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Autore: DhakiraHijikatasouji    05/01/2020    0 recensioni
DALLA STORIA
"La pelle l'aveva più candida e aveva i capelli neri. Ebbe l'istinto di toccarlo per vedere se era vero e gli poggiò una mano sul viso. Scoprì che la sua pelle oltre che nivea era anche morbida. Quell'essere era qualcosa di così uguale a lui eppure così diverso, ed era una diversità che gli piaceva"
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest, Mpreg
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ATTENZIONE: Prima di leggere la seguente fanfiction è importante fare una precisazione: i personaggi qui avranno un nome anche se in realtà sono stati appena creati da un nulla e nessuno ha provveduto a dar loro un nome di battesimo. Inoltre parleranno normalmente anche se una lingua non era stata creata a quei tempi giusto per rendere la lettura meno noiosa.

Grazie per l'attenzione, e buona lettura❤.

C'erano tante cose perfette che Dio aveva creato su quella Terra, dagli animali, alle piante, al vento che correva libero nell'aria, all'acqua che scorreva energica giù dalle montagne, al fuoco che impetuoso ardeva da solo. Tanta era la perfezione in quel Mondo chiamato Paradiso Terrestre, ma Dio si era superato con la creatura più perfetta di tutte. Era stata la stessa Terra a darla alla luce, un giorno come tanti in cui in quella immensa creazione mancava qualcosa. I particolari erano quelli più studiati, i più complessi e i più articolati. Anche gli animali rimanevano stupiti da tale bellezza, e straniti quanto impauriti per quell'estraneità. Non sapevano come quella creatura sarebbe potuta entrare a far parte del ciclo vitale delle cose. Tom aprì gli occhi e vide il cielo. Non sapeva dove era, non sapeva chi era e da dove fosse venuto, ma era sicuro di essere vivo in qualche modo. I suoi polmoni si riempivano di un qualcosa che non sapeva nemmeno lui si chiamasse aria, le sue mani toccavano un suolo morbido e argilloso, i suoi orecchi sentivano il cinguettio degli uccelli, e la sua vista stava venendo a conoscenza di uno spettacolo come pochi. Era tutto così bello che voleva toccarlo, voleva assaporarlo. Improvvisamente sentì qualcosa di morbido vicino che non era erba. Era un piccolo scogliattolo, l'unico che aveva avuto il coraggio di avvicinarsi a quell'essere strano. Tom aveva provato a toccarlo, ma questo era fuggito saltellando via. Capì quindi che quegli animali piccoli, pelosi, rossicci e con la coda lunga non erano tanto socievoli. Si alzò in piedi scoprendo di poter rimanere in equilibrio. Si guardò intorno. C'erano alcuni animali dei quali ovviamente sapeva il nome, ma notò che tutti stavano a quattro zampe, invece lui no. Si mise quindi giù, e provò ad assumere la stessa posizione, ma in lui sopraggiunse un senso di scomodità e disagio. Si rimise quindi su come prima e cominciò a camminare. Era tutto naturale, ma c'erano altri fatti della vita che avrebbe scoperto in quel Mondo che pareva magico, e si chiamava "Natura". Addentrandosi in una foresta toccò le foglie, le cortecce degli alberi, i sassi e l'erba morbida. Poi sentì un rumore nuovo, un sibilo. Alzò la testa e vide un serpente che stava arrotolato sul ramo di un albero. Aveva gli occhi neri, e le squame di un verde terra. Ogni tanto tirava fuori la lingua tagliata in due. Il brivido che Tom provò per la spina dorsale fu indescrivibile. Il suo istinto gli diceva di allontanarsi, che era in una situazione di pericolo. Scoprì in quel momento di poter andare più veloce quando iniziò a correre via. Seguì un altro rumore più sicuro, quello di un fruscio tanto simile a quello delle foglie. Poi inciampò e scoprì il primo dolore una volta che il suo corpo venne a contatto con il suolo. Non fu forte, ma fu fastidioso. Si rimise in piedi, e appena aprì gli occhi vide la causa di quello scrosciare: acqua. Era vicino ad un fiume. Sentì la gola farsi secca improvvisamente, eppure prima non c'era quella sensazione. Si avvicinò e la toccò: era fredda e le sue dita non erano capaci di fermarla, lei continuava a scorrere accarezzandolo. Poi la sua mano si mosse da sola: ne prese un po' e la portò alla bocca ingerendola. Era...buona. Ne bevve di più, perché sentiva di averne terribilmente bisogno. E poi era così fresca che nella sua mente balenò subito qualcosa. Si guardò il ginocchio che ora perdeva un liquido rosso per la caduta e bruciava dal dolore. Immerse la gamba nell'acqua e una sensazione di sollievo lo pervase. L'acqua stava portando via il suo sangue, lo stava curando. Poi decise che forse poteva entrarci tutto il suo corpo, e così fece. L'acqua non pareva aggredirlo, ma lo spingeva leggermente via. Tom abbassò lo sguardo e ciò che vide lo lasciò a bocca aperta. Quello...quello era il suo riflesso, esattamente. Tom si portò le mani al volto per accertarsi di star vedendo esattamente la sua faccia. Era tutto così strano. Aveva davvero quell'aspetto? I suoi capelli erano lunghi, di un castano chiaro cangiante sul color grano. Le sue labbra erano leggermente carnose, i suoi occhi scuri, marroni. Non assomigliava per niente a nessuno degli altri animali! Non aveva così tanto pelo, non aveva artigli, né squame come quel serpente. Digrignò i denti, e scoprì di non avere nemmeno le zanne. Allora a cosa serviva!? A cosa serviva una creatura come lui lì? Cosa era la qualità che lui possedeva e gli animali no? E lui era un animale? Cominciò a sentire una sensazione di disagio a continuare a guardarsi in quella specie di specchio, perciò uscì e continuò a camminare. Il suolo stava cominciando a cambiare sotto i suoi piedi e piano piano i sassi stavano diventando neri, non più grigi. Prese in mano due pietre di media grandezza e le fece battere insieme. Cozzando facevano un rumore strano e riprovò con più forza. Si creò una scintilla e si spaventò tanto da lasciarle cadere ai suoi piedi. Con il respiro ansimante le riprese in mano e ritentò. La scintilla si ripresentò di nuovo e schizzò su un rametto che prese fuoco. Tom rimase ammaliato da quel colore particolare e da quelle movenze sinuose che aveva quella cosa che aveva appena creato. Si abbassò per toccarla, ma appena lo fece ritirò immediatamente la mano arrossata gemendo di dolore. Faceva molto male. Era troppo caldo per essere toccato, ma se stava a debita distanza poteva sentire il suo calore senza farsi male. Aveva scoperto che se faceva battere due pietre nere poteva crearsi il caldo da solo senza aspettare che quella cosa chiamata sole tornasse da lui ogni mattina. I tempi parevano passare in fretta ed era già buio. Non aveva trovato nient'altro di interessante oltre alle conchiglie sulla spiaggia vicino a quella enorme distesa d'acqua. Ci aveva fatto una collana. Aveva una brutta sensazione di noia e un gorgoglio allo stomaco. Aveva fame, ma non sapeva cosa doveva mangiare. Vedeva alcuni animali che si cibavano di erba, ma mangiandola aveva capito che non faceva per lui, poi vide un leone nutrirsi di una carcassa di gazzella, ma appena si era avvicinato, dopo aver aspettato che il felino se ne andasse, aveva avvertito una puzza terribile. Aveva dato qualche morso, ma era troppo tardi per cibarsi di qualcosa di consistente, il leone aveva esaurito tutto. Si era pulito la bocca da quel sangue e, mesto, era ritornato lì dove tutto aveva avuto origine. Lì in quel punto adocchiò una cosa tondeggiante e gialla. Alzando lo sguardo scoprì che era caduta da un albero. La prese e la aprì. Dentro era arancione e aveva dei semi neri che non lo ispiravano molto, così li tolse e mangiò solo la polpa arancione. Era dolce, leggermente aspra, ma gli piaceva di più dell'erba e di un cadavere ormai consumato. Tuttavia anche dopo essersi cibato avvertiva un vuoto in sé. Il suo stomaco non faceva più male, ma sentiva come se non fosse felice. Aveva tutta quella immensità eppure gli mancava qualcosa, qualcosa che gli facesse apprezzare a pieno quella che prima o poi qualcuno avrebbe definito vita. Non aveva capito che ciò che stava provando si chiamava solitudine. Anche quando vedeva gli animali, erano sempre in coppia, in branco, o comunque erano animali abituati ad essere solitari. E lui perché non poteva rimanere solo? Di cosa aveva bisogno in fondo? Aveva già tutto. Proprio tutto.
Gli sopraggiunse ciò che si chiama sonno e gli bastò sdraiarsi per sentire le palpebre pesanti e avere l'istinto di chiuderle. Con lui, tutta la natura andò a dormire.

***

Si svegliò dopo tanto tempo, ma non vide il cielo, vide qualcosa di più strano e di assolutamente bello. Era un volto esattamente come il suo quello che aveva davanti, solo più fine e con i tratti meno marcati. La pelle l'aveva più candida e aveva i capelli neri. Ebbe l'istinto di toccarlo per vedere se era vero e gli poggiò una mano sul viso. Scoprì che la sua pelle oltre che nivea era anche morbida. Quell'essere era qualcosa di così uguale a lui eppure così diverso, ed era una diversità che gli piaceva. Sentì una sensazione strana allo stomaco, e non era fame, ma qualcos'altro, qualcosa di astratto. Improvvisamente anche quella splendida creatura aprì gli occhi e i loro sguardi si incrociarono. La pelle dell'altro arrossì sul viso e anche i suoi occhi si sgranarono. Erano due corpi nudi, l'uno accanto all'altro, ognuno con le proprie diversità, ma della stessa identica specie, e quindi a modo loro uguali. Tom però non fermò la sua mano e continuò a farla scorrere, sempre più giù. La passò sul suo collo e lo sentì deglutire, la passò sul suo petto e lo sentì fremere, ma quando arrivò più in basso ancora, l'altro si scostò sentendosi invaso improvvisamente da una sensazione di vergogna e imbarazzo. Tom allora ritirò la mano perché non voleva farlo andare via. Alla sua vista provava un tale benessere che non voleva privarsene. Fu il turno di Bill toccarlo, studiarlo, capire chi era questa cosa che gli faceva provare quel senso di disagio e quella voglia di restare. Anche le sue mani, più fini di quelle di Tom, partirono dal volto. Osservò bene i suoi occhi, i lineamenti diversi e quella sporgenza che lui aveva sulla gola e che invece Bill non possedeva. Giunse ai pettorali, che Tom aveva e lui no, e per paura che Tom potesse provare quella brutta sensazione non si azzardò a proseguire oltre. In quel momento ciò che aveva visto gli bastava. Tom si alzò in piedi e gli tese una mano. Bill la afferrò e si mise come lui ma con una leggera difficoltà, perché non credeva di poterlo fare. Tom aveva già provato tutto, invece per lui era tutto nuovo. Tom fece dei passi e non lasciando mai la sua mano, lo aiutò ad eseguirli in sua successione. Bill non voleva lasciare la sua mano, e non perché sentiva di aver bisogno del suo aiuto, ma perché semplicemente aveva la necessità di stringerla e basta. Nei pensieri di Tom Bill assomigliava esattamente a quei fiori bianchi che qualcuno avrebbe chiamato gigli per la pelle bianca, aveva le guance rosse come le rose e le labbra rosa come una pietra luccicante che aveva visto in una grotta (trattasi di rosolite), e i capelli neri come quelle pietre focaie che avevano generato la fiamma. Insomma, tutte le cose più belle che aveva visto le ritrovava in Bill, che in qualche modo in lui aveva generato un fuoco, ma Tom questo non lo aveva ancora capito. Per ora si sentiva solo in dovere di insegnargli come era il suo Mondo e di far sì che rimanesse per sempre al suo fianco. Lo avrebbe protetto da tutto ciò che nuoceva, sarebbe stato il suo difensore. Lo portò a quella sorgente d'acqua per fare in modo che Bill vedesse come era fatto esattamente come per lui il primo giorno. Si avvicinò e si mise in ginocchio invitando Bill a fare lo stesso con un gesto della mano. Il moro si mise giù accanto a lui e guardò nello specchio. Sussultò e si ritirò come spaventato. Cominciò a scuotere la testa.

- Non è pericoloso- Cercava di dirgli Tom afferrandolo per il polso e riportandolo dove era prima. - Non avere paura-. D'ora in poi per comunicare avrebbero letto i loro sguardi oltre che ascoltato le loro parole. Bill si sporse nuovamente e rimase lì ad osservarsi.

- Sono io?- Chiese, e Tom annuì. - E quello...- Fece indicando l'altro. - ...quello sei tu- E Tom annuì ancora. Era tutto così strano. Solo l'acqua poteva far vedere il loro aspetto. Tom ne prese un po' nella propria mano portandola alle labbra di Bill che istintivamente la bevve. Non chiese cosa fosse, e scoprì cosa era la fiducia. Il suo istinto gli disse che quella non gli avrebbe fatto del male, era buona. Fu la prima volta che Tom toccò le sue labbra, erano così morbide che rimase ipnotizzato, ma poi dovette riprendersi, c'era ancora tanto da vedere e forse da scoprire insieme.

- Vieni, voglio mostrarti qualcos'altro- Tom si alzò e prese Bill per mano nuovamente conducendolo all'interno della foresta. Gli mostrò alberi, foglie, rocce e tutto ciò che era strabiliante, poi Bill vide un essere ad otto zampe muoversi su una di quell'ultime. Era peloso, nero e arancione, e camminava lentamente. L'impulso di Bill fu volerlo toccare, ma Tom fermò la sua mano avendo un brutto presentimento. Scosse la testa. - Quello no, non devi toccarlo-. Bill capì che poteva essere pericoloso e perciò si allontanò e lasciò fare quello che qualcuno un giorno avrebbe chiamato ragno, o più precisamente tarantola velenosa. Gli animali erano buoni con loro e non li infastidivano, ma solo se ognuno rispettava i propri territori, e se Bill avesse invaso quello di quella tarantola avrebbe potuto riportare brutte conseguenze. Tom ci aveva provato, e quella si era mossa a tutta velocità minacciosa nella sua direzione spaventandolo. Bill però aveva tanta voglia di sperimentare anche a livello di tatto, toccava tutto ciò che trovava, e Tom credette che gli avrebbe fatto piacere toccare qualcosa di morbido e carino come poteva essere il coniglietto che passò loro davanti. Tom lo afferrò al volo prima che potesse scappare e Bill si avvicinò curioso.

- Cos'è?- Tom glielo mise tra le braccia e Bill cominciò ad accarezzarlo. Era morbido, tremava, e lo annusava curioso e improvvisamente tranquillo. Sul volto di Bill apparve un sorriso, e questo provocò dentro Tom un piccolo infarto. Era quella la felicità che nasceva per la contentezza di un altro, una cosa che non aveva mai provato fino a quel momento. Bill si chinò e lasciò andare il coniglietto avendo capito che voleva la sua libertà.

***

Passarono i giorni e anche Bill aveva raggiunto lo stesso livello di conoscenza di Tom riguardo quel posto e non aveva più bisogno che lo seguisse ovunque, ma anche quando credeva di essere solo in realtà era sempre sotto il suo sguardo. Bill amava l'acqua, e spesso andava a farsi un bagno o a nuotare, e Tom dietro un cespuglio lo guardava. Dentro di lui però non c'era malizia, né perversione, semplicemente gli piaceva vedere il corpo di Bill. Era così bello mentre nuotava e l'acqua lo avvolgeva come se stessero avendo una conversazione che in fondo non avrebbe mai avuto fine. Tom non sapeva perché provava tutto quello, perché voleva guardare Bill nudo, e perché quando gli era vicino sentiva tutta quella diversità che avrebbe potuto accoppiarsi perfettamente. Quando dormivano i loro corpi a contatto parevano incastrarsi, e quando Bill tremava Tom non poteva fare a meno di avvolgerlo tra le sue braccia e di proteggerlo da quello che poteva essere freddo, paura o incertezza. Non c'era giorno che l'interesse di Tom nei confronti di Bill non crescesse sempre di più, ed un giorno sarebbe esploso inevitabilmente. Quella volta decise che non avrebbe dormito e avrebbe trovato invece una risposta alle sue domande. Aspettò che Bill se ne andasse a dormire sull'amaca che si erano costruiti con quelle foglie e delle liane. Lo avevano fatto insieme, perché non c'era nulla che Tom avesse in più di Bill o Bill in più di Tom. Lì Tom aveva capito che la sua specie aveva l'ingegno, un qualcosa che gli animali non possedevano, e aveva provato una tale soddisfazione che adesso sentiva il bisogno di cercare altre risposte per sentirsi esaudito. Il moro stava dormendo sull'amaca e Tom si avvicinò lentamente senza fare rumore. Anche a vederlo dormire provava dentro di sé un batticuore irrefrenabile. Era così bello, che in qualche modo sfiorava la perfezione. Lì pensò che non aveva mai osato vedere tutto Bill così da vicino, questo perché sapeva che scappava, che si adombrava, che si nascondeva da lui, e allora evitava. Ma adesso poteva perché voleva sapere. Gli sfiorò i capelli che erano morbidi e bagnati, e così lunghi da coprirgli i capezzoli. Ma non era quella la parte che gli interessava maggiormente. Si abbassò ancora di più e guardò in quella parte che gli pareva così intima e che mai aveva tentato di avvicinarsi. Bill lì era diverso da lui, era l'unica cosa che non gli assomigliava per niente. Bill in quel punto sembrava una conchiglia di ciprea, una di quelle che Tom portava al collo. Tuttavia decise di star osando troppo e si allontanò. Ma non aveva trovato le risposte che cercava. Bill era semplicemente Bill, e ciò che provava non cambiava e pareva non avere nemmeno una ragione. Tornò ad accarezzargli i capelli e il viso, e come il primo giorno che si incontrarono, Bill si svegliò arrossendo non appena lo vide così vicino a lui. Bill a differenza sua non aveva cercato nessuna risposta, e aveva attuato un atteggiamento di indifferenza nei suoi confronti. Preferiva stare solo, fare il bagno, evitare i pericoli, e godersi la propria libertà. Ed ora che Tom era così vicino si sentiva vulnerabile, e debole, e a lui non piaceva quella sensazione. Rimasero a guardarsi negli occhi. Tom fece scorrere la mano giù fino a quel punto proibito e Bill si scansò ancora. Non capiva che accidenti gli prendeva a Tom. Tutte le volte che lo aveva vicino voleva toccarlo lì e lui non sentiva il suo stesso desiderio. Non sentiva la voglia di toccare ciò che aveva lui in mezzo alle gambe. Era diverso, e certe volte sembrava anche sbagliato. Scosse la testa. Erano di due mentalità diverse da quel punto di vista, non potevano essere uguali perché avevano esigenze differenti. Tom si guardò attorno, sentiva il bisogno di farsi perdonare, perché quello sguardo che Bill gli stava rivolgendo, così impaurito, non gli piaceva. Raccolse un fiore dall'erba e glielo incastonò tra i capelli accarezzandoli amorevolmente sapendo che era un gesto che apprezzava. Bill arrossì, ma non provava più disagio, bensì gli si scaldò il cuore.

- Scusa, mi dispiace, non lo farò più- Bill lo aveva capito, e gli regalò un suo sorriso e una sua carezza. Per Tom valeva più dell'oro, valeva più di qualsiasi altra cosa. Sarebbe stato disposto ad uccidere per Bill, avrebbe fatto come il leone con la gazzella se Bill si fosse trovato in pericolo o infastidito. Era il suo tesoro nascosto e non poteva permettersi di perderlo. Era troppo bello e il suo viso si stava avvicinando a quello del moro lentamente. Non sapeva perché, ma non gli importava. Sentiva che quel gesto voleva farlo con il cuore. I loro respiri ebbero modo di mischiarsi, i loro sguardi di perdersi, i loro occhi di chiudersi, e le loro labbra di accoppiarsi. Venne tutto così spontaneo, così naturale, che nessuno dei due sentì di classificarlo come sbagliato. A loro piaceva, e non videro perché smettere. Le loro bocche continuavano ad accarezzarsi, le loro anime a sentirsi, e quello era il sentire di un primo bacio. Il fiato mancava ad entrambi, il cuore pareva non volersi fermare. Non sapevano cosa stava loro succedendo, ma Bill improvvisamente fermò quei movimenti sinuosi delle labbra e si staccò. - Cosa c'è?- Chiese lo sguardo di Tom, ma Bill fu solo capace di scappare via. Tom tentò di fermarlo, ma alla fine abbassò la testa mogio e triste perché aveva paura di aver sbagliato e Bill era scappato chissà dove lontano da lui. Prese una pietra e la lanciò via con rabbia. Erano tutte emozioni nuove e sentiva di non poterle reggere, di doverle sfogare. Bill intanto stava correndo a perdifiato fino ad arrivare al lago. Entrò nell'acqua sperando che la sua freschezza inebriasse la sua pelle troppo calda in quel momento. Così successe, ma dentro di sé stava male. Gli doleva molto la pancia, e non sapeva se era per il gesto che aveva commesso oppure per un'altra cosa. Voleva solo rimanere in pace con la natura, con sé stesso. Tuttavia successe una cosa che non glielo permise. Stava portandosi i capelli di lato per strizzarli in modo tale che si asciugassero un po', quando nell'acqua notò un'enorme macchia rossa che si stava espandendo come petrolio partendo da lui. Cacciò un urlo così forte che pure Tom lo sentì a metri e metri di distanza, e non perse tempo. Afferrò il suo bastone con la punta di pietra e corse in quella direzione avendo paura che Bill fosse in pericolo. - Bill! Bill!- Lo chiamava con il cuore che stava battendo forte in gola. Lo trovò al lago tutto bagnato e che si abbracciava da solo, un'espressione di puro timore sul viso. - Bill..- Il moro voltò gli occhi nella sua direzione, respirava ansimante.

- Vattene! Non avvicinarti!-

- Bill, ma stai sanguinando! Sei ferito?-

- VAI VIA!- Urlò come mai aveva osato gridargli prima. Tom non lo aveva mai visto così indemoniato, e preferì fare come aveva detto e indietreggiare. Bill rimase solo. Aveva compreso che ciò che gli stava succedendo, qualsiasi cosa fosse, era una cosa sua e solo sua, e che Tom non c'entrava niente. Non era ferito, quella era una cosa che prima o poi sarebbe dovuta accadere e che aveva un significato che ancora né lui né Tom conoscevano. Finì di lavarsi e poi provvide a prendere delle foglie e, legandole insieme, se le mise per coprirsi le parti intime. Lo avrebbe lavato spesso o ne avrebbe rifatto un altro, non lo sapeva, fatto stava che Tom non avrebbe dovuto immischiarsi, perché non gli riguardava proprio per niente. Gli doleva ancora la pancia e si sentiva irritabile proprio per quello, perciò prima aveva gridato a Tom in quel modo quando in fondo non voleva. Quelli che passarono furono sette giorni di inferno, quanto per Tom che per Bill. Il moro aveva dolori ovunque, era spesso nervoso, mangiava di più e non c'era verso che avessero un contatto come prima. Tom non capiva perché. Che accidenti gli stava succedendo, che cosa voleva che facesse esattamente! A volte si avvicinava e gli urlava di andarsene, altre era lontano e lo cercava, gli prendeva le braccia e le avvolgeva attorno al suo corpo chiedendo abbracci e carezze. Era così confusionario che a Tom girava la testa. Inoltre gli era completamente oscuro il motivo per il quale aveva iniziato a coprirsi le parti intime. Indossava quel fogliame e a Tom questo non andava bene. Voleva vederlo come prima, non voleva che il suo corpo si nascondesse perché non aveava nulla di cui vergognarsi siccome non c'era niente che non avesse già visto. Una volta però l'istinto ebbe il sopravvento su di lui, una volta che Bill gli era stranamente vicino. Erano insieme a costruire una piccola casa, un posto nel quale ripararsi dall'acqua che cadeva a gocce da quel vapore nel cielo che un giorno qualcuno avrebbe chiamato nuvole. Tom aveva deciso di tentare. Si era avvicinato a Bill, che istintivamente si era voltato, e con una mano aveva provato a scostargli quel fogliame. La reazione di Bill fu immediata. Tom avvertì un bruciore al viso. Gli aveva tirato uno schiaffo. Non lo aveva mai fatto prima, e non credeva che un essere come lui poteva possedere delle mani così delicate ma che facevano così male allo stesso tempo. Ma la cosa non finì lì. Bill afferrò un pezzo di legno e lo scagliò contro Tom, poi un altro e un altro ancora. Era infuriato non poco per il gesto sconsiderato del ragazzo. Tom però prese questa sua rabbia come un attacco alla sua persona che non dipendeva da ciò che il moro stava avendo, così cominciò anche lui a tirargli pezzi di legno con la stessa violenza. Il suo però ebbe la meglio e colpì Bill al viso, sulla guancia. Il moro voltò la testa di lato e si poggiò una mano sul punto colpito. Era ansimante per la lotta. Tom, preoccupato, si era avvicinato.

- Bill...scusa, mi dispiace, io...- Questa volta provò un dolore ancora più forte e si ritrovò a terra. Bill aveva il pugno chiuso a mezz'aria e lo guardava con astio. Sul viso un piccolo taglietto che aveva rovinato la sua perfezione. Tom però capì che non era adesso il momento di arrendersi. Se davvero provava qualcosa per Bill, era giunta l'ora di dimostrarlo. Lo prese per i polsi prima che potesse opporre resistenza e si gettò sulle sue labbra attirandolo in quel gesto che l'altro giorno gli era sembrato gli fosse piaciuto. Bill liberò un lamento, ma alla fine lasciò che Tom lo possedesse in quel modo un po' irruente. Si sentì improvvisamente debole e cadde a terra seguito da Tom sopra di lui. Sembrava tutto così irreale, che un sogno non poteva essere un paragone. Il sogno pareva più reale di quello che stavano facendo in quel momento. Si erano picchiati e poi adesso erano a fare un gesto che nessuno avrebbe collegato alla violenza. Le mani di Tom presero a scorrere per il suo corpo, ma appena giunse ad un capezzolo del moro, questo gli dolette molto e lasciò un gemito di dolore.

- No..- Disse scuotendo la testa e ritornando in sé. Sgusciò piano via da lui tenendosi la mano sul petto lì dove gli faceva male. Non sapeva perché, ma ciò che gli stava capitando implicava che provasse dolore anche in quella zona. Se ne andò via piano piano lasciando Tom da solo a preparare il fuoco per la sera siccome stava cominciando a fare freddo. Bill però credeva fermamente che almeno finché non fosse finito, sarebbe stato meglio non stare vicino a Tom. Sarebbe tornato una volta "guarito". Tom non lo vide per qualche giorno e la solitudine tornò a farsi strada in lui. Quel fuoco dopo un po' si spense abbandonandolo totalmente, così come aveva fatto Bill.

***

Tom gettò ancora un ramo nel fuoco, il quale piano piano sembrava sempre di più allontanarsi dal cielo color del tramonto. Il Sole era l'unica cosa che gli stava facendo compagnia costantemente in quei giorni, fino a che non decideva di andarsene e lasciare spazio alla Luna. Eppure, nonostante la solitudine, Tom non aveva mai pensato che svegliandosi una mattina avrebbe potuto trovare un'altra persona che non fosse Bill. Sperava in lui, chiamava lui e sognava lui...perché si era accorto che tutto il suo mondo era lui. Se aveva fatto qualcosa di male, qualcosa di sbagliato; se volere il suo corpo in una maniera più profonda era stato un errore così imperdonabile, avrebbe fatto di tutto e cercato di vivere senza toccarlo, ma non poteva negarsi la sua vista. Bill doveva esserci. Una lacrima gli cadde dagli occhi e la toccò con le dita portandola davanti al suo sguardo. Cosa era quel bruciore agli occhi? Perché lacrimava? Cosa stava provando? Un giorno qualcuno avrebbe chiamato quel sentimento tristezza, nostalgia...oppure avrebbe rinchiuso tutto nella parola "amore". Tom era innamorato e non sapeva in che modo avrebbe dovuto esprimere ciò che provava per Bill se non con il contatto fisico. Quando lo toccava non era per fargli del male, per farlo arrabbiare, o per farlo piangere...era perché non sapeva in che altra maniera doveva confessare i suoi sentimenti. Sperava quindi che Bill potesse capire e che tornasse da lui. Cadde addormentato.

Improvvisamente un rumore lo destò e vide una creatura vicino al fuoco ormai diventato bragia. Non sapeva se fosse un animale pericoloso, ma afferrò ugualmente il suo bastone con la punta affilata e si avvicinò silenziosamente. Una volta vicino, però, questo si voltò e Tom rimase senza fiato. Era Bill! Era tornato da lui! Rimasero a guardarsi negli occhi sorpresi senza essere capaci di pronunciare neanche una parola. Tom non voleva muoversi per paura una sua reazione, Bill per paura di non saper come reagire. Tom pensò bene di posare il bastone come prima mossa ed ebbe modo di notare che Bill non aveva più quel fogliame addosso. Era completamente senza vestiti. Non sapeva però che Bill era tornato per un motivo ben preciso. Il moro si avvicinò a lui. Aveva il fiato caldo, le guance rosse e pareva diverso dal solito. Il suo sguardo era differente. Aveva una sfumatura di un qualcosa di diverso, che però attirava Tom come una calamita. Aveva degli occhi magnetici. Bill iniziò a baciargli il collo e Tom non ci stava capendo più niente. Ogni tanto mugolava, e pareva un gatto al quale doleva qualcosa. Non si era mai comportato così, ma questo comportamento stava cacciando via la parte razionale di Tom pian piano. Era qualcosa al quale si sentiva di non poter resistere. Bill stava chiedendo le sue attenzioni in quel modo, voleva lui e solo lui. Tom lo staccò da sé e lo baciò con una tale possessività che un filo di saliva colò dalle loro bocche. Era un nuovo tipo di fame, qualcosa che non partiva dallo stomaco. Un richiamo naturale che prima o poi sarebbe dovuto accadere. Caddero a terra, Bill sotto Tom, continuando a baciarsi. Bill poi portò una mano alle proprie parti intime mordendosi il labbro inferiore guardando Tom implorante. Una cosa gli stava chiedendo, voleva che la facesse. E continuava a mugolare perché non riusciva a parlare. Non avrebbe parlato fino a che Tom non avesse esaudito i suoi desideri carnali. Tom si ritrovava con la mente offuscata. Non vedeva altro che Bill, non sentiva altro che l'odore dei loro corpi e questo lo faceva andare fuori di testa. Non si rese conto nemmeno di quando la punta del suo membro era già entrata nel moro provocandogli un gemito di dolore. Lui era così caldo, e così bagnato che avrebbe potuto rimanere così per sempre. Abbassò lo sguardo su di lui appena lo sentì gemere. Lo baciò leccandogli le labbra sensualmente. Entrò in lui ancora e lo sentì emettere un lamento sulle sue labbra. Gli stava facendo male ma Tom non riusciva a smettere. Qualcosa dentro di lui gli stava dicendo di non fermarsi, che era la cosa giusta, che così doveva essere. Ma un'altra cosa gli stava anche dicendo che non avrebbe dovuto ignorare il dolore di Bill perché era la persona che amava, e così avrebbe potuto dimostrarglielo. Gli appoggiò una mano sul viso lasciandogli una carezza e asciugando le sue lacrime. Bill aveva gli occhi umidi perché la sua temperatura corporea era alle stelle, un calore lo stava imprigionando e voleva che Tom non si fermasse. Il ragazzo entrò tutto in lui e Bill riprese a mugolare ancora più forte. Percepiva una sensazione strana, ma piacevole. Chiuse gli occhi liberando un sospiro. Poi tornò a guardare Tom. Era dentro di lui e il suo cuore stava battendo fortissimo. Provava qualcosa di fuori dal comune, un qualcosa di così forte che gli stava facendo pensare che sarebbe morto per Tom, perché Tom lo stava possedendo, e lo avrebbe posseduto sempre. Se un giorno in quel mondo ci fossero state altre persone, Bill non avrebbe guardato gli altri, perché Tom era la sua prima volta ed era certo che sarebbe stato l'unico a fargli provare un tale...amore.

- Amore..- Sussurrò. Era un suono così bello, una parola così stupenda.

- Amore- Ripeté Tom guardando i suoi occhi. Si chinò su di lui e lo baciò iniziando a muoversi piano nel suo corpo. Il respiro di Bill tornò ansimante e riprese ad emettere dei lamenti. Non gli stava piacendo perché era troppo, ma sentiva di voler continuare. Lasciò che Tom si sentisse libero di andare quanto forte volesse, di fare come si sentiva, perché anche lui stava cominciando a chiedere di più inconsciamente. Gli sfuggì un gemito di piacere e Tom prese a mordergli il collo con possessività facendogli quasi male. Bill, però, sentì l'eccitazione farsi ancora più strada in lui. Buttò la testa all'indietro e gli occhi verso l'alto. Sentiva come di star per impazzire. La sua testa continuava a girare, non stava capendo più. Era tutto così magnifico che quando in loro sentirono un qualcosa dentro di loro che li costrinse ad andare più veloci lo fecero senza esitare. Tom aumentò il ritmo delle spinte in Bill fino a sentirlo urlare. Ed infine vennero. Fu una sensazione stranissima per tutti e due nonostante Tom avesse già sperimentato prima, ma con Bill era diverso. Doveva ammetterlo, quando vedeva Bill farsi il bagno poi si nascondeva dietro un cespuglio e cominciava a muovere la mano sul suo membro quasi inconsciamente, ma adesso era differente. Farlo dentro di Bill era più completo e più appagante, soprattutto se anche Bill veniva con lui. Il moro aprì gli occhi incontrando il suo sguardo. I loro respiri ansimanti si stavano scontrando.

- Grazie- Disse con un fil di voce poggiando una mano sul suo viso e baciandolo delicatamente. Tom dopo quel bacio si sdraiò sul Bill, il quale con la mano iniziò ad accarezzargli i capelli. Percepiva il cuore dell'altro battere contro la sua pelle ed era così felice che quando si era perso in quello stato di benessere aveva creduto di morire, e non aveva avuto paura. Chiusero gli occhi e si addormentarono. L'ultimo bagliore di bragia si spense.

***

E anche da quella notte il tempo iniziò a scorrere inesorabile. Bill era tornato definitivamente da Tom, esattamente come lui aveva aspettato e desiderava. Avevano finito di costruire la loro casetta e ci stavano convivendo come quelli della loro specie. Erano gli unici e non sapevano in che modo sarebbero potuti essere di più. Una volta morti, che ne sarebbe stato? Non c'era qualcuno che avrebbe potuto sostituirli. Gli altri animali si moltiplicavano, ma loro non ne erano capaci e non sapevano come fare. Non pensavano di essere immortali. Proprio per questo credevano che avrebbero dovuto vivere ogni attimo al meglio. Passavano giorno e notte su quello che qualcuno un giorno avrebbe chiamato letto a fare l'amore. Era impossibile resistersi, e Bill era in un periodo in cui aveva sempre voglia. Spesso era infatti lui a cominciare non smettendo di girare attorno a Tom con sguardi languidi e desiderosi. Però anche quel periodo magico trovò la sua fine. Successe una sera, dopo che Tom aveva acceso il focolare dentro casa per la notte che era sempre fredda. Si era avvicinato a Bill cominciando a baciarlo sul collo, una volta che non era lui a provocarlo, ma Bill lo fermò con la mano allontanandolo da sé.

- Cosa c'è?-

- Non mi va- Disse semplicemente prendendosi una ciocca di capelli e lisciandosela con le mani. Aveva uno sguardo serio, pareva esausto, eppure non aveva fatto granché.

- Perché non lo vuoi più fare?-

- Non lo so...sono stanco- Beh, in effetti stavano un po' esagerando, ma a loro piaceva e si divertivano, non vedevano il perché privarsi di quell'attività.

- Non ti senti bene?- Bill girò lo sguardo finalmente incontrando i suoi occhi. Scosse la testa e si stese a terra chiudendo gli occhi, girandosi di spalle per fare in modo di non guardare Tom. Il ragazzo non se la prese, capiva che non era il momento. Si sdraiò anche lui e avvolse Bill con le braccia per tenerlo al caldo come sempre. Bill soffriva molto il freddo, e Tom non voleva che lo sentisse, a maggior ragione se adesso stava male. Le mattine che seguirono a quella confessione non furono di certo migliori. Bill vomitava sempre, e Tom aveva preso l'abitudine di tenere una scodella in modo che non lo facesse sul pavimento. Però, nonostante il vomito, Bill mangiava tantissimo. Tom a volte era costretto a cedergli anche la sua porzione. Però decise che Bill la doveva smettere di mangiare così tanto se poi rigettava tutto. Così, una volta che lo vide mangiare con un cucchiaio una scodella di chicchi di melograno, gliela prese di mano e gliela posò lontano. - Basta mangiare così, non ti fa bene- Disse solo quello sperando che Bill avesse capito. Il moro non disse nulla. Annuì aspettando che Tom se ne andasse, poi riprese la scodella di nascosto continuando il suo pasto con più gusto di prima e imbrattandosi la bocca di succo rosso. Addirittura passarono dei mesi, ma questa cosa non sembrava accennare a finire. La pancia di Bill era cresciuta un po', Tom pensava per tutto quello che divorava, però Bill sapeva che in qualche modo non era per quello. Una sera, prima di dormire, Bill era appoggiato alla parete della loro casa e si teneva una mano sulla pancia. Improvvisamente aveva sussultato.

- Tom, vieni qui- Lo chiamò accanto a sé. - Si muove qualcosa-

- Come si muove qualcosa? La tua pancia?-

- La sento muoversi...- Disse con un tono un po' preoccupato. - Senti, lo fa da sola- Gli afferrò il polso facendogli appoggiare la mano sul punto giusto. Dopo qualche secondo, anche Tom sgranò gli occhi.

- Ma ti fa male?- Fu tutto quello che riuscì a dire nel suo stupore.

- No- Tom non era comunque tranquillo. Bill stava male e lui non poteva fare niente. Temeva che un giorno quella cosa sarebbe degenerata e di perderlo. Anche quella notte lo tenne stretto a sé come non mai, ma lui non dormì. Era troppo occupato a sentire quella cosa che si stava muovendo e continuava a colpire la pancia di Bill senza fare alcun rumore. Tuttavia nel suo cuore si stava attuando anche un meccanismo inverso. Provava una sorta di affetto, e non sapeva perché. Quello gli dette la forza di addormentarsi perlomeno due ore prima dell'alba.

***

Passarono altri mesi e la pancia di Bill crebbe sempre di più, tanto che divenne impossibile da non notare. Tutti gli animali della foresta venivano a fargli visita ogni tanto e gli portavano qualcosa. Non sapeva che potessero essere così empatici. Non era la prima volta che alla porta gli portavano delle noci di cocco piene di latte e della legna per costruire non sapevano esattamente cosa. Tom continuava a prendere tutto, ma storceva il naso perché non comprendeva. Era Bill a dirgli di accettarli perché gli animali erano stati gentili e forse volevano dire loro qualcosa. Tom però odiava le noci di cocco e perciò non si azzardava a mangiarle come facevano le scimmie, preferiva andare a cacciarsi qualcosa come sempre. Lasciò Bill da solo e andò lui a fare tutto. Bill però non volle rimanere in casa, perché sentiva di aver bisogno di respirare dell'aria fresca, e perciò decise di andare a raccogliere delle arance nella foresta. Si accorse ben presto che forse non aveva intrapreso la scelta giusta. Nel mentre stava prendendo l'ennesimo agrume, improvvisamente avvertì un dolore lancinante alla pancia e qualcosa di bagnato scorrergli giù per le gambe. Il cesto cadde a terra facendo spargere intorno a lui tutto ciò che conteneva. Neanche il tempo di domandarsi che cosa gli stesse succedendo che un altro dolore lo costrinse a coricarsi a terra, con le spalle appoggiate ad un tronco d'albero.

- TOOOOM!!- Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. - TOOOOOOOOM!!!- Il ragazzo, che era dentro la foresta intento a colpire una lepre, appena sentì il grido di Bill sussultò e la lepre scappò via. Tom però non le stava ponendo più attenzione. Cominciò a correre velocemente pensando che Bill fosse in pericolo.

- CONTINUA AD URLARE!!!- Disse, in modo tale che lo potesse trovare prima seguendo il suono della sua voce.

- AAAAAAHHH!!- Questa volta era un vero e proprio grido seguito da dei singhiozzi che Tom udiva sempre più vicini. Bill stava piangendo. Appena lo trovò, lo vide ansimante, a gambe divaricate, e con il viso bagnato, pieno di lacrime.

- Oddio, Bill!- Si avvicinò rapidamente sostenendolo da dietro le spalle. - Sei ferito? Che cosa ti succede?- Non lo sapeva nemmeno lui, ma il dolore era così forte che non riusciva neanche a rispondergli. Cominciò a spingere artigliando le braccia di Tom, il quale gemette di dolore. - Ti prego, di' qualcosa- Lo guardava con occhi imploranti, che pregavano aiuto, ma Tom sapeva che accidenti fare se Bill non parlava. Bill capì che doveva cavarsela da solo, che Tom non avrebbe potuto aiutarlo in nessun modo. Improvvisamente una fitta più grande delle altre lo colse, e lo fece scattare in ginocchio. Urlò così forte che pure gli uccelli sugli alberi volarono via spaventati. Il dolore andò via tutto insieme e Bill cadde nuovamente a terra ansimante e senza forze. Tom però sentì un rumore, era un lamento sottile e nuovo. Poi un pianto. Tom aveva guardato. Le gambe di Bill erano sporche di sangue, e alle sue ginocchia stava appoggiato una cosa insanguinata che urlava disperata, quasi come Bill poco prima. Tom lo prese con mani tremanti e lo pulì con le dita alla meno peggio. Guardò Bill che ancora non si era ripreso, poi di nuovo quell'esserino. Aveva anche lui mani e piedi, una bocca, degli occhi, un nasino...solo che era più piccolo di loro. Tom finalmente realizzò. Prese Bill con il braccio libero e lo fece appoggiare con la testa sulla sua spalla. - Guarda, amore- Bill aprì gli occhi e un sorriso si formò automaticamente sulle sue labbra alla vista di quel...che cosa era esattamente? - Abbiamo avuto anche noi un cucciolo- Pensò bene di farglielo prendere in braccio siccome era uscito da lui. Appena glielo diede, il bimbo si calmò. Erano le braccia della sua mamma.

- Era lui dentro di me?- Chiese Bill guardando quel visino piccolo e tenero.

- Credo proprio di sì- Rispose Tom con un sorriso intenerito avvolgendo entrambi con un braccio. Gli animali si riunirono tutti a guardarli di nascosto. La coppia umana aveva avuto un figlio, un evento che nessuno si aspettava. Il bambino però cominciò nuovamente a piangere.

- No, piccolo, non fare così, amore- Bill cercò di cullarlo ma sembrava non bastare e le sue grida stavano diventando insopportabili. - Penso che abbia fame-

- E come fai a dirlo?-

- Lo so e basta. Ma che possiamo dargli?- Era quello il reale problema.

- Della frutta?- Propose Tom, ma Bill scosse prontamente la testa.

- Guarda- Indicò la bocca del bambino. - Lui non ha i denti come noi, non potrebbe mangiarla- Rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi. Bill era sempre più frustrato. Il suo piccolo aveva fame e non sapeva cosa dargli. Lo avvicinò di più al petto convinto che magari più affetto avrebbe potuto fare qualcosa, ma in realtà il suo era stato un gesto istintivo, e successe ciò che doveva succedere. Il piccolo aprì la bocca e si attaccò al suo petto prendendo a succhiare piano. Bill e Tom rimasero ipnotizzati. Tom addirittura sgranò gli occhi non aspettandosi questa cosa. Bill lo guardò e sorrise, come per fargli capire che ciò che stava succedendo era tutto normale, e non aveva mai provato un sentimento così bello. Dentro di lui avvertì una connessione tale che non credeva potesse succedere. Lui era la mamma, e quel bambino il suo cucciolo, e lo stava allattando. Tom invece provava un enorme senso di protezione, sia nei confronti di Bill che nei confronti di quella piccola creatura. Era suo figlio, e non poteva permettere che gli succedesse qualcosa di male. Capì perciò che non potevano rimanere lì, in quel punto della foresta.

- Riesci a camminare?- Bill annuì e si mise in piedi con in braccio il bambino.

- Portami dell'acqua, Tom. Voglio lavarlo- Il ragazzo annuì. Portò Bill nella loro casa e andò al fiume a riempire una grande bacinella di legno. La portò là e fecero il bagnetto al piccolo ormai sazio. Bill appena lo vide meglio, non poté fare a meno di provare più amore ancora. Era completamente candido, morbido, e delicato.

- Lo proteggeremo sempre- Disse Tom, e Bill alzò gli occhi incontrando i suoi.

- Sì- Loro erano i suoi genitori, era il loro compito farlo crescere felice e protetto.

***

E la loro vita come genitori cominciò così. Volevano insegnare tutto al loro bambino, a cominciare dai movimenti. Non poteva camminare ancora, ma aveva imparato a gattonare, a guardarsi intorno, a sorridere...e a nuotare. Bill amava prenderlo in braccio e portarlo con lui a fare il bagno nelle acque calde dell'isola e capiva che anche a lui piaceva. Non gli avevano ancora dato un nome, perché non ne aveva bisogno. Quando sarebbe cresciuto gli avrebbero fatto scegliere a lui il nome che più preferiva, in fondo anche loro se lo erano dati da soli. Tom quella mattina era a fare la guardia mentre Bill e il bambino facevano il bagno, questo per evitare che gli animali pericolosi si avvicinassero. Sentiva ridere Bill e fare dei versetti strani al suo piccolo, però non doveva distrarsi. Ci sarebbe riuscito se Bill non lo avesse chiamato a gran voce.

- Tom! Vieni!-

- Non posso, sto facendo la guardia-

- Ma questo non puoi perdertelo! Solo un secondo, per favore!- Tom si alzò dalla sua postazione e si avvicinò al laghetto. Bill teneva il neonato da sotto le braccia e lo immerse per un istante facendolo ritornare su. Il piccolo aveva arricciato il naso e starnutito per l'acqua, poi però aveva cominciato a mugolare. - Aww- Bill lo strinse a sé per consolarlo e Tom sorrise intenerito dalla scena. Improvvisamente però sentì un ruggito alle spalle e si voltò. Era un leopardo che li fissava, ed era esattamente a pochi metri da loro. Tom non lo aveva proprio sentito avvicinarsi da quanto doveva essere stato furtivo. Però non perse tempo e afferrò il bastone pronto a colpirlo. - NO!- Fu Bill a fermarlo inspiegabilmente. Uscì dall'acqua con il neonato in braccio e si avvicinò al leopardo. Tom ebbe la tentazione di impedirglielo, ma qualcosa lo frenò. Perché quell'enorme felino non aveva ancora attaccato? Erano alla sua portata e sembrava non volerli minacciare. Non ringhiava nemmeno. Bill allungò la mano e gli accarezzò il muso. Il leopardo lo lasciò fare. Quel giorno acquisirono la consapevolezza che gli animali intorno a loro, anche i più aggressivi, non avevano motivo di attaccarli se non si sentivano minacciati. Se Tom lo avesse colpito, sarebbe andata a finire malissimo. Bill sorrise a Tom, e il leopardo accarezzò il loro piccolo con il muso prima di andarsene. Il cuore del ragazzo batteva ancora fortissimo, come era stato possibile che Bill gli avesse impedito di attaccare? Rientrava pur sempre nel suo istinto. Incredibile. Ma non poteva essere tutto perfetto come speravano. Prima o poi ogni cosa è costretta a mutare, e non solo il loro bambino che cresceva giorno dopo giorno, ma qualcosa che avrebbe sconvolto l'intero universo stava per accadere.

***

Il bambino era diventato abbastanza grande per saper camminare e per non aver bisogno costantemente della presenza di Bill attorno, così quest'ultimo aveva deciso di lasciarlo un po' con suo padre mentre lui andava a raccogliere della frutta, come ormai era solito fare. Partì con il cesto vuoto e riuscì a riempirlo quasi del tutto, ma si fermò improvvisamente quando vide qualcosa di nuovo che lo incuriosì. Era un frutto bellissimo, era dello stesso colore delle pesche, ma più rosa di loro. Ed era solo su un albero completamente vuoto di altri frutti. Bill si avvicinò, ma improvvisamente una fitta alla testa lo colse e gli cadde il cesto. Si chinò subito a raccogliere tutto da terra, ma non smetteva di tenere lo sguardo fisso su quel frutto strano. Un'altra fitta gli colpì la testa, ma questa volta sentì una voce sconosciuta che gli diceva di non coglierlo e soprattutto di non mangiarlo. Non sapeva chi fosse stato a dirglielo, ma adesso aveva paura. Stava cominciando a temere ciò che forse non esisteva. Si guardò intorno, ed infatti non c'era nessuno. Improvvisamente sentì un sibilo e sussultò non appena vide un serpente attorcigliato al tronco dell'albero in questione. Lo fissava con i suoi occhietti neri e ogni tanto tirava fuori la lingua biforcuta. "Mangialo" diceva come un mantra. I serpenti potevano parlare? Bill non riusciva neanche più a chiedersi nulla, la sua mente stava andando in subbuglio e non vedeva altro che quel serpente, quell'albero e quel frutto proibito. "Mangialo", continuava. Bill però non voleva muoversi, non ci riusciva, perché aveva ancora paura dell'altra voce che gli aveva detto tutto il contrario. Il serpente allora decise di dargli una mano. Scese dall'albero e avvolse Bill nelle sue spire lentamente, gli passò sotto il braccio e glielo fece sollevare per coglierlo, e ci sarebbe riuscito se...

- BILL, NO!- Bill batté le palpebre e cominciò a palparsi la pelle da solo. Quel serpente non c'era più. Era stato solamente un miraggio. Rabbrividì al ricordo. Tom e il bambino lo stavano fissando. - Non devi coglierlo, non possiamo-

- Io...scusa- Fu solo capace di dire con un fil di voce, poi insieme andarono via e decisero di non ripensarci più e di fare esattamente come la persona sconosciuta diceva loro. "Non coglietelo, e soprattutto non mangiatelo". Erano intimoriti da qualcosa più grande di loro. - Ma perché non possiamo coglierlo?- Chiese Bill una volta stesi per dormire. Il bambino dormiva di già e Bill lo accarezzava accanto a lui.

- Non lo so, ma sento che non è giusto. Adesso non pensiamoci più, dormiamo- Tom spense il fuoco e si voltò dall'altra parte, ma Bill non riuscì a dormire per molte ore. Solo dopo del tempo trovò il sonno e si addormentò. Ma proprio quando la stanchezza sembrò avere la meglio, apparve di nuovo quel sibilo e spalancò gli occhi. Vide nuovamente il serpente che lo fissava e nuovamente la sua mente si spense. Si alzò dal letto cercando di fare meno rumore possibile e seguendolo. Andarono nella foresta, a quell'albero proibito. Bill non sapeva che in quel momento il suo cuore era guidato dalla tentazione, e che quel serpente non era altro che Lucifero in persona. Tom si svegliò non appena non lo percepì più accanto a sé. Vide la porta della loro casa aperta e scattò in piedi. Sapeva già dove era andato Bill e un senso di panico lo travolse. Lasciò il bambino da solo, ma la fine era giunta anche per lui nel momento che un'ombra di pantera apparve sulla parete della loro casa. Tom era già troppo lontano, e il Mondo ormai stava finendo. Era il destino, e come tale, doveva compiersi. Appena lo trovò, non ebbe il tempo di gridare che Bill aveva già staccato il frutto dall'albero. I suoi occhi erano viola, erano...come sotto incantesimo, ed emanavano una luce sinistra poco rassicurante. Tom si guardò intorno. Quando Bill aveva staccato il frutto non era successo niente e quindi non c'era davvero nulla da temere forse. Tom si avvicinò e Bill fece quell'errore madornale di mordere quel frutto e di staccarne un pezzo. Poi si voltò verso Tom. Bill era così bello, così tentatore, con quello sguardo malvagio e indefinito. Tom venne rapito e ciò che era dentro Bill ebbe modo di far mordere quel frutto anche lui. Solo in quel momento un lampo squarciò il cielo, seguito dal rumore di un tuono. Un terremoto colpì la terra e i due caddero in ginocchio. Bill, ormai tornato in lui, si attaccò a Tom spaventato da morire. Una luce accecante li investì e quella voce si presentò di nuovo. Era arrivato quello che un giorno qualcuno avrebbe chiamato Giudizio Universale. Bill e Tom furono solo in grado di capire parole come "Punizione", "Dolore", "Sudore" e "Inferno". L'ultima li fece tremare. Poi quella luce bianca si dissolse e Bill si ricordò improvvisamente di un agghiacciante particolare: il loro bambino. Corsero a perdifiato tornando alla loro casa. La scena che gli si presentò fu straziante. Quella pantera nera si era cibata del loro bambino, e ora solo una chiazza gigante di sangue copriva il loro giaciglio. Bill cadde in ginocchio e cominciò a piangere urlando portandosi le mani al petto. Tom era ancora sconcertato e stava provando un dolore così forte che non riusciva ad esprimere a differenza di Bill che implorava di morire. "Uccidimi!" diceva, "Ti prego, uccidimi!" Tom lo prese tra le sue braccia coprendogli gli occhi perché non guardasse più, ma ormai quell'immagine si era stampata nella mente di Bill. Però le sue preghiere furono ascoltate e la terra prese a tremare nuovamente, ancora più forte di prima. Una voragine enorme si aprì sotto di loro, un fuoco bruciava e li aspettava. E precipitarono come corpi morti volando come anime incatenate per l'eternità.

Quelle furono le prime anime che le fiamme dell'Inferno accolsero...

THE END

   
 
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