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Autore: LadyPalma    05/01/2020    20 recensioni
| Seconda classificata al contest "Let it snow! [Holiday contest]" indetto da inzaghina.EFP sul forum
| Questa storia partecipa alla Xmas Song Challenge indetta sul Giardino di EFP
Alastor è un giovane serpeverde con una strana cotta per una sua compagna di casa, l'irritante Dolores Umbridge. La gita a Hogsmeade sotto l'atmofera natalizia e qualche bicchierino di sherry saranno le carte che si giocherà per cercare di conquistarla. Uno spaccato della gioventù di due personaggi particolari che forse avrebbe cambiato tutto... Oppure niente.
[Dolores x Alastor]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Alastor Moody, Dolores Umbridge
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Alastor&Dolores'
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Where all the lies lie








"... E dunque cosa hai intenzione di fare con questo carillon rosa antico?"
"No. Non mi hai ascoltato, Moody? È rosa ed è antico. Non un rosa antico, un rosa cipria".
Alastor sollevò le sopracciglia e scosse la testa, ridacchiando apertamente. La sua compagna di casa non aveva fatto altro che blaterare su quel maledetto carillon per ben venti minuti, con quella sua voce stridula e quel suo perenne sorriso finto addosso, mentre lui, che Salazar sia dannato, era stato fermo ad ascoltarla - perché sì, l'aveva ascoltata per davvero - senza mai interromperla. E il motivo era semplice, talmente semplice da risultare banale: lei - quella presuntuosa, irritante e goffa ragazzina - gli piaceva. Voce stridula compresa. Gli piaceva a tal punto da trovare la sua faccia da rospo a tratti adorabile e da ripensarci nei momenti più improbabili. A tal punto che se si fosse avvicinato a un calderone di amortentia non avrebbe sentito nulla, ma solo visto riflessa nel liquido tutta la stramaledetta scala delle gradazioni del rosa.
Perché provava simili emozioni? Francamente non riusciva a capirlo. Non era mai stato tanto interessato agli affari di cuore, ma se proprio avesse dovuto prendersi una cotta, di certo Dolores Umbridge sarebbe stata l'ultima persona a cui avrebbe lucidamente pensato. Forse un calderone di amortentia se lo era scolato senza accorgersene: questa poteva essere una spiegazione, se non fosse che lei si dimostrava completamente disinteressata a lui e non perdeva occasione, anzi, di trattarlo a folletti in faccia.
"E comunque ho intenzione di gettarlo via, cos'altro dovrei fare? È uno stupido aggeggio babbano. È inutile e... rivoltante" riprese la ragazza, rigirandosi il carillon tra le mani con circospezione, come se il solo contatto avesse potuto contagiarla con una maledizione inguaribile.
Alastor sospirò seccato, spostando lo sguardo tra l'oggetto e il volto di lei. Detestava il suo atteggiamento discriminatorio nei confronti dei babbani, così come l'assoluto disgusto che manifestava ogni volta che accennava - a bassa voce e in tono improvvisamente nervoso - al lato non magico della sua famiglia. Aveva tagliato ogni rapporto con sua madre e suo fratello, e lo ripeteva spesso con una sorta di orgoglio che la rendeva ai suoi occhi odiosa. Eppure, Alastor riconosceva anche, accanto all'orgoglio, la tristezza e, accanto alla vergogna, l'insicurezza. E tutto questo emergeva anche adesso perché, mentre osservava con disgusto l'ultimo legame materiale che aveva con sua madre, non riusciva a smettere tuttavia di toccarlo.
"Sei assolutamente esagerata, Doll! Davvero credi che essere una mezzosangue possa influire su quello che sarai?" le disse in tono schietto, senza trattanersi dal chiamarla con la parola con la m che tanto la terrorizzava. "Non lasciarti ingannare da quello che dicono i babbei dei nostri compagni di casa, tutte le discussioni sulla purezza del sangue sono demenziali".
Senza distogliere lo sguardo dal carillon, Dolores proruppe in una risatina priva di allegria.
"Oh, certo, dev'essere facile dirlo per te che discendi da una delle famiglie di maghi più antiche della Scozia!" fece notare, in un tono quasi più stridulo del solito. "Sei così fortunato e non te ne rendi neanche conto. Sei proprio un ingrato, Moody, a voler fare uno squallido auror con una famiglia così alla spalle". Si interruppe per lanciargli un'occhiata di sufficienza. "Sei vuoi fare il mediocre, fa' pure. Ma io ho ambizioni più grandi".
Alastor rimase per qualche secondo in silenzio. Sapeva che Dolores, dopotutto, con quell'attacco gratuito stava solo giocando in difensiva. Sentiva così tanto il bisogno di essere qualcuno da non capire che, continuando in quel modo, avrebbe finito per diventare nessuno. Non perdeva occasione per cercare di farsi notare da tutti i professori e rimproverava qualsiasi altro studente per il non rispetto di regole, salvo poi piegarsi a stupidi sotterfugi per ottenere sempre dei voti rispettabili nelle varie materie. Ma alla fine, nonostante questi sforzi, l'anno precedente non era stata scelta per diventare prefetto e il loro capocasa, Lumacorno, continuava a trovarla fastidiosa e a chiamarla Delilah. Era molto più serpeverde di lui, era molto più serpeverde di chiunque avesse mai conosciuto. Immaginandosela nel futuro, riusciva a vederla come una spietata megera divorata dal rancore e dal rosa, oppure come una tranquilla e soddisfatta strega in carriera in pace con i suoi demoni e con un uomo al suo fianco... Oh, per tutti i Gargoyle, non pensarci neanche. Ed era per questo che voleva affatturarla e stringerla tra le sue braccia allo stesso tempo, nessuna via di mezzo.
"Ma tu sei già grande, Doll" le disse alla fine con serietà.
La ragazza spalancò i piccoli occhi color verde pallido e le labbra rosa le tremarono leggermente. Era arrossita improvvisamente, non per l'imbarazzo, ma per l'irritazione. Le parole che lui aveva pronunciato, di slancio e con il puro intento di confortarla e farle un complimento, si prestavano in realtà a varie interpretazioni. E, ovviamente, lei doveva cogliere quella peggiore.
"Come osi prendermi in giro così per il mio peso?" sibilò, visibilmente stizzita, stringendo le mani a pugno. "Sei proprio orribile, Moody!"
Come una furia, si alzò dal divano su cui erano entrambi seduti e corse via, senza però curiosamente dimenticare di portare con sé l'odiato carillon.
Alastor imprecò sonoramente e ignorò le occhiate degli altri compagni presenti nella Sala Comune Serpeverde.
Oh, per la barba di Merlino, per una volta che volevo dire qualcosa di carino...



 
**



Dolores si perdeva nei dettagli e nelle apparenze: le piacevano le cose soffici e indifese come i gatti e le bambole, e faceva il possibile per mantenere il controllo delle sue emozioni e quel suo ridicolo sorriso di plastica. Alastor, invece, odiava i fronzoli ed era sempre stato un ragazzo diretto, a costo di passare per maleducato. Fu per questo che, il giorno dopo quel litigio, lui decise di affrontare la ragazza senza mezzi termini, approfittando dell'uscita a Hogsmeade. La prese in disparte, distogliendola dalle sue solite conversazioni frivole con alcune compagne di casa che fingeva di trovare simpatiche, e le propose di fare una piccola passeggiata insieme.
"Non hai capito nulla, d'accordo? Come sempre fraintendi ogni cosa, Doll, perché non hai la capacità di ascoltare. Non volevo offenderti. Tu... Tu sei grande in altri sensi. Va bene così?"
Dolores, con le braccia conserte e la faccia imbronciata, lo fissò in silenzio per un po', fino a rilassarsi gradualmente. Quel borbottio seccato era la cosa più vicina a una scusa che si sarebbe potuta aspettare dal ragazzo, lo sapeva benissimo dopo ben sei anni che lo conosceva.
"D'accordo, Moody. Ma smettila di chiamarmi, Doll. Non sono una bambola" rispose, sforzandosi di usare un tono autoritario.
Alastor la guardò dall'alto in basso - cosa non difficile, visto il dislivello di altezza tra loro - e riuscì a stento a trattenere una risata e a convertirla in un semplice ghigno. Certo che era una bambola: in quel momento poi, senza la solita divisa verde-argento e con indosso un vestito rosa con mantello coordinato, lo sembrava più del solito.
"Allora provamelo" la provocò, allargando il sorriso. "Passiamo in piazza, alla festa di Natale per gli studenti, e prendiamo qualcosa da bere!"
Era difficile dire se il motore dietro quella proposta fosse stata la propensione per dispetti e sfide tipico della sua natura da Serpeverde, oppure un guizzo del coraggio irriflesso dei Grifondoro. In ogni caso, lei batté le palpebre un paio di volte e poi tornò a guardarlo con sufficienza, con l'aria da diligente e responsabile Corvonero.
"Non bevo alcolici. Prenderò un tè con Tiffany e Jasper più tardi. Non sono proprio tipo da Whisky Incendiario".
"Oh, lo so, Doll" ribatté lui prontamente, calcando il suo invariato appellativo. "Non avrei mai proposto del volgare Whisky a una bambola perfettina come te... Pensavo ad altro che potrebbe piacerti".
"Mi stai prendendo in giro, Moody?"
Nonostante fosse innervosita come al solito e per quanto sapesse che lui la stava in effetti canzonando una volta in più, per puro spirito di sfida, che animava dopotutto anche lei, decise alla fine comunque di seguirlo. Proseguirono in silenzio per qualche altro metro, prima finalmente di sbucare nella piazza centrale, che si aprì ai loro occhi in tutto il solo letterale splendore. Per un attimo, solo per un attimo, il proposito di prendere da bere fu accantonato e rimasero a osservare il nuovo scenario: sculture incantate di ghiaccio, che riproducevano infinite forme di creature magiche, si stringevano attorno a un immenso abete che ruotava su se stesso e che ogni venti secondi cambiava colore.
"Oh, per Salazar, che orrore!" esclamò Dolores, rompendo l'incanto, nello scorgere un centauro di ghiaccio.
Alastor alzò gli occhi al cielo sbuffando. Poi la afferrò con slancio per un braccio, quasi trascinandola davanti al banchetto che Aristotele Mallory, il giovane barista del pub" "Amortentia sballata", aveva allestito fuori in piazza approfittando della folla di studenti.
"Un whisky per me e uno sherry per la bambola qui".
Dolores finse un sorriso tenero al barista dall'aria poco raccomandabile e afferrò il bicchiere - troppo grande, troppo pieno - portandoselo alle labbra.
"Perché credi che questo intruglio possa piacermi, Moody?"
"Perché tende al rosa, Doll".
Di fronte allo sguardo divertito del ragazzo, Dolores assaggiò il vino, sorseggiò di nuovo, e poi bevve tutto senza tentennamenti. Rossa e senza fiato, non degnò Alastor di un commento, ma si voltò semplicemente verso Aristotele.
"Dammene un altro, caro".



 
**



Quattro sherry e mezzo dopo - mezzo perché il resto del quinto lo bevve cavallerescamente Alastor -, Dolores era più brilla delle luci magiche sull'albero. Senza curarsi per una volta di chi le stava intorno, aveva iniziato a sbraitare ad alta voce contro il suo compagno di casa perché le aveva rubato da bere e, senza apparente nesso logico, lo aveva insultato dicendogli che non valeva più di uno stupido carillon babbano. Alastor la lasciò sfogare senza sapere bene cosa fare; non aveva avuto intenzione di farla ubriacare e di certo ora non si sentiva in colpa, tutto ciò che avrebbe voluto era provocarla un po' come al solito e magari passare qualche minuto in più insieme a lei. Per fortuna, ci pensò il signor McSpicy, il proprietario del negozio di scherzi, a cavarlo da quella situazione di imbarazzo. Decidendo di dare il suo contributo a quella ufficiosa festa degli studenti, McSpicy utilizzò alcuni dei suoi prodotti per creare l'illusione della neve e poi sparò in aria dei fuochi d'artificio incantati che, scoppiando, rivelavano luci multicolore che restavano fisse nel cielo. Di fronte a quel nuovo spettacolo, Dolores smise improvvisamente di parlare e rimase a bocca aperta. Guardava quelle luci con autentico stupore, mentre Alastor guardava lei, studiando ogni sfumatura di quella nuova reazione. Osservandola così, con le mani giunte quasi in contemplazione e un sorriso vero sulle labbra, appariva diversa da come era sempre stata. Forse perché era sempre sembrata bambola, ma mai bambina. La sua faccia ricordava ancora quella di un rospo e la sua voce, mentre riprendeva lentamente a parlare, era ancora terribile come quella di una mandragola tirata a forza fuori da un vaso, eppure... Eppure Alastor, guardando in alto verso in cielo, notò un dettaglio esattamente sopra le loro teste e non riuscì proprio a fare a resistere a quella follia. Vischio incantato. Assecondando l'istinto, che troppo spesso era padrone delle sue azioni, si chinò su di lei, le afferrò il viso tra le mani e le posò un bacio sulle labbra. Fu solo un breve, fugace, contatto, ma quando la tornò a guardare, ogni traccia di rosa era svanita in lei per cedere il posto al rosso più acceso. Per un momento, Alastor temette di vederla blaterare come prima; invece, sorprendentemente, gli fece cenno di avvicinarsi di nuovo e lo baciò un'altra volta.


 
**



"Quindi non ricordi nulla di quello che è successo dopo che hai bevuto lo sherry?"
Alastor era seriamente sconvolto e anche parecchio seccato. Com'era possibile che Dolores non ricordasse i loro baci sotto al vischio incantato? Aveva bevuto, va bene, e lei non era abituata... Ma era pur sempre del vino, non essenza di oblivion in soluzione liquida!
Dolores tossicchiò leggermente ed esitò per un istante, prima di fissarlo dritto negli occhi con un'espressione fredda e distaccata.
"Te l'ho detto, Moody. Di ieri ricordo solamente che mi hai fatta ubriacare, brutto idiota, e ora ho ancora mal di testa!"
"Solo questo. Tu ricordi solo questo?" insistette il ragazzo, lasciando trapelare l'irritazione ma non la delusione.
"Sì... Per Salazar, non ricordo neanche come sono tornata al castello!" esclamò lei, con una risatina forzata. "Oh, aspetta..." aggiunse poi, fermandosi un attimo, come se un ricordo improvviso l'avesse colpita. "Ricordo anche uno stupido centauro di ghiaccio... Che orrore, davvero!"
Alastor sbuffò e, senza aggiungere nulla, si allontanò per unirsi alla tavolata dei Serpeverde. Dolores, ferma nel corridoio semideserto del castello durante l'ora di cena, si complimentò internamente per la propria bugia. Era stato un bel bacio, un primo bacio che ricordava bene e che avrebbe sempre segretamente tenuto nella sua memoria, ma questo non era proprio il caso che Alastor Moody lo sapesse. Era affascinante e simpatico, a dispetto della sua connaturata scontrosità e mancanza di controllo, ma aveva idee troppo liberali e si accontentava di ambizioni mediocri. Lei, che sognava di diventare Ministro della Magia e di portare qualche serio cambiamento nel mondo della magia, non poteva permettersi di perdere tempo dietro qualcuno di banale.
Dopo le feste di Natale, Alastor proseguì casualmente a lanciare sottili riferimenti a quella giornata. Forse sperava che, nominando neve finta, vischio e il signor McSpicy senza nessun collegamento apparente, la memoria di lei sarebbe magicamente comparsa. Non sapeva certo che era il desiderio e non la memoria ciò che avrebbe dovuto risvegliare. Così, troppo imbarazzato per parlare apertamente e ricevendo risposte acide a ogni nuovo tentativo, decise alla fine di arrendersi e fingere anche lui di aver dimenticato ogni cosa.
Finché le loro conversazioni, una volta consuete, divennero sempre più sporadiche; e quando quell'anno Alastor lasciò Hogwarts per iniziare la sua promettente carriera di auror, curiosamente neanche si salutarono.



 
**



Alastor e Dolores si rincontrarono solo anni dopo, casualmente, per i corridoi del Ministero. Lui era quasi irriconoscibile con il suo occhio finto, le cicatrici e la gamba di legno; lei era sempre la stessa con il solito sorriso vuoto e il rosa che straripava da ogni poro del suo essere. Quando passarono l'uno accanto all'altra, lui fece una specie di grugnito in segno di riconoscimento, ma lei, pur tradendosi con una fugace occhiata, finse spavaldamente di non sapere chi lui fosse. E forse, dopotutto, era davvero così, perché in tutti quei difetti fisici e nelle voci che correvano sul suo alterato stato mentale, Dolores non vedeva altro che un peso che era stata fortunata a non essersi addossata. Alastor, a sua volta, costatava che il suo primo sciocco amore si era trasformato nel tempo proprio nella versione peggiore di sé che lui aveva temuto: adesso, Dolores, non era altro che una stupida, ignorante donna di mezza metà, troppo pingue e troppo infantile.
Delle loro piacevoli conversazioni in Sala Comune e dei loro baci sotto il vischio, non restava nulla. Solo il disgusto che aveva preso il posto dell'attrazione, e il rosa che aveva finito per divorare ogni altra cosa.
Per un momento, incontrandosi quel corridoio, la "vigilanza costante" sfiorò il "non devo dire bugie", fino a prendere ognuno poi la propria strada verso la verità. L'uno per trovarla, l'altra per sopprimerla.
Eppure, quando Alastor Moody morì un paio di anni dopo, Dolores Umbridge reclamò il suo occhio magico e lo conficcò nella porta del suo ufficio.
"Così posso vedere sempre chi arriva" sussurrava con orgoglio a qualcuno dei suoi colleghi, sorseggiando un bicchierino di sherry.
Ma quando restava sola, e apriva il suo cassetto segreto con i cocci del carillon antico che aveva distrutto ma che non aveva mai avuto il coraggio di gettare via, lanciava uno sguardo a quell'occhio finto e tremava di paura. Si chiedeva se, oltre a vedere in ogni direzione fuori la porta, non avesse per caso anche il potere di guardare dentro. Dentro la sua anima, e scovare le sue debolezze, i suoi segreti e le sue bugie.
E, soprattutto, quella bugia: la bugia di un bacio mai dimenticato, la bugia da cui avevano avuto origine tutte le altre.
 






NDA: Salve a tutti, eccomi con una nuova crack ship. Devo ammettere che sono abbastanza soddisfatta di come ho reso Dolores, anche se purtroppo non posso dire lo stesso di Alastor (che rimane per me un personaggio molto difficile da gestire). Non sappiamo di preciso quando i due hanno frequentato Hogwarts, quindi mi sono presa la libertà di farli capitare insieme – qui Alastor è al settimo anno, Dolores al sesto. Ho cercato di inserire più informazioni possibili prese dalla biografia di Dolores (il rapporto con la famiglia, la passione per lo sherry e l’antipatia che provava verso di lei Lumacorno), prendendomi anche delle libertà, soprattutto riguardo alla Hogsmeade precedente all’epoca dei Malandrini (di cui ho inventato addobbi e negozi).
Una piccola nota sul titolo: significa “Dove tutte le bugie risiedono”; ho voluto giocare sull’uguaglianza in inglese del verbo “to lie” e del sostantivo “lie”.
Ecco la traccia del contest che ho seguito e che è stata fondamentale e preziosa per far vedere la luce a questa demenzialità:
A spasima per B da un lungo periodo. La festa di Natale aziendale/scolastica/tra amici sarà l’occasione di trovarsi insieme sotto al vischio e di baciare finalmente l’oggetto dei suoi desideri.
Oggetto: un carillon antico.
Luogo: il centro città illuminato e addobbato per le feste
Bonus: B è ubriaco e il giorno dopo scorderà quanto accaduto, quindi A non sa come comportarsi e come ricordargli quanto accaduto.
   
 
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