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Autore: meiousetsuna    06/01/2020    5 recensioni
Aziraphale/Crowley; Gabriel (in relativo OOC)
Commedia, drammatico, fluff, erotico (vedi nota sui generi alla fine)
Gabriel è il tipico gradasso che non si vorrebbe incontrare sulla propria via. Che sia un vicino di casa, o un Arcangelo che crede di sapere cosa è bene e cosa è male, finché una strana tentazione gli fa guardare con bramosia un certo nemico dall’aria troppo sexy per essere vera. Ma non ha fatto i conti con qualcuno che crede troppo fragile per reagire a dovere, che brillerà di una luce diversa.
Con amore e piume,
Setsy
Genere: Commedia, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Aziraphale/Crowley; Gabriel (in relativo OOC)
Commedia, drammatico, fluff, erotico (vedi nota sui generi alla fine)

Come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio

 

Gabriel non era mai stato un tipo ragionevole. Che si voglia intendere “tipo” con angelo o uomo, ai fini di questo racconto non farebbe molta differenza. Era semplicemente un burocrate nato: che si fosse trattato di bacchettare schiere angeliche poco zelanti, o dirigere una multinazionale giapponese con gli impiegati in rivolta ― tra le due, l’ipotesi meno probabile ― se la sarebbe cavata nello stesso modo. Avrebbe sorriso mostrando l’impeccabile lavoro della Signora, o di un ottimo dentista americano; loro sono più fanatici riguardo il candore della dentatura. Poi si sarebbe sistemato i polsini, e infine avrebbe detto con voce pacata: “sei bruciato”. Il ché, diamogli questo merito, sarebbe stato un gioco di parole carino tra la lingua umana detta ‘inglese’ e il senso di una pratica condanna a morte nella colonna di fiamme. Lavoretto pulito, veloce, indolore. Quest’ultima specifica valeva per chi contava, cioè per loro; chi li vuole sentire i Beati addetti alle pulizie straordinarie a spalare avanzi di angeli carbonizzati? Quelle penne che continuano a saltar fuori per un anno, pure da sotto i tappeti… la colonna era stata un gran passo avanti dai roghi da tenere in corridoio, decisamente. Ma cosa fare con un demone, se lo si cattura? In teoria non c’erano avvisi da ricercato, ognuno bada alle sue schiere. Ma quel dannato diavolo ― termine ridondante ― se l’era andata a cercare. Dopo l’Apocalisse che non c’era stata pareva che una relativa pace regnasse tra loro; Lei non era stata scontenta, per cui probabilmente il piano ineffabile comprendeva quella pazzia. Ma entrare in quel luogo ambiguo che era la libreria del signor A.Z.Fell per avvisarlo che lo tenevano d’occhio, che non poteva fare quello che voleva per l’eternità a seguire, e trovare l’Avversario mollemente sdraiato sul divano di broccato con indosso solo dei pantaloni di pelle nera che parevano entrargli per miracolo, i bottoni slacciati e scalzo era stata una visione difficile da digerire. In tanti modi, sia chiaro: rabbia per la sua sfacciataggine, naturale ribrezzo per quella razza nemica, e una molesta sensazione di ‘attrazione gay’. Si chiamava così, nei libri di pornografia che non aveva assolutamente letto.
“Demone”. Sì, lo conosceva il suo nome ormai, se ne vociferava dappertutto, ma non voleva dargli soddisfazione. Però persino per la sua flemma e freddezza era impossibile vincere la battaglia con i propri occhi che vagavano intrigati sul corpo peccaminoso dell’essere infernale. E il suo obiettivo non era certo distratto, su certe cose; le iridi gialle si accesero di malizia e la bocca si storse in un ghigno.
“Gabriel, oh Gabriel?* Mi sembri ipnotizzato... vedi qualcosa che ti piace?”
“Voi due continuate a fraternizzare, ed è una cosa abietta. Non lo voglio neppure sapere ― ‘bugia, bugia! Spero che Lei abbia il detector spento!’ ― cosa fai in condizioni così sconce nella dimora di uno dei miei, visto che qui non si lavora e basta, vero?”
“Hum… mi rilasso, bevo ottimo vino, leggo? Aziraphale non bada alle formalità, e qui fa così caldo, non trovi? Mi sembri sudato”. Di solito evitava di farlo, perché non era così fiero di quella parte della sua natura, ma Crowley lasciò che la punta biforcuta della lingua da rettile apparisse, passando sulle labbra veloce e sinuosa. Provocante. Come osava quell’arcangelo idiota piombare lì con il chiaro intento di minacciare il suo angelo e fissarlo come una fetta di torta al cioccolato fondente? Lui era solo per Aziraphale, anche da guardare. Permesso negato gente, dieci secondi e poi basta. Quindi meritava di essere preso in giro senza pietà. Ma sta di fatto che non fu così. Forse l’amore abbassa le difese, e per un essere sovrannaturale con altrettanto potenti nemici quella condizione era troppo pericolosa, ma la mossa di Gabriel non era solo imprevista, era vietata. Non era permesso andare in giro con una boccetta spray d’acqua santa in tasca come quelle al peperoncino delle donne umane. Uno spruzzo negli occhi, e Crowley gridò di dolore senza potersi trattenere, coprendosi con le braccia per proteggersi dal resto, mentre cadeva sul pavimento. Avrebbe potuto contrattaccare, ma ora l’acqua era vaporizzata e la stava inspirando, sentendo la gola esplodere dal bruciore. Non era svenuto, i demoni non lo fanno, ma non riusciva a riprendersi mentre quel pennuto folle lo stava legando con qualcosa di setoso… ah, anche il kink delle cravatte.
“Non temere, è molto diluita. Ora non la vedi, ma c’è scritto: dosaggio leggero, per autodifesa. Non perderai la vista, se non insisto. Quindi ora starai fermo e buono, sanguinante; oppure cieco, fermo, e più sanguinante”.**
“Nel frattempo cosa pensavi di fare, Gabriel?” Malgrado non ci vedesse, lacrime di sangue scendessero a rigargli il viso sottile, e l’agonia delle altre ustioni, Crowley non avrebbe potuto confondere quella voce tra un miliardo. Ma non era il solito Aziraphale, dolcissimo e quasi infantile nel suo tono: il timbro era più basso, profondo. C’era una severità che non conosceva nel modo in cui si stava rivolgendo al suo assalitore, che fece vibrare l’aria intorno a loro come un vortice. ‘Dovresti parlare tu alle piante’, pensò il demone. L’umorismo era la sua miglior caratteristica, perché privarsene in quel momento? Con un terribile sforzo cominciò a sbattere le palpebre, cercando nel contempo di articolare qualcosa, ma questo era più difficile. La membrana da serpente aveva protetto parzialmente le pupille, mentre la gola era troppo gonfia, ma non tanto da temere di morire soffocato.
“Stai bene?” Una mano dell’angelo era posata con leggerezza tra i suoi capelli ramati in un evidente gesto di protezione, quello che si ha per un cucciolo, o per un bambino. Ma la sicurezza che Crowley stava provando era ben altra; era come avere uno scudo, un paladino, no; un esercito. Anche attraverso la fitta nebbia che gli velava ancora gli occhi, cercò di mettere a fuoco Aziraphale, e gli sembrò di guardare qualcun altro. Il cappotto color panna, quel buffissimo farfallino di tartan eredità del gusto di un secolo ormai passato, gli abiti classici, il panciotto con l’orologio, insomma tutto quello che lo contraddistingueva come una specie di damerino affettato appariva un semplice travestimento. Di suo gusto, certo, ma sotto c’era un Principato, un angelo armato di spada, un guerriero di luce. Il suo guerriero.
Il suo capo è oro, oro puro
Crowley non riteneva, fino a quel momento, di potersi sentire in quello stato. Non gli dispiaceva davvero sentirsi fragile rispetto ad Aziraphale, e il parere di Gabriel non valeva la pena di essere considerato un problema, ammesso che pensasse con la sua testa. Era lo stupore come di fronte a una rivelazione, qualcosa di magnifico e inatteso. Un lampo del Paradiso perduto, la verità svelatasi di fronte ai suoi occhi. Che forse vedevano meglio di prima. Il corpo pieno della creatura celeste sembrava saldo
come la torre di Davide costruita a guisa di fortezza
Mille scudi vi sono appesi, tutte armature di prodi
“Sta attento, angelo”. Bè, non era il suo tono seducente, anzi era piuttosto un rantolo ma almeno riusciva a dire qualcosa, l’unica che importasse. Stava assistendo alla dimostrazione più evidente della forza di Aziraphale, ma niente avrebbe scalfito il suo istinto protettivo.
“Non facevo nulla di male, anzi, ristabilivo un po’ di normalità. Questo mostro dovrebbe essere reso inoffensivo, non volevo certo sporcarmi…” Gabriel quella frase non la terminò, perché la spada fiammeggiante del guardiano dell’Eden puntata contro la gola non gli lasciava lo spazio neppure per inghiottire.
“Forse ti smaterializzeresti e basta, forse riporteresti un danno più grave. Non l’ho mai usata contro nessuno dei nostri, non ne sono certo. Ma so che se farai del male al mio Crowley ti cercherò, Gabriel, in ogni angolo della creazione. Lasciaci in pace, non ho intenzione di avviare una guerra tra noi, ma a Lei non farebbe piacere sapere cosa avevi animo di fare. Non ti ho mai visto scendere così in basso”.
L’arcangelo restò sospeso in un lungo attimo di incredulità; la reazione di quel rammollito che neppure teneva il passo di una corsa al parco era stata lontana da ogni previsione. E così l’attaccamento a quell’essere vile, che pure gli aveva fatto girare la testa, rasentava qualcosa che perfino lui riconosceva. Era quello che si chiama amore terreno, e non era esattamente l’argomento della letteratura umana di cui aveva usufruito. Gli pareva quasi di capire e quasi di vergognarsi.
“Vado via, e cercate di mantenere la vostra depravazione una faccenda privata; finché non ci saranno attacchi alle nostre schiere non avrete più nostre notizie”. Il gesto col medio fatto da Crowley, Gabriel finse prudentemente di non vederlo.
Nel momento in cui la porta si chiuse alle sue spalle, questa si trovò bloccata, e finalmente Crowley si lasciò sfuggire un lamento, ma le dita dell’angelo stavano già delicatamente sfiorando i suoi occhi, facendo sparire il dolore a ogni tocco, un soffio alla volta. Passò ad accarezzargli il viso e baciargli i capelli ondulati e ramati, che aveva fatto allungare tanto perché fossero invitanti per giocarci, fino a sentire che si era placato, che respirava bene. Gli prese le mani per farlo rialzare aiutandolo a sedersi sul divano, attirandolo tra le sue braccia.
“Quello che ha fatto Gabriel è incredibile, se vuoi io…”
“Huu… no, resta qui, non muoverti, mio angelo vendicatore”. Crowley aveva abbandonato la testa sull’incavo della spalla del suo salvatore, stringendolo dietro la schiena in una presa forte. Il tono era quello di qualcuno che scherzasse, e stava chiaramente sorridendo, ma l’urgenza del gesto rivelava che lo stato di shock non era passato. Avere gli occhi quasi fusi dall’acqua santa non era un’esperienza che si poteva dimenticare così presto, era l’aggressione fisica più grave immaginabile, eppure non era quello che l’aveva scosso di più, del dolore ne sapeva qualcosa; piombare all’inferno non è una sciocchezza. Rendersi conto di non essere il più determinato a tenere l’altro fuori dai guai, ma che dietro a vassoi di biscotti e tazze di tè al gelsomino, pile di libri e sorrisi con le fossette si celassero tanta potenza e fierezza gli fece amare il suo angelo ancora di più. Adesso che si sentiva bene ― più o meno ― si ricordò di essere poco vestito e che effetto questo faceva ad Aziraphale, ma non aveva la stessa intenzione di prima, no. Il piano precedente, sdraiare il suo amato su quel divano e fargli implorare pietà, era rimandato. Lentamente cominciò a strusciarsi su quel corpo morbido e invitante, sinuoso come solo lui poteva essere, lasciandogli addosso il profumo di caffè tostato della sua pelle che lo faceva arrossire e sospirare di delizia. Mancava solo che riuscisse a fare le fusa, e la tentazione di crearle con un piccolo miracolo diabolico era molto forte, ma sarebbero potute risultare ridicole e non voleva correre quel rischio. D’altra parte era certo che Aziraphale le potesse sentire nella sua testa, tanto ci stava pensando intensamente, ma si sarebbe accontentato di miagolare in modo umano. Insomma, demoniaco.
“Credo di aver bisogno di cure più intense, angelo. Potresti spogliarmi e controllare che non abbia danni nascosti”. Aziraphale ridacchiò tra le ciocche rosse.
“Non penso che l’acqua santa passi attraverso i tessuti senza bagnarli, ma è meglio non correre rischi, tesoro, hai ragione. Poi vuoi che mi spogli anche io?” Adesso la sua voce si era addolcita, ma non del tutto, c’era ancora una fermezza che permaneva come un guardiano vigile che non si voglia addormentare e Crowley non aveva nessuna intenzione di perdersela.
“Puoi farlo o puoi solo abbassare i pantaloni! Pensi che avrei da ridire, se facessi di me quello che vuoi?”
La risposta fu un bacio, prima lieve, poi più audace, profondo, bagnato. Consapevole.
“Non stai solo scherzando, vero? Vuoi essere mio?” Un mugolio compiaciuto del demone, unito a una serie di baci sul collo, fu una risposta piuttosto eloquente; quando le mani morbide sfilarono finalmente l’indumento nero, incontrarono solo una distesa di pelle color caramello.
“Non porti le mutande”*** Un’apparente pennellata di scandalo colorò la voce di Aziraphale.
“Non mi servivano comunque, mi stringono… volete tutti che soffra le pene dell’inferno?” Con un gesto plateale, Crowley si distaccò dall’abbraccio dove si era completamente rannicchiato per inginocchiarsi sui cuscini ben imbottiti, intrecciando le braccia sullo schienale, le spalle rilassate e la fronte posata sulle mani.
“Le sdolcinatezze dopo, non vorrei perdere il momento”. Normalmente a una frase così sarebbero seguite vibranti proteste e bronci infiniti, ma il suo angelo lo capiva, sempre.
“Saranno tantissime, te le farò per tutta la notte, e anche la cioccolata calda con i biscotti, e il bagno insieme, dopo”. Uno schiocco familiare doveva aver smaterializzato gli abiti chiari, perché Crowley avvertì il tepore dell’epidermide liscia dell’angelo contro la schiena e non solo quella. Le ali candide si erano aperte quasi senza rumore ― ma l’idea più giusta era che fosse troppo sopraffatto dal desiderio da poterlo sentire ― ed erano avvolte intorno a lui, tentando di insinuarsi sotto le braccia snelle e le mani sottili.
“Ti schiaccio, angelo, non importa”. O forse non lo meritava, suggeriva una vocina nella sua testa.
“Shhh… ubbidisci, amore mio; perché adesso è quello che vuoi”. Oh, sì, vero.
Crowley si sollevò appena e un mare di bellissime piume che sprigionavano un sentore di zucchero e
gigli dei campi
l'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi
e le tue labbra stillano miele vergine
lo circondò, impedendogli di vedere altro che il loro candore, come se tutto quello che contava al mondo fosse in quel circolo morbido. Lasciò sprofondare il viso in quella meraviglia, le ultime tracce delle bruciature che evaporavano, un benessere totalizzante che si irradiava in tutto il corpo dai baci che l’angelo gli posava sull’attaccatura dei capelli, le dita che lo preparavano con una delicatezza timorosa, da quell’abbraccio di nuvola piumosa. Quando strinse piano le mani sulla parte più robusta delle ali come il segnale di non poter più aspettare, Aziraphale cominciò a possederlo con la tenerezza infinita che riservava solo a lui, mormorandogli piccole parole d’amore nelle orecchie, come se avesse paura che potessero echeggiare fuori dal loro paradiso personale.
Io sono per il mio diletto
e la sua brama è verso di me
“Angelo… di più… è bellissimo”.
“Tu sei bellissimo, tesoro mio, non posso dirti quanto”. La visione di Crowley che si contorceva preda di un piacere troppo intenso, i riccioli fiammeggianti che si rincorrevano sulla schiena elegante, tutto era uno spettacolo, ma era vedere il suo abbandono fiducioso che stava stringendo il petto di Aziraphale in una presa che non l’avrebbe lasciato più. Decise che quel momento si sarebbe inciso dentro di sé
Come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio
fino alla fine dei tempi, se questa era una realtà
perché forte come la morte è l'amore,
e che non avrebbe fatto tramontare un giorno senza aver amato il suo Crowley, in ogni modo che avrebbe potuto desiderare, chiedere o pretendere, perché i gemiti di piacere che gli strappava erano qualcosa di cui non si sarebbe privato, a ogni costo.
tenace come gli inferi è la passione
“Ti prego, angelo, ti prego…” Le mani di Aziraphale erano dappertutto, e i suoi baci, e il ritmo delle spinte era più veloce, e il grido liberatorio di Crowley si unì a quello più sommesso dell’angelo.
Quando si era girato e avvolto al suo amore come un gomitolino di lana il demone non avrebbe saputo dirlo, ma stava talmente bene che in fondo non gli importava per niente.
“La preparo la vasca da bagno? Con la paperella?” Aziraphale gli percorreva il contorno del viso con i polpastrelli mentre parlavano. Bè, era più un monologo.
“Humpf”.
“Crowley, caro, non ho capito. Sono dieci minuti che rispondi con dei versi…”
“Non voglio la paperella! È ridicola!”
“Oh, se quello è il problema… oggi le hai già fatte, le cose che i demoni cattivi non fanno”.
Se quella che stava per seguire fosse una risata, una parolaccia o una protesta non lo sapremo mai, perché un bacio chiuse la bocca di Crowley, seguito da altri mille, per tutta la notte.


Note:
Titolo e riferimenti in corsivo: Ovviamente il Cantico dei Cantici.
due parole – se qualcuno è arrivato qui – su questo esperimento: è norma (e piace di più anche a me!) scegliere un genere principale e mantenerlo nella narrazione. Questo è un esperimento mai provato, per me; si parte dalla commedia, si vira al romantico/drammatico, si chiude ancora con la commedia. Anche il narratore panoramico lo adoro, ma lo uso poco perché mi è difficile #^-^#. Grazie a chi ha tollerato di leggere!
*Da pronunciare come la battuta di “Van Helisng”, nel momento in cui Dracula rivela a quest’ultimo che la sua identità dimenticata è l’angelo Gabriel. Spero vi sia nota!
**Kill Bill… scena del funerale texano
***Questa è una battuta Johnlock, scusate, dovevo *-*

 

 

 

 

 

 

  
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