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Autore: _BlueLady_    09/01/2020    3 recensioni
Fine e Rein: due ragazze come tante, un pò maldestre, esuberanti, con un pizzico di vitalità in più.
Due ragazze come tante, solo gemelle. Una fortuna per molti, una sfortuna per loro.
Soprattutto quando i ragazzi da loro amati dimostrano ogni volta di avere una preferenza per la gemella opposta, anche in estate, in occasione di una vacanza col loro gruppo di amiche.
La domanda sorge spontanea: "Perchè preferiscono sempre lei a me? Cos'ho io di sbagliato?"
Sorgono così gelosia, invidia, frustrazione, rammarico.
"Sarebbe bello, almeno per una volta, essere come lei"
Il desiderio nasce spontaneo, quando prima era soltanto semplice curiosità.
Grazie ad una singolare successione di eventi, che comporterà la realizzazione di un episodio a dir poco straordinario, Fine e Rein capiranno che non è sempre la bellezza fisica la carta vincente che ci rende amabili agli occhi di una persona, e che essere se stessi nell'anima e nel corpo, conservando la propria integrità, è il principio più importante.
Perchè essere amati per ciò che si è, è la cosa più bella che ci possa mai capitare.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine, Rein, Shade
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ CAPITOLO 24: A PICCOLI PASSI ~
 
- E così mi sono ritrovata a rifilare a Bright una scusa che risultasse più o meno credibile, prima di impiastricciargli completamente i pantaloni di cioccolato –
Rein ascoltava il racconto impacciato ed imbarazzato della sorella senza battere ciglio, con sguardo vacuo ed assente.
La sua mente era divisa in due: da una parte provò a disperarsi, ma non troppo, per l’ennesima figura che Fine le aveva fatto fare in presenza di Bright, e dall’altra le sovveniva ancora tra i pensieri, come dei flash, la terribile mattinata trascorsa in balia delle onde insieme a Shade, compreso tutto ciò che si erano detti, e quanto si erano avvicinati l’uno all’altra, anche se per un istante soltanto.
Deglutì. Non sapeva come raccontare a Fine quello che era successo.
Non poteva certo uscirsene con un: ehi, Fine, lo sai? Stamattina mentre tu flirtavi con Bright, io e Shade abbiamo quasi rischiato di morire annegati.
A dire la verità, non seppe dirsi se ci sarebbe stato mai un modo giusto per confessarle una cosa del genere.
Un brivido gelido le corse lungo la schiena. A ripensarci, ancora si domandò come aveva fatto ad affrontare la sua paura più grande con una tale determinazione. Aveva un che di incredibile, di inspiegabile.
O forse, ammise a se stessa ma subito volle nascondere quel pensiero, l’unica ragione che l’aveva spinta a non cedere aveva un nome, e corrispondeva a quello di Shade.
Sospirò, un sospiro carico di ansia, mentre la sorella, finito il suo racconto, attese a sguardo chino un rimproverò che non arrivò.
Fine aprì di seguito un occhio, poi un altro, riscoprendo la sorella più turbata del solito. Qualcosa la preoccupava, e non poco. Pensò potesse subito trattarsi della loro situazione attuale.
- Rein, va tutto bene? Sei piuttosto silenziosa, stamattina –
La finta rossa posò lo sguardo sulla sorella, con un vuoto allo stomaco. Cercò le parole per confessarle tutto quanto, ma non le trovò.
- Fine – le disse infine, in un sospiro di rassegnazione – oggi è successa una cosa molto brutta – cominciò, e raccontò a Fine tutto quanto, per filo e per segno. Dalla scalata sulla scogliera, al mezzo annegamento tra le onde del mare. Era la seconda volta in una sola estate che le capitava una cosa del genere. Ma doveva ammettere che la causa era anche perché, quella volta, aveva deciso di mettersi in gioco per davvero, e non restare in disparte a guardare.
Fine ascoltò tutto senza battere ciglio, con un groppo in gola. Si ritrovò a pensare come quella folle situazione le facesse brancolare entrambe completamente nel buio, e compiere gesti folli. In una situazione normale, pensò, una cosa simile non sarebbe mai successa. Fino a che punto avrebbero ancora potuto rischiare?
Una volta che Rein ebbe terminato il suo racconto, Fine le si gettò al collo stritolandola in una morsa letale. La finta rossa sgranò lo sguardo, stupita dal gesto così impulsivo della sorella.
- E-ehi, che ti prende?- le chiese, spingendola a guardarla negli occhi. Si accorse solo in quel momento che Fine stava piangendo.
- Rein – le disse quella, tirando su con il naso lacrimoni carichi di angoscia e sconforto – non voglio più che tu continui questa cosa con Shade. Sta diventando troppo pericoloso, e io non voglio che tu ti metta in pericolo per soddisfare un mio capriccio –
Nell’udire quelle parole, a Rein mancò un battito. La dolcezza di Fine era spiazzante e disarmante al tempo stesso. Si pentì amaramente di averle dato un simile dispiacere. Forse sarebbe stato meglio tenerle nascosto quel piccolo incidente di percorso.
- Non devi preoccuparti di nulla, Fine. Ora sto bene. Si è trattato solo di un imprevisto. Può capitare –
L’altra scosse la testa, risoluta.
- Non esiste il “può capitare”. Hai rischiato seriamente la vita. E per cosa? Per piacere ad un ragazzo che nemmeno ti interessa? Non sono disposta a sacrificare mia sorella per così poco – asserì, ferma nelle sue decisioni.
Rein provò ad aprire bocca per ribattere, ma subito un tuffo al cuore la colse non appena le parole di Fine le piovvero in faccia come una secchiata di acqua gelata.
Per piacere ad un ragazzo che nemmeno ti interessa.
Quelle parole, inconsciamente, le fecero più male di tutto il resto.
Aveva raccontato tutto, a Fine. Del mare infuriato, delle onde, di lei, di Shade, di come l’aveva spronata a reagire. Tutto.
Ma aveva omesso un piccolo particolare. Già era difficile darle una simile preoccupazione, non occorreva che le raccontasse anche di quello che era successo dopo che lei e il moro erano rientrati sul bagnasciuga. Delle emozioni che aveva provato, così forti da essere quasi incontrollabili. Dei dubbi che l’avevano colta, se fare tutto quello fosse giusto o meno.
Di come, per un attimo fugace, le era balenato per la testa di potersi ingenuamente innamorare di Shade.
Inspirò. Fine non era pronta per una simile confessione. E nemmeno lei.
E poi, in fondo, nemmeno era sicura che i sentimenti scaturiti da quell’imprevisto fossero in realtà reali. A dire la verità, era da molto tempo che continuava a mettersi in discussione. Se stessa, Fine, il loro teatrino che faceva acqua da tutte le parti, perfino il suo rapporto con Shade.
Perché per quanto si ostinasse a dire che non lo sopportava, era consapevole che qualcosa, ormai, la teneva legata a lui, e in cuor suo aveva paura di perderlo. Che fosse amore, o più semplicemente una profonda amicizia, ancora non seppe dirlo con certezza. Ma qualcosa c’era. E lei, dopo tutto quel tempo passato a nasconderlo, ora che veniva messa di fronte ad una scelta, non seppe se rinunciarvi sarebbe stata una cosa di cui sarebbe stata capace.
- Non devi preoccuparti di nulla, Fine. Sapevo a cosa andavo incontro quando ho iniziato questo percorso. Avevo messo in conto qualche piccolo intoppo. Ma ora come ora, conscia del percorso che ho intrapreso, non so se sono davvero disposta a farla finita – riuscì a confessarle.
La finta turchina sgranò gli occhi, interrogativa.
- Stai dicendo che vuoi ancora andare avanti?- le domandò, confusa.
Lei sospirò.
- Non fraintendermi. Non lo faccio per avere a tutti i costi le attenzioni di Bright su di me, o per altro. All’inizio poteva anche essere quello l’obiettivo principale. E, credimi, mi sento meschina quanto te a nascondere la verità a Bright e Shade, e ingannarli così. Non credere che non ci abbia mai pensato. Anche io ho i tuoi stessi dubbi a riguardo. Tuttavia – e qui si prese una pausa, conscia che quello che stava per dire le costava parecchio coraggio – sento che, ora come ora, questo percorso non posso lasciare che si concluda. Lo faccio per me, certo, ma parlo anche nei confronti di Shade. C’è qualcosa che mi ha stupita, in seguito a questo incidente. Nei suoi occhi, quando è successo tutto, ho letto una paura inspiegabile. Di morire, certo, e di vedermi morire. Ma c’era anche dell’altro. Ho avuto la netta sensazione che in quell’istante, Shade si sia sentito terribilmente solo –
Ce l’ho qualcosa che mi spaventa.
E cos’è?
La solitudine.
- Non so spiegarti come, né perché. Ma nel profondo, sento che questa follia in qualche modo ci stia aiutando a crescere, e stia allo stesso tempo aiutando anche lui. Mi prenderai per pazza, lo so – ridacchiò imbarazzata, non pretendendo che la sorella capisse.
Fine abbassò lo sguardo, pensierosa. Le parole di Rein le risultarono più familiari di quello che la sorella immaginasse.
Quando parlava di cambiamento, sapeva che era qualcosa che riguardava anche lei e Bright. Non seppe darsi una motivazione, ma era come se tutta quella situazione paradossale cominciata con un desiderio espresso troppo ad alta voce, le stesse aiutando a crescere e ad affrontare se stesse, e non solo.
- D’accordo, Rein – sospirò infine, rassegnata – continuiamo su questa strada. Ma voglio essere sincera, con te: se dovesse ricapitare, a me o a te, di rischiare un grosso pericolo, allora la recita finisce qui –
Le due si abbracciarono, risollevate. Per Rein togliersi quel peso dal petto fu come tornare a respirare. Anche se tante altre cose continuavano a tenersi nascoste l’un l’altra, per paura di ferirsi a vicenda.
Anche Fine sospirò sollevata, centellinando a poco a poco con sempre più coraggio la verità alla sorella. Prima o poi avrebbe avuto il coraggio di dirle come stavano davvero le cose tra lei e Bright. Per il momento si decise a lasciarle metabolizzare lo spavento. Non osò neanche immaginare quanto Rein potesse essersi angosciata in seguito a quell’incidente in mare.
Eppure, si ritrovò a pensare, non poté fare a meno di notare quanto la sorella fosse cresciuta nell’affrontare quella paura ai suoi occhi così irrazionale. Un tempo si sarebbe chiusa in se stessa, fingendo che nulla fosse successo. Come quando si era lasciata inspiegabilmente con Fango, ed era rimasta in camera a piangere per settimane senza confessarle nulla di quanto fosse realmente accaduto tra loro.
Guardandola in quel momento, invece, la trovò più consapevole. Più matura.
Si ritrovò a pensare quanto le sue parole fossero veritiere in proposito. Non seppe dirsi se fosse giusto o meno, ma quello strano rapporto con Shade sembrava essere terapeutico per lei. Perciò non faticò a comprendere quello che Rein aveva voluto dirle.
Sospirò, chiedendosi se anche lei, stando con Bright, era riuscita a cambiare un poco in meglio. Ammetterlo le costava fatica e la impauriva non poco, ma con lui sentiva di poter avere un po’ più di fiducia anche in se stessa.
- Mi dispiace averti fatto preoccupare. Prometto che in futuro non ti darò più motivo di stare in pensiero – le disse Rein, colma di affetto.
Fine le sorrise.
- Ti voglio bene – le sussurrò.
- Anche io – le disse quella, abbracciandola fin quasi a stritolarla.
Percepirono i loro cuori completarsi, come mai prima di allora. Nonostante tutte le cose taciute e non dette, entrambe erano consapevoli che, come stavano cambiando interiormente, anche il loro rapporto era destinato ad essere plasmato.
Anche se le cose da dirsi erano ancora tante. Ma per quello avrebbero avuto tempo in futuro, per trovare a piccoli passi il coraggio che in quel momento pareva mancare.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Accidenti – sentenziò Altezza infastidita, riemergendo dalla dispensa della cucina – ragazze, occorre urgentemente fare la spesa! Siamo completamente a secco di qualsiasi provvista! –
Le quattro amiche fecero capolino dalla porta.
- Come? Ma non l’avevamo fatta tre giorni fa? Non possiamo già essere a secco – esclamò Rein perplessa, constatando quanto il tempo paresse volare quando si è in vacanza.
La bionda sbuffò, con un’alzata di spalle.
- Giudica tu. Sono rimasti soltanto un paio di sacchi di pasta, dei cereali, e due mele -
Le altre quattro si osservarono perplesse. In frigo c’erano ancora due bottiglie di latte piene, un po’ di verdura, carne, uova, e qualche altra cosa da sgranocchiare. Sarebbero riuscite a tirare avanti ancora per un po’.
- A me risulta che qualche cosa lo abbiamo ancora – sentenziò Mirlo, ispezionando il frigorifero e le dispense – possiamo andarci con calma anche domattina, prima di andare in spiaggia –
- Sì, ma – asserì Altezza, cocciuta – mancano molte cose di base. Caffè, zucchero… Ah, e sono finiti i biscotti! Come facciamo domani a fare colazione?-
- Dì la verità, Altezza – la interruppe Rein, capendo il suo gioco – Hai finito prima del previsto i tuoi biscotti al miele, non è così?-
Lei, per tutta risposta, arrossì imbarazzata.
- Cos…? Non è assolutamente come pensi! Io sono una perfezionista, so perfettamente calcolare i miei fabbisogni per una settimana intera, non sgarro mai –
- Ah-ha – annuì la finta rossa, senza darle troppa corda – e com’è che, tra tutti, i tuoi biscotti sono gli unici ad essere finiti? – le domandò, con occhio inquisitorio.
La bionda finse un profondo stupore.
- Come sarebbe a dire finiti? Impossibile! Qualcuno deve esserseli mangiati al posto mio! Avanti, Fine, sputa il rospo! Sei stata tu?- e si avvicinò con aria minacciosa verso Rein, la quale alzò gli occhi al cielo, esasperata.
- E-ehi! Io non c’entro niente! – asserì la vera Fine sentendosi presa in causa, quasi ridestandosi dai suoi pensieri.
- Infatti non dicevo a te, Rein, ma a tua sorella. Sappiamo tutti chi ha la fama di essere un pozzo senza fondo, qui – continuò la bionda, senza staccare gli occhi da quelli della finta rossa.
- Per tua informazione, io odio il miele. E poi non mi permetterei mai di appropriarmi dei tuoi biscotti senza permesso, dopo la filippica che ci hai fatto sul rispetto della proprietà privata e delle cose altrui – si difese quella, incrociando le braccia al petto.
- Altezza – intervenne Lione timidamente, sciogliendo la tensione tra le due – non è che, per puro caso, ieri pomeriggio tu ti sei finita la tua confezione di biscotti in seguito alla piccola discussione avuta con Auler? –
La bionda, improvvisamente, avvampò.
- Era un problema molto serio, il mio – asserì asciutta, con aria di superiorità – e poi non devo rendere conto a voi di come utilizzo le mie scorte personali –
Le quattro amiche si guardarono negli occhi, alzandoli poi al cielo e sospirando.
Il pomeriggio precedente, dopo la loro solita nuotata a largo, era successo che, mentre l’intero gruppo di amici stava uscendo dall’acqua ridendo e scherzando, una coppia di ragazze aveva avvicinato Auler per chiedergli se poteva scattare loro una foto.
Il ragazzo, complice una gentilezza senza pari, aveva accettato senza troppi complimenti.
Gliene aveva scattata una, poi un’altra ancora. E poi una in riva al mare, di spalle al bagnasciuga. E poi un’altra, bagnate dalle onde.
Ne aveva scattate, finché le foto non erano diventate almeno una ventina. E il poverino, arrivato alla trentina di foto, avrebbe davvero voluto levarsi il più educatamente possibile da quell’impiccio che cominciava a diventare un po’ troppo ingombrante – data la sua incapacità a dire di no, le due se ne stavano approfittando fin troppo – ma non sapeva come uscirne.
Altezza era rimasta a guardarlo seduta sul suo telo da spiaggia, verde di rabbia e di gelosia. Sarebbe stato impossibile non notare il suo malumore a riguardo.
Quando finalmente Auler riuscì a liberarsi dalle due, che non mancarono di ringraziarlo saltandogli al collo e regalandogli a testa un bacio su entrambe le guance, per tornare a ricongiungersi al resto del gruppo di amici, la pazienza di Altezza era andata già ben oltre il suo limite di sopportazione.
Lui era ritornato scusandosi del ritardo e lamentandosi di quanto le due fossero state insistenti, e l’unica cosa che aveva ricevuto in cambio era stata una rispostaccia alterata della bionda, che presa dall’euforia del momento aveva raccattato telo e borsa e se n’era tornata a casa a piedi senza neanche salutarlo, seguita da Sophie.
Una volta rientrata nella villa, si era seduta sul comodo divano del salone col suo pacchetto di biscotti tra le gambe, e aveva pianto tutte le sue lacrime lamentandosi con l’amica della stupidità ed ingenuità di suo fratello.
Soltanto alla sera, dopo una cena passata in compagnia, i due parevano essersi chiariti, e Altezza aveva riacquistato tutto il suo buonumore. Ma aveva involontariamente finito i biscotti.
Gli stessi biscotti che ora accusava Rein di avere divorato.
- Insomma, per domani io non ho la colazione, e avevo pensato di approfittare dell’occasione per fare un po’ di scorta. Così non dobbiamo ritornarci tra altri due giorni. Ho già pronta una lista – si giustificò infine, ammettendo la sua colpevolezza.
- Bene. Allora vai. Noi aspetteremo che ritorni per andare in spiaggia tutte assieme – la incitò Rein, non cadendo nella sua trappola.
La bionda sbuffò.
- Il problema è che io ho un sacco di cose da fare qui in casa. Non posso mettermi anche ad andare a far spese –
- Altezza, se questo è un modo per dirci che non ne hai voglia, noi…- continuò Rein, conoscendo bene i tentativi dell’amica di corrompere gli altri quando voleva che una cosa fosse fatta al posto suo. Era una ragazza dal cuore grande, ma sotto certi aspetti molto pigra. E sì che se si fosse trattato di andare a fare shopping, sarebbe stata la prima ad offrirsi di uscire.
- Vado io – asserì ad un tratto Fine, interrompendo una nuova discussione sul nascere.
Le altre quattro la guardarono sbalordite.
- Tu? – esclamò Altezza, incredula.
La finta turchina annuì.
- Sì. Perché, è un problema? – domandò lei, ricambiando l’occhiata perplessa delle amiche con un sorriso.
- Sei sicura di voler andare da sola? L’ultima volta ti sei dimenticata di comprare almeno la metà delle cose – asserì la bionda, diffidente.
- Se hai paura possa dimenticarsi qualcosa anche stavolta, l’accompagno – si offrì Rein.
Altezza scosse la testa, risoluta.
- Non ci pensare neanche, Fine. L’ultima volta che ti ci abbiamo mandato sei finita col mangiarti metà della roba mentre tornavi indietro. Sei inaffidabile –
Rein sospirò mordendosi la lingua, perché avrebbe tanto voluto risponderle che anche in quell’occasione probabilmente sarebbe finita allo stesso modo, essendoci proprio sua sorella nel suo corpo.
- Ma non ci sono problemi. Posso andare da sola. Anzi, ora che ci penso, avevo proprio voglia di fare quattro passi – esordì la finta turchina, strappando la lista dalle mani di Altezza.
- Sicura? – chiese quella, allarmata di non avere più la situazione sotto controllo come aveva previsto all’inizio.
L’altra, per tutta risposta, ridacchiò.
- Ma sì, che ci vuole? Basta seguire la lista! – e fece per uscire.
- Ma, a-aspetta Rein! Non dimenticare che il sapone per il bucato lo voglio al profumo di lavanda! E la frutta non sceglierla troppo matura. Mi raccomando, non perdere tempo davanti alle vetrine. Ricordati che alle quattro dobbiamo essere in spiaggia. Ah! E non dimenticarti i miei biscotti al miele!- le strillò dietro la bionda, ma ormai Fine era già bella che andata.
- Qualcuna di voi può fare lo sforzo di seguirla? Non oso immaginare con che cosa tornerà a casa…- domandò, voltandosi verso le altre tre.
Rein ridacchiò, posandole una mano sulla spalla.
- Dai, Altezza, dalle un po’ di fiducia. È stata così gentile a farsi carico di una responsabilità al posto tuo – asserì, osservando la sagoma della sorella che si allontanava a poco a poco.
Sospirò. C’era qualcosa che turbava Fine, quel giorno. L’aveva trovata più volte ad osservare il vuoto con sguardo perso e pensoso. Sperava soltanto non stesse ancora rimuginando sull’incidente del giorno prima.
Per un attimo fu tentata di seguirla, per capire se le stesse tenendo nascosto qualcosa. Poi però si disse che se Fine aveva deciso di offrirsi volontaria così spontaneamente per quella missione impossibile, era perché voleva stare da sola.
Sorrise. Com’era cambiata la sua dolce sorellina, da un mese a quella parte. Pareva essersi fatta più forte, più intraprendente. Un tempo nemmeno si sarebbe sognata di offrirsi volontaria per fare la spesa al posto di Altezza.
Forse stare con Bright aveva contribuito a darle più fiducia in se stessa. Di questo, pensò, non sarebbe mai stata tanto grata al biondo e a tutta quella situazione paradossale come in quel momento.
Deglutì.
Sperava soltanto sarebbe ritornata a casa con tutte le provviste intatte, e soprattutto ricordandosi i famigerati biscotti al miele di Altezza.
Altrimenti chi l’avrebbe più sentita la bionda, crudelmente privata della sua colazione preferita?
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Dunque, vediamo…- asserì Fine studiando la lista che aveva in mano, mentre sgranocchiava un pacchetto di patatine croccanti appena acquistate – Detersivo, c’è. Frutta pure. Pesce, carne, verdura, pane, riso ci sono. Caffè c’è, zucchero anche… oh, cavolo! I biscotti!- fece per rientrare di volata dentro il piccolo supermarket, quando un curioso sbuffo alle sue spalle la costrinse a voltarsi.
Ad osservarla con occhioni grandi da cucciolo, stava un meraviglioso Golden candido come la neve.
- Oh, ma tu sei…- disse, non appena lo riconobbe. Il cagnone abbaiò euforico nella sua direzione, riconoscendola. Lei ridacchiò.
- Poomo! Possibile che tu compaia sempre da me quando ho qualcosa da mangiare tra le mani?- il cucciolo le saltò addosso, facendola cadere per terra con tutte le borse.
Prese a leccarle la faccia, mentre lei scoppiava in una risata divertita.
- D’accordo, d’accordo. Forse per te qualcosa mi è rimasto – disse, tirando fuori dal sacchetto del pane un pezzo di grissino ancora fumante di forno – Ma soltanto uno! Altrimenti poi chi la sente Altezza?-
Il cucciolo addentò con foga il pezzo di grissino, mettendosi poi da parte a sgranocchiarlo.
Fine sorrise. Si alzò in piedi, e si sistemò su una panchina lì vicina. Era da un po’ che non le capitava di incontrarlo, e rivederlo sicuramente le faceva piacere. L’ultima volta che aveva avuto l’occasione di incontrare Grace, Poomo non c’era.
- Ora che ci penso…- asserì dubbiosa, guardandosi intorno – Grace non è da qualche parte qui intorno?-
Prese a cercarla con lo sguardo, sperando di scorgere in qualche angolo della piazza una chiazza color rosa ciliegio. Nulla.
Poomo brontolò, sedendosi accanto a lei. Fine prese ad accarezzarlo sulla testa, mentre quello socchiudeva gli occhi, contento.
- Forse sarebbe il caso che io ti riportassi a casa – gli disse, pensosa – già, ma dove? – asserì sospirando, scuotendo la testa dubbiosa.
La prima volta che lo aveva incontrato, era in compagnia di Bright. Ricordava ogni particolare di quel giorno fuori dal comune. Ricordava come il biondo, a testa alta, aveva provato ad affrontare faccia a faccia la sua paura.
Fine non seppe spiegarselo, eppure era proprio grazie a quel curioso episodio se lei e Bright avevano cominciato ad avvicinarsi sempre di più l’un l’altra, condividendosi, fino a spingersi a confessioni che mai si sarebbe immaginata di poter sentire, almeno, non rivolte così esplicitamente a lei.
Le costò fatica ammetterlo, eppure in un piccolo angolo del suo cuore, tutto quello che Bright le aveva confessato di provare la spingeva inevitabilmente a sorridere. Era una sensazione calda, capace di riempirle la bocca e pizzicarle il cuore.
Si ritrovò a desiderare che quelle attenzioni fossero realmente indirizzate a lei, e non alla sorella come il biondo credeva di stare facendo.
Sospirò.
Se Rein avesse saputo anche solo la metà di quello che stava succedendo tra loro, probabilmente avrebbe fatto i salti di gioia. Il loro piano maldestro stava incredibilmente funzionando alla fine, eppure…
Una volta tornate normali, sarebbe mai riuscita ad accettare fino in fondo la vista del biondo e sua sorella insieme?
Deglutì.
Lo stava facendo per Rein, dopotutto. Almeno, era quello che continuava a raccontarsi per cercare di convincersi.
Ma la verità era un’altra.
Lei non voleva che tutto quello finisse. O meglio, desiderava soltanto che Bright potesse vederla ed innamorarsi di lei per quello che era in realtà.
Per Shade non seppe neanche cosa avesse provato, la prima volta che lo aveva conosciuto. Si domandò addirittura se ne fosse mai stata davvero innamorata.
Sospirò sconsolata. Tutta quella confusione la mandava letteralmente in crisi.
Come avrebbe dovuto comportarsi con Rein, ora che era consapevole di quella piccola, spaventosa verità?
- Che situazione difficile…- mormorò tra sé e sé, le borse della spesa che sfrigolavano tra le sue dita nervose.
Per un momento solo, desiderò avere Bright al suo fianco per sentirlo stringerla in un abbraccio dedicato soltanto a lei. Era un pensiero alquanto egoistico, lo sapeva bene. Ma arrivata a quel punto, non sapeva nemmeno lei come né perché, sentirsi costretta a dover rinunciare all’affetto di Bright la mandava completamente in crisi.
Come percependo il suo desiderio nascosto, Poomo al suo fianco drizzò le orecchie, in allerta. Fine lo notò.
- Ehi, bello, che ti prende? Hai sentito qualcosa?- gli domandò.
Il cane annusò un paio di volte l’aria, mettendosi sull’attenti, poi sfrecciò via di corsa, disperdendosi tra la folla.
- A- aspetta! – tentò di chiamarlo lei, drizzandosi faticosamente a sedere con tutto il suo armamentario, e lanciandosi al suo inseguimento – Poomo! – lo chiamò – Torna qui! Devo riportarti da Grace! –
Corse il più in fretta possibile con le borse della spesa che le creavano un peso enorme da sopportare. Il cane era a qualche metro di distanza da lei, e non accennava a volersi fermare. Pareva sordo a qualsiasi richiamo. Non sapeva neanche dove la stesse conducendo.
Improvvisamente, Poomo svoltò in una stradina laterale che si discostava dalla via principale, e portava direttamente alla spiaggia libera. Fine lo seguì.
Si era allontanata parecchio dalla strada di casa, ma l’idea di perderlo proprio in quell’istante le sembrava più terrificante che rientrare a casa in ritardo rispetto all’orario pattuito da Altezza.
- Chissà dove diavolo sta andando…- mormorò tra sé e sé, prima che quello si fermasse di botto, e lei andasse a sbattere contro la schiena di qualcuno cadendo a terra con un sonoro tonfo.
- Ahi! – si lamentò, massaggiandosi testa e sedere, le buste della spesa completamente sparpagliate al suolo.
- Ti sei fatta male?- la accolse una voce dall’alto, che subito faticò a riconoscere – Rein? Sei proprio tu? Possibile che io e te siamo sempre destinati a scontrarci in questo modo? –
- B-Bright?- balbettò lei non appena alzò lo sguardo e si ritrovò ad accoglierla gli occhi sorridenti del biondo che le tendeva una mano per aiutarla ad alzarsi.
Le parve incredibile, eppure dovette ricredersi.
Afferrò titubante la mano del biondo, arrossendo un poco, mentre si rimetteva in piedi.
Poomo, poco distante, li osservava da seduto scodinzolando soddisfatto.
- In persona! – esclamò il ragazzo euforico, sorpreso ed allo stesso tempo felice di averla incontrata – Cosa ci fai da queste parti? Casa nostra è dall’altra parte del paese – disse, poi l’occhio gli cadde sulle infinite borse che la finta turchina aveva lasciato cadere a terra in seguito al loro scontro.
- Oh, capisco – schioccò la lingua, consapevole – sei vittima anche tu di una delle crisi post-lite-con-Auler di mia sorella, vero?- ridacchiò – Altezza non cambierà mai…-
Fine, che era rimasta a fissarlo per cinque minuti buoni senza riuscire a spiccicare parola, subito si riprese dallo shock.
- Ah, uh, s-si infatti! Altezza aveva terminato i suoi biscotti preferiti, così io…- cominciò a farfugliare, raccattando in fretta e furia i sacchetti da terra, e recuperando ciò che ne era fuoriuscito. Fortunatamente non c’era nulla di fragile.
Bright sorrise, aiutandola a riordinare il tutto.
- Non mi dire, è rimasta senza biscotti al miele? Non è da lei… Auler deve ritenersi molto fortunato ad essere responsabile di un simile evento. Significa che ci tiene parecchio a lui. E lui che si ostina sempre ad affermare il contrario! – ridacchiò.
Fine sorrise. Poi tornò seria.
- E tu che ci fai da queste parti? – gli chiese.
Bright alzò le spalle, disinvolto.
- Vengo sempre a fare quattro passi sulla spiaggia libera nel primo pomeriggio, quando non c’è troppo caldo. È un’abitudine che ho fin da bambino. Mi piace passeggiare con sottofondo il rumore delle onde del mare, quando non c’è quasi nessuno. Si fanno grandi scoperte. Una volta mi è capitato di scorgere nell’acqua una stella marina grande quasi quanto la mia faccia. Un ricordo bellissimo –
Fine sorrise, lasciando che le gote le si imporporassero un poco.
- E tu, invece? Hai bisogno di aiuto per portare tutte quelle borse verso casa?- si offrì lui volontario, e lei stava giusto per rispondergli, quando uno sbuffo alle loro spalle non li costrinse a volgere la loro attenzione altrove.
Bright sorrise: - Oh, ma abbiamo un ospite – asserì, riconoscendo nella sagoma del cane il Golden con cui aveva avuto a che fare qualche settimana prima – Poomo, giusto?- domandò a Fine per cercare conferma, e lei annuì di rimando.
- L’ho incontrato fuori dal supermarket – spiegò – Gli ho dato qualcosa da sgranocchiare perché mi sembrava affamato. Abbiamo passato qualche minuto in compagnia, poi improvvisamente è sfrecciato via prima che potessi fermarlo, e si è messo a correre come una furia tra la gente. Ho provato ad inseguirlo temendo che potesse perdersi. Volevo riportarlo alla sua proprietaria. Poi ha svoltato per questa direzione, io l’ho seguito, ed ho incontrato te – spiegò.
Bright osservò ancora con un briciolo di diffidenza la sagoma del cagnone che gli stava seduto a pochi metri, docile e mansueto. Per quanto fosse un cane buono, la sua paura era ancora nitida nei suoi ricordi.
- Hai detto che conosci la sua padrona?- domandò a Fine.
Lei alzò le spalle.
- In un certo senso…-
- E ci tieni a riportarglielo indietro –
- Sì…-
- Allora ti accompagno. Dimmi dove abita, che provo a farti strada – si offrì Bright, caricandosi metà delle buste in spalla.
Fine tossì imbarazzata.
- I-il punto è che non ho idea di dove possa essere…- pigolò.
Bright alzò un sopracciglio, senza capire.
- Non conosci dove abita?- le domandò. Lei annuì, affranta.
- Ci siamo incontrate un paio di volte, in piazza e sulla spiaggia. Ma non ho mai avuto modo di sapere dove si trovasse…-
Il biondo l’osservò confuso per un istante. Lei non poté fare a meno di arrossire.
Prima che uno dei due potesse aggiungere qualcosa, Poomo si drizzò in piedi con uno sbuffo, dirigendosi verso la spiaggia.
- Dove va ora?- domandò Fine, preoccupata. Il biondo alzò le spalle.
- Magari conosce la strada di casa…- ipotizzò.
Il cane mosse qualche passo. Poi si voltò a guardarli, come a chiedere loro di seguirlo.
- Sembra che voglia che lo seguiamo - osservò Bright, con una punta di diffidenza.
Fine annuì.
- Già…-
Il biondo le sorrise.
- Le hai mai viste le dune di sabbia?- le domandò.
Lei scosse la testa. Lui la afferrò per una mano. Il cuore di Fine fece una piccola capriola in petto.
- Allora ti ci porto – le disse lui, prima di dirigersi insieme dietro ai passi del cane.
 
Le dune erano un’enorme distesa di sabbia che si ergeva imponente a ridosso sul mare. Un piccolo deserto del Sahara a pochi passi dal paesino di Wonder. Si diceva che ad un orario relativamente presto del mattino, quando ancora nessun bagnante turbava la quiete della natura, si potesse addirittura scorgere un branco di cavalli selvatici, situato lì da decenni, correre alzando polveroni di sabbia.
- E tu sei mai riuscito a vederli?- domandò Fine a Bright, seguendo l’impronta delle sue orme nella sabbia.
Il biondo scosse la testa.
- Devi essere piuttosto fortunato. Sono molto timidi, e non si fidano dell’uomo – le spiegò.
Poomo, davanti a loro, non accennava a volersi fermare.
- Chissà dove vuole condurci – meditò Bright, le borse della spesa in spalla – di questo passo comincerò a pensare che la tua amica Grace, anziché umana, sia più qualcosa di ultraterreno – ridacchiò, e a Fine per poco non venne un mezzo infarto quando l’udì.
La non più rossa si unì alla sua risata, imbarazzata e preoccupata.
- Già…- disse solo, prima che lui potesse aggiungere – Magari una sirena?-
Fine deglutì, tirando la bocca in un finto sorriso quando incrociò il suo sguardo. Si ritrovò a pensare che, forse, avrebbe preferito altre mille volte che Grace fosse una sirena come aveva insinuato Bright, piuttosto che la personificazione di una cometa capace di scombinarle la vita.
Procedettero ancora per qualche metro. Poi, quando furono all’incirca a ridosso della spiaggia, Poomo si accucciò.
Fine crollò in ginocchio al suo fianco, esausta.
- Che fatica…- si ritrovò a mormorare tra un sospiro e l’altro, accaldata dal peso delle borse e dal sole del primo pomeriggio.
Bright si sedette accanto a lei, posando le pesanti buste a terra.
- Confesso di essere un po’ deluso – disse, con finto rammarico – speravo che il tuo amico ci avrebbe condotti in un luogo magico, o soprannaturale, o qualcosa di simile – e di nuovo rise.
Fine, ancora una volta, partecipò alla risata per finta. Si ritrovò presto la gola secca di agitazione, mentre in petto il cuore cominciava a scalpitarle ferocemente.
Cercò di trovare mille buone ragioni del perché essere lì sola in quel momento con Bright fosse, a suo parere, sbagliatissimo.
Primo: Altezza l’avrebbe sicuramente uccisa perché sarebbe indubbiamente rientrata tardi a casa, scombinandole inevitabilmente tutti i suoi programmi.
Secondo: Rein non sapeva, e forse probabilmente non avrebbe mai saputo niente di tutto ciò.
Terzo: non sapeva darsene una motivazione, eppure quel piccolo scherzo del destino la rendeva inevitabilmente, inesorabilmente, dannatamente felice. Forse troppo.
Eppure, nonostante fosse conscia di tutto quello che in quel momento non andava, per un momento volle provare a dimenticarsi di tutto e di tutti, e di pensare soltanto a lei. A lei e a Bright. A Loro due, soli su una spiaggia deserta ad osservare il mare. Fianco a fianco.
Un brivido di paura le corse lungo la schiena. Sentì Bright inspirare al suo fianco l’aria salmastra a pieni polmoni, e non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Aveva le mani rigide, e le labbra secche.
Poomo, percependo il suo disagio, appoggiò il suo docile testone sulle sue gambe. Lei, colta impreparata da quel gesto, sorrise e si sciolse un poco, prendendo ad accarezzarlo sulla testa.
Bright lo notò. Sorrise.
- Ti invidio, sai – le confessò, malinconico – anche io adoravo quando Sparkle mi si sedeva sulle ginocchia in cerca di coccole. Era il momento della giornata che preferivo. Ora, però, non credo sarei in grado di riuscire a stare tranquillo con venti chili di testa di cane sulle gambe –
Fine lo guardò negli occhi. Parevano velati di nostalgia.
Deglutì, mordendosi un labbro. Poi allungò senza pensare la mano su quella di Bright.
Il biondo spalancò gli occhi arrossendo un poco non appena avvertì quel tocco delicato guidarlo diretto sulla testa di Poomo. Istintivamente si irrigidì, ma si impose di non ritrarre la mano.
Fine lo guidò cauta sul testone del cane. Il cuore di Bright batteva a mille dalla paura.
Fu un momento impercettibile. Poi la sensazione del pelo caldo e morbido di Poomo tra le dita gli sciolsero il cuore di tenerezza.
Il cucciolo socchiuse gli occhi, in estasi.
- Così fa meno paura, vero? – gli sorrise Fine premurosa, e lui ricambiò lasciando che qualche lacrima gli pizzicasse la cornea.
Si avvicinò cauto al cane che si godeva beato quella calda coccola. Fine era da una parte, lui da quell’altra. Continuarono ad accarezzarlo, rapiti dalla confortante sensazione che quel semplice gesto pareva loro donargli.
- Non so da quanto tempo è che non faccio più una cosa simile – sorrise lui, commosso.
Fine alzò lo sguardo, lasciando che le guance le si imporporassero un poco di fronte a tutta quella dolcezza. Bright era davvero un ragazzo speciale, dal cuore grande. Si meritava ogni felicità.
Era contenta essere riuscita a regalargli, almeno per una volta, un piacevole ricordo.
Improvvisamente, nella distrazione di un attimo, le loro mani senza volerlo si sfiorarono. Fu un tocco quasi impercettibile, distratto. Ma bastò loro per accendergli i sensi.
Entrambi sussultarono, guardandosi negli occhi ed arrossendo un poco, trattenendo il respiro. Fine fece per ritrarre la mano, imbarazzata, ma quella volta fu lui a trattenerla delicatamente intrecciando le dita alle sue.
Lei si bloccò, guardandolo negli occhi. Il cuore cessò per un istante di battere.
Non ebbe il coraggio di dirgli nulla. Si limitò a spalancare gli enormi occhi azzurri, lasciando che la calda sensazione che aveva preso ad incendiarle il petto andasse ad avvamparle le gote.
Bright le sorrise rassicurante, poi cominciò ad osservare quasi rapito le dita sottili di lei. Parevano così fragili, ed allo stesso tempo così forti. Erano le dita di una persona che ancora non ha piena consapevolezza di quanto vale in realtà.
Poomo, ancora una volta, sbuffò alzandosi in piedi e dirigendosi verso il bagnasciuga, incuriosito da un’onda. Abbandonò i due ragazzi sulla sabbia, a guardarsi intensamente negli occhi, le mani ancora intrecciate.
Poi Bright appoggiò delicatamente il palmo della mano contro quello di Fine, alzandole leggermente in aria. Osservò la mano della ragazza scomparire completamente dietro la sua.
- Com’è piccola, la tua, rispetto alla mia – sussurrò, e le sorrise.
Il cuore di Fine sobbalzò in petto di fronte a quel gesto inaspettato. Restarono a guardarsi ancora intensamente negli occhi, le mani alzate, le guance in fiamme, il sangue che ribolliva loro nelle tempie, appannandogli i pensieri.
Senza che nessuno dei due ne prendesse realmente coscienza, i loro visi si fecero sempre più vicini. Fine, in un secondo momento, avrebbe voluto raccontare a se stessa che aveva cercato di opporre resistenza, ma in cuor suo sapeva che si sarebbe soltanto detta una bugia.
Si avvicinarono ancora, socchiudendo gli occhi. Il cuore rimbombava nel petto e nello stomaco, annullando tutto il resto. Persino il fragore del mare.
Le loro bocche erano a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra. Percepivano l’uno il fiato caldo dell’altra inebriargli le narici.
Stava per succedere. E Fine avrebbe realizzato con orrore soltanto qualche momento più tardi quanto la sua fosse stata un’azione subdola ed incosciente, ai limiti della sconsideratezza.
Stava per succedere. E forse se ne sarebbe pentita per il resto della vita. O forse no.
Questo non lo seppe mai.
Perché proprio nel momento in cui le sue labbra stavano per essere catturate da quelle di Bright, una pioggia di acqua gelida li aveva improvvisamente travolti, riportandoli alla realtà, e quel magico momento di sintonia creatosi quasi per caso si era dissolto in fumo nel giro di un istante.
Fine e Bright sussultarono, colti di sorpresa, allontanandosi bruscamente l’uno dall’altra e rizzandosi in piedi a sedere completamente fradici di acqua salata e sabbia bagnata.
Successivamente, ne avrebbero riso insieme. Ma non in quel momento.
- Poomo! – rimproverò severa il tenero cucciolone la finta turchina, scrollandosi di dosso i litri di mare e bava che il cane aveva riversato su di loro.
Il cucciolo abbaiò contento, rotolandosi poi nella sabbia per asciugarsi il pelo fradicio dalle zampe, fino alla punta delle orecchie.
Prendere nota: nel mezzo di un momento romantico, mai lasciare che un cane si avvicini all’acqua quel tanto che serve da tuffarcisi dentro.
Una lavata post-scrollatura risulta inevitabile, poi.

Angolo Autrice:

Hi everybody, e buon anno a todos!
Già, sono tornata con l'anno nuovo con un regalo fresco fresco per voi. Questa fiction mi sta dando parecchio filo da torcere, ma ogni volta che torno a scriverla, mi viene spontaneo sorridere. Forse perchè almeno un pò mi ci sono affezionata.
Comunque.
Come è stato il vostro Capodanno? Per me, devo dire, il 2019 è stato un anno pieno di alti e bassi (bassi soprattutto). Un anno pieno di sfide, su ogni punto di vista: lavoro, sentimentale, familiare, salute...
Ma... sono ancora qui, non mi arrendo! Anche perchè, oltre alle brutte notizie, ce ne sono anche di belle, che riguardano il campo della scrittura! 
A Maggio avrò grandi novità... e non vedo l'ora!
Per questo intendo cominciare l'anno nuovo con la giusta carica. E voglio regalarne un pò anche a voi con questo bel capitoletto che spero vi piacerà.
Come vedete le cose tra Bright e Fine hanno preso una piega piuttosto nitida, e soprattutto le idee del biondo appaiono chiare. Ed anche quelle di Fine...
Come pensate si sbroglierà la situazione, adesso? E Rein e Shade?
Avrete modo di scoprirlo nel prossimo capitolo ;)
Sono contenta di vedere che la storia ancora appassiona tante persone... grazie davvero per l'affetto che mi dimostrate. Non mollerò, nonostante le difficoltà!
Baci sparsi

_BlueLady_ 


 
  
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