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Autore: carachiel    07/01/2020    2 recensioni
Quattro anni dopo la fine del WDC, i fantasmi del passato dovrebbero essere ormai ben lontani. Ma per Hart Tenjo, sono ben più vividi che per chiunque altro.
Eppure è disposto ad andare contro tutto, compresa la Sorte beffarda, pur di recuperare quel che resta. E, in un mondo dove i Numeri sono diventati reali, non sarà semplice.
____________
Heartland City era un posto ormai pressochè in rovina. Vista dall’alto essa appariva come spenta, priva delle illuminazioni che un tempo l’avevano resa una vera e propria luminaria, tanto che di notte sembrava esserci ancora la luce del sole.
Ora, beh, ora c’erano solo macerie.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christopher Arclight/ Five, Haruto Tenjo/Hart Tenjo, Misael/Mizaeru, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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10: Tutto, fuorchè una famiglia

 

27 Febbraio, ore 11.40

 

“Hart. Hart! Riprenditi. Non sei concentrato.” 

La voce, leggermente metallica alle sue orecchie, di V lo fece riscuotere dal torpore che gli era calato addosso più velocemente di un macigno dopo l’ultimo colpo inflittogli da Sfera Dyson.
Colpo che l’aveva mandato gambe all’aria contro il terreno, con il naso invaso dall’odore intenso dell’erba bagnata dall’umidità della sera. 
Puntò i gomiti contro il terreno e lentamente si rialzò, guardando il contatore dei suoi LP fermo a 1800.
- Strano, per la violenza dell’impatto avrebbe detto fossero molto meno… - 

Il mostro di Five era ancora in campo, con i pannelli che rilucevano argentei alla stentata luce pomeridiana. Ed era persino equipaggiato con la carta Magia Colpo Big Bang.

Detestava quella Magia. E ciò che odiava di più era che non fossero poi gli attacchi del mostro a far male – aveva distrutto Falena Atlante, che contava 2500 punti di difesa contro i 2800 punti di attacco di Sfera Dyson -, ma i contraccolpi dei suddetti.

“Sono concentrato.” replicò, ma la sua voce risultò malauguratamente molto meno convinta di quanto sembrasse nella sua testa.
“A me non sembra. Siamo al nono turno e tu sei già sul punto di perdere. O di mollare.
“Sai che non ci penso proprio.” 
“Lo spero bene. Se contro di me hai difficoltà, con Mizael che farai? Ti arrenderai?”
“Non….” ringhiò.
“Lo so.” lo mise a tacere con un gesto imperioso “Non ho mai allenato un perdente. Ora continuiamo.”


E quando l’ultimo attacco lo fece crollare a terra, Hart avrebbe giurato di vedere un sorrisetto d’orgoglio increspare le labbra del suo mentore prima di vederlo sparire tra la polvere alzata dall’attacco.
Non appena il Duel Tattoo – una forma sinuosa verde brillante che faceva diventare l’iride sinistra color grigio ferro – fu svanito, si precipitò verso Five.
“Christopher!” esclamò correndogli incontro e trovandolo, con suo disappunto, non solo in piedi, ma dall’espressione persino serena, considerata la sconfitta “Tutto okay?”
L’altro si limitò a guardarlo con uno dei suoi rari sorrisi, per poi carezzargli distrattamente i capelli
“Allora?”
"Sei stato bravo."
Hart incassò il complimento non senza meraviglia, finché non vide il più grande corrugare le sopracciglia, guardando qualcosa sulla sua testa.
"Mh?"
“Stavo pensando che quando ti ho conosciuto avevi quegli aggeggi rossi tra i capelli… Che cos’erano?”
“Dispositivi impiantati chirurgicamente per aiutarmi a tenere sotto controllo i poteri Bariani. Faker me li fece togliere qualche anno fa.” mormorò con noncuranza scostando i capelli per mostrare tre sottili cicatrici sulla cute.
A quelle parole Five strinse le labbra in una linea sottile, per poi domandare “Ma perché..?” 
“Perché li ho ancora tra i capelli?” armeggiò per un istante con una ciocca per staccarne uno “E’ una molletta. Me le regalò mio pad- Faker. Suppongo per non dimenticare.”
“Ma perché farti un regalo così… pesante?” 
“Non è mai stato tipo da ricordare cose piacevoli.” fece una smorfia, per poi stringersi nelle spalle “Fa freddo. Torniamo a casa?”
“Andiamo.” 

Sulla soglia, Mizael li bloccò “Five, due cose: è tornato Three, l’ho lasciato al piano di sopra a sistemare i bagagli e… Hart, posso rubartelo un secondo?”
Il ragazzino annuì, senza percepire realmente la causa del tono concitato del Bariano e ritornò in casa.
Quando fu sicuro che non potesse sentirli Five domandò “Ci sono problemi col nostro piano?” 
“Esatto. E uno ci è appena passato davanti.”
“…Andiamo Mizael, non possiamo continuare a tenerlo all’oscuro, del resto conosci bene quanto me la profezia!”
“Lo so. E sai anche che lui è l’unico che potrebbe mettere fine a questo problema!”
“Ipotizzando che la tua ipotesi sia corretta…”
“Deve esserlo! Dannazione, i rapporti dagli altri Imperatori non sarebbero certo così scoraggianti se non fosse vero!” esclamò Mizael torcendosi nervosamente una ciocca bionda
“Lo sai che finché il ponte non è pronto possiamo fare poco! E inoltre non abbiamo il catalizzatore, senza quello non andiamo da nessuna parte.”
“Lo so, fidati. Ma quello che so è che il mio antenato non si sbagliava.”
“Ma chi dice che magari non sia arrivato alla generazione giusta?” domandò ansiosamente Five mentre guardava con un barlume di speranza verso la finestra della camera di Hart.
Il Bariano gli mise una mano sulla spalla per poi continuare “So quanto vorresti che non fosse lui. Ma è improbabile che non sia lui il soggetto, ci sono troppi indizi a suo carico.”
“A suo carico, appunto! Mizael, non so se te ne rendi conto, ma stiamo parlando di un ragazzino di nemmeno sedici anni che in questa storia ci ha già rimesso un fratello!” replicò l’albino
“Lo so, ma…”
“Lascia stare… Questa situazione non è facile per nessuno.” concluse per poi rientrare in casa.

Intanto Hart era salito e, salutato con un cenno distratto Three – non l’aveva mai conosciuto abbastanza da instaurarci un rapporto che andasse oltre la semplice cordialità – si era chiuso in camera a pensare.
Erano mesi che non riusciva a pensare lucidamente allo scorrere degli eventi e la notte, al prezzo di incubi, non gli offriva alcun sollievo dalla percezione che gli stesse sfuggendo tutto di mano.
“E’ un quadro complesso.” era stata la risposta più esauriente che era riuscito a strappare da Mizael, che d’altro canto pareva più disposto di Five a rispondere ai suoi dubbi.
Avrebbe voluto replicare che lui era vissuto per i quadri complessi.
Erano idee più definite che definitive.
E provvisoria era stata tutta la sua vita, per almeno dieci anni.

A conti fatti, non sapeva quale fosse il ruolo di Kite in tutto ciò. Gli sembrava, ogni giorno, che suo fratello, in quella gigantesca partita a scacchi che era la sua vita, fosse solo un pedone ribelle, uscito dalla scacchiera.
Forse, mangiato.

“Padrone?” la voce robotica di Orbital si introdusse nella stanza, strappandolo ai suoi pensieri.
“Orbital…”
“Cosa succede, padrone?” 
Hart a quella domanda ridacchiò leggermente, sistemandosi sul letto. Il robottino sapeva che era una domanda proibita.
“Orbital, secondo te cosa c’entra Kite con tutto questo?”
“Non credo di poter rispondere… Non vorrei…” balbettò
“Provaci comunque. Quello che ti viene.”

Il robottino sembrò rifletterci a lungo, mentre le sue antenne roteavano, analizzando i dati. Dopo un po’ i led dei suoi occhi lampeggiarono, segno che doveva aver trovato una risposta.
“Se vuole saperlo, padrone, credo che dovrebbe partire dall’ultima persona che padron Kite ha visto.”
Hart fece un salto. Ma certo, come aveva fatto a non pensarci!
Ringraziò Orbital con una pacca sulla piccola testa triangolare e corse alla scrivania dove teneva tutti i documenti trovati sulla scomparsa del fratello, sperando di trovarvi ciò che sperava.
Tuttavia, prima che si tuffasse di nuovo nei faldoni, Orbital lo fermò “Padrone, non serve.”
“Perché, sai chi è?” 
“No, ecco… Ma so che nei documenti che avete non c’è qualcosa che vi aiuti a determinare gli ultimi movimenti di padron Kite.”
“Ecco, questo non volevo saperlo!” esclamò tirando un pugno alla testa del robot che, sfortunatamente, schivò. 
“Non avete pensato a chiedere a… vostro padre?” trillò timidamente
“Sì.”
No, Hart non ci aveva pensato per il semplice motivo che più quell’uomo restava fuori dai suoi pensieri, meglio si sentiva.
“E allora?”
“Allora niente, Orbital! Quell’uomo non sa niente!” scattò, snervato.
“Perdonatemi padrone, ma… ne siete proprio sicuro?”

Stava per ridurre quel robot fastidioso a marmellata di bulloni, ma si fermò.
Quelle parole, per quanto sgradite, gli avevano messo la pulce nell’orecchio.
Suo padre forse sapeva davvero qualcosa.
Sospirò, seccato. Alla fine, una visita a Faker non sembrava poi una così terribile idea.
Nonostante gli pesasse il concetto – rivedere qualcuno che hai odiato e che ha abusato della tua fiducia con l’unica scusante di un fine più grande non suona promettente, non è vero? – doveva ammettere che non voleva compromessi. E suo padre era la persona giusta da cui evitarli.

   
 
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