Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Voglioungufo    08/01/2020    2 recensioni
ObiNaru | Post699 | What if? | Accenni SakuHina
"Hai notato il modo in cui Obito guarda Naruto?"
"L'unico a non averlo notato è Naruto".

Quando un vaso viene rotto spesso i frantumi non combaciano più e anche incollandoli fra loro è impossibile riottenere il vaso, restano crepe che disperdono il suo contenuto, resta rotto. Per questo le persone li buttano via e quando succede io li prendo. Saldando i vari pezzi con lacca dorata il vaso può essere riutilizzato, anche se le crepe resteranno, anche se si noterà che è stato rotto, che non è più lo stesso vaso.
La Kintsugi è un’antica tradizione che ormai si è persa, sembra che nessuno abbia più la pazienza di ammirare la bellezza di qualcosa di rotto. Eppure, questi vasi sono belli proprio per queste cicatrici d’oro, non trovi giovanotto?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

III

Sei tu e il tuo mondo ed io sono intrappolato nel mezzo

 

 

Gli faceva male la testa, come se Sakura avesse passato tutta la notte a prenderlo a pugni. Il fatto che Kurama gli bestemmiasse contro per aver ridotto entrambi in quello stato non aiutava la situazione. Senza contare il senso di nausea nello stomaco vuoto, la gola secca,  la lingua impastata nel palato e il saporaccio orribile che aveva in bocca.
C’era un solo lato positivo: il buonissimo odore di pane tostato che veniva dalla cucina. Qualcuno gli stava preparando la colazione e, forse, aveva anche qualcosa che potesse fargli passare l’emicrania.
“Obito?” biascicò tentando di alzarsi con gli occhi chiusi.
Era il primo nome che gli veniva in mente, visto che da quanto ricordava era stato l’uomo a trascinarlo semi-incosciente nel suo appartamento e lo aveva messo a letto. A quel pensiero il suo cervello gli ricordò un’altra cosa e quasi si strozzò con la propria saliva.
Aveva… baciato Obito?
Seppellì il volto tra le mani e gemette, certo di essersi confuso – del resto la sua memoria non era poi così affidabile dopo una certa quantità di alcool in corpo. Ma ricordava chiaramente di avergli preso il volto tra le mani, cercando di capire perché in quel momento lo trovasse così attraente, e aver di conseguenza spinto a incontrare i loro volti. Ricordava che aveva fatto male alla testa – da quando baciare fa male, dattebayo? – e più importante che l’altro si era ritratto subito guardandolo sconvolto.
“Perché lo hai fatto?” era sicurissimo avesse chiesto, una reazione che evidenziava abbastanza chiaramente che quel suo gesto non era stato apprezzato.
Desiderò venire inghiottito dal letto, forse poteva chiedere asilo al Monte dei Rospi e sparire per sempre dalla faccia della terra raggiungibile.
Perché l’ho fatto?
Non c’era nessun motivo razionale per fare qualcosa del genere, senza contare quanto gli risultava strano aver baciato Obito. Obito! Uchiha Obito! Era così assurdo che non riusciva proprio a capacitarsene.
Ma quel che era peggio era che Obito si trovava nell’altra stanza e gli aveva preparato la colazione. No, non poteva uscire da lì! Doveva continuare a fingersi morto per l’alcool e sperare che se ne andasse. Non poteva affrontarlo, sicuramente voleva spiegazioni e lui non ne aveva, dannazione!
“Naruto?” si sentì chiamare interrogativo dall’altra stanza e lui squittì terrorizzato, troppo per rendersi conto che effettivamente quella non era la voce di Obito.
Se ne rese conto solo quando vide Iruka fare capolino nella stanza.
“Oh, bene, ti sei svegliato” commentò.
Il senso di sollievo fu così dirompente che, ignorando la nausea e le fitta alla testa della sbornia, Naruto si scaraventò ad abbracciarlo con affetto.
“Maestro!” lo salutò con le lacrime agli occhi, così sollevato che fosse lui e non qualcun altro. “Mi hai fatto la colazione?”
Iruka era il suo angelo custode, non c’era altra soluzione, sapeva sempre quando aveva bisogno di lui.
L’uomo più grande ridacchiò a quell’esuberanza.
“Come va con la testa?” chiese arruffandogli i capelli.
“C’è una piccola Sakura-chan che sta cercando di romperla” sbiascicò.
“Vediamo di calmarla, allora” lo rassicurò e lo guidò quindi verso la cucina. Come aveva testimoniato l’odore, Iruka gli aveva preparato la colazione e Naruto sentì lo stomaco aprirsi dalla fame davanti alla tavola imbandita di pane tostato e biscotti.
“Bevi acqua e mangia solo cose secche,” ordinò Iruka, “appena ti sarai riempito lo stomaco ti darò una pastiglia”.
Lo guardò riconoscente mentre si sedeva al suo posto e prese una fetta di pane con la marmellata già spalmata. Certo, preferiva fare colazione con il ramen, ma si rendeva conto che non era il caso di mettere alla prova il suo stomaco dopo quanto aveva bevuto.
“Che ci fai qui?” chiese comunque. “Non dovresti essere da Kakashi a fargli da baby-sitter?” aggiunse ricordando l’effettivo ruolo che aveva accanto al pigro maestro, che tentava in ogni modo di sfuggire alla burocrazia più noiosa.
“Mi ha dato il giorno libero dopo avermi avvertito che ieri notte non ti sei dato un freno,” e nel dirlo lo guardò con rimprovero, “perciò sono venuto a vedere come stavi”.
“Oh, che caro Kakashi-sensei!” cinguettò. “Si preoccupa per me”.
Stava tentando in ogni modo di mostrarsi di buon’umore nonostante la testa spaccata a metà e la coscienza che sghignazzava a sue spese ripetendo in una cantilena: hai baciato Obito e ti ha rifiutato, hai baciato Obito e ti ha rifiutato, hai baciato Obito e ti ha rifiutato…
“Iruka-sensei,” chiamò cercando di dissimulare nonchalance, si finse in particolare più concentrato a spalmare la marmellata, “i baci da ubriaco non contano, vero?”
Sperava che la domanda non risultasse strana, quasi scambiabile come futile conversazione, ma catturò un po’ troppo l’attenzione di Iruka.
“Chi hai importunato?” indagò.
Al che lo guardò offeso. “Perché devo essere stato io? Magari sto parlando di qualcun altro!”
Lo guardò eloquente, ricordandogli che era sempre lui quello che combinava il guaio. Purtroppo aveva ragione.
“Obito” sospirò vinto, lo sguardo basso come se la marmellata sul pane fosse l’unica cosa degna di interesse.
Ci fu un lungo silenzio in cui Naruto ebbe il forte impulso di gettare il pane addosso a Iruka come diversivo e scappare dalla finestra, ma l’uomo parlò prima che potesse mettere in atto il suo ingegnoso piano.
“Obito ti ha baciato?”
Arrossì, imbarazzato a doverlo contraddire. “Io ho baciato Obito” borbottò.
“…Oh” commentò preso in contro piede. “E… e lui ha, ehm, apprezzato?” domandò allargandosi il coletto della maglia. Del resto non doveva essere facile tenere una conversazione del genere con quello che consideravi il tuo figlioccio.
Il rossore si accentuò sulle guance di no. “No, direi di no” ammise colpevole.
Ancora una volta Iruka lo guardò di stucco.
“No? Obito non ha apprezzato?” Fece uno sguardo davvero confuso. “Ma ne sei sicuro?”
Sentì un moto di stizza. “Direi di sì visto che si è staccato subito e mi ha guardato come se gli avessi lanciato addosso un topo morto” sbottò infastidito da quella realizzazione. 
Okay, si pentiva di averlo fatto e sperava di trovare un modo per viaggiare nel tempo a impedire che succedesse, ma – dattebayo! – la reazione era stata troppo esagerata, manco lo avesse colpito con una testata, nessuno poteva rifiutare in quel modo un bacio di Uzumaki Naruto! Ne andava del suo onore. Poteva rifiutarlo in modo più gentile, magari ringraziandolo ma declinando in quanto non era il suo tipo, anche se Naruto era sicuro di essere il tipo di chiunque.
Si riscosse dai suoi pensieri per notare che Iruka continuava a guardarlo dubbioso, quasi incredulo.
“Questo è strano…” disse infatti. “Avevi mai pensato a Obito… in quel senso?” chiese arrossendo un poco a sua volta.
“Be’, no” rispose senza nemmeno pensarci da quanto era ovvio. “Non ho mai  pensato una cosa del genere. Non so che mi sia preso”.
“Uhm…” borbottò il suo confidente. “Che cos’è allora per te?”
“Cos’è… per me?” ripeté confuso, poi si strinse nella spalle. “È Obito, un amico e un compagno con il quale mi trovo particolarmente bene”.
Anche se a quell’ultimo pensiero si oscurò, non aveva mentito nel dire che gli piaceva passare del tempo con lui, ma… c’erano delle cose che un po’ lo facevano tentennare.  Non erano tanto in momenti in cui la sua mente lo tradiva, ricordandogli che chi aveva davanti era l’assassino dei suoi genitori, l’uomo che aveva tentato di distruggerlo in ogni modo, perché Obito aveva dimostrato di essere cambiato, di non essere più quella persona e lui lo aveva perdonato già molto tempo prima. Era altro.
“Che cosa c’è?” chiese Iruka intercettando la sua espressione inquieta.
“A volte stare con lui è frustrante” ammise, deciso a vuotare il sacco. Non ne aveva mai parlato con nessuno ed era arrivato il momento di sfogarsi, Iruka era la persona perfetta con cui farlo.
“Frustrante?” ripeté per invogliarlo a spiegarsi meglio, al che annuì con convinzione.
“Non litighiamo mai!” quasi sbraitò.
Invece di spiegarsi come avrebbe dovuto, lo lasciò ancora più confuso.
“E non è un bene?”
“No! Cioè!” ritrasse rendendosi conto di quanto dovesse suonare male e si imbronciò. “Il problema è che non osa mai contraddirmi, mi dà costantemente ragione quando è evidente che è contrariato. Cerca in ogni modo di evitare le discussioni con me ed è… frustrante!” ripeté, strinse le labbra in una smorfia. “Mi sembra non mi prenda sul serio, che mi tratti come un bambino da accontentare, che non mi consideri al suo livello e mi sembra stia ancora evitando la realtà, che si nasconda ancora dietro una maschera, che…”
“Okay, ho afferrato” lo interruppe Iruka prima che potesse stilare una lista chilometrica. A Naruto però non piacque essere bloccato e incrociò le braccia al busto, i capelli spettinati gli davano un’aria ancora più arruffata.
“È come se avesse messo un vetro tra noi. Anzi, è come se abbia paura di rompermi!” riassunse ispirato.
Iruka sospirò. “Non credi che lo faccia perché si sente in colpa nei tuoi confronti?”
Sgranò gli occhi perplesso. “In colpa? Si sente in colpa?”
“Per quello che… sai…” distolse lo sguardo imbarazzato di ricordargli quelle cose, “per quello che ti ha fatto…”
Naruto strinse le mani a pugno. “Sì, avevo capito” borbottò. Sapeva di non brillare di intelligenza, ma non era nemmeno così ottuso da non aver capito a che cosa facesse riferimento!
“Be’, non dovrebbe lasciarsi influenzare dai sensi di colpa. È acqua passata” decretò massaggiandosi la fronte. La testa gli pulsava troppo dolorosamente per sostenere quel genere di conversazione, aveva proprio scelto il momento sbagliato per sfogarsi, e quello che sentiva sotto i polpastrelli era davvero un bernoccolo? Adesso l’alcool faceva anche spuntare i bernoccoli?
Iruka addolcì lo sguardo. “Ha tentato di ucciderti, non è una cosa facile con cui fare i conti”.
“Ma se per me non è più un problema, perché dovrebbe esserlo per lui?!” sbottò.
“Per certe persone è davvero difficile perdonare se stessi. Obito non sembra una persona in grado di farlo”.
Naruto non sembrava convinto.
“Anche Sasuke ha tentato di uccidermi e sono sicurissimo che si senta una merda per questo”, ignorò l’inarcarsi delle sopracciglia dell’uomo al suo francesismo, “ma continua a trattarmi come ha sempre fatto, non con le pinze!”
Effettivamente, Iruka si stava chiedendo quanto ci volesse ancora perché nominasse l’altro Uchiha. Per questo motivo aveva già preparato la risposta.
“Le cose tra te e Sasuke sono diverse, siete amici d’infanzia, eravate migliori amici già prima che lui lasciasse il villaggio” gli fece notare.
“Ma cosa c’entra?”
“Naruto, hai sempre detto che qualsiasi cosa avesse fatto non avresti smesso di volergli bene, perché era il tuo primo legame, il tuo migliore amico. C’è una base su cui Sasuke sa di poter fare affidamento” spiegò meglio. “Obito questa sicurezza non ce l’ha. Non hai mai conosciuto la persona che era prima, non hai nessun motivo per perdonarlo davvero. Non c’è nulla di positivo che vi leghi”.
“Questo non è vero” protestò con gli occhi spalancati. “Condividevamo lo stesso sogno, mio padre era il suo maestro!”
“Sogno che ha distrutto e rinnegato” ribatté pacato senza aggiungere altro, non serviva ricordare invece cosa aveva fatto al suo maestro, a suo padre.
Infatti Naruto contrasse lo sguardo, visibilmente ferito.
“Anche se ha sbagliato, si è pentito di quello che fatto e ha cercato di rimediare, ha rimediato” tenne il punto. “Mi sembra un ottimo motivo per perdonarlo e andare avanti”.
Iruka non rispose subito, si prese qualche secondo per pensare a quanto fosse fiero del ragazzo che aveva davanti. I suoi occhi azzurri erano limpidi e onesti, pensava davvero quello che diceva e, soprattutto, ci credeva. Non molte persone avrebbero sostenuto quella linea con la stessa fermezza, la fiducia che riponeva nelle persone era solo che ammirevole.
“Devi dare del tempo a Obito perché possa farlo anche lui” risolse alla fine e sorrise. “Tu puoi aiutarlo in questo”.
Naruto sbuffò e si accasciò sullo schienale. “Certo, come no. Soprattutto dopo ieri sera” gemette e si coprì il volto con le mani. “Non avrò più il coraggio di guardarlo in faccia” piagnucolò.
Iruka lo guardò con divertito affetto. “Non esagerare. Basta parlarne e si risolverà tutto”.
“Magari non vuole più parlarmi. Magari ora mi odia”.
Fu difficile trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. “O magari spera proprio che tu chiarisca con lui il perché lo hai fatto”.
“Non lo so!” sbottò. “Non so che mi sia preso, mi era sembrata solo la cosa migliore da fare e non so perché io lo abbia pensato, voglio dire ero ubriaco, nessuno dovrebbe pretendere che un ubriaco sappia quello che fa dattebayo” terminò.
“Diglielo allora” obiettò ragionevolmente.
“Come se fosse così semplice” borbottò di nuovo depresso.
Iruka scossa la testa e non disse altro mentre portava un antidolorifico per i postumi della sbornia. Dubitava fortemente che Obito fosse arrabbiato per quel bacio, anzi tutt’altro. Non era stupido e come molte altre persone aveva notato che genere di interesse provasse l’Uchiha nei confronti del suo allievo preferito. Non era qualcosa che lo faceva saltare di gioia, ovviamente, ma sapere che non aveva approfittato di lui mentre era ubriaco – nemmeno dopo che lo aveva baciato – glielo fece rivalutare.
Naruto aveva ragione del resto: Obito aveva rimediato e aveva dimostrato di essere un bravo ragazzo.
 
Obito era in ritardo, una piccola costante che non era cambiata in tutti quegli anni. Ma considerando che doveva incontrarsi con Kakashi non era poi così preoccupato, gli dava fastidio solo sapere che Sasuke era già lì e che gli avrebbe rinfacciato l’orario.
Be’, non era colpa sua se aveva un lavoro ingrato da sbrigare da solo visto che non aveva nemmeno pensato di chiedergli se avesse bisogno di aiuto nel decifrare quelle dannate pergamene. L’unica consolazione era che ritardando di oltre due ore era riuscito a diminuire di molto il mucchio che Naruto aveva scovato.
Appena pensò al ragazzo, il suo volto divenne impassibile. In realtà c’era un altro, e più vero, motivo per cui aveva tardato così tanto prima di uscire di casa verso il palazzo dell’Hokage. Il giorno prima Naruto aveva promesso che sarebbe passato ad aiutarlo ancora, ma aveva continuato ad aspettarlo senza che si presentasse. Forse doveva ancora recuperare la notte brava, o forse la sera prima aveva fatto qualcosa che lo aveva infastidito. Fu piuttosto facile ignorare la prima e più probabile ipotesi per commiserarsi nella seconda.
In realtà era meglio così. Se fosse venuto poi avrebbe dovuto spiegare perché Kakashi aveva convocato lui e Sasuke e perché lui non poteva venire. Non gli piaceva tenergli nascosto qualcosa, ma in quel caso era meglio che Naruto non si mettesse in mezzo, sicuramente avrebbe protestato e sapeva che se lo avesse fatto non sarebbe riuscito a contraddirlo. Naruto aveva quella brutta capacità di convincerlo a cui lui si abbandonava senza combattere.
Volevano  demolire il quartiere Uchiha per poter creare un nuovo complesso residenziale. La popolazione di Konoha era in aumento e cominciavano a stare stretti tra le mura, cosa ridicola considerando che esisteva un intero quartiere non utilizzato. Ovviamente le case erano già state messe in vendita, ma nessuno aveva osato andare a vivere in quelle abitazioni maledette. Il Consiglio aveva quindi proposto di buttare giù tutto e ricominciare da zero, nella speranza che quello avrebbe fermato le superstizioni. Per far ciò ovviamente c’era bisogno del permesso degli unici due residenti ed eredi del quartiere.
Per Obito accettare una proposta simile era stato fin troppo semplice. Per quanto da piccolo ripetesse fiero di essere un Uchiha e quindi erede di grandi tecniche, non aveva mai provato vera fierezza per il proprio clan. Del resto era cresciuto senza genitori, senza qualcuno che potesse insegnargli vero orgoglio per il suo retaggio. Considerando poi che non era mai stato visto di buon occhio tra gli Uchiha e che l’unico parente che gli aveva fatto da mentore lo aveva in realtà manipolato per i propri scopi, non si stupiva di non provare un minimo di affetto per il suo Clan.
Senza contare che se era riuscito a sterminarlo al fianco di Itachi senza provare rimorso, non si sarebbe disperato per qualche casa vuota demolita.
Ma era certo che lo stesso non sarebbe valso per Naruto. Poteva sentirlo distintamente sbraitare nella sua testa mentre protestava che stava abbandonando il suo passato – ancora una volta – e che quel luogo era comunque la sua casa ed era ingiusto che rinunciasse in quel modo rassegnato.
Si fermò rendendosi conto che la figura bionda non era solo nella sua testa, ma anche a qualche passo da lui.
“Naruto?” lo chiamò vedendolo bighellonare alle porte del quartiere.
Quello sussultò, come se fosse stato beccato a compiere qualche infrazione.
“Oh, Obito!” quasi urlò cercando di sembrare disinvolto, ma il modo in cui portò la mano tra i capelli tradì il suo nervosismo. “Stavo venendo da te, ma tu stai andando da qualche parte?”
“Da Kakashi” spiegò osservandolo attento.
“Oh, pazienza! Allora ti lascio andare, sarà per un’altra…”
“Facciamo la strada insieme” lo interruppe. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per approfittare anche solo di alcuni minuti con lui.
Naruto sorrise forzato. “Certo, sicuro! Ti accompagno, nessun problema…”
Decisamente c’era qualcosa che non andava. Forse aveva indugiato un po’ troppo la notte prima quando lo aveva spogliato e se ne ricordava, perciò si sentiva in imbarazzo in sua presenza.
Iniziarono a camminare in quel silenzio nervoso, a cui riuscì a resistere solo per un manciata di minuti.
“Va tutto bene?” si assicurò.
Naruto scattò come se lo avesse punto con uno spillo.
“Sì, benissimo, dattebayo!” strepitò agitandosi con le braccia, poi però gli rivolse uno sguardo colpevole. “No, in realtà ecco volevo scusarmi per ieri sera, per quello che ho fatto”.
Lo guardò sempre più confuso. “Non occorre, eri ubriaco…”
“Sì, ma mi dispiace, okay? Non volevo offenderti o disgustarti, non so perché io lo abbia fatto, mi era sembrato sensato farlo ma non è che le cose degli ubriachi abbiano davvero senso, è stato stupido e impulsivo, quindi mi dispiace davvero per favore non essere arrabbiato con me” terminò quasi senza respirare, come un testo senza virgole.
Obito era sicuro di non aver affatto seguito correttamente il ragionamento. Pensò quindi di frenarlo prima che ricominciasse a parlare.
“Non… non sono arrabbiato con te” gli fece presente, era ridicolo anche solo lo pensasse!
“No?” spiò incerto Naruto in un’espressione adorabile a cui fece davvero fatica a resistere.
“No” ripeté, poi fece un sorriso per provare ad alleggerire l’aria. “Certo, la testata potevi risparmiarla. Ha fatto male” scherzò.
Ma Naruto lo guardò con tanto di occhi. “La… testata?”
“Sì” annuì accigliandosi. Non si stava scusando per quella?
Molto probabilmente no visto l’espressione che aveva Naruto, come se una realizzazione gli fosse piovuta dal cielo.
“Ti ho dato solo una testata?” chiese quasi speranzoso.
La situazione era sempre più strana, confermò ancora mentre il bernoccolo che aveva sulla fronte pulsava come un memento.
“Una testata fortissima” specificò.
Ma Naruto non sembrava davvero dispiaciuto, lo guardava piuttosto come se fosse una rivelazione mistica e, confondendolo ancora di più, sorrise.
“Una testata,” sospirò con sollievo, “non ti ho baciato. Era solo una testata”.
Si fermò in mezzo alla strada, così all’improvviso che Naruto fece ancora qualche passo prima di rendersene conto. Si voltò a guardarlo ed era rosso sulle guance, doveva essersi conto di quello che aveva detto e quell’imbarazzo confermò a Obito che aveva sentito bene.
Naruto si stava scusando per un bacio? Credeva di averlo baciato?
Ricordò il modo in cui aveva appoggiato le mani sulle sua guance, la pressione che aveva fatto sulla pelle prima di spingere i loro visi e capì che quello che aveva cercato di fare era baciarlo. Non dargli una testata, quella doveva essere stato un incidente dall’alcool. Per questo Naruto credeva di averlo baciato, perché l’intenzione era stata quella.
Ci mise più di qualche secondo a raccogliere i propri pensieri e riuscire a formulare qualcosa, secondi in cui Naruto si guardò disperatamente intorno in cerca di un appiglio per cambiare conversazione.
“Perché volevi baciarmi?” chiese stupito.
Era la domanda più ovvia e razionale da fare, anche se era difficile ignorare il battito accelerato del proprio cuore. Aveva passato così tanto tempo ad anestetizzarlo, insieme a ogni possibile sentimento, che non sapeva più gestirne uno nuovamente funzionante. Si poteva sentire il rumore sordo dei battiti contro le cassa toracica?
“Ero ubriaco!” strepitò Naruto come se lo avesse accusato. “Te l’ho detto, non c’è un perché. E poi non è successo, non è più importante” concluse dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. “Lasciamo stare”.
Lo guardò, chiedendosi se fosse così tanto masochista o meno da alimentare la fiammella di speranza che si era accesa nel suo petto. Forse aveva ragione, del resto era comune fare cose assurdi da ubriachi che da sobri non si avrebbero mai fatto, ma c’era anche il detto che nell’alcool ci fosse la verità…
Voleva chiedergli qualcosa in più, voleva sapere se dietro quell’azione impulsiva che Naruto diceva essere senza un perché ci fosse in realtà un significato. Se, forse, una minuscola parte di lui aveva dei sentimenti che potevano sbocciare…
Però era evidente che Naruto non volesse parlarne, sicuramente il motivo per cui non si era presentato fino a quel momento da lui era perché aveva tentato di rimandare l’argomento. Non voleva parlare di quella cosa, era ovvio che ne fosse imbarazzato e il sollievo nel sapere che non era successo era così trasparente da rispondere da solo alla domanda di Obito. Non c’erano potenziali sentimenti.
“Va bene” acconsentì mesto riprendendo a camminare.
Non avrebbe mai forzato Naruto a fare o dire qualcosa che non voleva solo per bisogno personale. Non sarebbe stato così egoista, avrebbe tenuto la fiammella di speranza a bada senza costringerlo in qualcosa che lo metteva a disagio.
Ma Naruto lo guardò corrucciato mentre lo affiancava di nuovo.
“Davvero?” indagò con tono sconcertato. “Lasci davvero stare? Non ti interessa?”
Obito distolse lo sguardo mentre rispondeva, temendo che potesse leggergli negli occhi quanto invece morisse dal desiderio di sapere di più.
“Non è importante” mentì con disinvoltura.
E con altrettanta disinvoltura sentì un pugno schiantarsi contro la sua mascella.
Impreparato a quell’azione aggressiva da parte del compagno — e dall’incredibile forza che ci aveva messo nel colpirlo – perse l’equilibrio cadendo per terra, sul piccolo prato che fiancheggiava la strada. I suoi riflessi ninja gli permisero di attutire la caduta, ma non di diminuire il dolore alla guancia. Ci appoggiò una mano, accorgendosi del gusto ferroso in bocca: il colpo era stato così forte che l’interno della guancia si era lacerata scontrandosi con i denti. Non ebbe nemmeno il tempo di realizzarlo pienamente che Naruto si scagliò ancora contro di lui, un altro pugno teso per colpirlo. Abbandonò la confusione per attivare lo sharingan e rispondere allo scontro che a quanto pare era appena iniziato. Smaterializzò ogni parte di sé che Naruto tentava di colpirlo, sfuggendo ai suoi tentativi di bloccarlo in una posizione di svantaggio. Riuscì a vendicarsi del suo primo pugno colpendolo con un calcio allo stomaco, dovette essere molto doloroso, ma Naruto non si lasciò minimamente indietreggiare.
“Sei un cazzone!” sbottò invece tornando all’attacco.
“Che diavolo ti è preso?” riuscì a gridare a sua volta prima di dover trasferire un lato del volto sulla sua dimensione. Naruto non sapeva proprio controllarsi, né in battaglia né in allenamento, se non avesse avuto il kamui ad aiutarlo tutti quei colpi avrebbero fatto davvero male.
“Che prende a te?!” girò la domanda Naruto riuscendo finalmente a bloccarlo al suolo. Ma Obito rimase in quella posizione di svantaggio solo un secondo prima di teletrasportarsi in un punto più lontano.
“Sei tu quello che mi colpito!” sbottò incredulo che gli girasse la frittata. La sera prima lo aveva preso a testate, adesso a pugni, che diavolo gli prendeva tutto d’un colpo?
“Ti avevo promesso che ti avrei distrutto quella maschera”, berciò in risposta, “e io mantengo sempre le promesse, ‘tebayo!”
Quello risposta lo confuse e lo inchiodò a terra, pietrificato dal ricordo, e per questo non riuscì a reagire prontamente quando Naruto si scagliò ancora una volta verso di lui.
 
Il colpo non andò a segno.
Una gigantesca mano scheletrica e fiammeggiante di viola aveva intercettato il balzo di Naruto afferrandolo in aria. Quella tecnica non poteva che essere una formazione parziale di Susanoo e infatti Obito individuò subito Sasuke a qualche passo da loro. Aveva un’espressione infastidita.
“Che cazzo state facendo?” sibilò infatti.
“Non metterti in mezzo, teme!” sbraitò Naruto tentando di liberarsi da quella presa.
Sasuke lo guardò con sufficienza e volse gli occhi inespressivi sull’altro Uchiha.
“Allora?” chiese acido. “Perché invece di essere dall’Hokage dove ti stiamo aspettando da due ore sei qui a fare il bambino con questo idiota?”
“Stavo venendo,” si difese, “ma sono stato aggredito”.
Al che si voltò verso l’idiota che sapeva essere l’unico vero colpevole della situazione. Per quanto Obito avesse dimostrato una certa propensione all’idiozia e un temperamento simile a quello del dobe, i geni Uchiha che possedeva dovevano pur significare qualcosa.
Allo sguardo accusatorio Naruto si imbronciò e ripeté: “Non metterti in mezzo”. Poi aggiunse: “Fammi scendere”.
Sollevando gli occhi al cielo, lo accontentò ma si premurò di appoggiarlo il più lontano possibile da Obito. Fortunatamente, l’usuratonkachi non sembrava più propenso a menare i pugni e si limitò a incrociare le braccia al petto con sdegno. Sasuke decise che non si sarebbe messo in mezzo, non nutriva nessun interesse sul perché Naruto avesse preso a pugni Obito quando gli era sembrato di capire che andassero  d’amore e d’accordo.
“Vogliamo andare?” chiese quindi sbrigativo al parente.
“Posso venire con voi?” domandò Naruto.
“No” lo freddò senza possibilità di appello. “Non è qualcosa che ti riguarda, non metterti in mezzo” calcò le sue stesse parole.
Colpito e affondato, Naruto non replicò nulla e poté solamente chiudersi in un broncio offeso. Be’, se voleva fare a gara a chi era più cocciuto non si sarebbe tirato indietro.
Sasuke accennò un sorriso di superiorità, certo della vittoria schiacciante, e si voltò senza controllare che Obito lo seguisse. Sentì i suoi passi dietro di sé poco dopo e a giudicare dal ritmo Naruto era davvero rimasto indietro, lasciandoli soli.
Corrucciò la fronte pensoso rendendosi anche conto che Obito stava pestando il marciapiede in modo fin troppo aggressivo. Voltò la testa al suo fianco per accorgersi che lo stava guardando nello stesso modo bellicoso in cui camminava. Inarcò un sopracciglio per invogliarlo a spiegarsi.
Obito non dovette farsi pregare.
“Perché devi essere sempre così freddo con lui?” sbottò.
“Non so di che parli”.
“Tratti continuamente Naruto di merda”.
Quel commento lo infastidì ulteriormente, non gli piaceva che la gente si mettesse in mezzo fra loro due e soprattutto sindacasse sul suo comportamento.
“Naruto non lo pensa allo stesso modo,” gli fece notare, “quindi puoi immaginare da solo quanto mi interessa la tua opinione in merito”.
Lo vide contrarre la mascella.
“Sei arrogante” replicò.
“L’unico arrogante qui sei tu, che parli senza sapere niente, quindi: taci” perse definitivamente la pazienza.
In quei pochi giorni a Konoha non si era solo reso conto dell’infatuazione di Obito per Naruto, ma anche quanto fosse geloso e, soprattutto, quanto fosse geloso di lui. Il fatto che ora lo stesse accusando che non gli importava abbastanza di Naruto era la goccia di troppo, soprattutto contando che in tutto il mondo solo due erano le persone di cui gli importava qualcosa: una era Sakura, l’altra Naruto.
Quindi poteva evitare di riversargli contro la sua frustrazione solo perché a differenza sua non riusciva ad avvicinarsi a Naruto come voleva.
Obito però non sembrava aver perso la voglia di litigare.
“Posso assicurarti che il tuo comportamento lo fa soffrire” masticò rabbioso.
Se non fosse stato incazzato, avrebbe riso.
“Cos’è? Sei il suo speciale confidente del cuore?” commentò con ampio sarcasmo.
“No” ammise Obito. “Ma ieri sera da ubriaco ha detto qualcosa. Si è chiesto perché tu te ne andassi sempre, lasciandolo ogni volta solo”.
Sasuke si bloccò, questa volta le parole avevano raggiunto il loro segno. Alzò di nuovo gli occhi su Obito.
“Ha parlato proprio di me?” si assicurò. “Ha detto il mio nome?”
La smorfia sul volto del più grande gli fece capire che non era così.
“Sei l’unica persona che lascia il villaggio regolarmente che gli sia così vicina. Non serviva facesse il nome per capirlo” obiettò.
Rimase zitto, meditando su quelle parole. In realtà, era certo che avesse capito male o frainteso quello che il dobe aveva detto. Lo sapeva perché ne aveva parlato con Naruto, ancora quando era partito la prima volta, riguardo il suo non restare al villaggio. Poco prima di partire gli aveva chiesto scherzosamente, anche se con una certa ansia, se lo avrebbe seguito ancora. Il fatto che aveva risposto “no” con serenità lo aveva stupito, ma aveva dimostrato ancora una volta quanto sotto quell’apparenza da dobe lui riuscisse a capirlo. Non avrebbe seguito per riportarlo al villaggio, perché sapeva che non stava correndo contro a qualcosa di autodistruttivo, che non si stava allontanando da lui e che sarebbe tornato. Naruto aveva già tolto quel peso dalle spalle di Sasuke, se n’era fatto carico come promesso, e ora Sasuke doveva solo imparare a essere felice. Sapeva che per far questo doveva in primo luogo imparare a conoscere meglio se stesso e il mondo che lo circondava, quel mondo che Naruto voleva proteggere a ogni costo. Per questo viaggiava e, per lo stesso motivo, tornava.
“Tu lo lasci solo” lo accusò Obito interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Questa volta alzare il tono della voce risultò più difficile, come detto odiava il suo giudizio da esterno che non sapeva nulla.
“Non è vero, ma se anche fosse ti assicuro che Naruto me lo farebbe presente invece di venire a piagnucolarlo a te”. Fece una smorfia, l’occhio nero brillò di cattiveria. “A differenza tua è onesto nei propri sentimenti e non è un codardo”.
Sapeva di aver colto il segno con quelle parole, lo confermò il modo in cui Obito contrasse lo sguardo e come la sua espressione si fece più diffidente. Sasuke aveva scoperto le sue carte, facendogli presente che conosceva i suoi sentimenti.
“Parli di una cosa che non capisci” disse alla fine a bassa voce.
Quel suo tentativo di rendere il tutto più privato dopo che aveva praticamente sbraitato in mezzo alla strada gli fece alzare gli occhi al cielo.
“Nemmeno tu” replicò deciso a chiudere quella conversazione, del resto erano ormai arrivati al Palazzo del suo Hokage e al suo interno non avrebbero potuto continuare il discorso.
C’era però ancora qualcosa che voleva dire a Obito, forse perché era parenti, forse perché era comunque una persona alla quale Naruto teneva o forse si era semplicemente rammollito, contagiato dai sentimentalismi dei suoi compagni di squadra. Perciò sospirò.
“Può sembrare assurdo, ma io e Naruto comunichiamo. Forse in passato lo abbiamo fatto nel modo sbagliato,” mentre lo diceva gli vennero in mente tutti i pugni che si erano scambiati, “ma ora stiamo migliorando, perciò posso assicurarti che se lo facessi stare male, me lo verrebbe a dire”. Fece una pausa in cui lo guardò eloquente. “Forse quelle parole non erano per me. E forse dovresti iniziare a essere un po’ più diretto con lui, magari prendere sul serio l’idea di parlare apertamente di quello che provi”.
Obito non rispose, perciò Sasuke considerò chiuso l’argomento. La sue esperienza come consulente poteva anche terminare lì, aveva fatto anche troppo.
 
 
 
 
Buon 2020!
Tranquilli, non mi sono dimenticata di questa storia xD Ho solo avuto le feste in mezzo e varie cose, ma la pubblicazione continua! Ed ecco qui il terzo capitolo della storia, dove Naruto dimostra chiaramente di essere un dobe e Sasuke è già stanco di questi drama da romanzo rosa.
Spero vi sia piaciuto, una recensione è sempre graditissima <3
Nel prossimo capitolo Obito e Naruto chiariranno alcune cosette e Sasuke prendere a calci Naruto.

Hatta.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Voglioungufo