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Autore: MoeniaDea    05/01/2020    0 recensioni
In un altro palco, Medusa sta per essere (finalmente) uccisa da Perseo. Ma il mostro è felice della sua fine, e l'eroe disorientato scappa. Medusa si lancerà in un monologo e pregherà il figlio di Zeus di terminare l'opera.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Medusa, Perseo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Tre Meduse'
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Le luci si accendono su un palco popolato da statue di uomini e donne nude, dove al centro Perseo sta per tagliare la testa a una Medusa inerte. Quando il falcetto sta per colpire il collo, la Gorgone lancia un urlo di gioia, e Perseo – con la faccia coperta da una maschera di metallo – scappa via. Medusa si rialza e si copre gli occhi con un nastro di tessuto nero, per poi gettarsi verso la direzione da cui è scappato l’eroe.
 
Dove vai? Dove vai, mia condanna?!
La tua lama, così bella e letale, adesso dovrebbe recidermi la pelle, i nervi, le vene. Non correre via da me.
Eri tu, mio eroe, mio viscido eroe, a dovermi salvare dalla mia condanna. Con la tua sete di gloria, il mio destino nella Storia avrebbe fatto un passo ulteriore. Invece è fermo, immobile come la pietra.
Ma tu ci pensi a cosa hai rinunciato?
Hai impedito la nascita dei figli di Poseidone, Pegaso e Crisaore. Pensa a quest’ultimo: sarebbe divenuto un gigante giusto, che con la sua lancia avrebbe punito chiunque si fosse macchiato di un’azione malvagia, per poi divenire padre del gigante a tre teste, Gerione, e della madre dei mostri, Echidna. Così facendo neghi una dinastia che sazierà la fame di imprese dei futuri eroi.
Negandoti la mia testa, hai pure negato a te un futuro di gloria, quella gloria che tanto brami.
Pensa: senza di me non salverai Andromeda e tua madre Danae, impedirai anche la nascita del corallo.
Atena non mi avrà sulla sua egida, e non potrà usarmi in battaglia.
Ci tieni a tua madre, vero? È per lei che sei venuto a prendere la mia testa. Vuoi toglierla dalle grinfie di Polidette, e lui vuole come dono di nozze proprio me. E tu, sciocco, gli hai dato retta. L’amore di un figlio per il proprio genitore è infinito, vero?
Eppure, non mi sembra che tuo padre Zeus nel suo – presupposto – infinito amore abbia fatto in modo di evitarti una tale condanna? O per te l’intervento dei suoi figli è equiparabile a un’azione di suo pugno?
Pensa: con me, sarai re di Tirinto dopo un lungo vagare e lottare, sarai padre e poi costellazione, sempre ricordato nei discorsi umani.
 
Perseo appare nella penombra, indeciso se compiere o meno l’atto, tentato dalle parole di Medusa.
 
Ti vedo combattuto. Perché mai io dovrei agognare la morte per mano tua e non suicidarmi?
Ebbene, lascia che ti riveli un segreto: io odio il mio aspetto.
Queste serpi hanno sostituito i miei bellissimi capelli, questo sguardo di pietra i miei occhi lucenti. La mia bellezza è stata mutilata da un’Atena gelosa: è come se fossi già morta una volta, e ne sento una fitta qui, sul cuore.
Perché dovrei quindi continuare a vivere e trasformare chiunque in statue?
Io voglio che il mio Fato avanzi oltre questo luogo e le prime pagine del mio mito, e per farlo devi uccidermi. Uccidimi! Ti scongiuro, uccidimi!
Oppure… vuoi unirti a me? Negare il nostro destino, e generare con me una nuova stirpe di eroi e di re? Farmi soffocare nel mio desiderio di morte col tuo desiderio di amore? Agogni a violarmi come ogni viscido uomo al primo rifiuto?
Mi dispiace, sciocco umano.
È l’amore ad avermi resa così, non posso permettere che vadano compiuti altri abusi alla mia persona. Meriti un futuro migliore, un amore migliore. Il mio sangue verrà versato, così è stato deciso. Le Moire hanno già teso il filo della mia vita, sono pronte a tagliarlo: nel momento in cui tu alzerai la falce, loro useranno le loro cesoie. Un colpo, un taglio, e la vita sarà spezzata.
 
Medusa inizia a camminare tra le statue, accarezzandole.
 
Quando mi dissero che tu avevi saputo dalle vecchie Graie dove mi nascondevo, insieme al luogo dove vi erano gli oggetti della mia condanna, decisi di correre via. Corsi tra le ombre, per terre sconosciute, fino a giungere qui, a nord della nostra Grecia.
Appena alzai lo sguardo sul paesaggio, tutto morì. Potetti godere solo per pochi secondi preziosi della vita, di erba verde e alberi rigogliosi. Ho ucciso questa terra rendendola un unico grande fossile. Ora è un deserto di silenzio. Ho trasformato la sua gente, gli Iperborei, in pietre. Me ne pentii, iniziai a piangere per colpa del mio potere.
Con questo sguardo avevo spezzato le risate e i pianti dei bambini, le grida dei mercanti, i canti dei contadini, i richiami dei pastori. Tutto era immobile, come le statue di un tempio.
Rimasi a piangere per giorni, e presi la mia decisione: sarei morta, come voleva il Fato. Fuggirgli è sempre stato inutile, tutto il mondo lo sa. Anche i tuoi Dei lo sanno! Sciocca fui a sperare nella salvezza, nel decidere da sola il mio destino.
Nei sogni, mi venne raccontato il mio finale, ormai scritto tante volte su pergamena e carta. Fiumi d’inchiostro hanno segnato nel tempo la mia storia, ed io non posso sfuggirle: sono incatenata a lei per l’eternità.
Ora ti prego, eroe, uccidimi! Uccidimi!
Bramo con ogni fibra del mio corpo che quel falcetto, ora nella tua mano, mi recida le vene.
Prendimi! Fammi tua arma! Grazie a me, sarai vincitore: il mio potere dannerà molte genti ancora.
 
Perseo si avvicina come nel mito: cammina all’indietro guardando il riflesso sullo scudo specchiato. Medusa gli tende le braccia desiderosa.
 
Eccoti! Eccoti, mia condanna!
Vieni con la tua lama, alzala, e colpiscimi!
Uccidimi! Uccidimi!
Sii degno del titolo di “eroe” che tutti ti danno. Sii degno di storie, statue, raffigurazioni. Vieni e prendimi!
 
Perseo colpisce Medusa, che cade a terra. Le luci si spengono sui due personaggi, e in lontananza di sentono prima i suoni di una rissa con armi bianche, poi l’urlo di un anziano e il rombo di una frana. Una luce si accende sul fondo, e dal pavimento due ombre escono: un gigante e un cavallo alato. Quando le prime due ombre si sono allontanate, una gigantesca donna armata raccoglie la testa. Luci spente.
   
 
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