Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: chemist    08/01/2020    2 recensioni
Tyrion Lannister è membro di una delle più potenti famiglie di Westeros, ma deve guardarsi le spalle persino da suo padre e da sua sorella.
Sansa Stark è una figlia del Nord finita nella fossa dei leoni proprio mentre la sua casata viene abbattuta.
La figlia disgraziata e la scimmia demoniaca, uniti per caso contro un mondo che li disprezza e li vuole morti.
Ma con un’anima complementare al proprio fianco.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11: Io sono tua e tu sei mio


 
Come se non bastasse l’enorme moltitudine di problemi piovutagli addosso il giorno precedente, tra un principe dorniano assetato di vendetta, un’amante stanca di essere l’alternativa e non la priorità, e un re deciso a rendere la sua vita e quella di sua moglie un inferno, Tyrion Lannister si recò dall’unica persona in tutta Approdo del Re che avrebbe potuto rendere ancor più intricato quel terribile groviglio che era diventata la sua mente.
Varys lo aveva mandato a chiamare, e sembrava che fosse urgente.
 
Lo fece recare su un piccolo terrazzo sul quale, nonostante la presenza di un gazebo, splendeva la calda luce del mattino; il tavolo era imbandito di diverse pietanze che l’eunuco stava consumando con la leggerezza che lo aveva sempre contraddistinto.
Non appena scorse Tyrion, gli fece segno col palmo della mano di unirsi a lui: “serviti pure, mio lord. Abbiamo diverse cose da dirci, dunque tanto vale intrattenersi a stomaco pieno”.
Il Folletto ignorò momentaneamente la proposta per dedicargli un’occhiata provocatoria: “strano che tu voglia parlarne all’aperto”.
Varys, per una volta, spogliò il proprio linguaggio di ogni aulico giro di parole ed optò per una risposta diretta: “puoi stare tranquillo. Ciò che verrà pronunciato qui, resterà qui: non t’avrei mai fatto venire in questo posto se non fossi assolutamente sicuro di stare al riparo da orecchie indiscrete”.
Il nano si sentiva decisamente meno riparato, ma troppe altre volte si era fidato dell’eunuco e, fino a quel momento, non se ne era mai pentito, quindi lo assecondò.
Si sedette di fronte a lui, e fu nuovamente Varys a farsi avanti: “così il principe Oberyn è finalmente giunto ad Approdo del Re…”.
“Sarebbe stato molto meglio se non l’avesse mai fatto” rispose Tyrion, ancora guardingo. “Abbiamo parlato a lungo durante il tragitto: non ha dimenticato ciò che è stato fatto ad Elia ed ai suoi figli, e ti assicuro che la sua presenza ci arrecherà molti danni”.
“Non m’aspettavo niente di diverso: Oberyn è noto da sempre per la sua indole vendicativa ed ogni uomo vendicativo che si rispetti deve avere una memoria di ferro” sospirò il maestro delle spie, versando per sé e per il suo interlocutore una coppa di vino rosso. “Tuttavia non tutto è perduto, mio lord; forse abbiamo ancora una carta da giocare per placare l’ira della Vipera Rossa, ma non è questo il momento di discuterne”.
Tyrion bevve un grosso sorso che gli riscaldò il petto: “mi auguro che sia davvero così. E tu invece di cosa volevi parlarmi?”.
Varys tamburellava le dita sul grosso calice che aveva davanti, e un misterioso timore si impossessò di lui.
“Tante volte sono stato biasimato, anche da te, amico mio…perché so tutto di tutti, quando è risaputo che proprio questo sia il motivo per il quale vivo nella capitale anziché al di là del mare, e per il quale a più riprese la suddetta capitale è rimasta in piedi contro forze esterne”.
“Perdonami, ma non credo che tu mi abbia fatto venire fin qui soltanto per vantarti e smentire le malelingue” disse Tyrion, scuotendo il capo.
“Infatti non è così” confermò l’eunuco. “Ti ho fatto venire per dirti di stare attento ai tuoi affetti, mio lord”.
Il Folletto aggrottò la fronte: non starà mica parlando di Sansa e del piano di Joffrey?
“Se ti riferisci a mia moglie…”.
“Non mi riferisco a Sansa” chiarì subito Varys, lasciando irrisolto il dubbio sorto nella sua mente. “Ciò che volevo dire è che le mie spie sono le più indistinguibili, e le più rapide a raccogliere informazioni…ma non sono le uniche: Shae è in pericolo”.
 
Quell’ultima dichiarazione fu un vero pugno nello stomaco per Tyrion, il quale si sentiva come un soldato in guerra su troppi fronti, accerchiato da centinaia di nemici.
“In…in pericolo?”.
“Ora più che mai” sentenziò Varys, intrecciando nervosamente le mani. “Una serva ti ha visto uscire dalla sua stanza ieri pomeriggio. Non so se abbia udito la vostra conversazione, ma ha riferito tutto a Cersei, la quale ha ovviamente fatto passaparola con vostro padre. Suppongo che presto arriveranno provvedimenti”.
Tyrion si portò una mano alla fronte: non si era accorto neanche di questo.
Rimase in silenzio per un po', cercando col proprio ingegno una scappatoia che andasse bene per tutti, come se stesse mettendo a posto i pezzi di un grande puzzle.
Non riuscendo a venirne a capo, azzardò semplicemente: “è l’ancella di mia moglie…non c’è niente di strano se ogni tanto la incontro…”.
“Direi di si, invece, se vi ‘incontrate’ in un certo modo e in determinate ore della giornata” affermò Varys, alludendo implicitamente all’intesa fin troppo consolidata che traspariva da ogni gesto che lui e Shae si scambiavano. “In più, tuo padre è una persona estremamente prudente, a differenza di Cersei. Mi chiederà senz’altro di indagare…”.
“In tal caso, basterà che tu gli menta. La prima cosa che ti passa per la testa, purché sia credibile: va bene tutto, ma non la verità” suggerì allarmato il Folletto.
“No, no, troppo pericoloso” rifiutò all’istante l’eunuco che, vedendo il Lannister inclinare la testa in cerca di spiegazioni, aggiunse: “quanto pensi che possa durare l’inganno? Un giorno? Due? Ma alla fine scoprirà la verità da solo e mi metterà a morte…sai, mio lord, io non ho un nome importante come il tuo, né un cavaliere pronto a salvarmi la pelle”.
Tyrion, nonostante il subbuglio che quella rivelazione aveva suscitato nel suo animo, non poté fare altro che dargli ragione: tante volte il Ragno Tessitore si era esposto a delle vere e proprie corse ad ostacoli solo per fargli un favore, e tutto ciò gli era servito a vederlo più come una spalla che come una minaccia, ma quanto gli chiedeva adesso era troppo anche per lui.
Sconsolato, si limitò a chiedere: “cosa mi suggerisci di fare allora?”.
“Ho degli amici ad Essos…persone potenti nelle loro dimore, persone che potrebbero garantire a Shae una vita persino più agiata di quella che conduce ad Approdo del Re, la quale va già ben oltre il concetto di agio che aveva prima di incontrare te” disse Varys, infilando le mani nelle tasche del suo abito, come se la donna si trovasse sui suoi palmi e stesse già cercando di nasconderla dai leoni che volevano sbranarla. “Convincila a partire, ed oggi stesso farò preparare per lei una nave diretta a Pentos”.
Shae…mia amata Shae…la tua volontà è sempre stata quella di tornare al di là del mare, o sbaglio?
Il Folletto trovò grottescamente ironico il fatto che il grande sogno che Shae a più riprese gli aveva chiesto di realizzare stesse ora per mettere la parola fine alla loro storia.
Una storia che per mesi era stata la sua unica ancora di salvezza e al contempo la sua rovina, come una fiamma troppo intensa per estinguersi, ma troppo rovente per durare.
In un ultimo slancio d’ostinazione, obiettò: “già troppe volte l’ho messa in guardia dai rischi della Fortezza Rossa…non avrà motivo di credere che stavolta sia diverso, e pertanto non accetterà di partire”.
“Oh, ti garantisco che anche lei capirà che stavolta è diverso: basterà dirle la verità”, disse Varys sibilino. “Tuo padre ha ordinato di far tagliare la testa ad ogni ancella che verrà vista in tua compagnia. Non mi risulta che lord Tywin abbia mai contraddetto una delle sue promesse”.
Tyrion ebbe una fulminante visione di Shae che veniva decapitata, e ne rimase agghiacciato.
Dei, con tutti i soprusi che sono costretto a subire…perché volete anche privarmi di ciò che mi è caro?
“Così sia, allora” esclamò, spezzando anche gli ultimi indugi che lo incatenavano.
“Fa’ preparare una nave che possa salpare entro oggi. Io, nel frattempo, andrò a parlarle”.

 

 
Un leone non si arrende, mai.
Può succedere che una preda gli sfugga un secondo prima di agguantarla. Una, due, dieci, cento, mille volte può succedere.
Non importa, il leone continuerà a rincorrerla ogni giorno. Perché fa parte della sua natura, del suo istinto.
Del suo essere leone.
 
In questo, Shae era di gran lunga più leone (anzi, leonessa) di lui, nonostante dei due fosse proprio lui il Lannister.
L’astuzia, la testardaggine con cui, appena arrivata, riprese a corteggiarlo e tormentarlo, malgrado tutte le incomprensioni e le frasi sospese a metà degli ultimi giorni, era qualcosa che non riusciva a spiegarsi e a cui non sapeva dare un nome.
“Dove vuole possedermi oggi, il mio leone?” chiese lei sorridente, cominciando ad alzarsi la veste all’altezza delle cosce. Sansa non c’era e sapeva benissimo che si sarebbe assentata fino al tardo pomeriggio: in quelle ore del giorno passeggiava a lungo nei giardini, andava a pregare nel Parco degli Dei o se ne stava affacciata a un terrazzino ad osservare il mare, persa in chissà quali pensieri.
Il ritrovarsi da sola con Tyrion, per di più nella stanza di lui anziché nella propria, risvegliò in lei delle voglie che sapeva di avere in comune con l’altro; ciò che invece non sapeva era che l’aveva fatta venire lì perché, dopo essere stati scoperti da Cersei, non potevano più trovarsi entrambi nella stanza di lei.
Con aria mesta, quasi colpevole, il Folletto osservò le sensuali forme del corpo che aveva di fronte.
Potrebbe essere l’ultima volta.
Poi rinsavì e, come faceva ormai da settimane, si avvicinò a Shae per bloccarne i movimenti.
“Fermati. E non chiamarmi così. Non sono il tuo leone”.
Non sono il leone di nessuno. Sono solo un nano codardo.
“E come vuoi che ti chiami?” chiese lei di rimando, confusa da quell’improvvisa ruvidezza, ma ancora abbastanza ben disposta.
“Non dovrai più chiamarmi in nessun modo: questo è un addio, Shae”.
Lei credette d’aver sentito male: “un…cosa?”.
“Recati al porto: lì ti attende una nave, che salperà nel pomeriggio. Ti porterà a Pentos, dove avrai una casa ricca e persino una servitù a tua completa disposizione”.
“Ma che stai dicendo?!”.
“Non era forse il tuo sogno quello di partire per il continente al di là del mare?” domandò Tyrion, con una faccia di bronzo che avrebbe fatto invidia a quella di suo padre.
“Solo se tu sarai con me” specificò Shae in un mormorio che tuttavia rimbombò assordante nella mente del Folletto.
“Sai bene che sono un uomo sposato, dunque starò con mia moglie. L’ho lasciata sola già troppe volte e intendo recuperare il tempo perso…”.
“Lei non ti vuole” sibilò la donna, non volendo restare inerme davanti a quella farsa. “Non ti ha mai voluto”.
“Questo lascialo decidere a lei!”.
“Da cosa vuoi nascondermi? Cos’è che ti spaventa?”.
La tua testa su una picca, rispose Tyrion tra sé e sé.
“Non hai nulla da temere, desidero semplicemente che tu lasci la città”.
Aveva scelto di non rivelarle dell’ordine di Tywin: come aveva detto a Varys, era sicuro che non avrebbe preso sul serio quella minaccia, ovattata com’era da uno stallo imperturbabile che andava avanti da mesi…e inoltre, non poteva neanche escludere che avrebbe fatto qualche pazzia pur di tornare al proprio posto.
Una volta per tutte, capì che per allontanare Shae doveva farle credere che fosse davvero lui a volerlo.
 
“Non lo desideri affatto” disse lei, ostinata come sempre.
E aveva indovinato, come sempre.
Tyrion iniziò invece ad avvertire dei tremolii sottopelle: dubitava di riuscire a controllarsi ancora a lungo.
“Hai già avuto modo ultimamente di constatare che le cose tra di noi sono cambiate…”.
“Sono disposta a restare solamente come ancella di Sansa e a vederti solo in rare occasioni” propose, ma vedendolo scuotere la testa ed inspirare con vigore si fece ancor più pressante: “non puoi…”.
“Io non posso avere al mio fianco una puttana!” concluse Tyrion, con un tono che non ammetteva repliche.
Odiava l’aver dovuto ricorrere alla violenza verbale, ma sapeva che era l’unico modo per rendere irreversibile la propria decisione.
“Puoi dirmi ciò che vuoi, ma resti sempre una puttana! Con quanti uomini hai giaciuto prima che ci conoscessimo? Centinaia, forse migliaia!”.
Shae aveva il viso pallido e le lacrime pronte a fuoriuscire.
“E tu con quante puttane sei stato prima che ci conoscessimo?”.
“Tante” ammise il nano. “E sono stato bene con ognuna di loro, con te più che con tutte le altre, questo non lo posso negare…ma ormai ho abbandonato quel passatempo. Definitivamente”.
Strinse i pugni, come a spronare se stesso ad essere ancor più convincente: “tu…tu non sei degna di partorire i miei figli. Solo Sansa lo è”.
La voce di Shae era poco più che un sussurro: “di quali figli stai parlando?”.
“Controlla le lenzuola, se vuoi saperlo”.
 
Quelle parole furono per la donna l’annuncio di una tragedia. A piccoli passi si avvicinò al letto per verificare ciò che il suo cuore già da tempo temeva.
Tyrion diceva il vero: le lenzuola erano macchiate di sangue.
Shae cadde in ginocchio, cedendo a un pianto troppo a lungo represso e che, più che di liberazione, sapeva di prigionia.
“Come puoi vedere, ho consumato il mio matrimonio” annunciò il Folletto, ribadendo l’evidente. “Ci ho messo un po', questo è vero, ma finalmente ho fatto ciò che andava fatto”.
Shae non rispose: a quel punto, era inutile. A fatica, ancora tremante e in lacrime, si rimise in piedi, si voltò e si diresse ad ampie falcate verso la porta, incurante dello scalpore che avrebbe potuto generare in chi l’avrebbe osservata nei corridoi della Fortezza Rossa.
Tyrion invece non pianse: era troppo furibondo per farlo. Guardò per l’ultima volta quella donna, all’apparenza così semplice, quasi una formica in mezzo ai grandi nobili di Approdo del Re, che gli aveva cambiato la vita. Poi spostò lo sguardo sul palmo della propria mano destra, sulla cicatrice che si era procurato qualche ora prima, quando con un coltello s’era fatto un piccolo taglio per far fuoriuscire il sangue con cui sporcare le lenzuola.
 
“Voglio che mi scopi come se questa fosse la mia ultima notte in questo mondo”.
Fu questa la frase che le disse la prima volta che la vide. Presto davanti a lui ci sarebbero state spade, scudi, lance, cavalli, cavalieri, la guerra e forse la morte. Ma non gli importava, perché in quel momento davanti a lui c’era solo una donna che sembrava scesa dal cielo.
E allora, tanto valeva godersi ogni istante. Una filosofia di vita a cui, di lì a poco, avrebbe guardato con mille rimpianti.
“Il mio lord Lannister ha un aspetto che incute timore”.
“Il tuo lord Lannister ha l’aspetto di un nano balordo con una stupida armatura”.
“Cerca di non farti uccidere”.
“Dubito fortemente che io possa riuscirci. Ma nel caso in cui dovessi miracolosamente sopravvivere, gradirei davvero che tu restassi al mio fianco ancora per un po'”.
“Io sono tua…e tu sei mio”.

 

 
Quando rientrò nella Fortezza Rossa a sera inoltrata, si sentì sollevato come poche altre volte gli era capitato negli ultimi tempi.
Nascosto su uno dei tanti balconi della Collina di Aegon, aveva trascorso il pomeriggio ad assistere alla partenza della nave che avrebbe portato Shae a Pentos, per assicurarsi che tutto andasse come pianificato da Varys.
In lontananza, al riparo da altri eventuali sguardi rancorosi di lei, l’aveva vista sedersi sulla banchina, nell’attesa che i marinai terminassero di caricare la nave, e affondare il viso tra le mani, ancora incapace di ricacciare indietro le lacrime che le arrossavano gli occhi e le guance; aveva poi visto l’eunuco avvicinarsi a lei e rivolgerle qualche parola che doveva essere di conforto, ma che non aveva sortito l’effetto desiderato; e infine l’aveva vista rivolgersi con disprezzo e persino maleducazione a chiunque provasse ad informarla del viaggio che la attendeva, salire sull’imbarcazione e sparire definitivamente in una cabina.
Era stato uno strazio. Odiava la serva di Cersei per l’aver smascherato un rapporto che forse poteva ancora aggiustarsi, odiava suo padre e sua sorella per la loro perseveranza nel rendere la sua vita un inferno, ma più di tutti odiava se stesso, perché non riusciva ancora a ripagarli con la stessa moneta.
Ciò nonostante, sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Ora è al sicuro, si disse per cercare di dimenticare quegli orribili momenti. Se fosse rimasta al mio fianco, avrebbe rischiato la vita in ogni istante e l’avrei condannata a fare l’ancella per il resto dei suoi giorni.
Vivrà meglio, lontana da me.
 
Stava ancora cercando di convincersene quando varcò la porta delle proprie stanze. Trovò Sansa seduta al tavolo ma vide che non aveva toccato neanche una pietanza della ricca cena portata dalla servitù. Aveva un’aria interrogativa e allo stesso tempo triste.
“Sansa, perché non hai mangiato nulla? L’ora di cena è passata da un pezzo e credo che tutto quel cibo si sia raffreddato” esordì, notando che lei era invece riluttante a proferire parola.
Non si erano più parlati molto da quando era giunta loro la notizia della morte di Robb e Catelyn Stark. Sua moglie non aveva ancora superato il trauma (Non lo supererà mai del tutto, si rese conto) e lui non aveva ancora trovato un modo per farle davvero sentire la propria solidarietà.
“Non ho fame” rispose lapidaria la rossa, e Tyrion non insistette.
In compenso, la ragazza aveva in mano un foglietto di carta: lui lo adocchiò subito, ma fece finta di nulla, per fare in modo che, per una volta, fosse lei ad accennarvi per prima.
Solo quando fu di spalle, concentrato su delle scartoffie disordinatamente sparse sul mobile vicino al letto, Sansa si comportò come lui aveva previsto: “ho ricevuto una lettera oggi…da parte di Shae”.
Non poté vedere la sua reazione, ma certamente l’avrebbe confusa constatare che la notizia non suscitò in lui neanche una minima sorpresa.
“Davvero?” domandò il Folletto, voltandosi verso sua moglie che nel frattempo s’era messa in piedi con gli occhi ancora puntati su quella piccola pergamena. “E cosa dice?”.
La Stark, dopo qualche secondo di silenzio, iniziò dunque a leggere quanto impresso sul foglietto.
 
‘Cara Sansa, mi dispiace di dovertelo dire con una semplice lettera e di non averti potuto salutare un’ultima volta di persona, ma una nave mi attende al porto: sto per partire, lascerò Approdo del Re e Westeros per tornare nel continente dove sono nata, quello al di là del Mare Stretto. Ho saputo, grazie alle informazioni raccolte da lord Varys, che mia madre, che credevo morta da anni, è in realtà ancora viva: si trova a Pentos ora, e io desidero ricongiungermi con lei. Spero che la mia mancanza non ti arrechi nessun fastidio o problema, e che le ancelle che prenderanno il mio posto facciano bene il proprio dovere.
Auguro anche a te di capire cosa il tuo cuore desidera veramente, e di riuscire così a realizzare i sogni che ti sono rimasti. Sii forte anche per tua madre e i tuoi fratelli. Addio.
Shae’.
 
Anche dopo aver finito di leggere, Sansa continuava a fissare quelle parole, come se volesse scorgerne tutte le sfumature e i significati nascosti.
“Se n’è andata anche lei. Ultimamente sembra proprio che io sia destinata a stare da sola”.
Fin quando sarò in vita, non ti lascerò mai sola…fin quando sarò in vita, si ripromise Tyrion, ma preferì non esprimere quei pensieri ad alta voce per non destare ulteriori preoccupazioni, dato che, a quel punto, neanche lui poteva sapere per quanto ancora sarebbe rimasto in vita.
“Talvolta ho scambiato qualche parola con lei, ma non ho mai avuto modo di conoscerla per bene” finse lui. “Era una buona ancella?”.
“La migliore che abbia avuto” confermò Sansa. “Spesso mi è stata vicina quando mi sentivo persa per colpa…per colpa di Joffrey” indugiò per un attimo, sentendosi ancora fortemente inquieta nel nominare il re che tanto l’aveva fatta soffrire, “e qualche volta mi ha anche dato dei consigli utili”.
Il Folletto fu sul punto di chiederle di che tipo di consigli parlasse, ma qualcosa già sapeva e infondo non gli importava poi molto: ciò che contava davvero era che sua moglie avesse un buon ricordo di Shae.
“Eppure qualcosa non mi torna” riprese Sansa dopo un po'. “Sono abbastanza sicura che Shae non sapesse scrivere”.
“Potrebbe essersi rivolta a qualcuno che sa farlo per far mettere nero su bianco ciò che lei dettava” ipotizzò Tyrion.
Sansa continuava a non esser convinta, ma non avanzò altri dubbi.
Ciò che la ragazza non sapeva era che quella lettera era stata scritta dallo stesso Tyrion, per sfuggire alle domande che lei le avrebbe rivolto e a cui lui, stavolta, non avrebbe potuto rispondere.
“E su quel che c’è scritto cosa mi dici?” si limitò a chiedere il Lannister.
“Non mi aveva mai parlato di sua madre. Una volta mi disse che suo padre la trattava male, la costringeva a stare in cucina tutto il giorno e ha persino provato ad abusare di lei. È per questo che è fuggita a Westeros…ma di sua madre non ha mai detto niente. Forse pensava davvero che fosse morta…”.
Un’amara smorfia comparve sulle sue labbra: anche a lui aveva raccontato la stessa storia.
Evidentemente il rapporto tra lei e Sansa era più vero di quanto immaginassi.
“So cosa si prova ad avere un padre che ti umilia” disse il Folletto, sempre più cupo. “Se ha trovato il coraggio di mandarlo all’inferno e andarsene per la propria strada, deve essere davvero una donna forte”.
“Lo è”, confermò Sansa. “Ma ha fatto bene a tornare da sua madre. Potrebbe essere l’ultima occasione che ha per rivederla”.
Una minuscola lacrima scese lungo le gote bianchissime della rossa, che si affrettò a rimuoverla. Il ricordo di Catelyn era ancora vivido in lei.
Tyrion passò dalla rabbia alla desolazione fino alla pietà: pietà per la sua moglie ragazzina, rimasta con nulla in un’età in cui si dovrebbe aver tutto, e pietà per la donna che non aveva smesso neanche per un istante di amarlo e che lui aveva appena mandato via, talmente lontano che non l’avrebbe mai più rivista.
Tentò allora di divagare, per alleggerire l’atmosfera ed evitare a sua moglie il pensiero delle Nozze Rosse: “non sapevo aveste questo rapporto così stretto, tu e lei”.
“A lei ho rivelato molte cose, a differenza che alle altre ancelle, perché sentivo di potermi fidare. E lei non ha mai tradito la mia fiducia” raccontò Sansa. “Inoltre, ha sempre avuto un debole per te”.
Il Folletto credette di vederla sorridere, mentre a lui venne un nodo alla gola.
“Ah si? Beh…non so propria cosa possa aver visto di speciale in un nano”.
“Evidentemente per alcune persone non conta che tu sia un nano”.
Quella frase lo colse alla sprovvista.
Stai parlando di Shae…o di te?
“In ogni caso, devo ammettere che mi mancherà” concluse Sansa, mettendosi lentamente a sedere sul letto.
Dopo qualche istante, suo marito la raggiunse, stendendosi poco distante.

Anche a me…anche a me.

Salve a tutti!
Eccomi con un nuovo aggiornamento di questa storia che è il mio diletto e al contempo la mia rovina...
Un capitolo quasi interamente dedicato a Shae, lo avreste mai detto?
Ebbene, l’ex “grande amore” di Tyrion è un personaggio che alla maggior parte di voi (ho constatato) sta antipatico, ma che a me ha sempre incuriosito…d’altra parte vi avevo anticipato che presto per lei ci sarebbe stata una svolta, e se dovevo farla uscire di scena, dovevo farlo per bene!
Sarà un addio…o un arrivederci?
Detto ciò, qualunque recensione o commento sul capitolo, come sempre, è ben accetto.
Alla prossima!
P.S.: anche se con una settimana di ritardo…buon 2020!
   
 
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