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Autore: GiveMeAPen_    09/01/2020    0 recensioni
Un giorno, Ambra trova una fotocamera vecchissima accompagnata da delle strane istruzioni.
Ovviamente decide di seguirle.
Genere: Malinconico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Conto alla rovescia 

 

 

“Non farla così tragica, Eppy. In fondo dobbiamo solo suonare, no? Che vuoi che sia!”

9 febbraio 1964, il giorno che avrebbe segnato l’inizio dell'ondata di successo dei Beatles negli Stati Uniti. Mancavano soltanto cinque minuti alla loro entrata in scena sul palco dell’Ed Sullivan Show e Brian Epstein, il manager, continuava a camminare nervosamente avanti e indietro per il camerino, con le mani giunte dietro la schiena e lo sguardo fisso a terra, mentre borbottava tra sé e sé che se avessero osato mandare tutto a rotoli li avrebbe presi a calci.

“Sta’ un po’ zitto Lennon, tu e la tua cattiva abitudine di minimizzare qualsiasi cosa! Pensa a concentrarti, piuttosto.” sputò con tutta la rabbia che aveva in corpo. Dopodiché, decise finalmente di porre fine al suo girovagare, e si lasciò sprofondare nel divanetto.

“Be’, ero concentratissimo prima che iniziassi il tuo teatrino, in realtà.”

Gli altri membri del gruppo erano abituati ai battibecchi tra John e Brian. Normalmente, quest'ultimo era in grado di mantenere la calma di fronte alle provocazioni dell'altro, e riusciva persino a farsi una risata. Questa volta, però, era diverso. 

“E dai, basta, John.” esclamò Paul, dandogli una pacca sulla spalla. “Non ti deluderemo, Brian.” aggiunse poi. Il manager annuì, in silenzio.

Quattro minuti.

Qualcuno bussò alla porta facendo sobbalzare George, che si stava sistemando la cravatta di fronte allo specchio. Il chitarrista abbandonò il suo intento per aprire la porta ad una giovane donna dai capelli dorati che sorreggeva un vassoio. “Un bicchiere d’acqua, signori?”

C'era qualcosa di strano in lei, Brian lo sapeva. Era in grado di riconoscere un'infiltrata a distanza di un chilometro.

 “Oddio! Oddio! Ringo, ti posso toccare i capelli? Oddio!” iniziò ad urlare la finta cameriera, subito dopo aver distribuito i bicchieri.

Brian ci mise meno di una frazione di secondo a muoversi dalla sua postazione e a buttarla fuori dalla stanza, sbattendo la porta con prepotenza. Il cuore gli batteva a mille.

Tre minuti.

“Ma come avrà fatto ad entrare?” domandò il più giovane del gruppo, visibilmente divertito.

“Bah, non mi stupisco davvero più di niente.” rispose Ringo, mentre si sistemava con una mano la chioma che la ragazza gli aveva appena scompigliato.
“Incredibile, davvero incredibile.” bisbigliò Brian, la fronte che grondava di sudore. Non vedeva l’ora che finisse quella giornata infernale.

“Meglio se chiudiamo a chiave, non si sa mai.” disse Paul. “Ma dov’è? Qualcuno l'ha vista?”

Alle parole del bassista, tutti si misero in cerca della chiave, causando non poco caos nella stanza. Cuscini, sedie, giacche, i quattro musicisti stavano mettendo tutto sotto sopra pur di trovarla.

“Per l’amor del cielo, state fermi! Non c’è nessuna chiave, e anche se ci fosse, tra poco dovete suonare! Ordine!” La voce del manager rimbombò con la forza di un tuono tra le mura del camerino, facendo rabbrividire tutti.

Due minuti.

“Cazzo Eppy, certo che sai essere stronzo quando vuoi. Tieni, bevi un po’ per tranquillizzarti.” disse John, porgendogli il bicchiere mentre sfoggiava uno dei suoi sorrisi sbeffeggianti.

Per tutta risposta, l’uomo respinse bruscamente il bicchiere con la mano, facendolo cadere a terra. Tutti quanti, compreso Brian, chiusero gli occhi istintivamente, pronti ad udire il rumore del vetro che si infrangeva a terra. Fortunatamente, il bicchiere finì sullo spesso tappeto rosa di fronte allo specchio, che evitò il danno. L'unico suono assordante era il ticchettio dell'orologio appeso al muro.

Un minuto.

Brian prese un respirò profondo e si schiarì la voce. “Ok, è ora di andare. Forza.”

Senza battere ciglio, tutti, uno dietro l’altro, uscirono dalla stanza. Il ticchettio dell'orologio fu immediatamente sostituito da voci entusiaste che scandivano: “Cinquanta secondi! Quarantanove, quarantotto…” e così via, mentre venivano accompagnati vicino al palco.

Una volta arrivati, John dovette appoggiarsi alla spalla di Paul. Di certo non aveva la vista di un falco, anzi, era parecchio miope. Però non gli era mai successo di vederci così male. Era forse colpa della sua agitazione? Ma lui non era agitato, o almeno, non così tanto. Il presentatore, che stava annunciando il loro arrivo, ai suoi occhi era una macchia confusa che si muoveva freneticamente, così come qualsiasi altra cosa attorno a lui. Anche il pavimento sotto ai suoi piedi sembrava non voler stare fermo.

“Paul, credo di stare per svenire…” riuscì a dire, in un sussurro.

“John, ma cosa…” Il bassista lo guardò interrogativo, prima di strabuzzare gli occhi.

Dieci secondi.

“Aiuto, John sta male!” urlò qualcuno. Seguirono altre urla, ma John si rese conto che non riusciva nemmeno più a distinguere le voci. I suoni erano tutti più gravi, ovattati, e lontani da lui.

L’unico che sentiva ancora con chiarezza, e che martellava nelle sue orecchie, era quel conto alla rovescia.

“Nove, otto, sette…”

Qualcuno lo stava strattonando, cercando di sollevare il suo corpo da terra.

“Sei, cinque, quattro…”

Stava morendo? Era diventato tutto buio, vedeva solo una piccola luce, un piccolo puntino lontano così luminoso da fare male. Stava davvero morendo? 

“Tre, due…”

La luce, all’improvviso, prese il sopravvento. Niente più buio, solo un bianco che gli toglieva il fiato. Non potendo porre resistenza, semplicemente, si lasciò trascinare. Non sapeva dove né perché, ma non poteva fare altrimenti.

Uno.

 

* * * 

 

Era davvero da tantissimo che non pubblicavo qualcosa qui, ed è la prima volta in assoluto che lo faccio in questa sezione.

Questa storia nasce da una voglia inaspettata di tornare a scrivere. Ovviamente i fatti raccontati fino ad ora sono puramente inventati (tranne l'esibizione all'Ed Sullivan Show, quella è succeso per davvero, fortunatamente). Spero vi sia piaciuto questo inizio (lo chiamerei un'introduzione più che un primo capitolo), ho già in mente un bel po' di idee per il futuro, quindi spero di essere riuscita a farvi interessare abbastanza alla storia da rimanere. Le recensioni sono sempre ben accette. :)

Alla prossima,

Sofia 

   
 
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