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Autore: steffirah    06/01/2020    2 recensioni
Roxas e Xion hanno cominciato una nuova vita, una vita "normale", da comuni liceali, coi loro problemi, i loro complessi, i loro intensi sentimenti.
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[...] Ne accolse la freschezza, la dolcezza, e tutta la tenerezza e l’affetto che ne derivarono. Un affetto che neppure lui stesso pensava di avere bisogno, di cui entrambi necessitavano, ma che nessuno dei due aveva mai avuto modo di sperimentare fino a quel momento.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Roxas, Xion
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, KH 358/2 Days
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Affection



 
I need more affection than you know.
Passion, Utada Hikaru.




Quell'afoso pomeriggio di fine agosto Xion e Roxas si ritrovarono nella biblioteca della scuola. In realtà lui avrebbe preferito starsene in spiaggia a bighellonare, soprattutto dopo aver avuto finalmente la possibilità di recarvisi in carne ed ossa e scoprire cosa fosse realmente il mare. Tuttavia il nuovo semestre stava per cominciare e dei compiti delle vacanze era riuscito a completarne solo la metà. Aveva tentato come poteva di nasconderlo agli altri, ma Xion in qualche modo lo aveva scoperto e, dopo averlo rimproverato a lungo per il suo battere la fiacca, non gli aveva dato alcuna via di scampo.
Lei, dal suo canto, li aveva già finiti da un pezzo. Erano la prima cosa che aveva fatto, proprio per potersi godere al meglio le vacanze estive, con spensieratezza. Dopotutto, era la prima volta che le veniva concesso ben un mese di vacanza e a scapito di ciò che sia lei che Roxas supponevano ce n’erano eccome di attività cui dedicarsi, con le quali tenersi quotidianamente occupati e rilassarsi.
Il tempo così era volato, anzi sembrava che quanto più si divertissero tanto più scorresse veloce. Non che per lei la scuola non fosse divertente, anzi. Era la prima volta che ne frequentava una, era curiosa di tutto ciò che la circondava, tutto ciò che lì avrebbe dovuto imparare e praticare. Ripensò al primo giorno, alla sua difficoltà di dormire la sera precedente, troppo intrepida all’idea di ciò che la aspettava; ricordò l’emozione provata non appena si era guardata allo specchio, accogliendo la versione di se stessa con quella divisa di quel rosso sgargiante, un colore mai indossato prima e che non era neppure sicura potesse starle bene. Fortunatamente tra i suoi indugi si fece largo Axel, complimentandosi per il come le stesse (ovviamente il colore era il suo preferito e faceva perfettamente pendant coi suoi capelli) e tranquillizzandola dicendole che si sarebbe sicuramente abituata in fretta e sarebbe anche riuscita a farsi nuovi amici. Si riempì della sua fiducia e il suo umore migliorò soprattutto quando finalmente anche Roxas fece la sua comparsa – seppure apparisse piuttosto riluttante e assonnato – e poterono andare a scuola insieme. Con sua grande sorpresa e gioia, dopo la cerimonia d’apertura scoprì non solo che era in classe con Roxas come sperava, ma anche con Olette, Hayner e Pence. Le sembrava un sogno che potessero stare realmente tutti insieme, vedersi tutti i giorni, anche al liceo oltre che in città. Così si calmò: conosceva già qualcuno, qualcuno che in caso di necessità avrebbe potuto aiutarla se non avesse capito qualcosa.
Le difficoltà, tuttavia, colpirono maggiormente Roxas. Lei si stupì di se stessa quando si rese conto che, pur non avendo mai studiato in vita sua e nonostante le lacune che aveva, riusciva a recuperare tutto in fretta, apprendendo le nozioni di base carenti in men che non si dica. Per quanto lo riguardava, invece, bisognava spiegargli qualsiasi concetto almeno tre volte prima che gli entrasse in testa. Dinanzi a quell’imprevista tardezza si impermalì non poco, soprattutto considerando quanto Xion riuscisse ad apprendere facilmente tutto ciò che a lui risultava ostico. Una volta avevano condiviso tutto, entrambi avevano la stessa origine. Com’era possibile che lei fosse così intelligente e lui tanto stupido? Aveva preso lui tutto il peggio di Sora?
In realtà, la loro precedente condizione non c’entrava nulla. Era meramente una questione di indole: Xion era calma e paziente, si prendeva tutto il tempo che riteneva necessario per studiare, talvolta anche rifiutando inviti ad uscire; era sempre concentrata in quel che faceva e ascoltava attentamente ogni cosa che le veniva detta, affinché potesse imparare rapidamente il più possibile. Tutt’altra questione con Roxas: sebbene in molte materie se la cavasse e le trovasse persino interessanti, ce n’erano altre di cui non comprendeva neppure l’utilità. Tipo la matematica e le scienze. Erano troppo complicate, più di quanto avrebbero potuto e dovuto essere per poter vivere una vita tranquilla. Forse c’entrava il fatto che odiasse tutto ciò che riguardava calcoli, numeri, esperimenti, dati, risultati e così via. Sì, lo doveva ammettere: dentro di sé covava un certo rancore e non riusciva a lasciare andare totalmente il passato. Non ora che lo ricordava in maniera tanto dettagliata. Ma quantomeno non ci pensava sempre e per quanto talvolta oscillasse tra un sentimento di dolcezza e amarezza rievocandolo, sapeva che doveva semplicemente essere grato di esistere. Di esserci, di vivere una vita propria, di viverla con le persone a lui care, di viverla con Xion.
Spesso era proprio lei a distrarlo dai pensieri negativi con la sua gaiezza, anche perché sembrava realmente entusiasta di tutto ciò che la circondava e faceva. Non poteva sapere come si sentisse davvero, ma non pensava si stesse sforzando di essere felice. Sembrava reale, tutto reale.
Reale, come lo era l’inferno scolastico. Faceva un caldo bestiale quel giorno ed era una mera consolazione che ci fossero i condizionatori accesi in biblioteca. Non che questo gli impedisse di sudare, tanto che si era sbottonato un po’ la camicia e aveva allentato la cravatta, sperando passasse un po’ d’aria.
Xion invece sembrava trovarsi a suo agio, quasi non le percepisse neppure le temperature torride, e leggeva quieta un libro a caso che aveva scelto dagli scaffali, pur di fargli compagnia – anche se era più una scusa per tenerlo d’occhio e assicurarsi che non perdesse ulteriormente tempo. Roxas sbirciò sul titolo del volume e vide che riguardava la botanica, in particolare i significati dei fiori. Incredibile, studiava pure quando non doveva.
Motivato ritornò sui suoi problemi, mettendo in moto tutti gli ingranaggi del suo cervello per trovarne la soluzione.
Trascorsero delle ore prima che Xion sollevasse lo sguardo su Roxas, trovandolo a fissare i fogli dinanzi a sé con impegno. Sorrise tra sé, notando che fosse talmente irrequieto da torturare con le dita e i denti quella povera matita tra le sue mani.
Sospirò allungandosi verso di lui, richiamandolo a bassa voce: «Roxas».
«Mmh?»
Lui si girò prontamente e lei gli tolse la matita dalla bocca, scuotendola davanti al suo naso.
«Non mordicchiarla, non è igienico.»
Roxas alzò gli occhi al cielo, riappropriandosene.
«Non lo faccio apposta.»
«Lo so, è un brutto vizio che stai prendendo.» Si crucciò, facendogli notare: «Ma è piena di germi».
Se avesse potuto avrebbe fatto testa e tavolo. Più passava il tempo, più aumentavano le sue conoscenze, più Xion diventava apprensiva, più suonava come una madre.
«Tranquilla, ormai avrò gli anticorpi», provò a rassicurarla, sperando si dicesse così.
Lei rise silenziosamente, rivolgendogli uno sguardo rassegnato. Si sporse poi sul suo quaderno, chiedendogli come stesse procedendo. Le mostrò i risultati trovati, sperando che fossero corretti; per la maggior parte lo erano, il che la rese molto lieta. Per quelli sbagliati gli spiegò dove commetteva l’errore, sempre nello stesso passaggio; glielo delucidò in maniera semplice e lui si sorprese di averlo capito tanto facilmente.
Li corresse, pronunciando «Xion, dovresti darmi più spesso delle ripetizioni», sorridendole sgargiante.
Lei ricambiò, ammiccando. «Quando vuoi», concesse, tornando contenta alla sua lettura.
Roxas la guardò allibito, non aspettandosi né quella risposta né quella reazione. Sentì il calore avviluppare le sue guance e il suo cuore accelerare. Storse la bocca, scontento. Quelle reazioni così esagerate non gli piacevano, temeva sempre di essere scoperto, di palesarsi. Il brutto di possedere un cuore e cominciare a provare era quello: era tutto troppo intenso. Soprattutto quando era in compagnia di Xion.
Prese un respiro tremante, sforzandosi di tornare ai suoi doveri, non riuscendo però più a concentrarsi. Improvvisamente divenne consapevole della sua presenza al suo fianco, del fatto che in quella zona della biblioteca fossero completamente soli, del suo calore a pochi centimetri da lui che stranamente non lo infastidiva nonostante già stesse sudando, del suo dolce e sottile profumo… No, doveva smettere di pensarci.
Scrollò il capo, focalizzandosi su lettere e cifre, ma fu più forte di lui e senza controllarsi si voltò nella sua direzione.
Il sole stava calando, i suoi raggi filtravano dalla finestra, attraversando il viso sereno di Xion, illuminandoglielo. Sembrava priva di qualunque preoccupazione, di qualunque pensiero, semplicemente immersa nella lettura di qualcosa che sembrava gradire. Spostò lo sguardo sui suoi capelli corvini, attratto da una tinta violacea con cui splendettero, che ancora gli era sconosciuta; alcuni le ricaddero in avanti, coprendole parzialmente una guancia. Contrariato allungò una mano, spostandole quelle corte ciocche dal volto, accompagnandole dietro il suo orecchio.
Lei schiuse le labbra, immergendo lo sguardo nel suo, sorpresa. Roxas non aveva neppure idea di starla guardando con una tenerezza infinita; fatto sta che non appena lei se ne rese conto si sentì andare a fuoco.
Arrossì all’inverosimile e si tirò un po’ indietro, imbarazzata. Chinò lo sguardo, prendendo quella sua stessa mano, tornando sul libro per fuggire da quell’emozione sopraffacente.
Tenerlo per mano, lasciargli una carezza, tirargli buffetti affettuosi, spintonarlo, non le era mai dispiaciuto. Non ci aveva mai trovato nulla di strano, le era sempre riuscito naturale con lui. Le piaceva toccarlo e le piaceva essere toccata da lui, sebbene quel contatto così diretto, pelle contro pelle, le risultasse ancora… nuovo. Tuttavia adorava dare e ricevere affetto, le sembrava di trarne un grande conforto e sicurezza: la sicurezza che lui c’era, che entrambi c’erano, che lui non l’aveva dimenticata… E che lei non dovesse più fargli del male. La certezza di poter stare al suo fianco, senza ferirlo. Si portò l’altra mano sul cuore, sentendolo dolerle. Ogni tanto le capitava, quei ricordi tornavano prepotenti, i sensi di colpa la attanagliavano. Sapeva che non era colpa sua, non poteva ribellarsi a quel suo destino, eppure… eppure avrebbe voluto trovare un’altra soluzione, una in cui si sarebbe sacrificata prima, per evitare le sofferenze di Roxas. Se soltanto se ne fosse resa conto in tempo…
«Xion.»
Sobbalzò lievemente, sentendo la voce ferma di Roxas penetrare in quei suoi tristi pensieri. Sembrava anche preoccupato, per cui sbatté le palpebre, sperando non vi fossero lacrime, tornando alla realtà.
«Scu-scusami, mi ero distratta.» Rise leggermente, passandosi una mano sugli occhi. «Che stavi dicendo?»
Lui riprese la sua mano, guardandola corrucciato.
«Cosa succede?»
«Oh… niente.» Finse un sorriso, ma sapeva di non essere credibile, così come sapeva di non riuscire ad ingannarlo.
«Non è “niente”», insistette, sperando parlasse.
Lei faceva sempre così. Quando la vedeva più giù di morale si chiudeva in se stessa e sorrideva per non far preoccupare nessuno. Se lui poi provava ad indagare era anche abile a spostare la sua attenzione altrove. Ma ormai ne aveva abbastanza, non poteva permettere che continuasse a soffrire sempre in silenzio, da sola.
Prevedibilmente Xion non rispose, semplicemente abbassò la testa sul tomo davanti a lei, indicando qualcosa, preferendo mostrargli la ragione del suo adombrarsi piuttosto che rivelargliela.
Lui si allungò a leggere accanto al suo dito.
“Fiore: shion. Significato: non ti dimenticherò.”
La realizzazione lo colpì in pieno. Rilesse quelle parole più volte, sentendo il cuore nel suo petto stringersi sempre più.
«Ho trovato un fiore con il mio nome», sussurrò in maniera a malapena udibile.
Quando Roxas si voltò la vide con un piccolo sorriso triste e gli occhi lucidi. Cambio di programma, i compiti potevano aspettare. Xion, invece, no.
Chiuse i libri di entrambi, mettendo frettolosamente a posto i suoi. Lei fece per alzarsi per rimettere sullo scaffale quello preso in prestito, ma lui la anticipò e lesto tornò da lei, afferrando lo zaino al volo prima di prendere la sua mano.
Senza dire una parola la condusse fuori di lì, verso la stazione. Salirono sulla torre dell’orologio, sedendosi al solito posto. Nel tragitto aveva acquistato anche due gelati e ora li mangiavano in silenzio, fissando il crepuscolo all’orizzonte.
Roxas non sapeva cosa fosse meglio dirle. Il problema stava nel fatto che, per quanto si fosse sforzato, per quanto nella sua mente avesse ripetuto infinite volte il suo nome affinché vi rimanesse impresso, alla fine l’aveva dimenticata. Sapeva che fosse inevitabile, ma aveva ardentemente desiderato che Xion continuasse ad esistere almeno in lui. Era un vago sollievo il pensiero che avessero continuato a stare l’uno con l’altra nel cuore di Sora, ma sapeva che non fosse la stessa cosa. Voleva confortarla, con tutto se stesso, ma non sapeva come, perché non poteva mentirle e non poteva neppure essere totalmente onesto.
«Roxas, non preoccuparti. Mi passerà in fretta, ogni tanto succede.»
Si voltò alla sua sinistra, trovandola con gli occhi fissi dinanzi a sé, scintillanti sotto le ultime luci del tramonto. Lasciò perdere il suo gelato, avvolgendola tra le sue braccia.
«Perdonami», mormorò ferito, al che lei sgranò gli occhi.
«Per cosa? Non c'è ragione per cui tu debba scusarti.»
«Invece sì. Ti ho fatto del male, anche se non volevo.»
Gli occhi di Xion si inumidirono nuovamente mentre poggiava la mano libera sulla sua spalla, sentendosi ferita dalla sua voce rotta.
«Per questo dovrei scusarmi io. Ti ho apportato unicamente sofferenza.»
«Ti sbagli!» ribatté con foga, guardandola negli occhi. «Sia prima che adesso, sono grato di ogni istante che riesco a trascorrere con te. So che non devo dare più nulla per scontato e devo fare tesoro di ogni momento che mi è stato concesso. E adesso è più facile farlo, perché adesso sono artefice del mio destino. Siamo entrambi artefici del nostro destino, Xion, e io ora posso stare con te ogni volta che lo desidero, e posso… posso ricordarti per sempre. Ti ricorderò, per sempre», promise solennemente, facendole sbocciare un piccolo sorriso.
«Grazie, Roxas. Anche io, ti proteggerò per sempre. Ti sosterrò ogni volta che ne avrai bisogno -»
«Come hai sempre fatto», completò per lei, sorridendole apertamente.
Lei ci pensò su e annuì, visto che effettivamente era sempre stato così.
«In ogni caso, devi vederla come una cosa positiva, Xion: hai il nome di un fiore, non tutti hanno un privilegio simile.»
Finalmente lei rise, annuendo.
«Hai ragione. Chissà che non ci sia anche un fiore col tuo nome», rifletté, al che lui si distanziò di poco, scuotendo la testa.
«Dubito fortemente.»
Notò solo allora di aver totalmente abbandonato il suo gelato, facendolo spiaccicare al suolo. Sospirò platealmente, guardandola con aria di scuse.
«Vado a recuperarne un altro.»
Lei gli afferrò il braccio prontamente, trattenendolo. Gli sorrise, offrendogli il suo.
«Possiamo condividere, se non ti dispiace.»
Lui non riusciva a credere alle sue orecchie, ma restò lì, mettendosi composto.
Xion pose il ghiacciolo giusto in mezzo a loro, guardandolo con occhi cristallini pieni di aspettativa, e lui si abbassò a darvi un morso, deglutendo a fatica. Stavolta il sapore era molto più dolce che salato. Che strano, eppure per entrambi aveva preso lo stesso gusto al sale marino, al solito.
La vide fare altrettanto senza neppure darvi troppo peso e si accorse solo allora che i suoi morsi erano minuscoli in confronto ai suoi. Meglio che si regolasse, se non voleva farlo finire subito, e per qualche ragione ci teneva a farlo durare quanto più a lungo possibile. Anche se ciò era difficile in estate, per cui dovettero sbrigarsi affinché non si sciogliesse del tutto. Lei gli cedette l’ultimo pezzo, facendoglielo mangiare stesso dalla sua mano, per poi leccarsi quel poco che le era finito sulle dita. Lui si perse per un po’ in quella brevissima azione, la sua mente cominciò a vorticargli, i suoi pensieri divennero sfocati. Che il caldo gli stesse dando alla testa?
Il sole sparì finalmente oltre l’orizzonte e alla luce di quel poco che rimase del giorno lei si voltò a guardarlo, con dolcezza e riconoscenza.
«Roxas, grazie.»
Non aveva bisogno più di aggiungere altro, lui fece semplicemente un piccolo cenno con la testa. Lei gli rivolse finalmente un sorriso sincero e grato, che sembrava nascere direttamente dal suo cuore.
Senza neppure accorgersene, Roxas si allungò impercettibilmente verso di lei, immergendosi sempre più nei suoi occhi, finché non si sentì pronto a riprendere una boccata d’aria; e allora abbassò le palpebre, posando le labbra sulle sue. Ne accolse la freschezza, la dolcezza, e tutta la tenerezza e l’affetto che ne derivarono. Un affetto che neppure lui stesso pensava di avere bisogno, di cui entrambi necessitavano, ma che nessuno dei due aveva mai avuto modo di sperimentare fino a quel momento.
  
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