あなたに負けた
(Anata
ni maketa)
Lost
On you
Russian’s game
Note pre fic: non dovevo aggiornare questa fic, e come al solito sono stato travolto dalla lezione per casa che ci danno in accademia. Avrei da aggiornare altro, ma questo è un regalo di Nakele!
Sono in ritardo… come Sendo...
So smoke ‘em if you got ‘em
Cause it’s going down
All I ever wanted was you
Mi ritrovo in ansia su un volo che mi condurrà in Russia, e per me non sarà così facile. Sono dichiaratamente omosessuale e questo in quel paese non è visto bene, sono stato molto indeciso se partire o meno, soprattutto dopo l’aggressione subita, potrei essere arrestato, e che so io, le notizie che arrivano non sono incoraggianti, anche se lo status di persona conosciuta possa in qualche modo tutelarmi, insieme all’intera delegazione giapponese.
Quando siamo arrivati in albergo ritroviamo qualche avversario che ancora gioca, siamo rimasti in pochi ad essere ancora a livelli alti. In aereo viaggio accanto a Sakuragi che è tornato allegro e ciarliero, questa cosa mi rende felice, come il suo amore per il mio gatto, sembrano fatti l’uno per l’altro. Mi sono svegliato a metà pomeriggio il giorno successivo all’aggressione, e quando sono arrivato in salotto ho trovato il mio migliore amico e il mio gatto a farsi le coccole, non solo quella palla di pelo si lasciava carezzare, ma addirittura colpiva il rosso con testatine e l’apoteosi è stata quando Dohao ha cominciato a lisciare il pelo di Hanamichi, ho fatto una gran fatica a non sghignazzare come un deficiente. Quando si sono accorti di me il gatto è saltato giù e ha cominciato a camminarmi tra le gambe, mentre l’umano mi ha sorriso e ho fatto una gran fatica a non raggiungerlo per baciarlo “E quel quadretto?” mi ha indicato l’articolo incorniciato dove si parla della rottura tra lui e la sua fidanzata storica, sono riuscito a non gongolare. “Lo so che ci stai male, ma è un cattivo cerotto che andava tolto” ho scrollato le spalle “Non mi è mai piaciuta, e ne son stato geloso” Hana è arrossito e io mi sono diretto in cucina per prendermi da bere, cercando di non inciampare nel felino che sembra amare passare in mezzo alle mie gambe e richiamare la mia attenzione miagolando a tutto spiano. “Voi due mi manderete al manicomio” borbotto per poi mettere un po’ di cibo umido nella ciotola del gatto, prima di prendere una bottiglia da frigo e scolarne metà senza nemmeno pensarci. “Domani si parte” mi ha raggiunto il rosso mentre la sua metà felina è occupata con la pappa. Abbiamo mangiato insieme, mi ha aiutato con i bagagli, sono ancora dolorante, non ci sono andati giù leggeri i salvatori della moralità di Haruko Akagi. La mia vita sembra più bella in questi giorni, ma so che finirà, che lui tornerà con la sua squadra, che troverà qualcuna che lo renderà felice, e io mi ritaglierò ancora solo una piccola parte del suo affetto, ma adesso mi godo il momento.
Siamo
nell’atrio dell’albergo “Kitsune
usciamo?” mi chiede e io
scuoto la testa “Sono un fuorilegge, direi che per me
è meglio
rimanere qua, non vorrei creare problemi alla delegazione. Veniamo
raggiunti da un sorridente Sendo “Ragazzi allora come si sta
in
NBA?” chiede, lo fa ogni volta, anche lui ha giocato per
qualche
anno nel campionato statunitense per poi tornare in Giappone quando
è
diventato padre, abbiamo scoperto della sua ragazza solo allora,
è
forse più riservato di me. “Bene, come si sta a
casa paparino?”
chiede Hana con un gran sorriso, non capisco se sia vero o meno il
suo sorriso, ma me ne beo comunque. “Bene dai, la grande sta
diventando troppo bella, e la piccola ha deciso che vuole dormire
solo in braccio a me, e sembra te” mi indica con
l’indice
“Imbronciata e silenziosa” sospiro e lui sorride. Aggrotto
le sopracciglia e lui comincia a ridere “se non sapessi direi
che
potrebbe essere tua figlia”, scuoto la testa “tutta
il suo
padrino” aggiunge e poi mi da una pacca sulla spalla. Siamo
diventati amici durante i ritiri con la nazionale, e ora sono il
padrino della sua figlia minore, abbiamo un bel rapporto e lui
è
stato nella mia squadra quando ero ancora in quella dove milita
Sakuragi, loro hanno giocato insieme un anno e poi Akira è
tornato
in Giappone. “Ma tu lo sapevi che l’Akagi si
è fatta mezza
lega?” chiedo e vedo Sendo che si gira a guardare un orologio
appeso al muro. “Akira non ce l’ho con te se non me
lo hai detto
sapendolo, lo sai che non ti avrei creduto” aggiunge il rosso
“L’ho
scoperto quando sono tornato qua come pettegolezzo di un vecchio
compagno di squadra ma non volevo crederci, vi avevo visti insieme,
sembravate una cartolina di san Valentino.” si
giustifica. Veniamo raggiunti dall’ultimo veterano della
nazionale
“Ciao Nonno!” saluta impertinente Sakuragi che
riceve in cambio
un pugno sulla testa. “Magari cominci a giocare bene senza
pensare
alle donne” lo interpella Maki. Loro sono in piedi mentre io
sono
seduto su una poltrona dell’ingresso di questo enorme
albergo.
“Usciamo allora?” chiede il più grande e
io scuoto la testa
“come dicevo a loro, la mia posizione di bandito mi impedisce
di
farlo, ma andate”.
Loro mi prendono in parola e si
allontanano ciarlieri, sulla porta vedo Hanamichi girarsi e guardarmi
con un’espressione che non riesco ad interpretare.
“Portatemi
della Vodka” dico e loro si allontanano. Penso di essermi
addormentato, vengo svegliato da un ragazzino avrà
diciott'anni ed è
la prima convocazione in nazionale maggiore. Qualcuno gli ha spiegato
come fare, perché mi non mi ha fatto svegliare di cattivo
umore
“Scusa senpai” mi apostrofa e io sospiro, ho perso
l’abitudine
a tutte queste formalità “come si fa,
cioé… ecco”, penso di
aver capito dove vuole arrivare “La draft?” chiedo
e lui
annuisce. “Devi compilare un modulo per iscriverti appena
compi 19
anni puoi farlo, e poi riceverai risposta, mi raccomando
l’inglese,
o ti troverai nel panico ogni tre secondi” lui mi guarda e io
non
dico altro, non so cosa cerchi di comunicarmi con quello sguardo.
“Perché dici così?” mi esorta
quando vede che non aggiungo
altro “ero una capra assurda, e sapevo pochissimo
l’inglese, e ho
fatto fatica a capire le istruzioni durante il camp. Preparati
sarà
un campo marziale, non è una cosa semplice, nessuno vuole
essere
escluso”. Mi sono accoccolato sulla poltrona e lui si
è seduto su
quella di fronte alla mia. Sembra pensoso “è
divertente come
sembra giocare in NBA?” chiede “La partita
è divertente, se
riesci ad entrare e giocare, ma la competizione è altissima,
non
sarai mai il migliore della scuola, l’mvp del campionato
scolastico, là non sei nessuno, devi lavorare come un matto,
e farti
notare, e non fare casini con i media.” mi osserva mordendosi
il
labbro inferiore “E tu come hai fatto con i media?”
chiede “Sono
stato sincero come in ogni aspetto della mia vita, alle domande
personali ho sempre risposto. Sono gay, sono innamorato ma non ho
nessuno, e i fatti hanno confermato questo, non mi hanno mai beccato
con nessuno perché non sono mai andato con
nessuno.” lo
guardo “sono stato troppo diretto?” chiedo
inclinando la testa da
un lato, lo sto studiando, questo ragazzino mi ricorda un sacco
Miyagi un
play che riesce a passare da un run and go a un attacco ad una difesa
a zona senza quasi che tu te ne renda conto. Lui scuote i capelli
ricci e sorride “Si senpai, ma ero preparato.
Perché non sei
uscito con gli altri senpai?” chiede e io sospiro
“sarei curioso
di guardarmi in giro, ma ho paura, ho paura di ogni paese dove le
leggi promuovono l’omofobia. Sono dichiarato da quando ho
quindici
anni, e ho fatto fatica in Giappone, ora le cose stanno cambiando, ma
prima” scuoto la testa “non voglio creare guai alla
squadra, ed è
questa priorità che devi sempre ricordare come un
mantra.” lui
sorride “Ma ho sentito che ti sei trovato in mezzo a un
casino”
rido “I guai mi hanno seguito da casa nella persona di Haruko
Akagi, la donna che odio di più sulla faccia della terra.
Per
fortuna la squadra mi ha appoggiato, e ho avuto anche tre giorni
liberi prima di venire qua, e ne avrò qualcuno appena
tornato da
questa competizione.” lui annuisce “Cosa si prova a
giocare su
quei parquet?” chiede “tutto, di tutto, non lo so
spiegare, non
sono bravo con queste cose”. L’aria è
rilassata, ma sento
vociare da fuori dall’hotel, e sento il mio nome, parlano in
russo
e non capisco. Mi alzo ed esco sulla porta dell’hotel, e vedo
un
tafferuglio, rientro nell’albergo con l’adrenalina
che di solito
mi caratterizza quando sono
in campo.
Oggi pomeriggio ci siamo allenati e il mio nervosismo era palese, ed anche quello della squadra. Davanti all’albergo c’è stato un piccolo gruppo di persone che inneggiava a me, e un gruppo di omofobi e c’è stato lo scontro, e questo non mi sta bene, non nel mio nome. Sono indeciso su cosa fare. I giornalisti ci hanno raggiunti e vogliono una mia dichiarazione. Ho scritto un piccolo discorso, e me lo sono fatto tradurre in russo. Prima lo leggo in inglese e poi dopo essermi scusato l’ho letto anche in russo. “I miei genitori si sono incontrati al liceo e si sono amati, si sono sposati ed è nata mia sorella maggiore, dopo un paio d’anni sono nato io. I miei genitori con me hanno sempre peccato di troppo amore, e mi hanno sempre appoggiato, anche quando a quattordici anni ho detto che mi piacciono i ragazzi, e nessuno può impedirmi di amare un uomo, lo amo intensamente da anni, e non sarà una legge, non sarà la paura ad impedirmelo. Così ognuno di voi ama, ed è stato amato dalla famiglia dagli amici, e magari da qualcuno di cui nemmeno si accorge, e non c’è nulla di sbagliato in questo. Le cose sbagliate sono impedire l’amore, e banditemi pure, segnalatemi come indesiderato. La cosa che mi rincresce è che qualche persona che era venuta per un po’ di basket abbia subito conseguenze. Quello che mi sento di dire è solo di continuare ad essere se stessi.” Dopo la lettura della traduzione in russo mi sono allontanato senza aggiungere altro. Ho alzato sicuramente un polverone, ma non potevo rimanere in silenzio.
La competizione internazionale è stata spossante, e io non ero per niente in forma, ho ancora addosso gli strascichi del pestaggio e il morale minato dall’essere in Russia. Siamo la quarta squadra al mondo, medaglia di legno, sono deluso e arrabbiato, ma Hanamichi lo è più di me, sentiamo il ticchettio degli ultimi anni della nostra carriera. Vorresti non dover smettere mai, ma questo sport cerca sempre talenti più giovani, e il nostro nuovo play è uno di questi. Quando lascerò il basket giocato cosa mi resterà? Un pugno di mosche, non sono capace di allenare come ha fatto qualcuno, non ho nemmeno l’amore, probabilmente sono il fallito più grande dell’universo. Non ho studiato, non ho un lavoro alternativo, potrei fare il procuratore? No non sono bravo con i rapporti interpersonali, finirò a fare i conti per il pub.
Non voglio nemmeno pensare al casino che ho suscitato a Baku, appena torniamo i giornalisti mi faranno a fettine, devo pensare qualcosa da dirgli. L’ansia non sembra lasciarmi stare da quel maledetto pomeriggio in cui i fidanzati dell’Akagi mi hanno pestato. Devo concentrarmi sul campionato, un campionato alla volta, un giorno alla volta, devo solo ricordarmi di respirare.