Tripletta di danni
settembre
1979
Quando Glenda e
Aeron, dopo aver radunato i quattro figli nel salotto di casa, annunciarono che
all’inizio dell’anno successivo la famiglia avrebbe avuto un altro componente,
Owen, il maggiore dei fratelli Jones, emise un rantolo d’orrore, portandosi le
mani alla bocca e mugugnando sconvolto qualcosa che pareva “no! Non un
altro, basta!”, occhieggiando disperato Rhys e Gwenog, i fratellini di sei
e quattro anni, due vere e proprie pesti, che in quel momento stavano osservando
perplessi i genitori.
Avendo i coniugi
Jones, tra il 1969 e il 1975, sfornato un bambino ogni due anni con estrema
regolarità, Owen credeva e soprattutto sperava che, dopo quattro anni di calma,
i fratellini in arrivo fossero finalmente finiti.
Hestia al suo fianco
ridacchiò, alzandosi poi per andare ad abbracciare, con molta delicatezza, la
madre «Spero sia un’altra sorellina» disse tutta contenta, facendo annuire la
madre mentre la piccola Gwenog, seduta sulla poltrona, incrociò le braccia
infastidita «Ma io volevo un pappagallo, non un bambino…ho già le bambole, non
mi serve!»
Aeron prese in
braccio la figlia minore «Guarda che avere una sorella o un fratello minori è
divertente…dico bene ragazzi?» chiese, rivolgendosi principalmente ad Hestia,
che annuì con convinzione, e ad Owen, che invece borbottò qualcosa non troppo
convinto, guadagnandosi un pizzicotto dalla morettina «Ahio! Non dicevo mica
per te, Hestia» sbottò arrabbiato il ragazzino «Il problema non sei tu»
mormorò poi con aria così affranta che i genitori non ebbero cuore di rimproverarlo.
«Io non voglio
comunque il fratellino» ribadì il concetto Gwen, facendo alzare gli occhi al
cielo a Glenda ed Aeron.
Pontwelly,
Galles, inizio marzo 1980
Hestia, con i
capelli neri stretti in una coda spettinata, fece segno alla sorellina che
teneva per mano di fare silenzio, aprendo poi piano la porta ed entrando in
punta di piedi nella camera dei genitori.
Le sorelle Jones
si avvicinarono di soppiatto alla culla bianca posta alla destra del letto
matrimoniale, Hestia con aria piuttosto eccitata, mentre Gwenog, aggrappata
alla sua mano, aveva gli occhi assottigliati e un’espressione imbronciata; le
due poi si sporsero leggermente per osservare il fagottino che sonnecchiava,
muovendosi di tanto in tanto.
Gli occhi scuri di
Hestia osservarono con affetto la piccola Megan mentre le sistemava meglio la
copertina di lana addosso «Ma è come una bambola brutta» borbottò Gwenog,
guardando poco convinta la sorellina neonata.
Tutto quel
putiferio, la casa invasa da parenti, le mille congratulazioni, i regali che
riempivano il salotto e l’essersi addirittura dimenticati di andarla a prendere
all’asilo babbano di Pontwelly solo per quell’affarino che assomigliava ad un
dattero rosa?
«Ma cosa dici,
guarda com’è carina?» Hestia fece un gran sorriso alla sorella più piccola
mentre Gwenog, guardando con gelosia la maggiore, incrociava le braccia «E’
brutta invece» Hestia sbuffò, avvicinando poi Gwenog alla culla e sollevandola
leggermente, in modo da darle una miglior visuale sul bebè «Guarda meglio…non
vedi com’è bellina?» le chiese accondiscendente «Ha il viso tondo come il tuo…prova
ad accarezzarle dolcemente la guancia, sentirai come è soffice…sembra una pesca»
Gwenog storse il naso poco convinta, arrischiandosi a sfiorare la guanciotta
della bambina con un dito.
Evidentemente, i
tentativi di Hestia di far conoscere meglio le sorelline, non convinsero
nemmeno la piccola Megan che, al solo tocco di Gwenog sulla sua guancia, spalancò
gli occhi e, dopo aver guardato quasi con orrore la sorella, che nel frattempo
aveva ritratto la mano spaventata, cominciò ad urlare a pieni polmoni.
Hestia si affrettò
a trascinare Gwenog fuori dalla stanza, prima che la mamma le beccasse e le
incolpasse di aver infastidito la più piccola di casa Jones in uno dei suoi rari
momenti di tranquillità «Gwen ti avevo detto di accarezzarla con delicatezza»
sibilò Hestia, guardando, attraverso la serratura della porta della loro camera,
dove si erano nascoste per evitare di essere colte in flagrante e sgridate, sua
madre e sua nonna correre in fretta verso la stanza matrimoniale.
Gwenog incrociò le
braccia, guardando profondamente offesa la sorella «Io non le ho fatto male!»
protestò «E’ lei che è cattiva!»
Hestia alzò gli
occhi al cielo, scuotendo leggermente la testa: di certo le sorelline non
avevano avuto il primo approccio dolce e amorevole che si era augurata.
estate
1981
Gwenog, seduta
sulla panca di legno con il broncio, osservò infastidita nonno Bran allacciare
Megan sul seggiolino che aveva montato sulla sua vecchia scopa «Ma perché porti
lei che è piccola?» si lagnò incrociando le braccia «Voglio farlo io il giro
con te»
Bran Ifans sorrise
accondiscendete alla bambina «Tra meno di mezz’ora ti porterò a fare un giro e
arriveremo fino a Newport, va bene?» le propose, aggiustando meglio il
minuscolo caschetto magenta e azzurro dei Caerphilly Catapults, la sua vecchia
squadra, sulla testa della piccola Megan, che batté le manine eccitata «Ma
adesso devo necessariamente volare con Megan: ha già un anno e quasi tre mesi
e, come ogni Ifans-Jones che si rispetti, deve fare il suo primo volo ufficiale»
«Ma hai già fatto
volare Megan» protestò Gwenog «A dicembre, quel giorno che c’era tanto solo,
avete fatto un giro»
Bran guardò
leggermente stupito la bambina «Sì, ma questo è meglio che mamma non lo venga a
sapere» la rimproverò bonariamente «Abbi pazienza solo mezz’oretta, Gwen, e dopo
sarò a tua disposizione per tutto il pomeriggio, d’accordo?»
Gwenog borbottò
qualcosa di incomprensibile, scendendo dalla panca con un balzo e puntando il
dito contro il nonno «Va bene, ma solo mezz’ora» si raccomandò con aria severa «Ho
imparato a leggere le ore, per cui controllerò» detto ciò si girò con aria
altera, e, con le treccine castane che le rimbalzavano sulla schiena, si avviò
risoluta verso casa, alla ricerca di un orologio su cui cronometrare il nonno e
la sorellina.
L’uomo rise,
guardando poi con un gran sorriso Megan «Che ne dici, principessa?» le chiese,
sistemandosi meglio sulla sua vecchia Comet «Siamo pronti?»
«Sì!» strillò la
bambina eccitata, incominciando poi a ridere felice quando si accorse che
stavano guadagnando quota.
binario 9
e ¾, primo settembre
1983
La piccola Megan,
di tre anni e mezzo, strinse forte la mano di nonno Bran, tirando su con il
naso e attirando immediatamente l’attenzione di Hestia, con già indosso la sua
divisa di Hogwarts; la maggiore sorrise leggermente, accovacciandosi in modo da
poter osservare la sorellina dritta negli occhi «Tornerò per Natale, va bene
piccoletta?» le disse in tono accondiscendente mentre la bambina si sforzava di
annuire, tirando ancora su con il naso «Ci scambieremo un sacco di disegni e
dirò alla mamma di leggerti le mie lettere» la abbracciò stretta «Mi mancherai
un sacco, piccoletta»
Al che Megan non
ce la fece più e scoppio a piangere, abbracciando a sua volta la sorella «Non
andare via» si lamentò, facendo voltare intenerite molte persone sul binario
mentre Rhys e Gwenog, in piedi vicino ai genitori, sbuffavano e Owen, con la
divisa di corvonero indosso, si guardava in giro imbarazzato «Non voglio stare con
Gwen e Rhys» si lagnò ancora Megan tra le braccia della sorella, facendo ridere
il nonno.
Glenda Jones alzò
gli occhi al cielo, scuotendo il capo mentre osservava le figlie «Sono cattivi»
Hestia, sforzandosi di non ridere, si staccò gentilmente dall’abbraccio di
Megan, dandole un buffetto sulla guancia «Vedrai che il nonno ti difenderà…e Natale
arriverà prestissimo» la rassicurò.
Megan la guardò
con gli occhioni grigi colmi di lacrime «Promesso?»
«Promesso» giurò
Hestia, rialzandosi poi in piedi e dirigendosi elettrizzata verso il treno
mentre Megan, ricominciando a smagonare, si abbarbicava meglio nell’abbraccio
del nonno che l’aveva presa in braccio.
maggio
1985
Megan, con la
faccia contratta in una smorfia arrabbiata, si lanciò all’inseguimento della
sorella maggiore, che le aveva rubato la Nimbus 1990 che era solita usare,
costringendola a salire sulla vecchissima Comet 340, un arnese assimilabile più
ad un trattore che ad una scopa; stringendo con forza le dita attorno allo
spesso manico in legno chiaro, Megan virò verso sinistra tagliando
prepotentemente la curva e diminuendo significativamente il vantaggio che Gwen
aveva su di lei.
Quel giorno le
scuole babbane erano chiuse e, a patto che non si allontanassero troppo, Glenda
aveva dato alle figlie il permesso di andare a volare nei prati che si
estendevano attorno della loro abitazione.
Gwenog, sentendo
il brusio delle Comet sempre più vicino, si voltò, ringhiando quando vide la
sorellina, con la coda che le svolazzava sulla testa, avvicinarsi
prepotentemente, e decise di virare bruscamente verso l’alto, allungandosi
sulla scopa come aveva visto fare a Beryl Cowan nella partita a cui aveva assistito
due domeniche prima.
Megan osservò la
manovra complicata appena eseguita dalla sorella e, decidendo che in fondo fare
un tentativo non sarebbe stato eccessivamente pericoloso, imitò la mossa, lanciandosi
verso l’alto, perpendicolare al terreno.
Dopo qualche metro
però sentì la presa delle piccole mani venire meno e, senza quasi rendersene
conto, mollò la presa dal manico di scopa con uno strillo; scivolò per qualche
spanna, riuscendo all’ultimo ad appendersi alla coda della scopa.
Gwenog,
richiamata, dalle urla, guardò verso il basso, spalancando gli occhi sconvolta
quando vide la sorellina che stava precipitando al suolo; invertì immediatamente
la direzione, gettandosi in picchiata verso il basso, pregando mentalmente che
Megan non si facesse niente.
Se cade,
rimbalza, se cade, rimbalza, se cade, rimbalza, cominciò a pregare mentalmente la
maggiore.
Se cade, rimbalza.
Se cade, rimbalza. Se cade, rimbalza. Se cade, rimbalza.
Megan perse la
presa anche sulla coda e precipitò da circa una decina di metri; poco prima
però che toccasse terra, la bambina sembrò rimbalzare sull’aria, facendo un
paio di balzi per aria per poi atterrare dolcemente sull’erba.
Gwen, non appena
mise piede a terra, lanciò via la scopa, correndo poi verso la sorellina che si
stava rialzando «Megan stai bene?» le chiese fuori di sé dalla preoccupazione,
afferrandola per le spalle e controllando che non ci fossero ferite evidenti.
La più piccola si
divincolò dalla sua presa «Sto bene…ho rimbalzato» borbottò, pulendosi i
pantaloni dall’erba.
Passata la paura,
Gwen la guardò severamente «Non dovevi fare quella mossa, sei ancora troppo
piccola»
«Se sono troppo
piccola per farla allora tu non puoi farla quando gareggiamo» le rispose per le
rime la minore «Sei sleale!» detto ciò la bambina si allontanò a passo di
marcia, riacciuffando la sua scopa e ripartendo, lasciando Gwenog con le
braccia conserte a terra che la osservava, troppo sollevata all’idea che la
sorella non si fosse fatta niente, per arrabbiarsi a causa delle sue lagne.
Pontwelly,
metà settembre 1986
Megan, seduta
sulle scale con il viso tra le mani, sbuffò annoiata, dando un piccolo calcio
alla pluffa, che rotolò giù dalle scale producendo alcuni colpi sordi; suo
padre, attirato da quel rumore, fece capolino dal piccolo studio, guardando l’ultimogenita
leggermente stupito «Va tutto bene, Meg?»
La bambina
brontolò, incrociando poi le braccia «Mi annoio» si lagnò con aria capricciosa «Owen
studia tutto il giorno, Hestia è sempre a Londra, Rhys e Gwenog sono a Hogwarts…io
non ho niente da fare!»
Aeron dovette
trattenersi dal ridere dell’espressione arrabbiata e allo stesso tempo
abbattuta dipinta sul volto dell’ultimogenita «Non dirmi che ti manca Gwen» la
prese leggermente in giro, ridacchiando quando la vide scuotere con veemenza il
capo.
«No che non mi
manca Gwen» ribattè quasi offesa Megan, guardando il padre come se avesse
appena detto chissà quale eresia «Gwen non mi manca proprio» continuò con decisione
«Posso benissimo divertirmi anche senza lei in casa!» aggiunse risoluta mentre
suo padre, sforzandosi di non scoppiare a ridere, annuiva profondamente.
La bambina si alzò
in piedi, stirando con gesti decisi delle mani le piccole pieghe che si erano formate
sulla salopette gialla, scendendo a passo di marcia le scale diretta verso il
giardino «Giocherò tutta la mattina a quidditch» declamò, posando la piccola
mano sul pomello della porta, mentre con l’altra rovistava le tasche alla
ricerca di un elastico per capelli «E mi divertirò tantissimo…da sola»
dopo quell’ultima frase pronunciata con una determinazione che su un esserino
così piccolo aveva un che di comico, uscì nel giardino, chiudendosi la porta
alle spalle.
Aeron Jones scosse
la testa ridendo, ripensando alla lettera ricevuta la sera precedente da
Gwenog, sulla quale, nonostante i maldestri tentativi di cancellarlo, si poteva
leggere abbastanza chiaramente dai un abbraccio a Meg.
Le due Jones più
piccole erano uno spettacolo comico.
Hogwarts,
primo settembre 1991
La professoressa
McGranitt osservò il nome successivo scritto sul foglio di pergamena, alzando
poi gli occhi verdi «Jones, Megan» disse a voce alta mentre una bambina abbastanza
alta, con i capelli castani raccolti in una coda molto stretta, si faceva strada
tra i coetanei, sedendosi un filo preoccupata sullo sgabello.
Gwenog, seduta al
tavolo di Tassorosso, osservò con attenzione il cappello venire calato sulla
testa della bambina «Dove credi finirà?» le chiese Valerie, sua amica e
compagna di squadra, allungando il collo per avere una visuale migliore su ciò
che stava accadendo.
Gwen sbuffò «E’ una
piccola vipera, non mi stupirei se finisse a serpeverde» borbottò mentre
Valerie la guardava stupita «Davvero?» la battitrice si strinse le spalle,
distogliendo lo sguardo nel momento esatto in cui il cappello urlava «TASSOROSSO»
lasciandola senza parole.
Gwenog osservò sinceramente
stupita la sorellina avvicinarsi all’estremità del loro tavolo, cominciando a
stringere mai a destra e a manca, sorridendo orgogliosa quando Cedric Diggory, che
Gwenog continuava a ripetere sarebbe stato il miglior cercatore della sua generazione,
la strinse in un abbraccio.
Megan una tassorosso?
Quella peste?!
La minore dei
fratelli Jones, ancora intenta a ricevere le congratulazioni dei nuovi compagni
di casa, incrociò lo sguardo della sorella, lanciandole un’occhiata furba e determinata
che non prometteva nulla di buono.
Gwenog sospirò, riempiendosi
un calice di succo di zucca «Che Tosca mi assista» borbottò facendo scoppiare a
ridere Valerie.
Pontwelly,
settembre 1992
Hestia alzò lo
sguardo da un suo libro di diritto magico, osservando la sorella che leggeva
con un mezzo sorrisino una lettera che le era arrivata poco prima, portata da
un piccolo gufo bruno, che in quel momento si stava pulendo le piume in cima al
loro armadio «Hai il fidanzatino?» le chiese ridacchiando leggermente, facendo
sbuffare Gwenog, che scosse il capo con vigore.
«No, non ho il
fidanzatino» borbottò la nuova recluta delle Harpies, scuotendo il capo e
buttando giù alla veloce una risposta e richiamando il rapace, affinché ripartisse
con la risposta.
Hestia inclinò
leggermente il capo «Allora cos’è che ti ha provocato quell’espressione tanto
felice e beata?» le chiese in tono cantilenante; Gwenog alzò gli occhi al cielo
e aprì la finestra per far uscire il gufo, rimanendo per un po’ ad osservarlo
mentre si allontanava nel cielo reso rosato dal tramonto «Quidditch» borbottò
dopo un po’ come risposta la quartogenita Jones, richiudendo la finestra e
voltandosi a guardare la sorella, che si limitò a scrollare le spalle,
decidendo di accettare come plausibile quella motivazione.
più tardi
quella sera
Riconoscendo la
scrittura di Megan, Hestia si sporse leggermente verso suo nonno Bran, seduto a
fianco a lei al tavolo, per poter leggere quello che la sorella minore
scriveva.
Glenda osservò il
padre ed Hestia infastidita «Sono certa che non sia nulla di così urgente da
non poter essere letto dopo cena» disse, tagliando il suo arrosto con
immotivata veemenza, alzando poi gli occhi al cielo quando vide suo padre
rivolgerle un gesto impaziente della mano.
Passarono pochi
secondi prima che Bran Ifans sbattesse con forza un pugno sul tavolo da pranzo
e Hestia lanciasse un urlo di gioia, facendo sobbalzare Glenda, Aeron, Owen,
Rhys e Gwenog «E andiamo, cinque nipoti giocatori su cinque» tuonò Bran,
abbracciando poi Hestia mentre Glenda gli strappava la lettera di mano.
La donna lesse le
prime righe, spalancando gli occhi «Credevo che Megan non volesse entrare in squadra…»
mormorò passando poi la lettera al marito.
«Oh andiamo, lo
diceva solo per non sentire la pressione» borbottò nonno Bran, gonfiando il
petto orgoglioso «Una Jones-Ifans non può che essere un portento sulla scopa,
ce l’abbiamo nel sangue!»
Rhys e Owen si
alzarono dal tavolo, posizionandosi dietro al padre per poter leggere a loro
volta la lettera mentre Gwenog, che a differenza degli altri non sembrava
assolutamente stupita, prendeva un sorso d’acqua, con un’espressione strana e quasi
divertita in volto. Gli altri non si accorsero dello strano comportamento della
battitrice, ma ad Hestia, che stava diventando ormai esperta nel leggere i
volti delle persone a furia di assistere ad interrogatori, la cosa non sfuggì «Tu
lo sapevi già, vero?» sussurrò nell’orecchio della sorella minore «E’ per
questo che sorridevi oggi pomeriggio»
Gwenog si strinse
le spalle «Ho le mie fonti» commentò vaga.
Pontwelly,
luglio 1993
Dalla cucina
provennero delle urla e si sentì un gran fracasso, come se una sedia si fosse
ribaltata; Hestia, seduta sul letto a ripassare per il test di pozioni che ci
sarebbe stato due giorni dopo all’Accademia, balzò in piedi, affacciandosi alla
porta della camera per capire quale fosse l’origine di quel baccano, scambiandosi
poi un’occhiata esasperata con Owen, che a sua volta era uscito in corridoio.
«Sputa il rospo!»
«Non ho fatto
niente!»
«Sei stata tu!»
«Psicopatica!»
«Vado io a controllare»
borbottò Hestia alzando gli occhi al cielo mentre Owen annuiva, ritirandosi in
fretta in camera, visibilmente lieto che qualcun altro avesse deciso di occuparsi
della faccenda.
Hestia si
catapultò in cucina alla velocità della luce, trovandosi poi davanti alle sorelle,
che si fronteggiavano come fiere pronte ad attaccarsi, in piedi, tutte
spettinate e accaldate, ai lati opposti del tavolo «Ti ho detto di ridarmela»
ringhiò Gwenog, sguainando la bacchetta.
Megan la fulminò
con lo sguardo, prendendo un tagliere di legno posato sulla credenza per parare
gli incantesimi della sorella, dato che lei non poteva fare magie fuori da
Hogwarts «Ti ho detto che non ce l’ho io, razza di mentecatta» le rispose a
tono, schivando abilmente la fattura che la sorella le lanciò.
Gwenog si lanciò
per raggiungerla, ma Megan si fiondò sotto il tavolo, arrivando in scivolata
dalla parte opposta, ben lontana dalla sorella «Invece sono sicura che ce l’hai
tu!» sbraitò Gwenog «Sapevi che mi serve per l’allenamento di stasera e me l’hai
presa!»
«Tu hai il muco di
troll al posto del cervello!»
Prima che Gwenog
potesse lanciarle un altro incantesimo, Hestia, con un sospiro, la disarmò e
lanciò un incarceramus alle due sorelle minori «Ma si può sapere cosa avete da
starnazzare in questo modo?!» esclamò Hestia, sovrastando le proteste delle due
«Non siete in grado di passare due giorni senza rischiare di far saltare in
aria la casa!»
«Non è colpa mia!»
strillò Gwenog, guardando arrabbiata la sorella maggiore «Quella piattola mi ha
rubato la mazza da quidditch fortunata!»
«Io non ho rubato
proprio niente!» sbraitò Megan, cercando di divincolarsi dalle corde che la
bloccavano «Se tu sei rincoglionita e non ricordi dove lasci le cose non è
colpa mia!»
Gli occhi di
Gwenog lampeggiarono «Piccola…»
«Oh adesso basta…silencio!
Silencio!» Hestia si massaggiò le tempie, guardando le sorelle continuare
ad insultarsi ma, per fortuna, dalle loro bocche non usciva più alcun suono;
qualcosa la spinse contro la porta e l’aspirante auror si ritrovò a guardare
infastidita la schiena di suo fratello Rhys, che, rigorosamente vestito solo
con un paio di boxer e con i capelli bagnati probabilmente dopo la doccia, si
trascinò verso il frigorifero, tirandone poi fuori una brocca di succo di
zucca.
Si versò con
assoluta calma un bicchiere colmo e prima di berlo accennò con il mento alle due
sorelle minori, ancora legate come salami, che si divincolavano sul pavimento, insultandosi
silenziosamente «Che hanno stavolta?» chiese, tracannando in pochi sorsi il
succo.
Hestia scosse
leggermente la testa «Stavano per demolire la cucina perché Gwenog accusa Megan
di averle preso la sua mazza fortunata da quidditch e di averla nascosta mentre
Megan nega tutto» ricapitolò mentre Rhys si scrollava le spalle «Ce l’ho io la
mazza di Gwen» tre paia di occhi sbarrati gli si puntarono addosso «Non mi
andava di perdere tempo a cercare la mia e avevo voglia di tirare qualche colpo
ai bolidi così ho preso la prima che mi è capitata in mano» smise di parlare e
guardò le sorelle minori realizzando forse di aver detto troppo senza
riflettere sulle conseguenze: Megan e Gwenog lo stavano fissando con espressioni
livide, la prima perché aveva rischiato senza colpe di prendersi almeno quattro
tipi di fatture diverse e la seconda perché nessuno aveva il permesso di
anche solo sfiorare la sua mazza fortunata da competizione.
Rhys guardò infine
Hestia, deglutendo leggermente «Quanto sei disposta a tenerle ancora
incarcerate mentre io vado a prendere la mazza, la lascio sulle scale e mi
chiudo in camera usando Owen e i suoi libroni di medimagia come scudo?» chiese
con un mezzo sorrisetto.
La secondogenita
di casa Jones incrociò le braccia, guardandolo con aria di sfida «Hai venti
secondi» disse lapidaria «Da ora»
«Porca Morgana»
sbottò Rhys, lanciandosi fuori dalla stanza ed evitando per un pelo la gamba di
Gwenog, che aveva cercato di fargli lo sgambetto.
«Tre, quattro…» i piedoni
fatati di Rhys risuonarono sulle scale e poco dopo si sentì la porta della camera
che condivideva con Owen aprirsi.
«Dieci, undici,
dodici» cantilenò allegra Hestia, rigirandosi la bacchetta tra le mani, mentre
le sorelle minori fremevano, pronta a scattare appena l’aspirante auror le avesse
liberate. Rhys uscì di nuovo dalla stanza, scendendo per appoggiare con
delicatezza la mazza sull’ultimo gradino della scala, per poi darsela
nuovamente a gambe.
«Diciannove, venti»
trillò Hestia, liberando poi le sorelle che, con tempi di ripresa
impressionanti, balzarono in piedi, lanciandosi all’inseguimento del fratello «RHYS
IO TI UCCIDO» sbraitarono in stereo, saltando con un abile balzo la mazza e risalendo
le scale, cominciando poi a prendere a pugni e calci la porta della stanza dei
ragazzi, riuscendo ad aprirla dopo solo pochi tentativi.
«Ma si può
sapere cosa…»
«Aria Owen,
devo ammazzare Rhys!»
«Rhys quella
pazza stava uccidermi per colpa tua!»
«Zitta tu!»
«Ma non fate
tante storie voi…GWEN ABBASSA QUELLA BACCHETTA» si sentirono un gran fracasso e svariate
imprecazione che convinsero Hestia a dirigersi, molto lentamente, verso
il piano superiore. La mora vide Owen, con un grosso tomo sotto braccio,
darsela a gambe «Io me ne vado a casa del nonno» le disse con aria risoluta «Se
mi cercano digli che sono scappato in manicomio» Hestia si coprì la bocca con
la mano per evitare di scoppiare a ridere di fronte all’espressione stralunata
e disperata del fratello maggiore, limitandosi ad annuire, dirigendosi poi verso
la camera dei ragazzi, pronta spiritualmente al putiferio che vi avrebbe
trovato.
Stadio dei
Montrose Magpies, Aberdeenshire, Dicembre 1993
Quando Kathryn
Adams, la cercatrice delle Harpies acchiappò il boccino, i fan delle Harpies
balzarono in piedi urlando di gioia, sventolando con orgoglio gli stendardi davanti
ai tifosi delusi della squadra padrone di casa. La famiglia Jones, riunita al
gran completo in prima fila, si stava sgolando per la gioia: Aeron nascondeva a
stento la commozione, guardando Gwen fare molti rapidi giri di campo per celebrare
la vittoria con le compagne di squadra, Glenda, Rhys, Hestia e nonno Bran urlavano
di gioia e Owen applaudiva con un enorme sorriso. Quando Hestia fece cadere lo
sguardo sulla sorellina, quasi si stupì, notando che anche Megan, che pur si
era lamentata parecchio di dover venire ad assistere con quel freddo alla
partita di Gwen, ora era in piedi sul suo seggiolino, con le braccia alzate
al cielo, che inneggiava alle prodezze della sorella.
Accorgendosi
probabilmente di essere osservata, Megan si voltò verso Hestia, assumendo
subito un’aria imbarazzata «E’ stata brava, vero?» le chiese Hestia furba.
Megan scosse gli
occhi, sbuffando leggermente «No» disse poi secca «Non è stata solo brava, è
stata eccezionale! Hai visto la finta Monroe che ha fatto? E il cambio mano,
lanciando la mazza dietro la schiena? Robe dell’altro mondo, saranno in cinque
in tutto a saperlo fare…» andò avanti un po’, ricapitolando ogni singolo movimento
fatto da Gwenog durante la partita davanti ad una Hestia divertita e intenerita
allo stesso tempo.
Quando esaurì il
fiato, Megan lanciò un’occhiata in tralice alla sorella «Non le riferirai
quello che ho appena detto, vero?» chiese improvvisamente preoccupata, facendo
alzare gli occhi al cielo ad Hestia «Ti prego Hestia, mi prenderebbe in giro
fino alla morte!»
«Va bene, va bene»
Hestia alzò le mani in segno di resa «Non le dirò niente» aggiunse,
scompigliando leggermente i capelli castani di Megan.
Quelle due
erano davvero impossibili.
Pontwelly,
settembre 1994
Rhys ascoltò a dir
poco sconvolto il racconto di Hestia «Un anno senza quidditch…che orrore,
grazie a Godric sono già diplomato» bofonchiò, infilandosi in bocca un grosso
pezzo di torta per cercare di trovare un po’ di conforto.
Sua madre gli
dedicò un’occhiata rassegnata «C’è proprio da ringraziare Godric e qualunque
altro illustre mago che tu sia riuscito a diplomarti» mormorò, causando
un attacco isterico di risatine ad Hestia e Gwenog «Speriamo solo che questa
cosa del Torneo Tremaghi sia sicura…la fama ad esso legata non è delle migliori…
inoltre sarà piuttosto triste non avere Megan a casa a Natale»
Gwen roteò gli
occhi «Una vera tragedia» bofonchiò, trattenendo a stento un’imprecazione che
avrebbe fatto inalberare sua madre, quando Hestia le assestò un forte calcio
negli stinchi.
«Ce la caveremo
comunque, mamma» la rassicurò Hestia, guardando male la sorella minore «Poi
dai, pensa che lei si divertirà un mondo alla festa che organizzeranno al
castello»
«Certo che voi
auror siete informati su tutto» commentò Owen «Noi al San Mungo siam fuori dal
mondo»
«Perché, scusa se te
lo dico in modo così diretto» disse Gwenog, guardando il fratello maggiore con
un sorrisetto «A nessuno piace venire a far conversazione in un posto che puzza
di dittamo, pozioni varie e carne putrefatta»
Aeron fece una
smorfia disgustata, guardando male la quartogenita «Gwenog per favore siamo a
tavola!» la diretta interessata scrollò le spalle, prendendo poi un pezzo di
pane «Senza contare che poi lo sanno tutti che gli auror sono le peggiori
comari del mondo magico» aggiunse la battitrice, facendo ridere tutti, Hestia compresa.
Hertfordshire,
fine giugno 1995
Megan tirò sul col
naso, schiacciando poi il viso contro il torace di Hestia, probabilmente per
nascondere le lacrime che avevano cominciato a sgorgarle dagli occhi; in quella
uggiosa giornata di fine giugno, una cinquantina circa di maghi erano raccolti
in un piccolo cimitero dell’Hertfordshire
per dare l’ultimo saluto a Cedric Diggory.
I signori Diggory
avevano deciso di organizzare una cerimonia solo per pochi intimi, rifiutando
il funerale in pompa magna che il Ministero gli aveva offerto, così soli i
parenti stretti e gli amici di famiglia avevano partecipato.
Glenda Jones, che
fin dall’infanzia era stata la migliore amica di Rosemary Diggory, stava
piangendo, stringendo convulsamente un fazzoletto tra le mani, stretta al
marito, che a sua volta aveva gli occhi rossi: guardando i Diggory a fianco
alla bara di legno chiaro probabilmente si stavano domandando come si facesse a
sopravvivere alla morte di un figlio.
Owen e Rhys erano
in piedi in fondo al cimitero, vicini a Charlie, Bill e Arthur Weasley; vedere
i suoi fratelli con espressioni così serie e addolorate, stretti in completi
neri, fece deglutire a vuoto Hestia, che se ne stava tra Gwenog e Megan, con la
più piccola tra le braccia.
Lanciò uno sguardo
in tralice a Gwenog, in piedi ritta e rigida come un fuso, con la mascella
contratta in una smorfia addolorata: Cedric era stato uno dei suoi giocatori,
il suo cercatore, uno dei talenti che Gwen si gloriava con estremo orgoglio di
aver scoperto durante i suoi severissimi provini.
Per quanto potesse
essere dura e scorbutica sua sorella, Hestia sapeva che Gwenog teneva veramente
ad ognuno dei suoi compagni di squadra e che continuava a scambiarsi con loro lunghe
lettere da quando si era diplomata. Da quando poi Megan era entrata in quadra
due anni prima, da quel poco che si era lasciata sfuggire, Hestia aveva intuito
che la corrispondenza tra lei e Cedric si fosse intensificata, cosicché lei potesse
essere sempre informata sui progressi della sorellina.
Se solo quelle
due testone provassero ad andare d’accordo ogni tanto.
L’auror accarezzò
i capelli di Megan e abbracciò con il braccio libero Gwenog, stringendo forte a
sé le due sorelle mentre la bara veniva lentamente calata.
Pontwelly,
inizio agosto 1995
Glenda Jones
sospirò, guardando mestamente la spilla da capitano che Megan aveva abbandonato
sul tavolo della cucina, scappando poi in camera sua: quella mattina era
arrivata la sua lettera da Hogwarts e, con non poca sorpresa, avevano trovato
allegata la spilla di capitano della squadra di quidditch che Megan aveva
guardato come pietrificata, prima di decretare che lei “quella cosa non la
voleva”.
Rhys stava
rigirando imbarazzato il cucchiaio nella sua tazza colma di latte e cereali
ormai verosimilmente ridotti ad una pappetta molliccia, evitando accuratamente
di emettere anche solo un fiato e di incrociare gli occhi di sua madre e Gwen,
la quale, dopo quasi un quarto d’ora di assoluto silenzio, si alzò dalla sedia.
«Vado su in camera»
disse con risolutezza mentre Rhys spalancava la bocca, facendo cascare il
cucchiaio nella tazza «Ne sei sicura?» le chiese basito, decidendo poi, quando
sia la madre che la sorella lo incenerirono con lo sguardo, di abbassare la
testa e tenere per sé qualunque altra considerazione
Gwenog prese un
profondo respiro e aprì con decisione la porta della camera che condivideva da
sempre con le sorelle «Mamma non ho fame, scendo poi…» Megan si bloccò, guardando
leggermente stupita la sorella «Che cosa vuoi?» le chiese bruscamente, facendo
roteare gli occhi alla maggiore.
«Questa è anche camera
mia nanerottola, posso entrarci quando mi pare e piace» le rispose a tono Gwen,
lanciandosi sul proprio letto mentre Megan le voltava ostinatamente le spalle.
La battitrice
delle Harpies incrociò le braccia dietro la testa, puntando lo sguardo verso il
soffitto, costellato di stelline e altri adesivi che avevano attaccato da
piccole lei e le sue sorelle «Cedric diceva che sei davvero brava» Megan
sobbalzò sentendola parlare, voltandosi piuttosto stupita «Addirittura
sosteneva che probabilmente con il tempo e duri allenamenti saresti diventata
più brava di me» raccontò pensierosa «Ma suppongo che fossero degli istinti
fraterni e quella sua solita innata gentilezza a fargli dire l’ultima parte»
Megan aprì un paio
di volte la bocca senza avere idea di cosa dire «Quando te l’avrebbe detto?»
chiese infine a bassa voce.
«Ci scrivevamo…mi
scrivo con tutti i miei vecchi compagni di squadra» spiegò Gwenog, prima di
puntellarsi leggermente sul gomito, guardando fissa la sorella negli occhi «Non
puoi rimandare indietro o rifiutare quella spilla, capito? La terrai e la onorerai,
spaccandoti il culo su quel campo e cercando di portare a casa la coppa. Se ti
fa paura l’idea di essere Capitana, vedi di fartela passare: sei un tasso, non
un coniglio, tira fuori gli attributi e non scappare dalle tue responsabilità»
Megan rimase a
bocca aperta, alzandosi poi lentamente «Ho bisogno di prendere un po’ d’aria»
borbottò, dirigendosi verso la porta e passando davanti al letto di Gwenog, che
nel frattempo si era nuovamente sdraiata, con le braccia dietro alla testa, indugiando
poi un secondo sulla maniglia della porta.
«Io quella spilla
la tengo» Gwenog si alzò di scatto, ma Megan era già sparita fuori dalla
stanza.
Galles,
luglio 1996
«Sembriamo degli
spinaci» decretò schifata Gwenog, guardando allo specchio l’abito lungo verde
che la sua futura cognata le aveva comprato per il matrimonio con Owen, che
avrebbe avuto inizio in meno di un’ora «Anzi, peggio, dei broccoli»
Megan brontolò
qualcosa, tirandosi su dalla sedia e inciampando dopo solo un paio di passi sui
tacchi, finendo addosso a Hestia, che con prontezza di riflessi, si era fatta
avanti per sorreggerla «Come dovrei fare a camminare tutto il giorno su questi
arnesi?!» ringhiò la più piccola di casa Jones, calciando via le scarpe alte e
facendo sbuffare Gwenog «E’ questione di portamento» disse piccata la battitrice,
osservando con aria critica le proprie spalle, che quelle stupide spalline
facevano sembrare spropositatamente enormi.
Megan incrociò le
braccia, rifilando un’occhiataccia a Gwenog «Voglio vederti a camminare su
quegli affari, Miss Galles» disse acida, arrossendo poi dal nervoso
quando Gwen, con una faccia da schiaffi impareggiabile, si esibì in una
camminata disinvolta in avanti, all’indietro e di lato.
«Vengo
regolarmente invitata a cene di gala ed eventi» le ricordò, buttando in aria il
mento «Credi forse che mi presenti rischiando di somigliare ad una papera sul
ghiaccio»
Hestia sospirò,
alzando gli occhi al cielo mentre Megan si alzava e cominciava a frugare nel
suo armadio «Benissimo» disse la più piccola delle Jones, con evidente fastidio
nella vita, girandosi brandendo un paio di converse bianche «Vorrà dire che la papera
sul ghiaccio si farà delle grasse risate guardandovi arrancare mezze
ubriache su quegli affari questa notte, mentre lei avrà i piedi comodi» disse
con aria di sfida ed Hestia rifletté, mentre osservava la sorellina infilarsi le
scarpe da basket, che anche a lei in effetti sarebbe piaciuto indossare
qualcosa di più comodo, soprattutto in vista delle tante ore che sarebbero
passate da lì alla fine del ricevimento.
Hestia e Gwenog si
scambiarono uno sguardo; la giocatrice delle Harpies fece una smorfia, scrollando
le spalle e tornando ad osservare con aria critica il vestito mentre Megan
borbottava qualcosa riguardo a dei broccoli impettiti.
Pontwelly,
Pasqua 1998
«…e questo è
quanto» concluse Megan, tirando un grosso sospiro e osservando la sorella,
seduta di fronte a lei sulla cassapanca del bovindo, in tralice.
Hestia fece una
smorfia impressionata, grattandosi leggermente il mento «Certo che ne succedono
di inciuci ad Hogwarts…» commentò pensierosa «Vorresti un consiglio da me?»
Megan si mordicchiò
un labbro, raccogliendo le ginocchia al petto «Forse…non lo so…beh, male non
può fare, visto che io non so proprio come comportarmi»
«Vista la
situazione, mi sembra scontato dirti che un minimo dovrete sistemare le cose,
anche solo per non creare casini nel gruppo» incominciò Hestia pensosa «La
situazione non è delle più rosee, ma in fondo non è poi così grave: io dico che
se cercate, anche solo gradualmente, di essere sempre più civili le cose
andranno per il meglio. Secondo me il problema qui sta nell’ingranare, dato che
avete entrambi due caratteracci…non provare a negarlo» puntò il dito sulla
sorellina, mettendo a tacere le sue proteste sul nascere «Una volta che vi
siete sbloccati secondo me le cose fileranno…parli continuamente di lui e ho
sempre pensato, dal quello che dici dei vostri battibecchi, che ti piacesse e che
tra voi potesse nascere del tenero…»
Megan la guardò
sconvolta «Che cosa?!»
Hestia alzò gli
occhi al cielo «Oh andiamo, non fare la finta tonta: insomma, non che ti si
possa biasimare, Anthony Goldstein è un bel ragazzo ed è intelligente per di
più»
Le sopracciglia di
Megan scattarono in aria «Anthony Goldstein è un bel ragazzo?» chiese scettica
alla sorella.
«Vorresti dire che
non lo è?»
«No, sì…certo che
è bello…» la piccola dei Jones si bloccò, rifilando poi un’occhiataccia quando
vide la sorella ridacchiare soddisfatta «Oh, ti odio» bofonchiò testarda, arrossendo
come un peperone.
«Cazzate, tu mi
adori» la corresse Hestia «E, solitamente, tendi anche a darmi ascolto, quindi
presta attenzione adesso: non ti dico di rifilargli un limone con i fiocchi
appena vi vedete in treno, ma cerca di non fuggire più come un coniglio
spaventato quando te lo trovi davanti»
«Beh non è che lui
abbia giocato meno a nascondino di me» bofonchiò Megan piccata mentre Hestia
sbuffava esasperata «Allora sii tu a finire per prima: senti, la situazione per
come è adesso ti piace?»
«Mi fa schifo»
ammise Megan.
«Appunto, quindi
prova a fare il primo passo per migliorare le cose» Hestia si strinse le spalle
«Magari poi anche lui in queste vacanze ha parlato con qualcuno di esperto
della natura umana come me e ha messo la testa a posto»
Megan alzò gli
occhi al cielo ma annuì, non potendo che concordare con le considerazioni di
Hestia; prima però che una delle due potesse dire altro, la porta dello studio
si aprì e sulla soglia comparve Gwen arrabbiata «Ma si può sapere dove eravate
finite?!» esclamò «Non solo me la sono dovuta smazzare in cucina con la mamma,
ma ho dovuto anche sorbirmi le tiritere di zio Albin mentre voi eravate qui a
fare salotto e…si può sapere cosa avete da ridere?» guardò torva le due sorelle
che, nel momento stesso in cui era entrata, erano state colpite da un attacco
di ridarola: oltre al grembiule giallo con il pizzo che indossava, che già di
per sé era piuttosto comico, Gwen aveva il labbro superiore sporco, con una
linea di sugo che assomigliava ad un bel paio di baffoni.
Megan ululando dal
ridere si alzò sgusciando fuori dalla stanza e facendo un occhiolino
irriverente alla sorella «Assolutamente nulla, Monsieur Poirot!»
Gwen guardò Hestia
senza capire, prendendo poi al volo il fazzoletto che la maggiore le aveva
lanciato «Ti consiglierei di pulirti la faccia prima di farti vedere da Rhys»
disse la maggiore.
Londra, fine
maggio 1998
Hestia corse fino
a non avere più fiato su per le scale, bussando poi con forza immotivata alla porta
del piccolo appartamento dell’ultimo piano; quando Gwenog le aprì, la maggiore
la abbracciò di slancio, cominciando a sbraitare eccitata «Abbiamo vinto!
Tassorosso ha la coppa di quidditch! Megan ha vinto, ha vinto, ha vinto!»
Gwenog spalancò gli occhi castano-verdi, sciogliendo l’abbraccio e guardando
sbalordita la sorella «Ha vinto?!»
L’auror annuì
entusiasta «Hanno dato una ripassata con i fiocchi ai corvi» raccontò eccitata «Hannah…Hannah
Abbott mi ha mandato un patronus per avvertirmi!» anche Gwenog si lasciò andare
ad un urlo di gioia e abbracciò la sorella maggiore, mentre sulla porta della
sala compariva Lee Jordan, con solamente dei boxer addosso e un’espressione
parecchio stranita.
«Tassorosso ha vinto!»
gli strillò Gwen a mo’ di spiegazione «Ve l’abbiamo fatta! L’abbiamo messa nel…»
la mano di Hestia che le coprì la bocca mascherò provvidenzialmente la parolaccia
«…a tutta Hogwarts» riprese Gwenog, che sembrava non essersi nemmeno resa conto
del silenziamento momentaneo da parte di Hestia.
Pontwelly,
luglio 1998
Dopo essere stata
spinta praticamente a forza da Hestia fuori casa, Megan si incamminò nel grande
prato, dirigendosi verso una figura che se ne stava seduta su una panca intenta
a lucidare con rabbia dei bolidi.
«Che c’è, hai già
cambiato idea?» le chiese rabbiosa Gwenog, senza nemmeno voltarsi a guardarla.
Megan alzò gli
occhi al cielo, incrociando le braccia «No, non ho cambiato idea» la informò
piccata «Inizierò a settembre il corso per Spezzaincantesimi della Gringott in
collaborazione con l’Ufficio Misteri»
«Beh,
congratulazioni vivissime» disse con aspro sarcasmo Gwen, facendo
esplodere Megan «Ma si può sapere qual è il problema?!» strillò la più piccola,
spalancando le braccia «Ti dà così tanto fastidio che io voglia fare la
spezzaincantesimi?!»
Gwenog richiuse
con gesti secchi il bolide nella cassetta e gettò a terra lo straccio «Hai
detto per anni di voler giocare a livello professionale!» le rispose testarda.
Megan aprì le
braccia esasperata «Ed era così, però quest’anno ci ho riflettuto su e ho
cambiato idea: sono brava in Aritmanzia, non voglio metterla da parte…non
abbandono il quidditch, semplicemente non voglio farlo a livello professionistico»
«Giocare la
partita con la famiglia la domenica non è come essere in uno stadio» sibilò
Gwenog mentre Megan alzava gli occhi al cielo «Ma non mi dire…avanti, dimmi
qualche altra cosa che non so» commentò ironica la più piccola.
Gwen assottigliò
gli occhi «Fionnula McNamara si ritira e io avevo convinto i miei capi ad
offrirti un provino» Megan spalancò la bocca basita «Mi sa che questo non lo
sapevi» disse secca Gwenog.
«Tu mi avevi procurato
un provino con le Harpies?» chiese basita Megan, guardando la sorella come se
le fosse spuntata una seconda testa «Hai problemi d’udito per caso?» sbottò
Gwenog, evitando accuratamente lo sguardo di Megan.
La neodiplomata
ignorò quel commento, continuando ad osservare con genuino stupore la sorella «Mi
volevi in squadra con te?»
Gwenog emise un
verso frustrato, passandosi le mani sul volto «Sì, ti avrei voluta in squadra
con me» esclamò quasi esasperata «Sei bravissima e, nonostante tu sia la
persona più fastidiosa che abbia mai camminato su questo pianeta, sei mia
sorella, abbiamo imparato a giocare insieme e credevo che avremmo potuto avere
un’ottima chimica in squadra»
Megan rimase senza
parole, in piedi impalata a fissare la sorella, che continuava ostinatamente ad
evitare di incrociare il suo sguardo «Scusa» quella parola uscì dalla bocca di
Megan prima che potesse fermarla, facendole guadagnare uno sguardo stupito da
Gwenog.
L’ultimogenita di
casa Jones si passò una mano tra i capelli castani «Mi spiace di non averti mai
parlato dei miei progetti futuri» riformulò la frase con un sospiro «E ti
ringrazio per aver pensato di fare questo per me…spero che non ti causi
problemi con i tuoi superiori» Gwenog rimase ancora una volta senza parole,
sospirando e facendo segno alla sorella di non preoccuparsi.
Le due rimasero in
piedi l’una di fronte all’altra, intrappolate in un silenzio imbarazzato «E
così» Gwenog tossicchiò riguadagnando l’attenzione di Megan «Aritmanzia, eh?»
Megan rimase un
attimo interdetta, per nulla abituata a quel genere di tentativi impacciati di
fare conversazione da parte di Gwenog «Sì» disse infine, non riuscendo a
nascondere un sorrisino «Sono sempre andata bene, ma quest’anno ho fatto un
salto di qualità»
Gwenog annuì «Devi
essere veramente, la Vector è una belva» Megan ridacchiò alle parole della
sorella «Mi ricordo che quando presi A ai G.U.F.O. quasi provai sollievo all’idea
di non rivederla mai più in vita mia»
«Se vuoi ti do
ripetizioni» la mise sul ridere Megan.
Gwenog scosse la
testa sorridendo «Tiratela di meno, nanerottola» borbottò «Piuttosto, dato che
stasera siamo in vena di confessioni e siamo stranamente civili, prima che torniamo
in noi, c’è altro che vorresti dirmi?» chiese, sedendosi sull’erba e facendo
segno alla sorellina di accomodarsi al suo fianco «Che ne so…hai un fidanzato?»
Megan sorrise a
sua volta, accettando di buon grado di sedersi al suo fianco «Ho un ragazzo»
confermò.
«Ah sì? Poveraccio…»
«Ma vaffanculo» esclamò
Megan mentre le risate di Gwen risuonavano per tutto il giardino.
Hestia, che aveva
spiato le sorelle dalla finestra della cucina, sorrise soddisfatta, mentre la
porta del locale si spalancava ed entrava Owen, che quella sera si era fermato
a cena con la moglie «Si stanno picchiando? Si sono lanciate qualche
maledizione?» chiese, posando sul tavolo la sua valigetta da medimago «Scusa se
ci ho messo tanto, ma ho dovuto recuperare qualche pozione…hai visto con
precisione che cosa si sono lanciate addosso?»
Hestia ridacchiò
vedendo il fratello affannarsi «Owen» lo richiamò «E’ tutto a posto, stanno solo
parlando»
Il maggiore dei
fratelli Jones la guardò basito «Parlando?!» Hestia annuì «Nessuna fattura,
maledizione, cazzotto alla babbana?»
«Niente di niente»
lo rassicurò Hestia, facendolo crollare con un sospiro su una sedia «Wow»
sussurrò colpito il medimago «Beh…che dire…meglio così, giusto?»
«Assolutamente»
mormorò Hestia, tornando ad osservare le sorelline che parlavano sedute l’una a
fianco all’altra.
aprile
2008
Megan si catapultò
nello spogliatoio delle Harpies alla ricerca di sua sorella, iniziando dopo un
po’ a chiamarla a gran voce.
La capitana fece
capolino da una porta, inchiodandola con uno sguardo di fuoco «Che hai da
urlare?!» ringhiò, raggiungendola, con i capelli castano scuri bagnati che le
scendevano sulle spalle «Non sei al mercato e soprattutto, come diavolo sei
entrata qui?!»
«Qualche tocco di
trasfigurazione umana e la vostra portinaia -che tra parentesi è cieca come una
talpa- mi ha fatto entrare convinta che fossi tu» spiegò velocemente Megan «Ma
chissene, non è questa la cosa importante» la più piccola delle Jones, palesemente
eccitata, prese un profondo respiro «Stavo risalendo il prato dietro a casa
nostra e ho intravisto, seminascosti dal pozzo, a sinistra della quercia grande,
Hestia e niente meno che il Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt che
facevano cose sdraiati nell’erba»
La mascella di
Gwenog cadde mentre guardava stupefattala sorella minore «L’avevo detto io che
a New York sarebbero finiti insieme in qualche modo!» esclamò di nuovo Megan.
Gwenog lanciò via
l’asciugamano e trascinò la sorella minore verso l’uscita «Questa la devo
proprio vedere» commentò stupefatta.
Londra, febbraio
2009
Hestia rimirò con
gli occhi lucidi la sorellina, vestita con un semplice abito bianco corto «Piccoletta,
sei davvero…»
Una specie di
ululato fece sobbalzare entrambe: quando si voltarono videro Gwenog, con la
faccia sepolta in un fazzoletto, che singhiozzava disperata «Gwen!» esclamarono
entrambe sconcertate mentre l’altra scuoteva il capo «Oh cazzo, cazzo, cazzo»
si lagnò la battitrice, tamponandosi la faccia paonazza.
Megan la guardava
con gli occhi sbarrati «Gwen sta piangendo» sussurrò, come se non potesse
credere ai propri occhi.
Hestia si avvicinò
di qualche passo a Gwenog che nel frattempo stese un braccio, indicando la
sorella minore «Si sta sposando! Hestia, Megan si sta per sposare!» rantolò,
guardando la maggiore con espressione persa «Ieri l’abbiamo vista in quella
culla, un orrido e piagnucolante dattero rosa e adesso ha un abito da sposa
addosso…io…quand’è che la nostra nanerottola è cresciuta così tanto?» l’auror,
trattenendo a stento le risate, aprì le braccia, stringendo poi a sé Gwenog,
che continuava a piangere istericamente, sotto lo sguardo sconvolto di Megan «Lo
so, lo so» le disse in tono conciliante «La piccola di casa è cresciuta…dai su,
non fare così»
Gwenog soffiò forte
nel fazzoletto, puntando poi lo sguardo arrossato su Megan, che se ne stava in
piedi in mezzo alla piccola cucina, stordita, perplessa e leggermente
imbarazzata; la battitrice si alzò e si piazzò di fronte alla minore,
guardandola con estrema serietà «Ricordati questo momento perché non è una cosa
che faccio spesso» prima che Megan potesse chiedere spiegazioni, Gwenog la
abbracciò, stringendola con forza a sé e dopo un primo momento di stupore,
Megan sorrise, ricambiando la stretta.
Hestia le guardò
con un’espressione fiera, sentendo poi le lacrime che minacciavano di uscire
pizzicarle gli occhi; Megan, osservandola da sopra la spalla di Gwenog, le fece
segno di unirsi all’abbraccio e l’auror non esitò neanche un secondo.
Stringendo le
sorelle minori con tutta la forza che aveva, Hestia sospirò «Ci voleva proprio
un matrimonio per farvi diventare tenere» le tre si guardarono scoppiando poi a
ridere.
Probabilmente avrei fatto meglio a dividere quest’ammasso
di missing moments, ma mi piaceva l’idea di fare un unico, lunghissimo,
ricapitolando delle vicende delle sorelle Jones.
A chi si è innocentemente avventurato per questi lidi
senza conoscere i miei precedenti lavori, probabilmente tutto ciò parrà un’accozzaglia
intricata di headcanon…come biasimarvi. Vediamo però di dare qualche indicazione:
Ho arbitrariamente deciso che Hestia, Gwenog e Megan Jones sono sorelle perché
mi sono detta: ci sono tre Jones nella saga, lavorando un po’ di fantasia le
età possono starci, perché non farle imparentate?
La famiglia Jones (i cui membri non nominati nella saga originale sono miei OC) ha una leggera ossessione per il quidditch. Ma proprio
leggera. E sono gallesi, molto gallesi.
Hestia, sempre secondo il mio headcanon, è un’auror; in una minilong l’ho
appaiata con Kingsley Shacklebolt perché Why not?
Gwenog è ovviamente la battitrice delle Harpies e sì, sta con Lee Jordan;
questa chicca è opera di AdhoMu.
Megan è la piccola di casa, tassorosso e futura spezzaincantesimi, che dopo
varie peripezie in cui l’ho trascinata nella mia long “Angus, Thongs and Perfect
Snogging”, si mette insieme a Anthony Goldstein. Per la motivazione, immagino
ormai abbiate capito 😊
Ci sono altri millemila dettagli ed headcanon che
forse dovrei spiegare, ma temo di fare notte, quindi vi prego di avere pazienza
e, nel caso in cui aveste dubbi, di farmi pure tutte le domande che volete
Ultimo, ma non certo per importanza, ringrazio infinitamente
la meravigliosa Ale/AdhoMu, che mi ha gentilmente concesso di usare
alcuni dettagli ed headcanon presi dalle sue bellissime storie, senza i quali
tutto questo stream of consciousness
sarebbe
stato molto triste e scarno
Ora evaporo, tornando alle mie care formule piene di lettere
(soprattutto greche) e numeri (pochi, sempre troppo pochi).
Au revoir,
Em