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Autore: NyxTNeko    12/01/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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9 settembre

La situazione in Francia era disperata: quanto era accaduto in agosto aveva autorizzato le potenze straniere ad attaccare il Paese. I prussiani, guidati dal duca di Brunswick, erano calati a Verdun, caduta in mano nemica, costringendo la Comune a chiamare alla difesa della Nazione un numero sempre maggiore di uomini. Tra la popolazione si era diffuso il panico e la collera, assieme al sospetto di una controrivoluzione ai loro danni.

Perciò, il popolo, in special modo quello parigino, fra il 2 e il 7 assaltò le carceri e trucidò più di 1200 persone, tra preti refrattari, guardie svizzere, uomini politici e aristocratici, molti dei quali erano stati rinchiusi ingiustamente o per reati minori. Con essi vi era la più fedele amica della regina, Madame de Lamballe che fu uccisa dopo aver inneggiato alla monarchia, rifiutando di rinnegarla e tradire Maria Antonietta.

I massacri più cruenti si ebbero nell'abbazia di Saint-Germain-des-Prés, in cui furono ammazzati a sangue freddo più di 115 uomini di chiesa. Simile atto, perpetato anche al carcere del convento dei Carmelitani, alla Conciergerie, alla Prigione di Saint-Firmin, al Grand Châtelet, alla prigione La Force e al carcere dell'ospedale Salpêtrière, indicava che un sempre più radicale anticlericalismo si stava ampiamente diffondendo a Parigi.

L'assemblea Legislativa, più per timore di avere ritorsioni che per convinzione, non condannò tali uccisioni sommarie. Anche Napoleone aveva timore sull'evolversi della faccenda, più per sua sorella, che era ospitata ancora a Saint-Cyr, che per la sua incolumità. I massacri non erano stati risparmiati nemmeno nelle carceri dei conventi e degli ospedali: Parigi non era più un luogo sicuro per loro. In quelle settimane si era aggirato tra le vie della capitale per rendersi effettivamente conto della situazione, l'odore della morte aleggiava in ogni angolo, il giovane capitano lo conosceva fin troppo bene.

Non erano i cadaveri, sparsi ed ammucchiati al di fuori dei luoghi in cui era giunta la furia popolana, a scuoterlo, quanto piuttosto il trattamento loro riservato: mutilati brutalmente, esposti fieramente, le loro carni già in putrefazione, ricoperte di sangue e insetti, la puzza acre e pestilenziale della decomposizione che penetrava nelle narici. Nemmeno i randagi, sporchi, pieni di zecche e pulci, osavano avvicinarsi.

Alcuni furono persino violentati fisicamente dalle donne più burrascose e procaci, commettendo su di essi ogni sorta di nefandezza, scempio, prive di pudore e libido. Questo trattamento era già stato riservato alle guardie svizzere, il mese prima, a conferma che gli stranieri non avrebbero potuto decidere del loro destino e della loro verginità.

Il popolo stava perdendo il rispetto per la morte: essendone quasi assuefatti non la percepivano come un eccesso o una novità, era divenuta in poco tempo parte della quotidianità, seppur i ceti popolari convivessero con essa in misura minore da sempre. "Solo che adesso il confine tra eccesso e abitudine sembra non esistere più, la Chiesa, la religione non garantiscono il limite, niente li spaventa, se non il nemico, lo straniero" disse tra sé. Era peggio di un campo di battaglia "Inoltre lo Stato non li punisce perché ha bisogno di tale euforia per ingrossare le fila dell'esercito".

Napoleone decise che quello fosse il momento perfetto per tornare in Corsica, portandosi Elisa. Aveva contemplato l'idea della sorella di andarsene subito, approfittando del caos provocato dalle stragi. Tuttavia il fratello aveva frenato il suo entusiasmo - Aspettiamo qualche giorno, sorella mia - aveva esordito freddo e razionale, guardandola nelle iridi chiare - Se lo facessimo mentre il popolo è furioso, anche noi finiremmo sulle loro picche - era stato brutale con i termini, ma era l'unico metodo che possedeva per desisterla momentaneamente dal suo intento.

Elisa si era spaventata all'idea di guardare la testa di suo fratello appesa ad una picca per colpa sua, intuendo la sua reazione protettiva. Lo immaginava buttarsi come un leone fra la folla inferocita, difendersi con tutte le armi possibili, arrivando anche alla rissa, sapeva del suo carattere inquieto, come se fosse sempre alla ricerca di una tempesta che lo travolgesse e che poi alla fine domasse.

Vedeva lei stessa morire in quel modo, se non addirittura più crudamente e infierire su di lei. Come avrebbe reagito la madre a quella tremenda notizia? Si sarebbe disperata, fino a morire per il dolore. Per questo diede piena fiducia a Napoleone, il quale solo apparentemente mostrava calma e autocontrollo, quello che desiderava dal profondo del cuore era di liberare quella furia che aveva nell'animo e che lo soffocava. Lo tratteneva l'amore per la famiglia e il senso di responsabilità che provava per essa.

Il giorno prima, però, si era convinto a partire, era andato lì e le aveva riferito di preparare le valigie. Quell'annuncio l'aveva commossa, aveva sperato per tanto tempo di rivedere la sua Corsica e la sua famiglia dopo anni, finalmente avrebbe potuto riabbracciarli. Si affacciò alla finestra e lo intravide mentre scendeva da una carrozza piuttosto povera e raggiungere la struttura, con il suo profilo inconfondibile - È già qui! - sussurrò lei sistemandosi le pieghe del vestito.

- Capitano Buonaparte - esordì la madre superiora che gestiva la struttura - Siete già arrivato? Vostra sorella sta sistemando le ultime cose...

- Bene - emise subitamente Napoleone - Allora la aspetterò qui - si sedette sulla panca dove, ad ogni incontro, i due fratelli parlavano di ciò che era capitato durante la giornata. Posò il cappello poco vicino e vi mise una mano sopra, puntando la vista sugli alberi, le cui foglie stavano cominciando a mutare colore. L'autunno stava per arrivare, eppure lui già sentiva quel freddo che contraddistingueva la stagione, tuttavia non lo odiava come l'inverno, anzi, gli sembrava poetico. Gli ricordava come tutto fosse breve, niente in realtà durava per sempre, se vi erano delle somiglianze negli eventi passati e presenti, erano solo suggestioni umane, dettate dal desiderio di non voler morire mai.

La suora rimaneva ogni volta colpita da quel ragazzo, quando era da solo ad attendere la sua adorata sorella si mostrava sempre gelido, composto, taciturno, solitario e pensieroso, molto più maturo della sua effettiva età, tradita dai lineamenti giovanili. Non appena giungeva la sorella cambiava drasticamente, il volto cupo s'illuminava e le parole non smettevano di fluire da quelle labbra sottili e definite, gesticolava animatamente. Pareva completamente un altro.

Napoleone, intanto, notò che la struttura non era ancora stata attaccata dalla plebe inferocita, nonostante ciò era certo che sarebbe stata questione di mesi, se non giorni e voleva evitare di perdere un'altra persona cara. La ferita lasciatagli dalla morte del padre non si era ancora riemarginata, gli faceva male ogni volta che ripensava a lui. Il senso di colpa gli ricordava qual era il suo compito: guidare e proteggere la famiglia, una volta sistemata, si sarebbe potuto dedicare finalmente all'ambizione personale. 

- Eccomi - effuse Elisa ansimante nel raggiungerlo, avendo tra le mani delle grosse valigie. Napoleone si alzò di scatto, velocemente e avanzò di qualche passo per stringerla forte tra le sue braccia - Perdonami se ti ho fatto aspettare... - si scusò la sorella.

- Non ti preoccupare, sono io ad essere venuto in anticipo - ridacchiò il fratello per smorzare l'atmosfera lugubre di quei giorni terribili e violenti. Poi diede ordine ai cocchieri di prendere le valigie della sorella e avanzò verso la madre superiora - Vi ringrazio per la dedizione nei confronti di mia sorella - le riferì con un profondo inchino - Non lo dimenticherò - aggiunse infine, guardandola negli occhi.

- Sono io a dover ringraziare voi, capitano Buonaparte - disse solamente la donna, impaurita da quello sguardo glaciale,  indagatore che le aveva rivolto - Non...avete dubitato...della sicurezza della nostra... struttura... nonostante i tempi duri... - riuscì a dire poco prima che il ragazzo le desse le spalle. Napoleone si chinò nuovamente e raggiunse la sorella, salendo a bordo della carrozza, allontanandosi dalla struttura e da quella città diventata troppo pericolosa.

S'illudeva, ancora, che la Corsica potesse essere più sicura della Francia e che l'ultima lettera di Giuseppe, in cui affermava della situazione grave che si stava creando ad Ajaccio, ossia di un distacco sempre più netto di Paoli dai Buonaparte, fosse un'esagerazione. Se così fosse allora avrebbero perso la loro cerchia di influenza e sarebbe stato davvero difficile continuare a vivere e sopravvivere.

S'ingannava per non allarmare la sorella, che negli ultimi mesi aveva sicuramente vissuto nella paura di un attacco da parte dei sanculotti e dei giacobini che li sostenevano. Elisa lesse la preoccupazione dipinta sul volto di Napoleone e si strinse a lui, quest'ultimo sussultò e la guardò a bocca aperta. Comprese che lei lo considerava un qualcosa di più vicino ad un padre, avendolo conosciuto molto meno di lui.

- Perdonami se sono la causa dei tuoi pensieri - cominciò la quindicenne poggiando le mani sulla stoffa della divisa che risaltava la magrezza di Napoleone - Hai una carriera militare da portare avanti e, per colpa nostra, non puoi soddisfarla a pieno

Napoleone rimase stupito da quelle parole, non se le aspettava da una ragazzina, allungò l'altro braccio e accarezzò la testa di Elisa delicatamente, stando attento a non rovinarle l'acconciatura - Tu e la famiglia non avete colpe - precisò subito, senza nessun tentennamento - Al momento non sono utile al destino della Francia... - le sorrise e proseguì - Per cui non angustiarti, pensa al fatto che stai tornando a casa dopo un lungo viaggio, come faccio io ogni volta e che c'è la mamma che aspetta di abbracciarti da tanto tempo - sospirò malinconico.

La sorellina percepì quell'immensa tristezza e cinse le braccia attorno alla vita sottile di Napoleone, ripercorrendo la sua esistenza: nonostante la lontananza dalla Corsica, lei era stata senz'altro più fortunata, aveva avuto attorno amiche e persone che le avevano voluto bene, che l'avevano trattata e resa una donna di alta società. Suo fratello, invece, doveva aver sofferto parecchio, non le aveva mai detto cosa aveva passato, ma poteva leggerlo in quell'espressione mesta e assorta - Ti prometto che sarò una donnina a modo, fratellone - promise convinta e dolce al tempo stesso.

Napoleone incurvò le labbra verso l'alto e ridacchiando sussurrò all'orecchio - Lo sei già - Elisa gli regalò un meraviglioso sorriso, impreziosito da un leggero rossore sulle guance. Chiacchierando con le sue amiche gli era capitato di parlare del fratello, del suo carattere inquieto, agitato, orgoglioso, testardo, ma premuroso, protettivo coraggioso e indomabile "Sei davvero fortunata ad avere un fratello così, il mio, ad esempio, si cura poco di me, soprattutto perché sono una femmina, così come mio padre" le aveva confessato una. "Penso che sia una caratteristica della tipica famiglia italiana, mia cugina che ha dei parenti in Toscana, mi ha detto che in quei posti le famiglie sono molto unite, proprio come la tua".

- Sono contenta di poter trascorrere questi momenti con te - ammise poi abbracciandolo. Napoleone ricambiò, confermando l'affermazione della sorella,   celando, tuttavia, la paura per il futuro che improvvisamente era emersa e lo angosciava. Avrebbe mai avuto un po' di pace? Sarebbe stato felice? Il destino gli avrebbe permesso di soddisfare la sua ambizione e il suo desiderio di emergere e comandare? Lo sperava con tutto se stesso.

Rivolse lo sguardo verso il paesaggio brullo, in cui sbucavano qua e là delle casupole, cercando di allontanare quell'oppressione che lo attanagliava, facendosi forza, ripensando agli uomini del passato che avevano affrontato ogni ostacolo con grinta e ottimismo. Non poteva essere da meno di loro, se voleva, un giorno, raggiungerli ed entrare, come loro, nella storia. Le foglie verdissime di quei radi alberi eleganti e imponenti che sfilavano davanti ai suoi occhi stavano diventando dorate e rossicce, scaldando il suo giovane cuore, come fossero infuocati.

Si sentì ritemprato e pronto ad affrontare la dura realtà che avrebbe incontrato una volta sbarcato ad Ajaccio, dimostrando ai suoi conterranei, in particolare a Paoli, di essere un vero uomo e non un ragazzo senza conoscenza e incapace di ragionare lucidamente, come aveva insinuato. Indurì i lineamenti e ingoiò la saliva. Elisa percepì il cambiamento nel fratello ed ebbe la certezza delle sue supposizioni: la situazione era insostenibile anche in patria. Lei lo avrebbe sostenuto senza nessuna esitazione. 
 

 

   
 
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