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Autore: Mari Lace    06/01/2020    6 recensioni
L’ultimo giorno dell’anno non è l’ultimo giorno del tempo.
«Sono tornata» annunciò Ai dalla porta d’ingresso. Conan l’aspettava in salotto, sfogliando un libro con scarsa attenzione. La immaginò rimuovere le scarpe con i gesti ormai così usuali, poggiare la borsa sul tavolino all’ingresso e poi, finalmente, raggiungerlo. «Kudo. È finita – è finita davvero».
Il ragazzo alzò lo sguardo. La figura di Ai, con il suo corpo da adolescente, lo fissava immobile dalla soglia. Sembrava molto più emotiva del solito: probabilmente era anche colpa degli ormoni da quindicenne – altro effetto collaterale del farmaco che avevano assunto –, ma c’era dell’altro. L’ultimo membro dell’organizzazione era stato imprigionato e reso innocuo mesi prima. “È finita”? L’unica cosa che gli venisse in mente era– ma no, non osava più sperarlo.
[...]
Ai stese l’altro braccio verso di lui, rivelando un rettangolino avvolto in carta stellata. «Il tuo è qui – sta per cambiare tutto, ma non volevo rinunciare alla nostra piccola usanza» spiegò, incoraggiandolo ad accettare il pacchetto.
[Storia partecipante al contest A Christmas Story indetto da AleDic sul forum di EFP]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nickname sul forum e su EFP: Lita_EFP / Mari Lace

Personaggi e pairing (se presente): Shinichi, Shiho – ShinShiho

Prompts (se presenti): Stelle

A e B hanno una loro tradizione per celebrare il nuovo anno

L’ultimo giorno dell’anno non è l’ultimo giorno del tempo.

Numero Parole: 1081

 

Lonely Stars

 

 

La battaglia contro l’organizzazione si era protratta molto più a lungo di quanto Shinichi avesse mai creduto – ben più di quanto avesse sperato.

A volte si domandava se comunicando meglio con i suoi alleati – Akai e Sera, soprattutto – non avrebbe potuto velocizzare i tempi, ma – come avrebbe detto Shiho – era inutile piangere sul latte versato.

Già, Shiho – la scienziata era stata l’unica vera costante di quegli anni. Come Conan e Ai erano cresciuti insieme, si erano supportati nelle sfide quotidiane e in quelle riguardanti la loro peculiare situazione. Quando il dottor Agasa aveva dovuto rifugiarsi in America sotto la protezione dell’FBI, lei era rimasta. Allora più che mai, Shinichi aveva compreso che non avrebbe mai potuto dire tutta la verità a Ran: sarebbe stato un rischio troppo grosso. Era finito il tempo delle ingenuità, dell’implorare una pillola per poter andare in gita con la classe. Il pericolo era divenuto palpabile, Shinichi aveva capito di dover rinunciare a molti lussi che si era concesso fino ad allora.

Ran non sarebbe mai stata davvero al sicuro – nessuno lo sarebbe stato – se non lo avesse creduto morto. Era l’unica opzione logica, quando si era trattato di far sparire l’agente Akai non aveva esitato a proporlo; come aveva potuto evitare di fare lo stesso? Era stato assurdamente ingenuo, proprio lui. Holmes stesso aveva lasciato che il fedele Watson ignorasse il suo essere sopravvissuto per due lunghi anni.

Lasciar andare Ran era stato terribilmente doloroso – vederla piangere gli aveva spezzato il cuore – ma anche necessario. Lui e Ai si erano trasferiti in un altro quartiere, insieme, e da lì avevano continuato la loro lotta sotto copertura.

Anno dopo anno.

Non riusciva a credere che tutto ciò fosse appena finito.

31/12/20XX

«Sono tornata» annunciò Ai dalla porta d’ingresso. Conan l’aspettava in salotto, sfogliando un libro con scarsa attenzione. La immaginò rimuovere le scarpe con i gesti ormai così usuali, poggiare la borsa sul tavolino all’ingresso e poi, finalmente, raggiungerlo. «Kudo. È finita – è finita davvero».

Il ragazzo alzò lo sguardo. La figura di Ai, con il suo corpo da adolescente, lo fissava immobile dalla soglia. Sembrava molto più emotiva del solito: probabilmente era anche colpa degli ormoni da quindicenne – altro effetto collaterale del farmaco che avevano assunto –, ma c’era dell’altro. L’ultimo membro dell’organizzazione era stato imprigionato e reso innocuo mesi prima. “È finita”? L’unica cosa che gli venisse in mente era– ma no, non osava più sperarlo.

Ai si avvicinò con pochi, lunghi passi. Aveva un oggetto in mano, una fialetta che scintillava sotto la luce del lampadario. «Ho trovato la formula definitiva. Ne sono certa – con questo, potremo tornare alle nostre vere età».

Saltò un battito. Difficilmente l’aveva vista così seria e agitata.

Si alzò in piedi – era ironico, che gli offrisse quella possibilità proprio in quel giorno. Si domandò se fosse un caso.

Sette anni prima aveva raggiunto il proprio punto più basso.

«L’ultimo giorno dell’anno non è l’ultimo giorno del tempo» gli aveva detto Shiho, porgendogli un pacchetto.

«Cos’è?» aveva chiesto senza convinzione. Era passata una settimana da quando aveva lasciato che Ran credesse alla sua morte – sembrava tutto così privo di senso. Il suo tempo pareva davvero finire con l’anno.

«Aprilo» l’aveva esortato lei, guidandogli le mani nello svolgere l’incarto. Incuriosito suo malgrado, ne trasse il contenuto senza ulteriore aiuto. Era una sciarpa blu con delle stelle ricamate a mano.

«Rialzati, Kudo – le stelle ti guardano» aveva affermato lei, guardandolo seria. Gli si sedette accanto. «Akemi mi ha raccontato una favola, una volta. Parlava di una ragazza che traeva il coraggio di andare avanti proprio dalle stelle. Quando si sentiva sola, alzava gli occhi al cielo e immaginava che anche una stella avrebbe potuto sentirsi sola, lontana anni luce da tutti gli altri corpi celesti. Eppure non lo è, l’universo è pieno di sue sorelle – capiva che vale lo stesso per noi umani. Nessuno di noi è solo, anche se tendiamo a dimenticarcelo».

Conan deglutì, assimilando la favola. Indossò la sciarpa; era un concetto molto semplice, ma il tentativo della ragazza gli suscitò un piccolo sorriso. «Grazie per essere qui, Shiho».

L’anno dopo le aveva regalato un ciondolo a forma di stella: divenne una loro tradizione, scambiarsi un regalo stellato per celebrare l’anno nuovo. E per ricordarsi di non essere soli, mai.

«Posso tornare Shinichi» affermò incredulo, come per aiutarsi a realizzarlo. Fece una pausa. «Ran mi ucciderà» mormorò, ma senza alcuna amarezza. Negli anni i sentimenti che aveva provato per la sua amica d’infanzia si erano affievoliti, ridotti ora principalmente a senso di colpa. Riportò lo sguardo sulla mano di Shiho – stringeva una sola fiala. Fu colpito da un tremendo sospetto; si era chiesto spesso se la scienziata sarebbe voluta tornare alla sua identità di un tempo, sebbene come Shiho Miyano non avesse mai avuto una vera vita slegata dai Karasuma.

Lei seguì il suo sguardo e dovette intuire i suoi dubbi, perché gli sorrise. «Questo è per me» dichiarò, avvicinando a sé la fiala.

Se possibile, Conan la guardò ancora più sconvolto di poco prima.

Ai stese l’altro braccio verso di lui, rivelando un rettangolino avvolto in carta stellata. «Il tuo è qui: sta per cambiare tutto, ma non volevo rinunciare alla nostra piccola usanza» spiegò, incoraggiandolo ad accettare il pacchetto.

«Il tuo è di là» iniziò Conan, colto da un pensiero, «ma temo che dovrò cambiarlo».

Lei chinò la testa, squadrandolo in cerca di chiarimenti.

Il suo sorriso si allargò. «Immagino che Shiho porti una taglia diversa da Ai, no?»

«Mi stai dando della vecchia, Kudo?» replicò lei, avvicinandosi al tavolo per poggiare la sua fiala. Si voltò con un brillio scherzoso negli occhi. «Potresti pagarla cara, sai».

Conan stette al gioco. Si sentiva leggero, era tutto così irreale – sapeva che entrambi non erano così allegri e spensierati da anni. “Spensierati” non era il termine giusto, probabilmente, ma decise che le riflessioni sulle serie implicazioni del tornare in vita di Shinichi Kudo avrebbero atteso il giorno dopo.

Forse con l’anno non sarebbe finito il tempo, ma quella mezza vita passata nell’ombra sì.

 

A mezzanotte, Ai e Conan brindarono con le fiale al posto dei calici.

«Addio», mormorarono da adolescenti.

«Piacere di conoscerti» esclamò Shinichi, pochi minuti più tardi, alla giovane donna sdraiata sul divano davanti a lui.

L’unica risposta che ricevette fu un sorriso, poi Shiho lo afferrò per la sciarpa e lo attirò a sé, celebrando con un bacio il nuovo inizio.

Non sapevano dove li avrebbe portati, ma di una cosa erano certi: qualunque cosa quell’anno avesse in serbo per loro, l’avrebbero affrontata insieme.

  
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