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Autore: readmymind    06/01/2020    2 recensioni
Amore, insicurezza, imbarazzo, coraggio, follia ( ... ) un viaggio nella caleidoscopica mente di un'adolescente qualunque, che in prima persona narra delle proprie comiche e quotidiane disavventure. Eventi che nel loro piccolo ne delineano la personalità senza presentarla in prima persona. La nostra protagonista si chiama Serena, o Giulia, o Margherita, o Sofia, non ha un'identità specifica, è una ragazza come tante, che vive, sogna, ama, spera e sbaglia, di continuo, nella traballante convinzione di trarne un giorno una qualche lezione.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo n.1
Sensazioni.

 

Avete presente quella strana sensazione che vi avvolge le budella quando il prof. di fisica vi chiama alla lavagna per l’interrogazione proprio il giorno che non avete studiato? Che vi tremano le gambe, vi sudano le ascelle e la vocina dentro la testa continua ad imprecare in aramaico rimpiangendo tutte le ore sprecate a guardare le ultime puntate di CSI alla tv. Che poi a voi CSI nemmeno piace, ma non c’era altro. È una sensazione tremenda, perché non c’è spazio per l’immaginazione con fisica, non potete inventare una parola per poi sostenere di averne solo sbagliato la pronuncia, le cose o le avete studiate e le sapete, o non le sapete. E voi, è evidente, non avete la benché minima idea di cosa sia l’entropia, probabilmente nient’altro che un grossolano errore di scrittura e l’unico valore assoluto che vi viene in mente è quello dell’epica figura di merda che farete a breve. Insomma, i primi dubbi erano insorti già a quel “terzo”, che di principi della termodinamica altri due proprio non ne ricordavate, figurarsi allora approfondire l’argomento, esplicare formule, dimostrazioni e magari applicarlo a qualche esercizio banale di metà capitolo. Banale. Divertente. I professori dimostrano una propensione al sarcasmo nei momenti più indicibili.

Insomma, avete presente quella sensazione? Se così non fosse, un po’ vi invidio. Tutti gli altri comunque, che di formule conoscono solo quelle utili ad invocare un patronus o a far levitare piume per aria, tutti gli altri avranno sicuramente inteso il mio stato d’animo attuale. E scommetto un po’ di tremarella sia venuta anche a voi.

Ora, senza mai dimenticare gli occhi del professore che vi fissano ostili, né gli altri venti cristiani, d’improvviso estranei, che attendono in preghiera il vostro umile e generoso martirio, mettiamo da parte la fisica e teniamoci al caldo lo schifo evocato. Figuratevi questo schifo in un contesto del tutto differente. Ad esempio, magari, in presenza della persona che vi piace. Situazione del tutto ipotetica, sia chiaro. Dunque voi siete lì, in piedi, a far cose di importanza trascurabile (ad esempio a ripetere fisica) e la scrutate con la coda dell’occhio in attesa di un suo avvicinamento. Le cose tra voi vanno sempre così, in fin dei conti siete persone civili, mature, ben educate, quando vi incontrate un saluto non ve lo negate mai. Un saluto ed un sorriso a trentadue denti, perché che la sua presenza vi sia gradita è un dettaglio che va evidenziato senza imbarazzi. L’imbarazzo è per gli insicuri e voi non lo siete, è evidente. Voi avete un animo forte, sensibile, arguto, misterioso a tratti, espansivo per altri versi; questo almeno è ciò che comunicano i vostri occhi fieri e ridenti, perché le parole sono circoscritte a quel “ciao” a mezza bocca che apre e chiude ogni vostra possibile conversazione. Quindi voi a quel saluto siete pronti, allenati, lo aspettate e non ne avete timore, vi fa da biglietto da visita da ormai… quanto? Cinque mesi? Cinque mesi, sì, cinque fantastici mesi di saluti a mezza bocca, sguardi lusinghieri e sorrisi impavidi.

Dunque lui si avvicina, ne avete colto i movimenti con la coda dell’occhio, vi girate per mera casualità e lo salutate. Uno scambio di “ciao”, di sorrisi, ecco la vostra bolla, quello che aspettavate; lunghe ore di lezione solo in vista della pausa, di quel momento per voi due soltanto. Tempo stimato tra i quindici e i venti secondi, ma vi basta, quello scambio di reciproca cortesia nutre a sufficienza la vostra fantasia galoppante. Ora che è successo, che vi siete cercati, incontrati e salutati, ora che gli assi si sono riallineati, è ora che quello schifo emerge. Emerge quando lui, a discapito della vostra tradizione, va oltre, cercando una conversazione, un contatto, avanzando con le parole, dimostrando di conoscere il vostro nome. Il cuore si ferma, sussulta, non contiene la gioia del momento, che allora si propaga e disperde. La sensazione che vi avvolge ora è differente, affatto piacevole, tanto nuova da lasciarvi spaesati. Voi, che a loquacità vincete a mani basse, d’improvviso non fate un fiato. Certo aprite la bocca, il tentativo di emettere un suono è evidente, volete coglierla quell’occasione che aspettate sin da quando i vostri sguardi per la prima volta si sono incrociati. Ma niente, silenzio, non una parola si pronuncia. Il batticuore assorda la mente, i neuroni impazziti si scontrano l’uno contro l’altro fulminando un sistema cognitivo sino ad allora funzionante. Immobili, inermi, inebetiti, vi guardate dall’alto mentre mandate all’aria quel tentativo di approccio prossimo alla disfatta totale e vi insultate mentalmente per aver perso ore preziose della sera precedente a guardare CSI piuttosto che a studiare ogni possibile risposta ad un vostro fortuito dialogo. Se solo i mugugni fossero ufficialmente riconosciuti dalla treccani come tentativo di conversazione, fallimentare magari, ma pur sempre conversazione, ora l’imbarazzo sarebbe più lieve, per nulla d’intralcio. Alla fine però, è il vostro silenzio a decretare l’insuccesso. E dire che perfino all’interrogazione di fisica sareste riusciti a fare una figura migliore. Lui se ne va a disagio, ma nulla è se confrontato alla morsa che ancora vi stringe le viscere. Alla faccia dell’iconica figura spavalda che avevate costruito in quei cinque mesi.

   
 
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