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Autore: Aqua Keta    12/01/2020    10 recensioni
"Una donna che non aveva se non gli onori senza il potere; una principessa straniera, il piu' sacro degli ostaggi: trascinarla dal trono al patibolo, attraverso ogni sorta d'oltraggi....Vi è in ciò qualcosa di peggio del regicidio" - Napoleone Buonaparte
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marie Antoinette
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mi è stato impartito l’ordine di cambiarmi.
Proprio come feci allora.
Tolgo quest’abito da lutto che indosso da ben quattro anni, io, prigioniera ed esiliata in patria di Francia, fra questi quindici metri quadri di mura umide e fredde, parte integrante oramai delle mie ossa.
Non mi rifletto allo specchio, vedrei solo l’anticipazione di un cadavere. A che servirebbe?
Domando a Rosalie, la giovane domestica assegnatami quel 2 agosto, di porsi davanti al letto in modo che quei gendarmi non possano osservare la mia nudità.
Eppure uno si avvicina e mi fissa.
“Permettete? “ – mi sovviene naturale di pregarlo. 
“Non posso “- con un tono arrogantemente stizzito ed incuriosito.

Cos’altro avrebbero da scrutare?  Di me san tutto! 
E si compiaccio che non possa aver più segreti.
Cos’altro potrei ancora loro celare?

Questo sangue non mi da tregua e pur anche di questo sono a conoscenza.
E se ne ridono, se ne compiaccio, forse sperando che la notte io possa addormentarmi per sempre stremata da tanto dolore fisico.

La giovane mi porge un neglige’ di piqué’ bianco ed una cuffiette di batista. 
Mentre le cedo senza alcuna vergogna per l’ultima volta quelle pezze bianche imbevute di me, senza che alcuno lo possa notare, le stringo nelle mani quel guantino di pelle giallo contenente una ciocca dei capelli dei mio amato Luigi Carlo. 
Lei mi guarda  con lacrime agli occhi e non posso che sorriderle per quanta gentilezza e premura prestatami in questi anni, alleviando e confortando questa mia anima sofferente anche solo con pochi gesti e qualche parola.

Scivolo dentro il mio sudario. 
Non sento nemmeno più il freddo dell’autunno.

La porta si apre.

Vedere tutto questo andirivieni di persone non mi infastidisce più. 

Il secondino,  i giudici e l’uomo che srotola quella pergamena quasi fosse un editto e mi legge con tono nasale ed impostato l’atto di accusa alla condanna a morte per la seconda volta. Non ne bastò forse una?
Quale timore  può assieparsi ancora nei loro pensieri? Che possa forse fuggire ad un’ingiusta decisione umana?

Ascolto in silenzio. Non potrei controbattere. Già lo feci ieri, fiera e con vigore, di fronte a cotanta gentaglia ignorante per le accuse infondate e criminali rivolte.
Mai mentì e mai mi contraddissi .
Come si può accusare una madre di scandalosa condotta con il proprio figlio? Mai infamia fu peggiore e delittuosa.

Non ho timore alcuno, non ho motivo di mostrare indignazione e debolezza.

Di seguito si fa strada lui, il mio carnefice. 
Il boia mi fa stendere le mani.
Perché mai? Il mio consorte non venne obbligato a quest’umiliazione!
Lo guardo. 
Freddo, impassibile esegue l’ordine impostogli.
Le sento strette dietro la schiena.
La corda non fa così male sulla pelle quanto nell’orgoglio. 
Con gesto rozzo mi toglie la cuffietta e mi afferra i capelli.
Lo vedo per un soffio di tempo, come preso da pietà, accarezzarli. 
Ma l’illusione è breve.
Ciocche bianche ricadono a terra.
Sento la nuca nuda e rivolgendo uno sguardo a Rosalie la vedo impietrita dall’orrore di tal brutale gesto.

Attraverso i corridoi tenuta per la corda dal mio carnefice, nemmeno alla peggiore delle bestie vien riservato un cosi tanto crudele trattamento.
Compio la mia impietosa passeggiata a bordo di un carretto come un capretto condotto al macello.
Mi accompagna un inverosimile prete istituzionale che non fa’ che inondarmi di esortazioni. 
Non odo le sue parole, non amo conversare con i traditori della corona.

Il carretto traballa percorrendo quelle strade che un giorno attraversai su una sontuosa carrozza quasi osannata con il mio fu Luigi.
Ora mi oltraggiano, mi insultano, minacciano, nemmeno nella bettola più malfamata di Parigi si può udire un tal linguaggio, sputano contro di me…non sono da meno le donne che un ben minimo senso di umanità dovrebbero riservarmi o mostrarmi pensando che pur loro sono madri quanto la sottoscritta e le madri hanno pur sempre quel senso di amorevolezza e contegno in più del genere maschile.
Eppure imprecano al grido “ Lunga vita alla Repubblica”.

Non mi pento, non ne ho motivo, di quale peccato dovrei vergognarmi?
Non temo questa morte perché essa non viene da Dio, bensì dagli uomini.
Mi tolsero e negarono di tutto.
Ma ciò che maggiormente mi addolora e non mi da pace è l’avermi privato dei mie adorati figliuoli.
Oh Dio dei cieli e della terra veglia tu ora su di loro, Tu che tutto puoi risparmia loro la crudeltà di questi uomini.
Mio dolce Joseph a breve potrai tenere nuovamente la tua mamma per mano. 
Forse mai tanta sofferenza è stata vana se non per ricondurmi a chi ho infinitamente amato.

Scendo dal mio improvvisato e sgangherato ma pur regale calesse.

Ora odo il silenzio della riverenza.

La folla ammutolita ben comprende il rispetto di chi si avvia alla morte. 

Non sono poi così pesanti da salire questi gradini.

Lui è li che mi attende.

Chiedo scusa per avervi pestato un piede, non era certo nelle mie intenzioni e vi ringrazio per avermi, con tono educato, perdonata per un gesto così poco rispettoso.
Voi mi perdonate ed io non vi condanno. Voi non svolgete che il vostro mestiere. Certo sporco, crudele….ma non fate che eseguire degli ordini e per tale gesto non posso che ammirarvi e farvene onore.

Ma questa sera, quando farete ritorno nella vostra umile dimora, dalla vostra consorte, fatelo con immenso orgoglio, baciate i vostri figli e dite loro che oggi vi è stato concesso un grande onore.

Ed ora voi tutti che anelate nella mia ultima ora, sappiate che “muoio nella religione cattolica, la mia religione, quella nella quale sono stata cresciuta e che ho sempre professato”.

Sono Maria Antonia Giuseppina Giovanna d’Asburgo Lorena, figlia della grande Maria Teresa imperatrice d’Austria e Francesco I di Lorena, consorte di sua Maestà Luigi XVI.

Sono la Regina di Francia.


 
   
 
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