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Autore: Vriterens    07/01/2020    0 recensioni
I suoi occhi si posarono su quello che da lontano intravedeva come un banchetto, una bancarella forse, la cui insegna riportava a caratteri cubitali: TORTELLINI. Ma a gelarle il sangue fu vedere chi fosse il venditore: un polipo dai tentacoli azzurri.
«Aspetta, mi stai dicendo che...»
Quello di Emilia fu un sussurro appena percettibile. «Siamo letteralmente nella Valle Spaziale».
Fandom: Space Valley
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo II

Merda


 





«E voi chi cazzo siete?»
Merda.
Un brivido percorse la schiena di Emilia. Con un sussulto si girò verso l’amica e ne incrociò lo sguardo. Nei suoi occhi era riflesso il suo stesso terrore. No, stupore. Perché entrambe avevano riconosciuto quella voce. Dario.
Si voltarono lentamente e videro che la loro paura si era concretizzata, in piedi, dall’altra parte della cabina.
Dario era lì, imponente, con le sopracciglia arcuate e uno sguardo minaccioso.
«Vi ripeto la domanda, perché forse non avete capito». La voce profonda sembrò far scendere il gelo nella stanza. «Chi cazzo siete?»
Doppiamente merda.
«Noi…» provò a dire la mora, ma le parole le morirono in gola. Dove caspita si erano cacciate?
Angelica, che fino a quel momento era rimasta immobile vicino all’amica, scattò come una molla. «Dario, non ci posso credere, sei veramente tu? Non avrei mai pensato di poterti incontrare in una situazione tanto bizzarra» esclamò con una risatina, facendo qualche passo verso il suo interlocutore. «Ma alla fine qual è il problema? Meglio così che niente. Devo dire che questo set è davvero incredibile, anche se avrei preferito vedere la vera Valle Spa…»
«Come cazzo fai a sapere il mio nome?». Questa volta la sua voce si era alzata di un tono e, nel parlare, il ragazzo aveva sollevato un braccio. Emilia notò solo in quel momento che, nella mano, Dario stringeva saldamente una pistola e che il bersaglio che stava puntando erano proprio loro.
Merda alla seconda.
Angelica, che al contrario non sembrava turbata da quel particolare, fece un altro passo in avanti. «Ma come, Dario? Vi seguiamo, abbiamo visto tutti i vostri video. E poi, adoro i tuoi podcast, sono sempre così…»
«Se provi a fare un altro passo ti sparo».
Angelica scoppiò in una risata cristallina. «Cos’è, un gioco di ruolo? Scommetto che anche gli altri si saranno maschera… AAAAH!»
Mentre la ragazza parlava, Dario aveva puntato la pistola verso un barile di metallo e premuto il grilletto, sparando un raggio laser che aveva distrutto l’oggetto.
«Ci credi ora?»
Angelica arretrò e iniziò a balbettare: «Dario, ca-calmati…»
«Smettila di chiamarmi così» sputò il ragazzo.
«Tranquillo, noi… noi… non vogliamo… siamo qui solo per sbaglio…»
Emila raggiunse l’amica e, abbracciandola, la portò dietro di sé, come a volerla proteggere. Tutto ciò che le circondava non aveva senso. Non aveva senso quella specie di astronave, probabilmente il nuovo set del canale, ma troppo grande e troppo ricco di dettagli per essere stato costruito dai sei ragazzi. Non aveva senso quello che avevano visto fuori in lontananza. Un polipo dai tentacoli azzurri. Ma siamo seri? Non aveva senso il comportamento di Dario che, sì era solito recitare la parte del pazzo, ma fino a quel punto? Non aveva senso la pistola. Né il laser. Né niente.
Non aveva senso niente. Niente.
Il giovane davanti a loro non smetteva di puntare l’arma. «Ve lo chiedo per l’ultima volta, perché la mia pazienza ha un limite. Chi cazzo siete?»
Proprio in quel momento, alle spalle del ragazzo, apparve una seconda figura, che entrò allarmata nella cabina e urlò: «Per tutti gli gerpolchi fulminati, cosa diavolo è successo?»
I capelli biondi, che la luce separava in ciocche dorate. La barba ramata che circondava il viso. Gli occhi così chiari che sembravano di ghiaccio. Tonno.
«Ho scovato degli intrusi, Tounwe. E sto cercando di capire perché sono qui».
Tounwe?
«Chi hai trovato?»
«Queste due».
Il nuovo arrivato si girò preoccupato verso il punto che la mano del compagno gli stava indicando, ma quando scorse le ragazze tirò un sospiro di sollievo.
«Tutto qui?» rise.
«Ti sembra poco?»
«Sinceramente mi aspettavo qualcosa di molto più preoccupante».
«Sono entrate senza che nessuno se ne accorgesse».
«Ma mi sembra eccessivo sparare contro di loro. Ti hanno attaccato?»
«No».
«E allora…»
«Cosa vorresti dire?»
«Daarikton, non credo sia questo il modo giusto di comportarsi» sbuffò il nuovo arrivato, voltandosi verso le due amiche. «Fra l’altro sono anche due belle ragazze. Non farmi fare brutta figura».
Daarikton?
«Sei serio?». Per un attimo l’incredulità ovattò lo sguardo infuocato. Ma durò poco. «Pensi sempre solo a quello. Potrebbero essere delle spie, non mi fido».
Dove diavolo si erano cacciate?
«E poi quella…»
«Ma dai! Sei sempre così drastico» lo interruppe il compagno.
Daarikton gli lanciò uno sguardo truce. «Lasciamo perdere» mormorò tra i denti. «Chiama gli altri e vediamo loro cosa ne pensano».
Tounwe si avvicinò due dita all’orecchio destro e disse: «Regaz, siamo nella cabina di pilotaggio. Venite tutti qui». Poi rimase fermo, con il braccio abbassato, sorridendo come un ebete alle due amiche.
I secondi seguenti, che passarono prima dell’arrivo degli altri, a Emilia parvero interminabili. Si era creata nella camera un’aria pesante di incomunicabilità, nessuno sembrava voler prendere la parola per primo. Nessuno accennava un gesto, una smorfia che facesse presagire un conseguente dialogo. Non volava una mosca. E nonostante questo la pistola di Daarikton restava ancora a mezz’aria, ovvero non considerevolmente puntata sul pavimento.
Uno sciame di voci indistinte annunciò l’ingresso del gruppo. Il primo a entrare nella cabina fu Nelson - perché era Nelson, vero?-, seguito dai restanti tre, e senza neanche guardarsi intorno si rivolse a Touwne con aria scocciata: «Spero sia una cosa di vitale importanza, perché hai decisamente scelto un brutto momento».
«Scommetto che stavi mangiando, eh vez?» rise l’altro sotto i baffi.
Nelson lo fulminò con lo sguardo. «Sbrigati o me ne vado».
«Va bene, vez. Daarikton ha trovato delle intruse» annunciò. «Anche se a me sinceramente non dispiacciono molto».
Le due ragazze sentirono sei paia di occhi posarsi su di loro e le loro guance si tinsero di rosso.
«Vuoi dire che sono entrate eludendo la sicurezza?»
«Sì, ma guardale. Sembrano solo due persone che si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Io non mi preoccuperei più di tanto».
«Potrebbero essere pericolose…» borbottò Nelson.
«Andiamo! Sembrano piuttosto innocue».
«Sono entrate di nascosto, mi sembra sufficiente» sentenziò il più alto con ancora la pistola in mano.
Touwne alzò gli occhi al cielo. «Sono armate?».
«Non mi pare».
«Hanno preso o rotto qualcosa?»
«Non ho controllato, ma non credo».
«Stavano cercando di impossessarsi della nostra nave?»
«Io non…»
«Ti sembrano due figure losche?»
«Veramente…»
«Hanno qualcosa che le identifichi come alleate di Môr-gyllyll?»
«No, ma…»
«E allora qual è il problema?» chiese esasperato quello che sembrava essere Cesare. Perché era Cesare, giusto?
«Quella lì mi ha chiamato Dario».
Merda. Merda. Merda.
Un silenzio inquietante calò nella stanza, e tutti e sei i ragazzi si girarono nuovamente verso le due intruse.
Dove cazzo si erano cacciate?
   
 
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