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Autore: Sacchan_    07/01/2020    0 recensioni
1) Dazai Osamu/Nakajima Atsushi
2) Nakahara Chuuya/Nakajima Atsushi
3) Dazai Osamu/Sakunosuke Oda
4) Dazai Osamu/Nakajima Atsushi
5) Akutagawa Ryuunosuke/Nakajima Atsushi
Solo una serie di flash/oneshot in attesa del Natale.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Atsushi Nakajima, Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Ryuunosuke Akutagawa, Sakunosuke Oda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solo un movimento alle sue spalle attirò la sua attenzione: Dazai Osamu si voltò appena in tempo per scorgere il viso affannato e senza fiato del suo nuovo sottoposto.
"Dazai-san!"
Di tutte le persone che conosceva Nakajima Atsushi era di sicuro quella più facile da leggere tra loro; non che per lui, ex Demone Prodigio della Port Mafia, ci fossero particolari difficoltà, ma il ragazzo in questione mostrava sempre una naturalezza disarmante, di quelle capaci di strapparti un sorriso per la loro genuinità.
Soprattutto quando poi si gli si presentava davanti armato di quello sguardo misto tra il terrorizzato, lo spaesato e lo smarrito, accompagnato dall'immancabile fiatone per aver corso da destra a sinistra.
"Atsushi-kun! Sembra che finalmente tu mi abbia trovato!" Esordì, soffocando quella voglia di ridere e prenderlo in giro.
Il ragazzo sollevò le spalle drizzandosi sulla schiena.
"Signor Dazai è tardi! Perché non torna nel suo appartamento?"
L'uomo non riuscì a trattenersi e portò le nocche delle dita alle labbra; non rise per non sbigottirlo ulteriormente, ma contenersi gli costò davvero parecchia fatica.
"Sto solo bevendo qualcosa da solo, c'è qualche problema con questo?"
Le braccia di Atsushi tornarono subito ad afflosciarsi contro i fianchi.
"E me lo dice così? Come se non fosse un problema?" Mormorò ad alta voce demoralizzato, ripercorrendo con la mente tutta la fatica fatta per cercarlo e ringraziando mentalmente Kunikida per essergli andato in soccorso, dandogli quella soffiata su quel bar sito nei bassifondi delle strade di Yokohama.
Dazai poté solo immaginare tutta la fatica e lo stress di cui il ragazzo si era fatto carico per riuscire a scovarlo, ma non si sentiva in colpa. Al contrario, trovava la cosa estremamente divertente.
"Beh, visto che ora sei qui, che ne dici di farmi compagnia?"
Gli occhi di Atsushi si spalancarono più del possibile: da un punto di vista esterno non c'era nulla di male in quella domanda, anzi fu la cosa più naturale che qualcuno avrebbe potuto chiedere. Ma il signor Dazai era un enigma vivente, un calcolatore nato e ogni sua parola e azione venivano prese in considerazione come un secondo fine; Atsushi lo aveva imparato standogli accanto perciò avvertì un senso di spiazzamento e di stupore, al punto tale da non riuscire a dargli una risposta immediata.
"Mmm..."
Disagio era ciò che provava. Averlo trovato era già abbastanza per lui, ma restare anche in sua compagnia, per giunta in un bar a bere, era qualcosa di davvero inaspettato.
"Dai! Ti assicuro che in questo bar servono anche analcolici." Lo esortò nuovamente l'altro, mostrando ancora quella disinvoltura che tutto sembrò tranne che sincera. Allora, il più piccolo, annuì e adocchiò il primo sgabello libero, sedendosi lentamente sopra, sollevando le mani e poggiandole entrambe con i pugni chiusi sopra il legno del bancone.
"Dunque..." Iniziò a parlare nuovamente in imbarazzo, per poi notare di non essere ascoltato.
Stranamente il signor Dazai gli apparve sorpreso.
"Hai scelto quella sedia." Mormorò ancora stupefatto e Atsushi lo guardò non capendo. "Voglio dire... potevi scegliere di sederti ovunque, di non sederti affatto, oppure di andartene, ma tu hai scelto proprio quella sedia!"
Staccando gli occhi da lui il nuovo arrivato dell'Agenzia preferì guardarsi le mani, solo allora notò un bicchiere ripieno di liquore intoccato e un libro poggiato lì a fianco.
Era un libro di letteratura straniera, non l'aveva mai letto, ne era sicuro, eppure il titolo non gli era nuovo; forse gli era capitato di trovarne una copia nella biblioteca del suo orfanotrofio. Già, là c'erano tanti libri.
"Non capisco..." Mormorò ancora assorto, non in risposta al suo superiore, ma per la situazione in generale.
Dazai prese un sorso dal suo bicchiere, scrollando di poco le spalle.
"Non serve che tu lo faccia." Lo rassicurò. "Davvero."
Lo sguardo di Atsushi si spostò dalle sue mani a lui, fino al bicchiere che sembrò non appartenere a nessuno e al romanzo che pareva messo lì per un motivo preciso. Collegò tutto questo e qualcosa nacque nella sua mente, forse era qualcosa di azzardato da dire, ma... doveva provare.
"Qui si sedeva forse quella persona di cui mi ha parlato quella volta al cimitero?"
In un primo momento non ricevette risposta, ma solo un fruscio proveniente dalla sua sinistra. Le braccia di Dazai si piegarono e le mani ora sostenevano il mento in una postura completamente interessata.
"Che cosa te lo fa pensare?"
Era certo che non ci sarebbe stata alcuna risposta diretta, era consapevole persino che avrebbe finito per mettersi ancora più in difficoltà in quella situazione, però non poteva nemmeno scappare: che figura ci avrebbe mai fatto? Dove erano finiti i suoi propositi di affrontare tutto di petto?
La via della sincerità non era forse la più facile da percorrere?
"Beh, il tono che ha usato adesso è lo stesso che usò allora." Gli fece notare, sottolineando come la sua voce tendeva sempre a diventare più malinconica e dolce quando ricordava quella persona.
Finalmente Dazai rise con gusto, spazzando via quella nostalgia che lo aveva portato quella sera a rifugiarsi in quel bar pieno di ricordi legati al suo passato. Accanto a lui il suo subordinato continuava a guardarlo con la bocca semiaperta, sperando di non aver riaperto ferite ancora schiuse. "Se ti dicessi che è così, che la persona che si sedeva su quella sedia è effettivamente chi stiamo parlando che cosa faresti?" Gli domandò fissandolo intensamente negli occhi; in verità l'invito a restare era partito solamente con l'intenzione di giocare un po' con lui, di studiare le sue reazioni, di metterlo in imbarazzo perché lo trovava carino vederlo nel panico, ma non voleva spingersi oltre.
Forse anche Atsushi andava oltre le sue aspettative e la risposta che ne sarebbe seguita avrebbe determinato la verità su questo.
E a capo chino, con le palpebre che si disturbavano tra il libro e l'evitare il contatto visivo, Atsushi soffiò delicatamente la sua opinione.
"Mi chiederei se avessi il diritto di stare qui."
La musica del locale si spense e le luci si affievolirono, guardandosi attorno Dazai notò che la maggior parte dei clienti se ne era già andata e che il proprietario del bar aveva già iniziato a spazzare il pavimento e pulire i tavoli. Effettivamente l'orologio, che segnava ormai l'una di notte, metteva in mostra anche l'orario di chiusura.
Alzandosi lasciò scivolare sul banco delle banconote per pagare, facendo un cenno al proprietario che di lì a poco se ne sarebbero andati anche loro due.
"Un'ottima risposta, Atsushi. Chissà magari in futuro avremo modo di riparlarne meglio. Sarebbe davvero interessante se lo facessimo. Oh, a proposito del libro: è tuo, te lo regalo."
Alzandosi in fretta per seguirlo il ragazzo afferrò il volume in questione e salutò il padrone del bar con un piccolo inchino, raggiunse infine Dazai fuori trovandolo sotto una delle luminarie addobbate per Natale, qualche fiocco di neve cadeva dal cielo sciogliendosi a terra a contatto con l'asfalto.
Dopotutto era dicembre, uno dei mesi più gelidi dell'anno. 
"Aspetti! Come sa che non ho mai letto questo libro prima d'ora?"
Dazai gli sorrise, nascondendo le mani nelle tasche dell'impermeabile per proteggerle dal freddo.
"Non lo sapevo. L'ho semplicemente intuito, sappiamo tutti che ti piace leggere."
Atsushi lo girò e rigirò tra le mani più di una volta, ammirandone la copertina e sfogliandone qualche pagina, lasciandole scorrere sotto i suoi polpastrelli.
"Andiamo ora? Fa davvero freddo stanotte, poi sono curioso di vedere quale regalo hai scelto per me."
Se possibile la candida pelle di Atsushi si colorò di rosso più di quanto il gelo potesse fare.
E poi il mazzo di fiori, con tanto di dedica a lui destinato, lo aveva lasciato al sicuro in un vaso dentro al suo appartamento. Significava che per darglielo doveva invitarlo dentro?

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