mancavano i suoi genitori, persone che non sarebbero più tornate, ma come potevi chiedere ad una bambina di voltare pagina? L'unico modo era esserci per lei. Bill si asciugò una lacrima che gli stava sfuggendo. - Lo so, lo so piccola, è difficile, ma tutto si sistemerà, te lo prometto- Julia lasciò che Tom gli asciugasse le lacrime, anche lui con un sorriso sincero sul viso.

- Sei forte, Julia. Ricorda che io e Bill ci siamo sempre per te- Bill annuì confermando le sue parole.

- State benissimo insieme- Ebbe il coraggio di dire Julia sorridente anche lei finalmente. Bill arrossì perché non se l'aspettava, mentre Tom circondò le sue spalle con un braccio e lo strinse a sé. Bill alzò gli occhi per incontrare i suoi.

- Sì, stiamo insieme- Sussurrò Tom e Bill sorrise perso nei suoi occhi, poi appoggiò la testa sulla sua spalla guardando Julia e accarezzandole il viso. Julia sorrise loro. Era felice che il suo silenzio aveva portato loro a capire. Ora non c'era più niente da dire.

***

- Tom, qui dobbiamo agire, subito! Adesso che sappiamo l'aspetto del tizio e Joachim lo ha identificato...- Esattamente. Era un sicario. Qualcuno lo aveva incaricato di uccidere la coppia per avere così dei soldi. O meglio, a quanto avevano capito dall'interrogatorio che aveva effettuato Joachim, quello aveva incaricato Kim, il sicario, per uccidere solo l'uomo, ma la moglie si era messa in mezzo per difenderlo ed entrambi sono stati le vittime. La figlia ha solo potuto assistere. A quell'uomo sono toccati un bel po' di anni di prigione. Oltre a quello, aveva rivelato dove si nascondeva per fare in modo di non venir condannato da solo. Era in un appartamento nel quartiere più malfamato di Berlino. C'era da aspettarselo. Bill era felice della notizia e voleva farlo fuori a tutti i costi. Guardando Julia negli occhi gli aveva fatto una tacita promessa.

- Bill, no. Agire senza un piano potrebbe compromettere noi e quindi la missione stessa. Ci serve qualcosa con cui partire-

- Una macchina?- Tom sbuffò e Bill gli si parò davanti togliendogli quelle carte con tutte le informazioni da sotto gli occhi. - Tom, che abbiamo da preparare? Andiamo a casa sua e lo prendiamo! Andiamo con tutta la squadra. Tanto è uno!-

- E se non fosse in casa? Se magari lo sapesse che siamo sulle sue tracce e vuole tenderci una trappola? Dobbiamo studiare le sue abitudini-

- Abitudini!? Mi prendi in giro!? Dobbiamo prendere le pistole in mano e chiudere questa storia!- Tom a quel punto sbottò. Possibile che Bill non si rendesse conto!?

- Bill io ti inviterei a riflettere..- Disse con tono calmo ma oscuro. Bill alzò un sopracciglio confuso e tacque. - Con questo temperamento hai ucciso un uomo, ricordalo- Bill sussultò sentendosi colpito nel vivo.

- E' ciò che dobbiamo fare!-

- No, nessuno ci ha detto di ucciderlo. Dobbiamo solo metterlo dietro le sbarre!- Possibile che Bill non capisse e non si calmasse un attimo!?

- Ma lui ha ucciso delle persone!-

- Anche tu hai ucciso, Bill! Eppure sei qui, nessuno ha provveduto a farti fuori! Ma ci pensi alla famiglia di quel disgraziato!? Quanto avrà sofferto a causa tua e della tua sventatezza!? Ti sembra tutto un gioco, vero!? Beh, non è così, e farai meglio ad accorgertene prima che tu ci faccia ammazzare tutti!- Bill era indietreggiato verso la porta parola dopo parola. Tom non voleva sbottare così, ma Bill ce lo aveva portato inevitabilmente, e quando Tom si arrabbiava impazziva e diceva tutto ciò che gli passava per la testa. - Hai ragione tu, non sei tagliato per questo lavoro. Pizzo e merletti magari sarebbero stati più adatti a te- Ultima coltellata allo stomaco. Bill con la mano tremante aprì la porta e scappò fuori ferito da ogni singola parola detta con quel tono sprezzante che Tom adottava nei suoi confronti. Non sembrava per niente il solito Tom innamorato di lui. Forse questa loro relazione non sarebbe dovuta neanche iniziare se aveva già preso questa piega. Tom era indelicato, e se ne fregava dei suoi sentimenti! Bill andò fuori e faceva molto freddo, ma invece che pensare ai brividi, si accese una sigaretta e cominciò a fumarla con gli occhi rossi e pieni di lacrime. Amava Tom, ma in quel momento non poteva fare a meno di pensare che fosse un grande figlio di puttana.

- Vaffanculo- Sussurrò tra un'aspirazione e l'altra. - Vaffanculo tu e questo lavoro di merda- Gettò la cicca a terra ma non ebbe il tempo di schiacciarla che una mano gli tappò la bocca. Aveva un fazzoletto imbevuto di cloroformio. Si dimenò, ma inutilmente. Proprio come quando lo prese quel poliziotto per metterlo in cella, si sentì costretto a cedere. Gli occhi divennero pesanti e le gambe deboli. Poi non seppe cosa successe. Dopo qualche minuto era in grado di percepire il pianto di un bambino, di una bambina. Julia.

***

- Tom! TOM, PRESTO!- Joachim correva per i corridoi della centrale urlando il suo nome a squarciagola. Tom si precipitò fuori dal suo ufficio e lo placcò per le spalle.

- Ehi, riprenditi! Che è successo?-

- Bill! Bill, lui è..!- Tom si stava già sentendo male. Un brutto presentimento che gli stava scorrendo nelle vene e le faceva rabbrividire tutte. - E' stato rapito! Lui..l'ho visto che stava fumando e ad un certo punto uno lo ha preso e se lo è caricato in macchina, io non ho potuto fare nulla! Sono certo che fosse l'auto del sicario, non aveva nessuna targa dietro da fotografare- Tom afferrò subito la sua pistola. Va bene che aveva detto a Bill di non farlo e ci aveva litigato, ma ora si trattava della sua vita. Non poteva rischiare.

- Joachim, raggiungetemi con una pattuglia a questo indirizzo. Ci vediamo là!- Non aggiunse altro e non rispose alle domande che il ragazzo gli urlò dietro, ma salì in macchina e con una sgommata partì alla volta della casa di quel bastardo che aveva osato troppo stavolta e gliel'avrebbe fatta pagare!

***

Tom arrivò a quel condominio fatto di mattoni scheggiati, finestre spaccate e vetri che cadevano pericolosamente. Tom era sicuro che quella porta potesse essere buttata giù facilmente. Con un calciò così fece e infatti i cardini cedettero. Salì le scale e arrivò all'ultimo piano. Lì dove stava Kim. La porta era accostata. Tenne ben salda la pistola e scostò totalmente la porta dalla sua visuale. Ciò che gli presentò lo costrinse a mollare le armi. Bill era a terra e pieno di lividi, semicosciente. Aveva la camicia strappata e Julia stava piangendo accanto a lui. "Andrà tutto bene...non piangere" le sussurrava con voce debole. Tom corse da lui inginocchiandosi e prendendolo tra le braccia poggiando la postola a terra.

- Bill, oddio Bill, che ti ha fatto..?-

- Tom..- Era debole e aveva segni rossi e violacei ovunque. La sua pelle era segnata anche da graffi. Lo aveva torturato! Bill tossì.

- Sei con me, Bill. Sei con me adesso, piccolo- Gli accarezzava il viso pentendosi amaramente di ogni singola parola che gli aveva scagliato contro. Poi alzò lo sguardo su Julia. Lei era a posto, non aveva niente, era solo molto spaventata e provata dalla situazione. Poi Tom udì una risata e dei passi. Un uomo con un coltello in mano si stava avvicinando.

- Che bel siparietto, davvero molto commovente. Che c'è, agente Kaulitz, il tuo fidanzato è venuto a salvarti?- Bill era debole e si lasciava coccolare dalle piccole mani di Julia mentre Tom si rimetteva in piedi con una rabbia che sarebbe esplosa. Alzò la pistola.

- Meriti solo di morire per quello che hai fatto!- Tom ora più che mai non aveva dubbi. Fanculo l'etica, fanculo le procedure! Lo voleva morto!

- Allora prova ad uccidermi, andiamo!- Tom non esitò e sparò ma non si aspettava che Kim fosse così agile da schivarlo. Kim si scagliò su di lui e in una lotta riuscì a dargli un colpo e a fargli volare la pistola lontano da lui. Tom era stato disarmato mentre Kim aveva ancora il coltello in mano. - Sei agile, ma io lo sono molto più di te. Mi sa tanto che sei arrivato al capolinea. Ma prima di finirti voglio dirti quanto il tuo ragazzo sia stato difficile da gestire. Fagli i complimenti per quanto è idiota a sacrificarsi per un'insulsa bambina!!- Tom voltò lo sguardo e Bill lo guardava con occhi vitrei. Aveva preso tutto ciò che quel bastardo voleva fare alla bambina per completare l'omicidio. Bill sarebbe potuto morire per Julia. Bill era fantastico, era la persona che avrebbe sposato se ne fossero usciti vivi da quella situazione. - E' stato molto eroico, ma morirà esattamente come te dopo che ti avrò ucciso!- Kim si scagliò ancora su Tom, questa volta con il coltello puntato nella sua direzione. Tom chiuse gli occhi pronto ad accusare il colpo, ma non sentì alcun dolore. Appena li aprì vide ciò che non avrebbe mai voluto vivere in nessuna realtà. Bill era in piedi davanti a lui, piegato su sé stesso. L'assassino estrasse il coltello dal suo fianco e Bill si sbilanciò cadendo all'indietro. Tom lo prese al volo cominciando a piangere.

- Amore...amore no, ti prego- Bill annaspava e Julia si era avvicinata con un fazzoletto di stoffa che aveva in tasca. Lo mise sulla ferita. - Tieni premuto, Julia- Gli disse Tom e la bambina annuì. Le tremavano le piccole mani. Si stavano sporcando di sangue ed era tutto così spaventoso. - Bill, perché...io...- Non riusciva a parlare perché i singhiozzi gli stavano mozzando il fiato. Bill malgrado tutto sorrise e gli asciugò il viso con le mani deboli.

- Avevi ragione, avevi ragione su tutto- Ansimava. - Il mio comportamento avventato e impulsivo ha finito per uccidermi-

- No, no, io non volevo dirlo, Bill!- Bill non poteva lasciarlo così, con quella litigata non risolta, con quelle parole mai dette.

- Ssshh, amore, so che non volevi. Ammazza questo figlio di puttana, ti prego. Fallo per me- Tom annuì a denti stretti e Bill sorrise, ma il suo sorriso si sciolse presto perché stava perdendo molto sangue e chiuse gli occhi.

- Bill..BILL!- Le mani del moro scivolarono dal suo viso lentamente. - No, no, no, Bill!- Il moro aveva perso i sensi. Tom altrettanto, ma in una maniera più distruttiva. - Tu...FIGLIO DI PUTTANA!!- Lo buttò a terra e gli prese il coltello dalle mani. Stette per pugnalarlo a morte quando una mano gli si poggiò sulla spalla e l'altra fermò il suo braccio.

- Tom! TOM!! Sono io, Joachim! Adesso calmati, per favore!- Joachim lo spinse via da Kim. - Ci siamo noi per questo bastardo! Vai da Bill, ha bisogno di te- Joachim ammanettò l'assassino. Era successo tutto così in fretta che gli ci volle qualche secondo a Tom per realizzare, ma scattò subito in piedi e scappò verso l'ambulanza che arrivò in pochi secondi.

***

Il moro aprì gli occhi in quella stanza d'ospedale e la sua prima emozione fu felicità perché l'uomo che amava gli stava stringendo la mano, e la bambina che adorava era accanto a lui e non piangeva più.

- Bill!- Tom si sporse su di lui accarezzandogli il viso. - Come ti senti?-

- Ho creduto di morire, ho davvero creduto di andarmene, ma non potevo lasciarti così- Tom rise con le lacrime di gioia e lo abbracciò stretto per poi donargli un bacio stupendo sulle labbra. - Ti amo, Tom-

- Non dovevi fare quella cazzata di metterti in mezzo- Lo disse con il sorriso sulle labbra perché non poteva essere arrabbiato con lui. Era felice che fosse vivo, che non lo avesse perso. - Quando ho visto quel coltello trafiggerti mi sono sentito morire anche io-

- E' tutto passato, amore- Gli sussurrò Bill sulle labbra dandogli un altro bacio delicato e consolatorio. Aprendo gli occhi si accorse però che non c'era più Julia. Guardò alle spalle di Tom. Se ne stava andando con la testa bassa. - Ehi, tu- Julia si fermò e si voltò. - Dove pensi di andare?-

- Via...-

- Tom, prendila e portala qui, per favore- Rise Bill essendo che non poteva muoversi e Tom prese Julia per mano.

- Bill, no, io..ti ha fatto male a causa mia- Bill la prese e la abbracciò. - A me dispiace, non posso rimanere-

- Non dire sciocchezze- Sussurrò Bill al suo orecchio. - Se dici un'altra volta che te ne vai...- Non completò la frase subito. Si prese qualche secondo per guardare quel faccino triste e colpevole. - ...io non potrò adottarti- Julia sussultò e Tom anche. Un vero colpo di scena. - Julia, tesoro..- La bambina boccheggiava. - Scusa se l'ho detto così ma per me tu sei stata così importante che non lo posso nemmeno descrivere- Tom pensò fosse meglio che lo lasciasse finire. Bill sapeva quello che faceva. - Quando eravamo dentro quella casa, da quell'uomo che ci aveva rapito, nel momento che ha cercato di farti del male mi sono detto: "Io amo questa bambina e devo proteggerla"- Le accarezzò i capelli. - Se non vuoi io lo posso capire..non sono la persona più facile del mondo, e Tom te lo può confermare- Tom le fece l'occhiolino. - Ma posso imparare se me lo permetti, e...- Julia si gettò tra le sue braccia stringendolo forte.

- Aspettavo che me lo chiedessi- Bill ricambiò l'abbraccio sollevato da questa confessione e anche Tom si unì a loro. Non erano esperti, non sapevano neanche se ciò che stavano facendo fosse giusto, ma contava il fatto che si amavano. Non c'erano dubbi su quello. Avrebbero formato una famiglia, ciò che Bill sognava da tempo immemorabile.

***

Tom si mise a letto sospirando beato pensando a tutto ciò che aveva. Aveva accanto un uomo bellissimo che lo amava e nell'altra stanza c'era una bambina stupenda che avrebbe protetto a costo della sua stessa vita e che ora stava dormendo. Bill si mise su un fianco per guardarlo meglio. Erano entrambi con solo i boxer addosso perché si facevano calore a vicenda durante la notte e non avevano bisogno di altro. Tom lo guardò negli occhi e capì ciò che desiderava. Si mise sopra di lui.

- Che stai cercando di ottenere, signor Trümper?- Bill rise e lo baciò in modo passionale intrecciando le dita delle mani con quelle di Tom. Due fedi stavano splendendo nel buio di quella stanza. Tom lo aveva detto che lo avrebbe sposato ed era il suo sogno di una vita avere Bill suo per sempre.

- Sto cercando di farti impazzire-

- Beh, ci sei giù riuscito anni fa, la prima volta che ti posato gli occhi addosso- Tom si chinò di nuovo ricominciando quella sessione di languidi baci che avrebbero sicuramente portato a qualcos'altro. C'era foga, c'erano sospiri di piacere, c'erano dei mezzi gemiti, era tutto un climax di passione, se non fosse che..

- Papà- Bill sussultò e diede una spinta a Tom che volò letteralmente dal letto battendo un tonfo a terra. Julia stava sulla porta con il suo pupazzo preferito stretto a sé e si stava strofinando un occhio con un pugnetto. - Posso dormire con voi? Ho avuto un incubo-

- Certo, vieni, amore- Bill scostò le coperte e Julia si mise accanto a lui e si accoccolò al suo petto. Si addormentò in fretta grazie alle coccole di Bill, il quale per un attimo si era scordato di Tom. Ridacchiò. - Tesoro, tutto ok?- Vide Tom arrampicarsi sulle coperte ormai arreso.

- Non ne sono tanto sicuro, forse ho il setto nasale deviato dalla botta che ho preso a terra- Bill rise coprendosi la bocca con la mano per non fare rumore e così svegliare Julia.

- Sei un coglione-

- Sei un pazzo...ma ti amo, cazzo- Si avventò sulle sue labbra comunque, tanto ormai sapeva che non sarebbero arrivati a nulla di più. Julia si attaccò a Bill in modo possessivo nel sonno e Tom sbuffò. - Va bene, signorina, ho capito- Si alzò dal letto. - Vado a farmi una doccia fredda- Bill notò infatti un'erezione evidente che gli avrebbe impedito di prendere sonno inevitabilmente. Bill non poté non ridere di lui. Che situazioni pazze, eppure così erano loro. A guardare il viso di Julia, Bill non poté fare a meno di sorridere e di sussurrarle: "Hai un padre fantastico ed io finalmente ho l'uomo della mia vita".

THE END!

   
 
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