Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! 5D's
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Autore: Aki_chan_97    08/01/2020    4 recensioni
Il regno di Domino era straordinariamente cambiato nel corso di un solo decennio. Da quando era finita la guerra, persino i draghi erano diventati più pacifici nei confronti degli umani, e le due specie coesistevano in pace. La magia permeava il mondo condiviso da uomini, maghi, streghe, e creature magiche; essa è un prezioso nettare prodotto da qualunque essere magico, nonché dalla terra stessa. I draghi ne rappresentano la massima fonte nota. Tuttavia, uomini avidi avevano scoperto che la magia fosse estraibile. C’erano due possibilità: raccoglierne in esigue quantità dalla terra, o rubarla a creature viventi, spesso uccidendole. Però nelle terre del re questo era illegale. E poi, gli umani interessati alla magia erano pochissimi, e spesso lo erano per losche intenzioni. Ad ogni modo, il vero problema non era la ovvia criminalità. Il dramma era che il leggendario Libro dei Draghi era sparito, e nessuno se n’era accorto...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Sorpresa, Yusei Fudo
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 1: Il cavaliere, la strega e il drago
 
“Una disavventura è soltanto un'avventura vista dal lato sbagliato; un'avventura è soltanto una disavventura vista dal lato buono.” G. K. Chesterton
 
 
Nuova città di Domino era terribilmente silenziosa quella sera. Solo il vento osava rompere quella bolla di vetro, fischiando fra le foglie degli alberi nodosi e sinistri. L'aria era asfissiante, la terra coperta da una tenebra fitta e innaturale. In effetti, il cielo rosseggiante come sangue non era esattamente ordinario. Così come non era cosa solita che lei fosse lì. Che caspita ci faceva davanti alle porte di Domino una strega come lei?
Qualcuno però la chiamava per nome. Senz’altro qualcuno dentro la città. Perché proprio lei, non le era chiaro. Quella voce non era familiare. Ma il posto pareva deserto, e quei pochi passanti che in effetti c'erano, erano tutti grigi e silenziosi... Non sarebbero andati di certo a controllare al posto suo. Così decise di incamminarsi. Le mattonelle delle strade erano fredde -un giorno imparerà a mettersi le scarpe per le sue visite nei centri urbani- ma almeno le vie erano larghe e pulite.
"Aki... Aki, aiutami..."
"Aiutami?" pensò la strega. Chi mai la chiamerebbe per aiuto? Il mistero si infittiva. Lei accelerò il passo, finché non si ritrovò a correre. Nessuno per la strada le badava, come se lei fosse invisibile, o come se fosse l'unico essere vivente in circolazione. La questione era molto sospetta, e Aki aveva sempre più brividi. Eppure la voce continuava a sentirla. E a giudicare dal tono, era debole e sofferente.
"Aki... vieni... subito..."
Svoltò l'angolo, trovandosi davanti una strada lunghissima. C'era qualcuno nel mezzo. Si aspettava una qualche figura misteriosa avvolta da turbante e mantello, faticosamente appoggiata ad un bastone, non un ragazzo riverso carponi per terra, un braccio stretto attorno al busto, in una pozza di sangue. Aveva capelli neri e corti, a parte la frangia che gli nascondeva gli occhi, poteva avere forse la sua età, ma era gravemente ferito e lei non sapeva cosa fare. Forse poteva guarirlo con i suoi poteri?
Ignorando il cuore che le palpitava come matto nel petto, guardò freneticamente attorno in cerca di suggerimenti. La cosa oltraggiosa e assolutamente inquietante era che nessuno dei passanti gli avesse fatto caso. Continuavano nel loro moto triste e perpetuo, come burattini senza vita.
"Aki... Aiutami..."
Lei si precipitò in sua direzione, ma ogni suo passo sembrava essere troppo poco per quella strada. Come se la strada si allungasse tanto quanto lei correva, come se lui si allontanasse ancora di più. Non importava quanto veloce corresse, lui era irraggiungibile. Ma lui continuava a chiamarla, a chiederle aiuto.
"Aki, salvaci... salvaci tutti..."
Noi? Che noi? Quel ragazzo stava morendo ma invocava salvezza per "tutti"? Era ancora intenta a capire il senso di quanto stesse accadendo, quando un drago immenso e deforme discese dalle nubi nere, precipitandosi giù dal cielo. Mirava al ragazzo ferito, spalancando le fauci in picchiata. Pochi istanti e lo avrebbe divorato. Ma lei era troppo lontana per toglierlo di lì, per difenderlo in qualche modo. Si buttò in avanti in un ultimo disperato tentativo di proteggerlo, quando il drago lanciò sul ragazzo una fiammata di devastante potenza. Una luce abbagliante la accecò, mentre l'onda d'urto e il tremendo calore la scagliarono indietro, finché non batté la testa-
“Ahi!”
-sul pavimento della sua camera da letto. Quello sì che faceva male. Premette le mani contro il cranio pulsante, rendendosi conto di avere il lenzuolo tutto arrotolato attorno alle gambe, come avesse passato una notte in lotta contro uno spirito demoniaco che la importunava nel sonno. Il cuore le batteva ancora a mille, aveva il fiato corto e l'adrenalina in circolo era tale che si rese conto di essere perfettamente sveglia, nonostante fosse a malapena l’alba.
Richiamò alla mente quel vivido incubo. Un sogno così non era normale. Se la magia le aveva insegnato qualcosa, era che i sogni, per una strega, erano sempre di più che semplici proiezioni dei desideri nascosti. Le era già capitato di vedere nel sonno situazioni che si sarebbero di lì a poco verificate nella realtà, ma si chiese se questo fosse lo stesso caso. L'ultima volta che aveva controllato, la città non era minacciata da alcuna bestia, la gente era allegra e colorata, e il cielo era azzurro come sempre. Ma quel ragazzo ferito conosceva il suo nome e la chiamava dentro la città. Si chiese se lui esistesse davvero, o se fosse la rappresentazione di un qualche collettivo. Ma la chiamava come se lei fosse l'unica che potesse fare qualcosa... che doveva fare?
Lei sapeva che i suoi poteri avessero la potenzialità di curare. Non era ancora bravissima, né sapeva mettere le mani su qualunque tipo di ferita, così come non sapeva fare molto per malattie, ma stava facendo progressi. Forse ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe avuto bisogno di lei in quella giornata? Ma perché mai, di dottori ce n'erano tanti a Domino. Certamente non potevano riallacciare i tessuti come faceva lei, ma insomma, si sarebbero arrangiati come avevano sempre fatto. Perché quel ragazzo doveva essere speciale? Non sapeva nemmeno se esisteva sul serio...
Si stiracchiò un po', divincolandosi dal lenzuolo stropicciato. Si affacciò nel suo rigoglioso giardino, camminando verso l'unico punto da cui era visibile il castello.
Lei lo considerava il simbolo di un regno che le era sia vicino che lontano. C'era stata qualche volta in passato, ma sempre con cautela, sempre cercando di passare inosservata. In fin dei conti, capelli magenta come i suoi in giro di certo non se ne vedevano. Avrebbero destato sospetti e diffidenze in qualunque cittadino medio. E le streghe erano sempre tenute a debita distanza da tutti. La magia poteva causare tanto bene o tanti guai, ma la gente aveva paura. Qualche strega aveva fatto una brutta fine. Quindi, per la gioia di tutti, lei viveva al sicuro nel suo boschetto.
Ma quel sogno l'aveva turbata non poco. Era estremamente reale, e l'angoscia era palpabile. Forse, andare a controllare e tornarsene a casa alla svelta sarebbe stato sufficiente a metterle il cuore in pace.
Nella peggiore delle ipotesi, non avrebbe trovato nessun ragazzo in punto di morte e si sarebbe solo fatta scoprire.
Ipotesi intermedia, veniva beccata per aver salvato la vita a qualcuno. Qualcuno che molto probabilmente non era uno qualsiasi (non sapeva in base a cosa potesse desumerlo, ma lo pensava comunque).
Escluse la possibilità di salvare la vita a qualcuno cavandosela a mani pulite. Sembrava troppo ottimistico.
Ultima ipotesi, la più affascinante di tutte, era che non avrebbe trovato proprio nessuno e che sarebbe ritorna a casa tanto velocemente quanto era entrata in città.
Eppure, quella voce le riecheggiava ancora nelle orecchie. Era un richiamo disperato. E se quel ragazzo fosse lì per davvero, e senza di lei sarebbe morto? Era forse possibile che senza di lui (o lei), sarebbe seguita una qualche catastrofe? Una distruzione come quella causata da quel dragone? Avrebbe mai potuto perdonarselo? Forse, alla fine, valeva il piccolo-grande rischio. Quel sogno aveva tutte le caratteristiche tipiche di “quei” sogni, quelli che per una strega significano tutto ciò che è oltre la loro previsione e comprensione.
Alzò gli occhi al cielo, verso le stelle che sparivano, verso le nubi appena rosate dal far del giorno, respirando profondamente. Si concesse un minuto per immergersi nella meditazione. Percepiva le vibrazioni magiche da tutte le direzioni.
Amava i boschi. Quella linfa naturale era ovunque. Estendeva i suoi sensi e il mondo sembrava un unico, grande organismo vivo e pulsante, pieno di energia che la circondava e che la riempiva di forza. In fin dei conti, lei era una strega, e a differenza di altre, non usava le sue capacità per far del male o per distorcere la realtà seguendo desideri corrotti. Ma non poteva andarlo a raccontare a nessuno, i cittadini senza poteri non erano bravi a fare distinzioni.
Fu così che accordò al destino un’unica possibilità. Si sarebbe incamminata il prima possibile, avrebbe vagato per le strade cittadine al massimo fino a che il sole non avesse raggiunto la sommità del cielo, cercando la via incriminata, poi se la sarebbe svignata. E questo era quanto.
 
***
 
Il regno di Domino era ancora un po’ sopito, ma erano molti i mattinieri. Specialmente quelli che uscivano per dirigersi ai campi, o a scarrozzare in giro un po’ di merce. La via era aperta, le guardie stesse avevano poca voglia di fare il loro lavoro così presto. Aveva un cappuccio che le copriva i capelli e parte del viso, ma nulla che valesse un qualche fermo. D’altronde, che pericolo voleva rappresentare una ragazzina che girava da sola all’alba?
Si intrufolò presto fra le vie della città. La prima parte del piano era andata liscia. Vagò parecchio, puntando alle vie meno trafficate. Vedeva qua e là negozi che aprivano, carrette circolanti, madri che andavano a prendere l’acqua al pozzo o il latte per i figli nei recinti fra le case, qualcuno intento a inseguire galline fuggite dal pollaio, insomma, la solita simpatica cittadella. Cercò di non guardare in faccia nessuno, nemmeno qualche onesto lavoratore che la salutava. Rispondeva a malapena, ma solo perché stava cercando un ragazzo ferito in mezzo alla strada. Nulla di quello che la circondava era conciliabile con una situazione critica del genere. Tutto era boriosamente ordinario, la bella facciata, le solite attività quotidiane, nulla che facesse pensare a pericoli incombenti.
Rallentò bruscamente il passo. Qualcosa non andava. Improvvisamente percepiva un’enorme fonte di magia nei dintorni.
Come mai non l’aveva avvertita prima? Eppure era così grande! Soltanto la materia organica poteva emettere tutta quell’energia magica. Dispositivi che raccoglievano magia esistevano, ma quella magia era troppa per un banale aggeggio. Che stava succedendo?! Continuò a vagare cercando persone, flussi di magia, ma nulla…
Fu sicura della fonte solo quando passò di fianco ad una manciata di scatole serrate. Era sicura che qualunque cosa fosse, provenisse da sotto quell’ammasso di legname. Cosa potevano mai contenere? Si guardò attorno, certa di non essere seguita con lo sguardo di nessuno. Per fortuna un mercante che aveva aperto alla buon’ora declamando a gran voce nuove offerte attirava l’attenzione dei passanti più di lei.
La prudenza le urlava di farsi gli affaracci suoi. Il suo senso del dovere di strega la costringeva ad assicurarsi che chiunque avesse inscatolato tutta quella magia, non la corrompesse. E di solito venderla produceva quegli effetti. Corrompere la magia generava solo ed esclusivamente guai, ma queste cose non le sapevano le persone normali. Di solito tutti quanti corrompevano la magia in un modo o nell’altro perché se ne servivano per scopi impuri. D’altronde, perché procacciarsi qualcosa di così delicato e potente se non per i propri loschi e irrealizzabili desideri? Quindi era meglio affidarla a qualcuno che ne capisse qualcosa, qualcuno che avesse un motivo giusto per servirsene.
Improvvisamente udì passi di gente che si avvicinavano chiaramente in sua direzione. Entrò nel vicolo, nascondendosi nella prima rientranza utile, dietro ad altre casse. Un uomo era arrivato a prelevare la prima pesante cassa. Si era portato appresso un carretto, ma a giudicare dalla faccia, non doveva essere esattamente un onesto e umile lavoratore. Era forte e ben piazzato, aveva una brutta cicatrice sulla fronte e un broncio alquanto repellente, spallacci e polsi coperti di cuoio, guanti piuttosto spessi, e una ruvidezza nei modi che invitava tutta la buona gente a farsi cortesemente da parte. L’uomo prese solo un altro paio di scatole prima di stiracchiarsi la schiena avviandosi al suo carretto.
Fu allora che Aki pensò bene di fargli un innocente dispetto che forse avrebbe svelato l’arcano mistero. Agitò appena le dita in aria, e una robusta radice crebbe dalle fessure delle mattonelle di pietra che tappezzavano la strada, andando ad avvolgersi ad una delle due ruote ed ancorandola saldamente a terra. L’uomo non si accorse di nulla, e cercò di spingere il carretto, ma con sua sorpresa non si mosse. Spinse di nuovo, stavolta con tutte le forze. Il carro finalmente si mosse, ma non nella direzione sperata. Anziché proseguire dritto, si inclinò bruscamente su un fianco, e l’uomo non fu in grado di correggere l’angolo prima che la cassa più alta della pila cadesse giù. Finì contro la sua spalla, poi a terra, perdendo per strada sia il coperchio che il contenuto.
Aki si sporse abbastanza da vedere di che si trattasse, e impallidì. Erano grosse e lucidissime squame di drago. Contrabbando. Cacciare draghi a Domino era proibito, così come lo era venderne parti del corpo, da almeno una decade- da quando era finita la guerra che aveva quasi distrutto l’intero regno. Tutti lo sapevano. Eppure, quelle scaglie appartenevano di sicuro ad un drago morto.
I draghi rappresentavano la più grande fonte di magia vivente. Erano quelli che più di tutti sapevano purificare la magia e mantenerla pura a loro volta, un vero toccasana per la terra. E poi erano assolutamente magnifici. Forti, potenti, saggi, nobili. Creature degne della loro gloria. Era grazie ad un drago e ad un bambino che il regno fosse salvo. Eppure erano ancora presi di mira da uomini avidi, o peggio ancora, maghi. Maghi corrotti dall’egoismo e assetati di potere erano i più pericolosi.
E se quelle scaglie fossero dirette ad un mago che voleva estrarne la magia?
Il pensiero le dava la nausea, ma non poteva restare lì. Per quanto volesse fare qualcosa per impedire quell’atrocità, sapeva che doveva stare attenta a non farsi scoprire. Doveva andarsene. Doveva raggiungere un posto sicuro dove potesse prendersi un momento per pensare. Stava per fare un passo quando-
“Tu, chi sei?” udì, mentre una mano le afferrava saldamente una spalla. “Che stai facendo qui?”
 
***
 
“Senti Yusei, non puoi veramente ridurre le tue armi in questo stato ogni volta che parti per qualche missione. Guarda la tua spada! Ci hai disboscato mezza foresta?! Con tutte le volte che ho dovuto riaffilartela sarà diventata di carta! Faccio prima a forgiartene una nuova!” si lamentò il fabbro, buttando a terra uno strofinaccio sporco.
Il cavaliere ascoltò pazientemente. Quando guardò la spada poggiata sul bancone, capì di non avere scuse.
“Hai ragione, Crow,” si scusò. “Dovrei averne più cura.”
Il fabbro incrociò le braccia sbuffando. Questi cavalieri erano un vero dilemma. Specialmente il suo migliore amico, per l’appunto. Di militari ce n’erano tanti, e ridare una lucidata ai ferri era d’obbligo ogni tanto, con quello che costavano. Ma Yusei non rimaneva praticamente mai fermo in un solo luogo, e nel suo peregrinare non aveva molta scelta se non sottoporre il suo armamentario a molto stress. E gli amici non pagano come gli altri per il tuo lavoro. Se non altro, Yusei era davvero un buon amico. Avresti potuto finire nella peggiore delle zuffe, combinare il peggior guaio, e lui ti avrebbe difeso tirandotene fuori in un modo o nell’altro. A meno che tu non fossi nel torto, ecco. In quel caso, Yusei cercava il modo più pacifico di risolvere il conflitto. Era leale, ma anche un cavaliere, come era giusto che fosse.
In più, il combattimento era la sua specialità. Le regole non erano molte nell’arena, ma erano ferree, così come il loro addestramento. Per questo i cavalieri si contavano sulla punta delle dita. Almeno così funzionava a Domino. Ma Yusei era diverso dagli altri. In fin dei conti, non c’erano molti in grado di stringere amicizia con un drago e salvare un regno intero a soli 10 anni.
“Davvero, Yusei. Un’arma difettosa non può proteggerti, né battere il tuo nemico. Non vorrai giocarti la pelle uno di questi giorni, vero?” lo pungolò l'amico.
Yusei sorrise scuotendo la testa. Alla fine c’era poco da aggiungere, Crow non aveva torto. Non si può proteggere nessuno senza i mezzi giusti, questo lo sapeva meglio di chiunque altro. Ed era grato a Crow per essere tanto paziente e per mettere tanta cura nel suo mestiere. Notava la differenza ogni volta che alzava la spada, sapeva che era stata maneggiata da Crow. Erano le piccolezze dell’amicizia che facevano la differenza, e che lui apprezzava immensamente. La vita che aveva scelto lo aveva messo davanti a molte sfide, ma nonostante le cadute, gli sforzi al limite del possibile, e spesso anche le ingratitudini ricevute, non se n’era mai pentito. Era come rispondere a una vocazione dell’anima. E inerpicarsi per una montagna così alta gli aveva guadagnato rispetto indiscutibile da parte della maggioranza.
Prima che potesse rispondere all’ammonimento di Crow, entrambi udirono grida in lontananza.
“Fermate quella ragazza! È una strega!!! Ha sabotato il mio carro!!!”
Gli amici si voltarono bruscamente verso la fine della via. Cosa poteva disturbare la quiete di un mattino così ordinario nel regno di Domino? All’improvviso intravidero paio di persone che correvano precipitosamente dietro a una ragazza dai capelli rossicci. Yusei non ci mise molto a realizzare che forse fosse opportuno intervenire. C’era la possibilità che si sollevasse un bel baccano, o che qualcuno si facesse male davvero. E poi, una strega che causa tutto quel caos? Da dove era saltata fuori?
“Scusami Crow, ci vediamo dopo!” gridò il cavaliere lanciandosi all’inseguimento. Crow non fece in tempo a dirgli una parola di più. Il suo amico sembrava aver trovato la missione del giorno, e ci si era buttato a capofitto. Come Crow abbassò lo sguardo, notò che avesse lasciato sul banco un sacchetto per la paga, ma che non si era neanche disturbato di riprendersi la spada con sé. Conoscendolo, probabilmente non gli occorreva…
 
***
 
Come aveva previsto, si era appena verificata l’ipotesi peggiore. Ecco cosa succede ad affidarsi ai sogni, pensò. Non aveva calcolato di attirare cotanta attenzione. Non poteva uscire dalla città con un drappello di persone che la inseguiva! Doveva seminarli in un modo o nell’altro, a costo di usare i suoi poteri…
Non aveva ancora finito a ragionare sul da farsi che qualcuno dietro di lei riuscì a mettere le mani sul mantello, tirando a sufficienza da farla inciampare e cadere bruscamente a terra. Stordita dall’urto, sentendo ginocchia e polsi in fiamme e sanguinanti, tentò di rialzarsi, ma da due mani forzute la sollevarono di peso, tenendola saldamente per le spalle. Poi un braccio le circondò la gola da dietro, e l’incavo del gomito le bloccò la trachea, in modo che potesse parlare, ma non potesse scappare. Il secondo uomo l’aveva raggiunta, e con la stessa ruvidezza con cui aveva maneggiato le casse, le afferrò un lembo del mantello per parlarle più vicino e più minacciosamente.
“Beh?! Che avevi in mente di fare tu?! Volevi derubarci?! Rispondi o ti faccio nera!!”
Era pronta a usare i suoi poteri, davvero. Non aveva scelta. Sentiva già la magia scorrere nei circuiti del suo corpo, pronta a reagire.
Ma poi fwp! L’uomo non c’era più. Svanito.
Non per magia, ma per un calcio volante che si andò a schiantare sulla sua mandibola, spedendolo al tappeto e azzittendo la folla. Il nuovo arrivato atterrò a ginocchia piegate, vicino al corpo del nerboruto tramortito, di spalle rispetto ai due rimasti in piedi.
Aki sollevò le sopracciglia genuinamente sorpresa. Non aveva idea di chi potesse mai trattarsi, almeno finché il ragazzo non si rimise dritto in piedi, voltandosi per guardare di sbieco l’altro uomo. Aki impallidì visibilmente.
Era proprio lui. Ne era sicura. Il viso, i capelli- era lo stesso giovane del sogno. Ma stava benone! Anzi, a dirla tutta, era lui che stava salvando lei. Non era solo sorpresa, ma anche confusa. Sì, il ragazzo era reale, e si trovava addirittura nella città, proprio come il sogno suggeriva, tuttavia tale individuo non solo era in perfetta salute, ma non c’era nemmeno alcun dragone nei dintorni. Ciò significava che lei non avesse motivo di essere lì, fondamentalmente. Ma allora perché un sogno del genere…?!
“Ma sei impazzito, cavaliere?!” gridò l’uomo dietro Aki. “È lei la strega, è pericolosa, voleva derubarci!”
“Di cosa, queste?” ribatté lui, mostrando nella mano una grossa scaglia di drago. L’uomo strinse i denti, visibilmente a disagio.
“Le ho trovate vicino al vicolo da cui siete sbucati tutti e tre. Sapevo che ci fosse un commercio illegale attivo, ma mi era quasi impossibile stanarlo. Anche se questa ragazza fosse una strega e avesse voluto derubarvi, ha finito per farmi un favore, facendovi uscire allo scoperto. E guarda caso, ero nei dintorni.”
“N-noi non c’entriamo nulla!” si difese. “Non sappiamo cosa ci mettono nelle casse che trasportiamo!”
“Allora non avrai problemi a indicarmi chi ve le ha date, dico bene?” suggerì il ragazzo.
L’uomo vacillò.
“Non posso farlo… non è gente con cui si tratta facilmente…”
“A maggior ragione me ne occuperò io. Forza, lascia la ragazza e vieni con me con le buone,” lo invitò il cavaliere con imperio.
Tutti i presenti restarono con il fiato sospeso. Poi si alzarono delle voci. Un’alta ombra sovrastò il cavaliere alle spalle. L’energumeno si era ripreso, anzi, aveva anche racimolato un bastone fra le mani. Ma il ragazzo fu più veloce.
Affondò un pugno basso e potente nello stomaco dell’uomo, abbastanza forte da farlo piegare in due dal dolore, lasciando cadere la mazza. Il cavaliere ne approfittò per afferrargli la testa e assestargli una ginocchiata sul viso, spedendolo definitivamente al tappeto.
Aki rimase a bocca aperta. La sua forza era impressionante, così come la sua efficienza e precisione. In sole due mosse aveva eliminato la minaccia, senza neanche ferire seriamente il povero uomo. Ora ne restava uno solo, che nel frattempo aveva rinsaldato la presa attorno al collo di Aki. Tuttavia, lei notò che tremasse.
Yusei guardò oltre la testa di Aki dritto negli occhi dell’uomo con incrollabile sicurezza.
“Vieni con le buone, ho detto.”
Aki credette che l’uomo stesse considerando la resa, ma finì col trascinarla indietro con sé, mentre tirava fuori una lama con la mano libera. Quando la puntò al viso della ragazza, sibilò “Mi dispiace, ma chi mi ha dato gli ordini mi fa più paura di te, cavaliere.
Il giovane si bloccò alla vista del coltello. Il che sorprese Aki.
Sembrava genuinamente preoccupato per la sua incolumità. Non se l’aspettava, a dire il vero.  A nessuno importava dell’incolumità di una strega.
Yusei calcolò rapidamente il da farsi. Non poteva contare su aiuti esterni. Nessun civile sarebbe intervenuto. Era solo e senza armi. Troppo lontano per allontanare quella lama in tempo. Forse poteva guadagnare tempo, nella speranza che qualche altra autorità intervenisse.
Ma mentre calcolava il tempo necessario per l’arrivo dei rinforzi, l’uomo risolse il problema di Yusei semplicemente inciampando.
Per quanto fortuitamente, a furia di camminare all’indietro, l’uomo era caduto di schiena, portandosi dietro Aki. Vedendo un’apertura, lei piantò il suo cranio sul naso dell’uomo con tutte le forze, costringendolo a lasciare la presa sul suo collo per tenersi il muso con ambo le mani. Lei si divincolò su un lato, rotolando lontana dal pericolo. Lanciò un’occhiata dove l’uomo giaceva, sorridendo. Nessuno aveva notato i lacci d’erba che aveva evocato lei stessa ai piedi dell’uomo, ancora avvolti attorno alle sue caviglie.
Era da non credere, davvero. L’uomo cercò di acciuffarla ancora, gettandosi carponi al suo inseguimento, ma uno stivale inchiodò la sua mano a terra. Lui alzò gli occhi appena in tempo per vedere il cavaliere, prima che gli piantasse un destro ben assestato sul naso. Il suo corpo cadde nella polvere con un tonfo. Il cavaliere gli tirò su la testa per i capelli per assicurarsi che fosse davvero fuori gioco fra le esultanze del pubblico. La lasciò cadere a terra, rialzandosi in piedi subito dopo.
“Bene, non c’è più niente da vedere qui. Tornate alle vostre occupazioni. Al resto penserò io.” annunciò. I presenti annuirono e si dispersero come uccelli in una voliera. Molti riaprirono le porte delle case, come se per magia tutto fosse di nuovo tranquillo e sicuro. Aki notò che sembravano avere una gran fiducia in questo giovane. Nessuno aveva messo in dubbio la sua autorità o la sua abilità. Il suo sguardo la intimidiva.
“Stai bene?”
Non poté muovere un altro passo che lui le mise una mano sulla spalla, tenendola saldamente.
“Voi. Raccontatemi cos’è successo. Che siete venuta a fare nel regno di Domino? Non abitate qui.” le fece notare il giovane. Aki pensò che questo ragazzo andasse dritto al sodo tanto quanto negli scontri che con le parole. Un tipo assolutamente temibile.
“I-io ero qui solo per cercare… una persona. Ma sembra essere tutto a posto. È una lunga storia, in effetti…” tentò di scusarsi.
“Capisco. Ma come avete fatto a trovare quelle scaglie?”
“Ehm… per caso, davvero.” mentì lei.
“Il caso non esiste, signorina." le ricordò lapidario. Aki si strinse nelle spalle. Nessuno l’aveva mai chiamata signorina
“Ero solo nel posto sbagliato al momento sbagliato, tutto qui. Perché insistete, cavaliere?” domandò lei sorridendo con finta ingenuità.
“Perché non ero io quello che ci ha quasi rimesso le penne. E perché sto da tempo cercando di intercettare questa merce illegale. È gravissimo che circoli ancora, ma se esiste un modo per trovarla disseminata nella città, allora vi invito a farmelo sapere. A meno che voi non siate davvero una strega…” ipotizzò il ragazzo, attendendo forse una smentita. Aki abbassò lo sguardo.
“Perché, mi condannereste?” mormorò lei, sconsolata all’idea che anche costui fosse come tutti gli altri.
Il cavaliere lasciò andare la sua spalla. “Certo che no, non avete fatto niente di male, e saper usare la magia in sé non è un crimine. Ma sfruttarla per nuocere ad altri, quello sì, è un crimine.” precisò.
Aki abbassò subito gli occhi. “Vi prego, voglio solo andarmene a casa adesso. Dubito che mi rivedrete qui.” disse, ritraendosi un po’.
Il giovane era sempre più incuriosito da quella fanciulla. Non solo da quando era magicamente comparsa aveva avuto un colpo di fortuna dietro l’altro, ma adesso sembrava intenzionata a sparire così come era apparsa. Quasi fosse stata mandata dal cielo ad aggiustargli una giornata che non era nemmeno cominciata storta, ma che aveva già preso una piega decisamente memorabile.
“D’accordo, potete andarvene. Nessuno vi tratterrà. Un’ultima cosa. Come vi chiamate?”
Aki sorrise. “Siete proprio sicuro di non saperlo?”
Yusei non rispose, invitandola con lo sguardo a notare che forse la domanda fosse un tantino… assurda.
“Perdonatemi, avete ragione. È impossibile che lo sappiate. Il mio nome è Aki.” rispose lei. Il cavaliere dagli occhi blu accennò un inchino con una mano sul cuore.
“Io sono Yusei. Vi auguro un buon ritorno a casa, signorina”.
 
***
 
La reggia di Domino era un capolavoro di architettura. Grande, altissima, eretta su un’altura naturale che sovrastava la città quasi a proteggerla, o a comandarla, dipendeva dai punti di vista. Magari entrambe le cose. Ma era uno dei simboli stessi del regno, e il regno stesso era a sua volta sviluppato in senso circolare tutt’attorno a quel magnifico castello, come se esso ne fosse il cuore pulsante. E le montagne che portavano giù tanta acqua preziosa abbracciavano parte della città, come a proteggerla. Un gioiello nel verde, incastonato di rimpetto alla seconda metà del regno, quella che prima della guerra aveva un’esistenza autonoma e a sé stante: Aracnos. Almeno finché il suo re, Rudger Goodwin, era ancora vivo, cioè prima che le corone venissero unificate da Rex Goodwin, re di Domino. Da due fratelli che governavano un regno ciascuno, la morte di uno era sfociata nel trasferirsi completo di quell’eredità all’unico fratello vivente. E i due regni fusi in uno solo presero il nome completo di “Nuova città di Domino”, Domino per i più pigri. Per questo il castello, nel tempo presente, era il centro di qualsiasi attività a larghe maglie. Comprese indagini su eventuali minacce all’orizzonte…
“Va bene. Quindi mi stai chiedendo il permesso ufficiale di lasciare il regno un’altra volta per indagare sulla la faccenda, giusto? A questo punto mi chiedo perché prenderti il disturbo ogni sacrosanta volta di venire qui.” si lamentò un giovane biondo, sprofondando sulla sua sontuosa sedia.
“Principe, so di essere insistente. Ma non tollero che oggi si pratichi ancora questa folle caccia ai draghi. Lo devo anche a Stardust. Quelli che vengono massacrati e venduti a pezzi sono i suoi simili. Persino lui, per quanto forte, è a rischio come tanti altri.” gli fece notare il cavaliere.
“Lo so, lo so,” concesse il principe, “Non ti biasimo per questo. Non è questo che mi infastidisce. È la tua insopportabile formalità, dopo un decennio che ti conosco. Chiamami Jack, santo cielo! Se ci tieni così tanto, la prossima volta puoi chiederlo direttamente al re!” ribatté stufo il giovane.
“Non quando siamo qui… lo sapete che è più importante che siate solo voi a sapere di questa situazione, per adesso.” gli fece notare il cavaliere, impassibile.
“Gne gne, lo so. Provvederò a comunicarlo agli altri dell’esercito. Ma dimmi una cosa. I due tizi che abbiamo arrestato hanno confessato nulla? Spero tu ci sia andato leggero con l’interrogatorio.” ridacchiò l’amico.
“Hanno fatto presto a parlare. Mi hanno riferito che gli era stato promesso un grande compenso, ma il responsabile ha dato loro un nome chiaramente falso. Tuttavia, mi hanno detto che lo hanno incontrato presso il bosco nero, poco fuori del regno, è un inizio. Anche Stardust è preoccupato, ha percepito anormali flussi di magia di recente. Qualcosa non quadra, e voglio sapere se qualcuno sta tramando di mettere in subbuglio il regno oppure no.” spiegò aggrottando la fronte.
“Ammiro la tua dedizione, ma sei certo che questa storia sia pericolosa addirittura per il regno?” domandò il principe.
“Anche se non lo fosse, come spero, Stardust mi ha spesso parlato di quanti danni su larga scala può fare la magia usata male. Non sarò tranquillo finché non scoprirò cosa c’è sotto e troverò i criminali che stanno mettendo a repentaglio l’incolumità di tutti.” concluse.
“Va bene. Potete partire quando volete, cavaliere.
Il principe mise volutamente enfasi sull’ultima frase. La formalità forzata fra amici non la gradiva, e Yusei lo sapeva, ma poiché nella reggia chiunque che non fosse di sangue reale era tenuto a tenere un comportamento eccezionalmente formale, non ne voleva sapere di dargli del tu. Le regole esistevano per un motivo.
Yusei sorrise, fece un piccolo inchino per ringraziare, e lasciò la grande sala. Per quanto si fossero allenati mille volte assieme in passato per l’addestramento militare, Yusei a confronto di un nobile restava una persona qualunque, ed era tenuto ad attenersi alle regole come tutti gli altri, almeno in quelle mura. Non era il sangue che lo rendeva speciale, lo sapeva bene. Ma se era riuscito a conquistare il suo posto nel regno, doveva ammettere che il suo amico alato aveva contribuito non poco a farlo notare agli occhi del mondo. Forse era l’unico al mondo che poteva definirsi amico di un drago. Ma il resto ce lo aveva messo lui con le sue sole forze.
“Assicurati di tornare indietro sano e salvo.”
 
***
 
“Ehi, Yusei. Lo so che ci manca ancora un po’, ma non ti addormentare là dietro.”
“Non mi sto addormentando! Sto tenendo d’occhio il bosco, tutto qui.”
“Hai sbadigliato almeno un paio di volte, ti ho sentito.”
“In mia discolpa, quando non parli tu c’è un silenzio magnifico quassù.”
“Mi hai preso per una di quelle oche starnazzanti di corte?!”
“Non ho detto questo.”
“Meglio così. Non ci metto molto a scaricarti per aria.”
“Non lo faresti comunque.”
“Mai sfidare un drago. Sai che non so perdere.”
“Questo è vero. Almeno lo ammetti.”
“Conoscere le proprie debolezze è il primo passo per diventare più forti.”
“Riuscirai mai a non tirare fuori lezioni di vita da qualunque cosa ti dica?”
“Ne dubito.”
Yusei sospirò. Da quando aveva incontrato Stardust, la sua vita era cambiata radicalmente. Non sapeva bene come considerare Stardust lui stesso, se un insegnante, un padre, un fratello, un amico… probabilmente tutte queste cose assieme- e di più. Era solo un bambino quando lo incontrò per la prima volta e lo tirò fuori dai guai, senza sapere che da quel giorno si sarebbero salvati a vicenda più e più volte. Ed eccoli ancora a sorvolare i cieli di una terra che per loro non aveva segreti. O quasi. Decisamente quasi.
“Stardust, riesci ad avvertire nulla di sospetto?”
“In volo è difficile, ma posso avvicinarmi a terra. Reggiti.”
Il drago curvò dolcemente verso il basso, perdendo quota finché non sfiorò le punte degli alberi più alti col ventre liscio e corazzato. Volava ancora scrutando le cime degli alberi, ogni ramo, ogni nido, ogni scoiattolo con i suoi grandi occhi gialli, ma nulla di strano all’orizzonte, e di movimenti umani neanche l’ombra. Finché Stardust non rallentò considerevolmente la velocità di volo, guadagnando quota.
“Yusei! Davanti a noi! La fonte è forte, ma non vedo ancora niente!”
Yusei stava quasi per avvertirlo di essere cauto, quando un raggio di luce fendette l’aria davanti a loro. Stardust non ebbe altra scelta che virare bruscamente, salendo ancora più in alto. Yusei si aggrappò alle cinghie che lo tenevano saldo sulla schiena di Stardust
Quell’attacco… strano, sembrava essere stato lanciato da un altro drago. Ma non poteva essere…
Un ruggito squarciò l’aria, e una creatura emerse dalla fitta boscaglia, nera come la notte. Non era corazzata come Stardust, ma piumata, e la sua criniera foltissima la rendeva ancora più grande e minacciosa di quanto non fosse. Senonché, alla luce della luna, il cavaliere e il suo drago non notarono un minuscolo, terrificante dettaglio.
“Yusei… sul dorso di quel drago… c’è qualcuno! C’è un altro cavaliere di draghi!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve! Come va? Buon nuovo decennio! Aki_chan_97 è tornata! Stavolta con un nuovo stile! La fanfic è già pronta in cantiere, quindi non vi lascerò a bocca asciutta a lungo, promesso <3 (finita questa, metterò mano alla vecchia sospesa, I promise). Per questo round, non inserirò disegni, ma potete cercarli sui miei socials, ne ho postati a quintali! Cercate i link nel mio profilo, sono yugirl-with-dragons! Sono un poco ovunque (FB, Twitter, Insta, Tumblr), liberi di importunarmi lì :D
 
Come potete vedere, l’impostazione di questa fic è diversa dalla precedente, non esistono più i POV, per esempio. L’autore onnisciente risolve un mucchio di problemi onestamente… lo preferisco attualmente. Ah, come potrete notare, prediligo la scelta di nomi dei personaggi in Inglese e Giapponese, non in italiano. Il motivo di fondo è uno solo: Polvere di Stelle non è contraibile in alcun modo (serio). La parola “Stardust” è veramente magica. Dunque, tutti gli altri nomi appresso.
 
A chi è interessato, la fanfic sarà tradotta in inglese! Magari mi troverete su fanfiction.net!
  
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