Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: xingchan    07/01/2020    5 recensioni
"[...] prima che potesse scivolare nel mondo dei sogni una luce improvvisa rossa come il sangue le avvampò davanti alle palpebre abbassate provocandole se non dolore, qualcosa che rassomigliava ad un fastidioso e potente fuoco che la investì in pieno."
[Post Manga; Lieve OOC]
Genere: Angst, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Jaken, Kohaku, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Umana, troppo umana





Il campo di angurie era stato un colpo di fortuna.

Rin aveva sentito lo stomaco gorgogliare già da un pezzo prima che Jaken riuscisse a trovarle qualcosa da mangiare, e le era sembrato anche che il suo intervento - per quanto lo avesse voluto qualcun altro - le avesse soltanto rallentato la ricerca.

Da sola avrebbe trovato almeno qualche radice da abbrustolire al fuoco senza dover richiedere i favori di Ah-Uhn affinché la accompagnasse in un posto tanto lontano.

Però, mentre dava un morso ad una di quelle angurie, dovette ammettere che ne era valsa la pena.

Ora non aveva niente di cui preoccuparsi, dal momento che davanti a lei si stagliava rossa e lucente la polpa di una anguria dolce e succulenta.

Addentò un altro morso stavolta molto più grande di quello precedente, gustandoselo con una felicità forse fin troppo esagerata perché riuscisse a passare inosservata. Sicuramente sarebbe arrivato qualche commento poco carino da parte di Jaken, perché era improbabile che non intervenisse con la sua voce gracchiante per lamentarsi di lei. Ma il demone era troppo assorto nei suoi borbottii per accorgersi di quel che Rin stava facendo.

Rin interruppe la sua cena appositamente per osservarlo, rendendosi conto che dai suoi enormi occhi cominciarono a scendere alcune lacrime per poi cominciare a piagnucolare con più enfasi un nome indistinto - o che le orecchie di Rin non erano in grado di distinguere.

Di una cosa era sicura. A giudicare dalla sua immensa tristezza, Jaken non voleva stare lì con lei. Probabilmente preferiva essere da qualsiasi altra parte piuttosto che con una “mocciosetta umana”, come era solito additarla; e sinceramente, anche lei avrebbe voluto essere da tutt'altra parte.

Si era affezionata a lui, ed era sempre felice di vederlo; ma le bastava attendere qualche istante per accorgersi che la sua contentezza non era condivisa, che lei era la sola fra i due a provare amicizia e affetto nei suoi confronti.

Jaken non l'aveva mai accettata veramente. Anzi, spesso e volentieri cercava in tutti i modi di liberarsene, anche soltanto per poco tempo.

Per quanto fosse ancora una bambina, Rin sapeva bene che le attenzioni che il kappa le riservava non erano altro che il frutto di una volontà che trascendeva la sua.

La fonte di questa volontà purtroppo però, le era sconosciuta.

Se solo questa entità - qualunque essa fosse - si fosse palesata davanti ai suoi occhi, le avrebbe chiesto di sciogliere Jaken da quello strano vincolo che la legava a lei, in modo da liberarlo del tutto. Così, anche lei avrebbe trovato finalmente la sua strada, un giorno sarebbe diventata adulta e avrebbe continuato a pensarlo - o lo avrebbe dimenticato? - da lontano.

Però non era questo che Rin voleva.

Non voleva essere separata da chi voleva bene.

Smise di mangiare a causa di un groppo in gola e con rabbia gettò via la buccia del pezzetto di anguria che ancora aveva fra le mani.

Portandosi le mani agli occhi che pizzicavano sentì qualcosa di bagnato rigarle le guance. Le lacrime si stavano facendo strada sul suo viso senza che lei se ne potesse accorgere in tempo per provare ad arginarle, ma nell'asciugarle avvertì una consistenza diversa da quella delle semplici lacrime, come se fossero più dense e vischiose.

Rin se ne curò a stento, troppo imbrigliata com'era in quella rete di angoscia e solitudine, ma la vista di un rosso intenso la riscosse dalle sue tristi emozioni.

Atterrita, si portò le dita tremanti sugli occhi per scoprire che stavano grondando sangue. Il respiro le si fece corto, come se le sue stesse urla premessero per uscire senza avere la forza di spingere oltre le sue labbra; ma improvvisamente sentì che le lacrime di sangue diventarono come un fiume in piena, e tentando disperatamente di asciugarsi con le maniche del kimono, queste si rivelarono infine completamente zuppe di sangue.

Cadde indietro, sentendo di essere diventata rigida come il ramo di un albero, ma nella frenesia di attutire la caduta rovinò di fianco, e per poco non le si ruppe un braccio.

Si mise carponi, ansante, con il preciso intento di rialzarsi. Ma prima che potesse farlo, vide sul terreno un volto di ragazza interamente intriso di sangue nell'atto di emettere un grido che però lei non riusciva a sentire.

Dovevano essere le angurie, ad essersi trasformate in facce.

Urlò, stavolta con quanto fiato avesse in gola, e la sua voce finalmente uscì, ampliata e indefinita, come se alla sua si fosse sovrapposta la voce del volto di ragazza e avesse urlato anche per lei.

Si tappò istintivamente le orecchie, sconvolta e impaurita come mai lo era stata ormai da troppo tempo; ma nonostante il suo urlo si fosse interrotto, quello continuava come se fosse dotato di vita propria, cercando di insinuarsi nelle sue orecchie con la stessa violenza di una pugnalata.

Rin scosse la testa e strizzò gli occhi, cercando di scacciare quell'orribile sensazione che assumeva sempre di più i tratti di una angosciante realtà. Ma riaprendo gli occhi e nel muovere la testa, si accorse di essere circondata da centinaia, migliaia di volti, incastrati l'uno all'altro formando una immensa pavimentazione di occhi, pelle, nasi e bocche che si perdeva a vista d'occhio.

Il luogo già tetro e inquietante era sormontato da un soffitto della stessa natura.

Il grido cessò di violare le sue orecchie nel momento esatto in cui emise alcuni gemiti stanchi di paura; così la ragazza finalmente trovò un barlume di coraggio per alzarsi in piedi, ancora con violenti tremori per tutto il corpo, per cercare una via d'uscita.

Il terrore di quel luogo buio sembrava vincerla, sovrastarla come una enorme creatura pronta a divorarla.

Eppure, c'era qualcosa che la spronava a camminare e a raggiungere qualcosa di cui lei non ne era a conoscenza.

Era una cosa bella, anche se ogni cosa lo era rispetto a quel luogo. Era una cosa che non conosceva, ma che le stava facendo acquisire le sue fattezze di giovane ragazza soppiantando l'aspetto acerbo della bambina che era stata.

Improvvisamente riuscì a recuperare l'autocontrollo necessario per andare avanti, con quel briciolo di felice aspettativa che spesso accompagnava i suoi passi.

Sicuramente quel posto doveva avere un limite, non poteva essere infinito.

Coraggiosa come sempre...”

Una voce giovanile conosciuta la fece rallentare per poi fermare del tutto. Rin si guardò intorno, per quel che la sua vista riusciva a percepire, cercando al contempo di capire dove avesse sentito quella voce che sembrava provenire da un passato non molto remoto.

Kohaku...”

La bocca di Rin si mosse da sola, sillabando piano il nome del proprietario della voce udita con un sensazione strana e inquietante ad aleggiarle intorno, come se avesse evocato un demone, nonostante Kohaku - il suo amico d'infanzia - fosse un semplice essere umano.

La sua figura emerse lentamente dalle tenebre,abbigliata di tutto punto della sua tenuta da sterminatore. In mano brandiva la sua kusarigama che, Rin sapeva, per quanto fosse pesantissima il ragazzo non mostrava fatica nel maneggiarla.

Felice di vederlo, Rin ignorò quell'aura intrisa di inquietudine e cominciò a corrergli incontro come succedeva prima che anche lei viaggiasse con lui.

Ma più si avvicinava al giovane, più emergevano dalle tenebre cadaveri ai suoi piedi.

Erano uomini, e fra loro Rin scorse un volto che - non seppe dire come - riconobbe come il padre di Kohaku e Sango.

Rin ebbe un fremito di orrore.

Molto coraggiosa...”

Kohaku parlò ancora, ora però con una cadenza di voce terribilmente lapidaria, accostando la sua arma al petto come se si stesse preparando all'attacco. La ragazza notò che i suoi occhi erano vitrei, come quelli della carcassa di un animale in evidente stato di decomposizione.

Alzò l'ascia, e in quell'istante Rin provò il terrore del dolore e della morte che il giovane da lì a pochi istanti le avrebbe inflitto. Un groppo le serrò la gola, e sentì che il suo corpo era come di ghiaccio, fermo sul posto, incapace di muoversi.

Vediamo quanto lo sei, adesso...”

Kohaku, no!”

Il ragazzo sferrò il suo colpo con ferocia sovrumana, ma la prontezza di riflessi di Rin lo evitò per un soffio, recidendole soltanto alcune ciocche di capelli. Riprese a correre, stavolta con un ritmo molto più deciso e veloce, incespicando fra i tratti curvilinei delle facce sul suolo.

Riprese a piangere, impaurita e al tempo stesso incapace di comprendere per quale motivo Kohaku facesse così.

Lo capì improvvisamente, mentre il suo respiro divenne troppo affannoso perché potesse riuscire a regolarizzarlo e le sue gambe troppo instabili per la paura e la stanchezza.

Kohaku era posseduto, forse da un demone che la voleva morta.

Non poteva essere Naraku, ma sicuramente qualcuno di altrettanto potente.

Questo pensiero le infuse nuova energia e sperò con tutto il cuore che quegli ultimi estenuanti sforzi l'avessero condotta verso una qualsiasi via d'uscita. Si voltò e si rese conto di aver staccato Kohaku di molto, perlomeno la distanza necessaria per rinnovare la speranza di salvarsi.

Si affacciò all'orizzonte una scintilla di luce che brillava come una stella, come quelle che ogni notte Rin si fermava ad osservare nel cielo con un forte senso di nostalgia ad attanagliarle lo stomaco.

Ringraziò di cuore la sua tenacia, soprattutto quella delle sue gambe, e per quanto le fosse tremendamente faticoso riuscì comunque a rendere più rapida la sua corsa.

Qualcosa però le si aggrovigliò intorno alle gambe, facendola rovinare a terra.

Emise un verso di dolore e di sorpresa, ma soltanto in un secondo momento si accorse con terrore che aveva le gambe legate. Gettò lo sguardo in basso, quasi intontita da quanto successo, notando come il kimono che indossava fosse stretto all'altezza delle caviglie da catene invisibili.

Per quanto fosse spaventata, cercò subito di liberarsi. Estrasse dalla manica del kimono il coltellino spesso utilizzato per recidere le piante che raccoglieva con Kaede e Kagome; ma più tentava di colpire quelle catene invisibili, più quelle sembravano acquistare forza e tenacia; finché apparve finalmente la catena, lentamente, anello dopo anello, fino a condurla con lo sguardo verso il ghigno di trionfo di Kohaku.

Il coltellino si trasformò in un piccolo serpente che lei, ancora una volta sopraffatta dalla paura, gettò immediatamente a terra.

Ritornò ad osservare Kohaku, tentando con frenesia di intuire quali mosse avrebbe utilizzato per coprire la distanza fra loro. La trascinò con forza verso di sé, lacerandole la pelle delle gambe, mentre con pochi passi impazienti arrivò su di lei.

La sua arma scintillò ancora una volta sopra la testa della ragazza, finché lei si rese conto che da quello stesso baluginio si fece strada una luce più intensa, come quella di un pallido mattino dopo una forte nevicata notturna.

Rin la vide, ma improvvisamente le forze e la volontà di immergersene le mancarono.

Afferrò qualcosa di indefinito, all'altezza di quella luce, ma che al tatto sembrava così morbido che avrebbe voluto affondarci per trovare finalmente del riposo. Ma quella sensazione di idillio la mise comunque in una condizione di allerta. Si voltò, per vedere se Kohaku l'avesse raggiunta e se avesse ancora intenzione di ucciderla, ma stavolta la sua espressione aveva assunto una cadenza naturale, quasi premurosa; la catena nelle sue mani scomparve, lasciandole le gambe libere di muoversi.

Rincuorata, si voltò verso la superficie morbida per poterci affondare il viso. Qualsiasi cosa fosse le procurava calore.

Ed era l'unica cosa che voleva, in quel momento.



“Rin!”

“Signora!”

Fra le tante voci che si univano ad esclamare il suo nome, la ragazza udì ancora una volta quella di Kohaku alle sue spalle, quella dolce e apprensiva a cui era abituata. Provò a voltarsi, per accertarsi che lui stesse bene e fosse ritornato quello di sempre, però qualcosa nella sua testa le suggerì di ancorarsi a quella superficie soffice sottraendola da ogni sua volontà deliberata. Ancora tremante, si strinse con più forza a quella che riconobbe come la coda di Sesshomaru cercando di calmarsi per quanto le fosse possibile, ma dovette constatare che quella paura non si sarebbe mai placata se non avesse lasciato la presa su Sesshomaru.

Si scostò da lui per guardarsi attorno, e nel farlo sarebbe caduta a terra se le mani artigliate di Kyo non l'avessero afferrata. Rialzando la testa però oltre alla demone cane scorse le facce angosciate e al contempo sollevate di Jaken e Kohaku.

Li osservò a lungo, con uno sguardo che doveva apparire decisamente assente, perché Jaken per accertarsi che stesse bene le si avvicinò posandole una zampa sulla fronte: un gesto che cancellò di colpo tutte le incertezze provate durante l'illusione.

Jaken...

“Sei accaldata e ferita, Rin. Padron Sesshomaru, forse sarà il caso di fermarci ancora un po'.”

Rin sentì un calore nel petto che la fece traboccare di gioia. Si sporse su di lui e lo abbracciò con affetto, lasciando che qualche lacrima di felicità abbadonasse i suoi occhi. Pianse sulla sua spalla piccola e gracile incurante del giusto sbigottimento del kappa, spostandosi soltanto per carezzare piano la guancia di Kohaku.

Aveva sempre avuto l'impressione che il suo amico portasse con sé un fardello insopportabile per un animo sensibile come il suo, e adesso che aveva provato su di sè i suoi incubi non poté fare a meno di pensare che fosse normale che Kohaku non riuscisse a vedere una via d'uscita da quel suo inferno personale. Sorrise, ma con quel pizzico di amarezza che probabilmente Kohaku colse immediatamente e che ricambiò con una punta di gratitudine.

Sapeva che quegli unici momenti di distensione di Kohaku erano proprio quelli trascorsi con lei.

Improvvisamente ebbe un altro capogiro, questa volta più violento del precedente; stavolta però fu Sesshomaru a prenderla. Senza dire una parola ripose la pietra Meido nel proprio kimono. Prese poi un lembo della sua manica e cominciò ad asciugarle le lacrime mescolate al sangue che aveva versato dagli occhi.

Rin sentì il calore delle dita del demone scivolare lentamente sulle sue guance, e soltanto quando vide il kimono sporco di sangue ricordò di aver sporcato anche la sua coda. Gettò lo sguardo nella porzione di pelo dove aveva immerso il viso qualche istante prima, ma Sesshomaru intercettò ciò che voleva dire scuotendo la testa. Lo lasciò fare, sforzandosi di togliersi dalla testa le immagini dell'illusione e di placare così il tremore che ancora le scuoteva le spalle; ma si aggrappò all'armatura di Sesshomaru in una muta consolazione, e lui in risposta la prese in braccio cominciando ad allontanarsi dal resto del gruppo.

Lei lo ringraziò silenziosamente, con la sola sensazione di estrema gratitudine ad inondarle il petto.

Sesshomaru si sedette sulla sponda del fiume, facendola accomodare più agevolmente distendendola sulla sua spalla delimitata dalla coda; e Rin si fece cullare dai suoi gesti, dalle sue premure, pensando con rammarico di non averne quasi mai avute da lui quando era stata bambina e non per la semplice ragione di essere costantemente lontani: Sesshomaru era troppo attento per potersi permettere più di una carezza o di un abbraccio nei suoi confronti, e adesso ogni cosa per lei - anche quella più banale - sembrava viva, pulsante, estatica, liberatoria. Ogni singola attenzione, i baci, le strette dell'uno sul corpo dell'altra, quello strano ed eccitante confine che li separava da quel qualcosa di più erano già di per sé delle grandi gioie che da ragazzina aveva sempre immaginato e che nella sua ignoranza ed ingenuità aveva trascurato di comprendere appieno come ora.

Crescere era stato un processo lungo, spesso pieno di insidie e di pericoli che la allontanavano sempre di più da lui, e scandito dalle sue visite silenziose palesate quasi soltanto dai colori vivaci delle stoffe e dei kimono che le portava come segno della sua promessa. Era stato ricco di conoscenza grazie a Kaede ma spesso noioso, in attesa, con il tempo che sembrava dilatarsi e prendersi gioco di lei, con il costante pensiero che la sua vita infinitamente breve avrebbe giocato a discapito della sua, più lunga e invincibile.

Che strano.

Per tentare di scacciare il lugubre ricordo dell'illusione aveva finito con l'adottare pensieri altrettanto pregni di sofferenza per lei. L'acuirsi di queste emozioni portarono Sesshomaru che ne era sensibile grazie alla sua natura demoniaca ad alzare il suo braccio quel tanto che bastava per posare la mano sul suo fianco e avvicinarla a sé, controllando con i suoi occhi grandi ed affilati le sue condizioni con un'apprensione più marcata e visibile.

Si rese conto che il demone si soffermò infine sulle caviglie livide e segnate dalle catene dell'illusione, così le ritrasse all'interno del kimono per evitargli di vedere in che condizioni fosse - anche se sapeva perfettamente che riusciva a sentire l'odore del suo sangue ormai rappreso.

“Va tutto bene” disse lei, rimarcando ancora una volta quella tendenza a rassicurare le persone attorno a lei. “Sono soltanto un po' stanca” proseguì, stavolta con una parvenza più fresca, come se in cuor suo volesse smentire con i fatti ciò che aveva appena detto. Si stiracchiò piano, con un sorriso di circostanza disegnato sul viso che avrebbe dovuto riflettere quel poco di felicità tanto agognata a Musashi e di cui sembrava non riuscire mai a raggiungere nonostante fosse proprio lì accanto a lei, a portata di mano.

Ma ancora una volta Sesshomaru sembrò comprendere perfettamente quanto fosse esausta, triste e quanto fossero diventate terribilmente pesanti le sue palpebre.

Non sarebbe stata una cattiva idea dormire un po' lì con lui, d'altronde lo aveva già fatto e la cosa sembrava non disturbasse affatto il demone.

Chiuse finalmente gli occhi, pensando che probabilmente era per via di quanto le stava succedendo se si sentiva così affaticata. Aveva una gran voglia di appisolarsi e di rimanere addormentata per un bel po' prima di riprendere il viaggio, e il calore di Sesshomaru contribuiva non poco a regalarle la tranquillità di cui aveva bisogno. Il demone cane si avvicinò piano a lei per lasciarle un bacio all'altezza dell'occhio destro, facendola ridacchiare nella dormiveglia, ma prima che potesse scivolare nel mondo dei sogni una luce improvvisa rossa come il sangue le avvampò davanti alle palpebre abbassate provocandole se non dolore, qualcosa che rassomigliava ad un fastidioso e potente fuoco che la investì in pieno.

Rin squittì, sorpresa e deliziata al tempo stesso per quella strana quanto piacevole sensazione, e spalancando gli occhi ricordò velocemente di aver conservato il fiore proprio dove aveva sentito quel calore, all'altezza del seno. Sotto lo sguardo attento e preoccupato di Sesshomaru, la ragazza sfilò piano il fiore dalle pieghe del kimono rimirandolo con una espressione incuriosita ad ornarle i lineamenti delicati. Ne carezzò i petali ancora avvolti nella loro aura e la ragazza si rese conto che erano decisamente troppo caldi per poter essere semplicemente scaldati dal suo corpo.

Dunque era stato il fiore a scaldare lei con un fuoco che se non bruciava, l'aveva comunque svegliata definitivamente.

“Cosa è successo?”

Rin si voltò verso Sesshomaru, cercando di dargli una spiegazione - proprio lei, che di demoni e aure sapeva soltanto quel che Inuyasha e Shippo le avevano insegnato, o più precisamente cercato di insegnare - ma quasi non trovava le parole per esprimere ciò che era appena accaduto.

“Non lo so...” mormorò più a se stessa che a lui. “E' come se Higan bana mi avesse... risvegliata.”

“Risvegliata?”

“Come se mi avesse forzato a riaprire gli occhi! No... come se volesse...”

Avvertirmi di qualcosa.

Dopo tutte quelle immagini raccapriccianti doveva essere perlomeno naturale pensare una cosa del genere, eppure per Rin credere che quel fiore demoniaco fosse dotato di volontà propria e volesse darle dei segnali non era una idea così lontana. Per quanto le fosse strana una cosa del genere, la trovava alquanto affascinante e si scoprì addirittura riconoscente per questo.

Ma cosa volessero dire questi segnali, Rin non riusciva proprio a dirlo ed era indecisa se riferire a Sesshomaru le sue impressioni al riguardo e magari rivolgergli qualche domanda. La tensione del demone era palpabile anche per lei che non aveva la facoltà di percepire le sensazioni, eppure lei non riusciva a rimanere senza le risposte che cercava.

Quante volte aveva infastidito Inuyasha o Kagome con le sue continue domande o considerazioni, e quante altre volte le rimproveravano la sua curiosità e perspicacia fin troppo accese per una ragazzina così piccola che proveniva dal nulla?

“Ah, lascia perdere” soffiò soltanto, con un sorrisetto di scuse, mentre continuava a sfiorare il fiore con cura. Magari lo avrebbe scoperto da sé, in qualche circostanza particolare. “Sicuramente sono soltanto sciocchezze.”

Sperava davvero di lasciar cadere l'argomento - anche se in cuor suo sapeva che non ci sarebbe mai riuscita - ma prima che potesse accertarsi che Sesshomaru avesse perlomeno seguito il suo consiglio, lui la strinse a sé con il suo solito atteggiamento protettivo e scostandole la frangetta dalla fronte con una mano le lasciò un bacio così tenue da farle desiderare di riceverne uno più intenso.

Rin arrossì imbarazzata a causa di quella considerazione, mentre si perdeva incantata ad osservare i filamenti dei suoi capelli bianchi che oramai sembravano completamente circondarla. Li carezzò infilando le dita fra le ciocche, e saggiandone la consistenza di seta ammirò il contrasto che creavano con il rosso sangue del fiore demoniaco. Lo ripose all'interno del kimono, sempre accanto al cuore, in qualche modo sicura di ricevere un'altra di quelle calde avvisaglie.

“Niente è una sciocchezza, in questo momento” riprese lui. “Se c'è qualcosa che vuoi dirmi, qualsiasi qualcosa, che ti sembri importante oppure no, non esitare a riferirla.”

“Qualcosa c'è” disse Rin, intercettando lo sguardo dorato del compagno. “Queste illusioni sono strane, oltre che terribili.”

“Cosa vuoi dire?”

“E' come se volessero creare dei dubbi nella mia testa” proseguì lei con una punta di fastidio nella voce. “Tu non ci sei mai, nelle illusioni è come se non ti conoscessi e non ti avessi mai visto. In quest'ultima avevo persino Jaken e Kohaku come nemici, ed anche i momenti più tranquilli diventano orribili.”

Rin tacque appositamente per non permettere alla sua voce di tremare, ma i sensi demoniaci di Sesshomaru dovevano sicuramente aver compreso quale senso di smarrimento e angoscia stesse provando nel ritornare con la mente a quelle visioni.

“E poi, ad un certo punto mi sento strana: come se fossi stanca, ma di una stanchezza dalla quale non basterebbe semplicemente dormire...”

Rin avrebbe voluto continuare, avrebbe voluto dire che neanche morire sarebbe stato riposante; eppure lasciò che Sesshomaru comprendesse da solo cosa volesse dirgli nonostante non fosse propriamente quella la sua intenzione.

Il demone difatti si dimostrò perspicace ancora una volta e come se avesse percepito perfettamente ciò che lei era sul punto di dirle le prese delicatamente il volto con una mano, iniziando il lungo bacio sulle sue labbra che lei aveva desiderato qualche istante prima. Se ne sentì appagata e deliziata, sebbene ci fosse ancora quel lieve senso di imbarazzo dal quale forse non si sarebbe mai liberata. Quella tenue e assurda percezione di calore all'addome che aveva provato nel Palazzo di Sesshomaru scese nuovamente verso il basso, e una contrazione della sua intimità la indusse a infilare una mano sotto il braccio del demone per stringerlo a sé, dando - forse non del tutto consapevolmente - a Sesshomaru l'occasione di osare qualcosa che andasse al di là di quello.

Eppure, nell'intensità decisa di quel contatto mista all'odore composto e allo stesso tempo selvatico di Sesshomaru, Rin non poté fare a meno di avere l'impressione che ci fosse qualcosa di diverso in lui ma che non gli fosse del tutto sconosciuto: qualcosa che lo portò a pretendere ogni singolo tratto delle sue labbra e a desiderare la sua lingua in un modo che Rin seppe definire soltanto qualche momento più tardi come disperatamente ossessivo e che lo indusse ad un movimento impercettibile delle sue possenti spalle che lei non aveva mai sentito prima da lui.

Sentì la sua mano che fino a quel momento l'aveva circondata passare lentamente sulla sua schiena fino ad occuparla quasi del tutto e attirarla a sé, imprimendo una forza che stavolta la colse di sorpresa, perché fra le nubi del dolce stordimento che il suo bacio le aveva procurato Rin si accorse che Sesshomaru stava tremando, e al tempo stesso stava tentando di reprimere i suoi fremiti.

Per la ragazza fu come rivivere uno degli incubi di Jukai, fu come sentire una coltellata in pieno petto e osservare impotente il sangue che ne fuoriusciva.

D'improvviso si sentì tremendamente sciocca per aver pensato tutt'altro, ma la lontananza glielo aveva fatto desiderare così tanto da ignorare completamente i sentimenti del suo compagno in quel momento di angoscia per lui in favore di un approccio amoroso più intimo.

Mai come in quel momento si sentì più debole di quanto già la sua essenza umana le dimostrasse giorno dopo giorno.

Eppure riuscì a spazzare via quella fragilità in un batter d'occhio, come se volesse infondergli quanto più possibile la sua stessa forza.

Probabilmente non ci sarebbe stato niente che lei potesse fare, e l'unica - seppure labile - cosa era quella di aggrapparsi ulteriormente a lui artigliandogli la schiena diventata in qualche modo tremendamente calda, rendendosi conto che con il passare del tempo Sesshomaru sembrò rilassarsi un poco. Lasciò che inspirasse il suo odore personale, accostando il viso sulla spalla di lui in un abbraccio più intimo e profondo, ricordando con una nota di tenerezza - e un pizzico di imbarazzo, a dire il vero - che fino a pochissimo tempo prima non aveva fatto altro che dimostrare rabbia e tensione.

Il suo naso si insinuò ancora fra i suoi capelli fino ad arrivare al suo collo, e Rin avvertì un brivido salirle lungo la schiena e quel languore ormai familiare farsi sempre più intenso.

Si irrigidì di colpo, dandosi nuovamente della stupida per aver ceduto nuovamente al suo desiderio ancora acerbo, ma stavolta non ci fu tempo per perdersi nei propri pensieri.

Si accorse con sorpresa che il suo corpo diventava sempre più caldo, esattamente come quello di Sesshomaru fino a pochi istanti prima, ma la giovane non dovette attendere molto prima di udire il demone soffiare piano nel suo orecchio con un ringhio malcelato fra le pieghe della sua voce profonda.

“Perdonami” disse soltanto.

Il demone allentò la presa su di lei e Rin finalmente poté vederlo in volto. Quel che vide non riuscì in alcun modo a spaventarla, piuttosto le diede motivo di ripescare fra i ricordi le sembianze demoniache di Sesshomaru trovandovi un sentimento di fascinazione che non credeva né pensava di riprovare. Perlomeno, non in quel momento.

La sua espressione, oltre i suoi segni demoniaci deformati, i canini aguzzi e le sclere dei suoi occhi fiammanti come braci ardenti, aveva con sé un connubio di rabbia e paura che aveva già conosciuto un corso e che ora si stava piano piano attenuando. Rin gli sorrise appena, prendendogli il volto fra le mani con esitazione mentre si rendeva conto che la sofferenza di Sesshomaru non gli apparteneva in prima persona, ma era grande tanto quanto la sua.

Incrociando gli occhi con i suoi, Sesshomaru riacquistò il suo usuale aspetto per poi prenderle entrambe le mani per scostarle delicatamente da sé.

“Perdonami” ripeté, questa volta con una cadenza rammaricata.

“Cosa c'è?”

“Nulla, Rin.”

“Non credo che non sia stato niente!”rimbrottò lei, sentendosi in qualche modo offesa. Si erse da quell'abbraccio liberandosi fino a rimanere in ginocchio, racchiusa fra le gambe incrociate di Sesshomaru. “Io dovrei confidarmi e tu dovresti tenere tutto dentro? Pensi che mi stia bene? E non guardarmi in quel modo...”

Voltò il capo ed incrociò le braccia, sottolineando così il suo disappunto.

Il demone la stava osservando con sorpresa e curiosità ma dopo qualche istante, sbirciando con lo sguardo, Rin lo vide distendere i lineamenti in una parvenza di sorriso che le fece abbassare la guardia.

“Mi è tornato alla mente l'odore di Noroi” rivelò lui infine, “e mi sono lasciato andare alla collera.”

Al suono di quel nome, l'attenzione della ragazza prese repentinamente forma. Si sedette con calma sulle proprie gambe - come le aveva insegnato Kaede - sperando che dalle labbra di Sesshomaru uscisse qualsiasi informazione utile al riguardo.

Di Noroi sapeva soltanto ciò che Totosai e Myoga avevano già raccontato al villaggio di Musashi e del potere che aveva modo di sperimentare ogni maledetta volta che le sue illusioni la ferivano con la loro spietata brutalità. Ma più di ogni altra cosa, Rin voleva sapere come trovarlo ed infine eliminarlo utilizzando i poteri demoniaci del fiore, esattamente come aveva detto la madre di Sesshomaru.

Rimase lì in attesa, osservando il demone alzare una gamba per poi poggiarne il braccio sulla sommità del ginocchio. Quei movimenti così informali le diedero motivo di credere che avrebbe lasciato alle spalle la sua ritrosia per aprirsi a lei e confessarle i suoi timori e le sue speranze, ma le diedero anche l'occasione di posare ancora una volta lo sguardo sulle due spade che Sesshomaru aveva al fianco, soffermandosi su quella che l'aveva accompagnata spesso in quegli ultimi anni nei suoi viaggi con Kohaku.

Ma certo... Tenseiga!

“A palazzo Kohaku disse di voler tentare di usare Tenseiga per aprirsi un varco per Jukai” esclamò la ragazza.

“Cosa vuoi dire?”

“Che ora con il fiore posso farlo io!”

“No.”

Rin avvertì una tensione potente intercorrere in quella semplice parola, ma non si lasciò intimorire. Anzi, il divieto ferreo di Sesshomaru la spronò a liberare tutto d'un fiato le sue intenzioni, così da poter avere carta bianca su ciò che doveva fare, soprattutto per non farlo alle spalle di Sesshomaru. Anche perché le sarebbe stato impossibile sottrargliela.

“Voglio usare Tenseiga di nuovo!” tuonò, con la sua voce di ragazzina nonostante fosse entrata nell'età adulta già da qualche tempo.

“Non se ne parla, Rin.”

“Tua madre non ha detto che è impossibile!” ribatté ancora la giovane, afferrandogli il bordo della corazza.

“Quella femmina...” sibilò lui rabbioso, volgendo lo sguardo dorato altrove.

“Pensaci. Se entrerò deliberatamente in quella foresta potrò cercare Noroi, e se dovessi trovare anche Totsuka potrai aiutarmi anche tu. ”

Rin decise di giocarsi quella pedina per convincerlo a cederle Tenseiga. Dopotutto se pensava di aiutarla, Sesshomaru non sarebbe riuscito ad entrare nella foresta utilizzando la pietra Meido, tanto meno poteva impugnare Tenseiga dal momento che la spada taumaturgica sembrava rifiutarlo. Per lui, l'unico accesso poteva essere solo la spada Totsuka.

E poi, come poteva dimenticare le parole di Totosai sul fatto che Tenseiga non volesse essere estratta da lei non dando alcun segnale, per tentare di proteggerla? Questo non aveva fatto altro che instillarle un sentimento di amore nei confronti di quella katana decisamente più forte di quello che già la ragazza provava.

“Stai cercando di ingannarmi, Rin?” la rimproverò lui, probabilmente conscio di quell'impercettibile sussulto che lei aveva provato nel momento in cui l'idea di persuaderlo si era fatta strada nella sua mente. “Tu dici queste parole, ma conosco i tuoi sentimenti.”

Nonostante quella risposta Rin non si sentì affatto lusingata - probabilmente come Sesshomaru pensava. Piuttosto, quello che stava provando fu un senso di sconfitta difficile da digerire.

Sesshomaru sapeva che lei mai e poi mai avrebbe voluto metterlo in una situazione pericolosa, e non soltanto perché glielo aveva confessato al Palazzo. Se coinvolgere Kohaku e gli altri era completamente al di fuori delle sue intenzioni, Sesshomaru doveva aver pensato - e non a torto - che lui faceva parte di quella cerchia di persone che lei voleva proteggere.

“Finiresti vittima delle sue illusioni ancora una volta e andresti incontro alla morte prima che si possa fare qualcosa per salvarti” proseguì il demone, ancora accigliato.

Se ci fosse stato anche un solo modo per convincerlo a lasciarle la strada spianata, non le sarebbe importato granché se questo lo avesse fatto infuriare con lei oppure no.

“Non c'è niente che tu possa fare per fermarmi. Non lo hai capito con le buone, ora tentiamo con le cattive!”

Sesshomaru prese ad osservarla con stupore ancora venato di disappunto. Sicuramente non era stato facile per lui caricarsi del peso dei suoi problemi ed era altrettanto certa che con la testardaggine della sua compagna la sua ansia non faceva che peggiorare.

Ma Rin non poteva permettergli di rovinarsi l'esistenza.

Sperando ardentemente che Sesshomaru non si opponesse a ciò che lei stava per fare, Rin allungò il braccio per poter prendere Tenseiga al suo fianco, accanto a Bakusaiga. Lui però le afferrò il polso prima che potesse anche soltanto sfiorarne l'elsa, premendolo quel che bastava per non farle male.

Rin si vide costretta a fermare la mano ma questa rimase lì, ferma e tesa verso Tenseiga come se aspettasse il momento adatto per prenderla. Forzò per un attimo il braccio in avanti, ma perse l'equilibrio e prima di cadere si appoggiò a terra con la mano libera. Nonostante la caduta rovinosa non desistette dal suo intento. Strattonò il braccio nel tentativo di liberarsi e sebbene fosse sul punto di riuscirci Sesshomaru non si diede per vinto. Il suo sguardo si indurì in un modo che Rin non gli aveva mai visto fare nei suoi confronti e la sua figura maestosa sembrò rimarcare con beffarda ironia la sostanziale differenza con la sua stazza, più piccola e decisamente al di fuori di ogni paragone possibile.

Sesshomaru poteva sollevarla da terra utilizzando soltanto un misero granello della sua forza ma contro ogni ragionevolezza lei si sentì più forte di qualsiasi altra cosa.

“Credi di farmi paura? Anche Noroi pensa di potermene fare” sbottò lei sull'orlo dell'esasperazione. Scosse ancora il braccio per sottrarsi dalle dita affusolate di Sesshomaru, stavolta con successo. “Ho visto molto nella mia vita perciò queste illusioni non mi spaventano.”

“Non ti spaventano?! Emani odore di terrore quando ne cadi vittima, oltre all'aura demoniaca di Jukai.”

Era terrorizzata quando aveva quegli incubi, tanto più che erano così reali da lasciarle i segni sia nel corpo che nella mente - come poter dargli torto? - ma c'erano momenti in cui sentiva di potercela fare, di essere in grado di sfidare chiunque - umano o demone che fosse - e di ribaltare completamente un destino segnato dalla sua stessa natura.

Sentirsi forte non era mai stata una sensazione dettata dalla presenza di persone influenti intorno a lei. Essere sotto la tutela di una sacerdotessa potente e stimata come Kaede le conferiva un'aura di intoccabilità e riverenza, ma di certo non era di aiuto nei momenti in cui qualche abitante del villaggio le manifestava la propria avversione.

Anche se talvolta Rin si sentiva presa dallo sconforto, sicuramente non ricordava di aver versato mai una lacrima per queste sciocchezze - piuttosto lo aveva fatto a causa della distanza che la separava da Sesshomaru.

Come poteva essere altrimenti? Nella sua vita aveva passato esperienze di gran lunga peggiori - cose che gli abitanti di Musashi neanche immaginavano - quindi non c'era motivazione che tenesse di fronte alla morte violenta della sua famiglia, di un intero villaggio - quello originario, di cui non ricordava il nome - divorato dai lupi e dell'oblio della morte provato sulla propria pelle.

Alla fine diceva sempre a se stessa che quelle provocazioni erano fatte da persone che in fondo non aveva nient'altro da fare che importunarla scioccamente, che quella era una forma di debolezza che possedevano in molti mentre lei, nonostante fosse partecipe di quella stessa debolezza in quanto umana, aveva una potenza che forse aveva poco a che fare con quella fisica ma che l'avrebbe salvata da Noroi - l'ennesimo triste individuo che non aveva di meglio da fare che volere spade che non gli appartenevano e condannando gli esseri umani e i mezzodemoni ad una maledizione così infausta.

“Non adesso, immagino!” affermò, guardando il compagno con gli occhi che trasudavano di determinazione. Ci doveva essere anche una forte componente di rabbia ad alimentare quella grinta, ma per quanto le bruciasse dentro non voleva di certo dare a Sesshomaru l'impressione di provare nei suoi confronti la stessa collera che provava per Noroi.

“No” appurò lui, la voce completamente in tensione a dispetto delle labbra distese in una espressione pensierosa “ma non è questo il punto.”

“Il punto è che devo fare qualcosa e... usare di nuovo Tenseiga mi sembra l'unico passo avanti che si possa fare.”

“Sei proprio testarda!”

Se in un primo momento Rin rimase perplessa da quella considerazione, solo successivamente si accorse che era stato il suo tono - non le sue parole - a lasciarla interdetta.

La cadenza vocale di Sesshomaru aveva nuovamente assunto una parvenza animalesca - come un profondo latrato - ma ciò che spaventò la ragazza furono gli occhi tremendamente smarriti del demone e il tentativo brusco di allontanarla da sé. Nello stesso istante in cui Rin cadde a terra, Higan Bana si avvolse di una luce cremisi che sembrava palpitare come un cuore caldo e inconsistente sul suo petto. La ragazza si alzò immediatamente a sedere, riprendendo il fiore dal kimono e ammirandolo estasiata.

Il fascino di quella luce ora non solo le diede la sensazione di essere vigile, ma le offrì in dono anche un odore concentrato e ben definito, che sicuramente non apparteneva al fiore. Era denso, forte, seducente, austero eppure selvatico; simile a quello di Sesshomaru - pensò con una punta di vergogna - ma più antico e remoto, soprattutto sconosciuto.

E colmo di rabbia.

“Rin!”

Si voltò completamente confusa in direzione da cui proveniva la voce di Sesshomaru, notando appena che nel frattempo Kyo, Jaken e Kohaku erano accorsi da loro, probabilmente attirati dalla luce rossastra del fiore.

“Che succede?” urlò Kohaku. Fece per avvicinarsi insieme a Kyo e Jaken, ma Sesshomaru fu più lesto. Piombò all'improvviso su di lei, strappandole di mano il fiore che di colpo perse la sua brillantezza.

“Che stai facendo?” domandò la ragazza stizzita da quel gesto. Cercò di recuperare Higan Bana con la stessa velocità con cui udì un rumore sordo provenire dalle sue stesse orecchie, mentre Sesshomaru accennava a qualcosa riguardo a Noroi che Rin non riuscì ad afferrare finché il demone cane non lo gridò con rabbia e disgusto.

“Sento l'odore di Noroi provenire da questo fiore!”

“Quindi è questo l'odore di Noroi?”

La domanda di Rin suscitò immediatamente una strana occhiata da parte di Sesshomaru, come se gli avesse detto qualcosa che andasse oltre la sua comprensione. Fu nel preciso momento in cui le sopracciglia del demone cane si aggrottarono fissandola con una luce di consapevolezza che sembrava mal sopportare che Rin comprese l'anomalia di cui si era resa inconsapevolmente protagonista.

Ma certo!

Lei era una giovane donna umana.

Da quando era in grado di sentire un odore in modo così intenso da una fonte così insolita, arrivando perfino ad annusare l'odore di uno stato d'animo? E cos'era quel rumore lontano e ovattato che sembrava un colpo di tamburo?

“Sei in grado” riprese Sesshomaru, abbassando lievemente il capo “di percepire gli odori?!”

Rin si riscosse da quello stato ipnotico, gettando lo sguardo nuovamente sul fiore. Ora la sua luce si stava pian piano affievolendo, mentre Rin sentiva l'odore di odio di Noroi sempre più tenue e lontano.

“Io... io non lo so” bofonchiò ancora assorta. “Sembra di sì.”









NDA

Maaaa.... quando è stato l'ultimo aggiornamento? Credo questa estate, oh.

Comunque mi sono attenuta alle tempistiche che mi sono imposta sulla paginetta fb e ho anche pubblicato prima di mercoledì. Traguardone! xD

Però dai, alla fine ho messo un colpo di scena che però tanto colpo di scena non era, dal momento che già Inukimi aveva detto qualcosa al riguardo.

E niente, spero di rifarmi viva. Spero.







   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: xingchan