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Autore: Duchessa712    05/01/2020    1 recensioni
Ama l'Ungheria, la libertà, il mare, tutto ciò che non è Vienna, sua suocera, il suo ruolo che le sta troppo stretto e la soffoca più del sangue nei polmoni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prigionia (riflessioni di un'Imperatrice)

Ama l'Ungheria, la libertà, il mare, tutto ciò che non è Vienna, sua suocera, il suo ruolo che le sta troppo stretto e la soffoca più del sangue nei polmoni. In Ungheria può respirare, cavalca fino allo sfinimento, libera e leggera come l'aria, innocente e ingenua come prima di arrivare a Vienna, di far innamorare un Principe e diventare Principessa, anzi Imperatrice. A Vienna ha tutto, vestiti e gioielli, un marito che la aspetta, che le scrive lettere dolci come zucchero indorate di miele, ma che intanto si intrattiene con giovani amanti, più remissive e tranquille di quella moglie che soffre l'etichetta e il protocollo e che nel profondo è ancora la Principessa Bavarese. Aveva quindici anni quando l'ha incantato, giovane bambina, ignara di cosa fossero una corte e i suoi intrighi, del fatto che la fiaba esiste solo per gli spettatori e non per i protagonisti. Adesso però Francesco Giuseppe, Franz, non c'è. Al suo posto c'è qualcuno che la ama e non ha intenzione di imprigionarla in una rete, ma di lasciarla volare, libera come il gabbiano, che ha scelto come suo simbolo. Andrassy la culla dolcemente, le carezza i capelli lunghi e setosi, la pelle d'alabastro. La venera come una dea, come se fosse Artemide e Afrodite, indomita e ribelle. Hanno cercato di domarla, di sottometterla. Sofia, Imperatrice in tutto tranne che nel nome, è la sua più accanita rivale, e una volta capito che la giovane nuora avrebbe continuato a resistere, scoglio altero che si staglia immutabile contro la tempesta, le aveva messo contro i suoi figli. Ha perso Sofia, la sua primogenita, e Gisella non la riconosce come madre, reputandola anzi una matrigna, che alla corte di Vienna, al suo dovere di madre e sovrana, preferisce i prati dell'Ungheria e i sussurri d'amore di un Colonnello qualunque. Rodolfo, caro, dolce Rodolfo, troppo fragile per il ruolo che lo attende, la somma dei difetti dei suoi genitori, oppresso dalle aspettative del padre e dalle assenze della madre, vuole tutto ciò che non può avere e Vienna lo soffoca. Vorrebbe essere qualcosa di più ma non ci riesce. Assomiglia a suo zio, a Massimiliano, Re del Messico, tornato in patria in una bara. Questo, però, è un pensiero che Elisabetta non confessa a nessuno, nemmeno alla notte e alle stelle che fanno risplendere i suoi capelli, tanta è la paura che la prossima somiglianza tra zio e nipote si riveli essere lo stesso tragico destino. E poi c'è Maria Valeria, la sua Principessa ungherese, la figlia prediletta, una seconda possibilità. Su di lei Sofia non può avere alcun potere, e Elisabetta potrà essere la madre che i suoi figli maggiori non hanno mai avuto. Maria Valeria è pura, innocente, incontaminata dalla corte, proprio come lo era la sua primogenita, la sua bambina morta ad appena due anni. Sa, vagamente, che queste preferenze non sono giuste, ma la sua ultima figlia è una pagina bianca ancora da scrivere, diversa da Gisella e Rodolfo in cui Elisabetta riconosce tutti i suoi difetti, siano questi la troppa testardaggine o una fragilità che, una volta troppa da sostenere, porta alla fuga. Sente i mormorii, in questo tutte le corti sono uguali, e sa cosa pensa la gente. Non può dar loro toro, sono anni che si favoleggia di lei e Andrassi, ma finché questi racconti rimangono favole non fanno male a nessuno, e la cosa importante è che sua figlia non ci creda. Maria Valeria non deve crescere chiedendosi chi sia suo padre, perché questo Elisabetta lo sa per certo. Sua figlia è Arciduchessa tanto quanto sua sorella e la somiglianza con suo padre è innegabile. Ma Maria Valeria sarà figlia di sua madre, non la odierà come la odia Gisella, non ne sentirà la mancanza come accade a Rodolfo. Sua figlia non crescerà chiedendosi chi sia la sua genitrice e a quali storie dover credere. E mentre pensa a tutto questo, ai suoi figli e ai suoi errori, alla sua incapacità di farsi intrappolare in un ruolo, perfino in quello di madre, il cavallo continua a galoppare. È da poco sorto il sole e l'aria è frizzante e gelida contro il volto. Elisabetta ride e piange, pensa al passato e al presente, a come anche in Ungheria alla fine sia prigioniera di un ruolo. Corre e pensa al suo amante, al suo amore che la attende ancora addormentato, e a suo marito, sicuramente già in piedi e seduto alla sua scrivania. Si chiede come abbia fatto ad attrarre due uomini così diversi. Si chiede cosa sarebbe successo se lei, quella sera, non avesse accompagnato Elena, perdendo la possibilità di governare su un Impero. Forse se tutto fosse avvenuto con più calma, se non fosse stata così giovane, se non l'avessero messa su un trono appena uscita dalla nursery, forse, allora, sarebbe stata una sovrana, una moglie, una madre migliore. Avrebbe imparato a indossare le maschere e a non venire schiacciata dal loro peso, a gestire una corte e a prevalere su sua suocera. Avrebbe imparato ad essere Elisabetta, senza distruggere Sissi.
   
 
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